The
Fool Laughter
And I am like you, all alone and
confused
But you know it’s not forever
Minato era seduto sul bordo del letto, con le gambe divaricate, i
gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. Una posizione
tormentata, in netto contrasto con il letto rifatto, la scrivania in
ordine e i libri di scuola sistemati sugli scaffali della piccola
libreria.
Ogni cosa aveva un suo posto, in quella stanza, meno la
disperazione del ragazzo.
Aigis era stata chiara, fin troppo chiara, quasi spietata, ma
dopotutto non era colpa sua. Lei aveva persino cercato di difenderlo,
non era stato a causa sua se una scheggia di Nyx aveva trovato
rifugio nel suo corpo e, giorno dopo giorno, era cresciuta fino a
diventare abbastanza potente da minacciare
l’umanità.
Ciò che davvero lo stava divorando, però, era la
consapevolezza
di essere stato usato.
Uno strumento, nulla di più, nulla di meno, lo strumento di
un
bambino con il pigiama a righe che aveva infestato il suo sonno per
quasi un anno.
«Mi dispiace, Minato-san».
Un bambino con il pigiama a righe che ora si trovava in piedi di
fronte a lui, con addosso l’aspetto di un ragazzo di sedici
anni e
gli occhi gravidi di sincera tristezza.
Ma non aveva alcun diritto di dispiacersi.
Non aveva alcun diritto di chiedergli scusa.
Aveva sempre saputo che in Pharos c’era qualcosa che non
andava
– che in lui c’era qualcosa che
non andava – ma mai
avrebbe immaginato che il ragazzino si stesse servendo di lui, come
un parassita, come un mostro.
«Lasciami in pace».
Non alzò la testa, sepolta nei palmi delle mani, e quasi non
mosse un solo muscolo del volto nel parlare.
Voleva stare da solo, voleva saperlo il più lontano
possibile
dalla sua camera da letto, voleva potersi dimenticare di lui
–
accettare l’offerta che proprio lui gli aveva fatto?
«Ti capisco» mormorò Ryouji.
«Davvero. Non è una menzogna –
nessuna delle cose che ti ho detto lo è mai stato. Ti senti
perso –
come credi che mi sia sentito, io, sperduto dentro la tua coscienza
per mesi senza sapere chi io fossi e per quale motivo fossi al
mondo?»
Minato non replicò.
Se l’avesse fatto, le sue parole sarebbero state dure,
spietate
– “immagino che tu ti senta molto
soddisfatto, allora, adesso
che sai chi sei”.
«Però» rumore di passi sul pavimento, i
piedi del ragazzo
entrarono nel suo campo visivo, ma non per andarsene «hai
sempre
un’altra possibilità. La confusione e la
sofferenza potrebbero non
essere per sempre, se solo tu volessi… Io potrei
aiutarti».
Finalmente Minato si decise a sollevare il capo e si ritrovò
a
poche manciate di centimetri di distanza da quei grandi occhi azzurri
che un tempo avrebbe detto di conoscere.
Ora gli sembravano vacui pezzi di vetro conficcati nel volto di
porcellana di una bambola.
Il loro sguardo, limpido e deciso, discordava con quello di
Pharos, malinconico e confuso. Adesso doveva essere lui ad avere
quello sguardo – che paradosso.
Fissò la mano che gli veniva porta, incerto.
«Su, fidati di me».
Una nota ridente in quella voce inumana.
La prese. Prese quella mano.
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Sono molto pro-finale angst con Nyx che vince, si nota? XD Ma
soprattutto pro-finale angst
Minato-muore-e/o-accetta-la-proposta-di-dimenticare-tutto <3
Fatemi sapere se a qualcuno è piaciuta, mi farebbe piacere
<3
(La storia partecipa al Let's ship again, primo giorno, prompt paradosso.)
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