(Boy)friends Date
Mitamura dava davvero una pessima impressione di sé: gli
studenti
– come anche gran parte degli insegnanti –
ritenevano che fosse
un antipatico maleducato che ricorreva alla violenza per qualsiasi
sciocchezza e tendevano a tenersi a distanza. E lui non faceva
alcunché per apparire migliore, sebbene in realtà
Hanasuke sapesse
che riusciva a essere gentile, premuroso, dolce, persino, quando dava
prova di non avere alcuna esperienza nel campo delle amicizie.
Era altrettanto ben consapevole che, se non si fossero incrociati,
quello strano giorno in cui il professore stava inseguendo Shimizu,
probabilmente il loro rapporto si sarebbe ridotto a quello che Yu
aveva con chiunque altro – ovvero, nessuno.
Ciò lo inorgogliva, poiché era una delle poche
persone a cui
Mitamura tenesse per davvero, ma allo stesso tempo un po’ lo
intimoriva, dal momento che si trattava di una grande
responsabilità.
Il professore era come un bambino, dal punto di vista delle
relazioni interpersonali, e aveva bisogno di essere preso per mano e
accompagnato, altrimenti si sarebbe perso, oppure tirato indietro,
spaventato, recintandosi dietro sbarre d’orgoglio e timidezza.
Se anche era lui a proporre qualcosa – come una partita a
calcio
– era poi necessario sostenerlo, oppure si sarebbe
scoraggiato e
avrebbe rinunciato a qualsiasi progresso compiuto fino a quel
momento.
Stargli vicino spesso non era facile, ma neppure sgradevole.
Hanasuke si era scoperto a essersi affezionato più di quanto
avrebbe immaginato a quello stravagante funzionario di Sheol, tanto
da dover scacciare le lacrime quando pensava al futuro e alla sua
partenza, sempre più prossima con il trascorrere dei giorni.
Era arrivato talmente oltre il punto di non ritorno in quel loro
insolito rapporto che, quando Mitamura gli propose di andare a bere
qualcosa tra amici, non riuscì a rifiutare.
Dal momento che Yu non aveva grande esperienza e Onigawara non
aveva mai lasciato i confini della scuola, Mitamura chiese consiglio
al professor Shishido sul bar in cui andare, ma non volle rivelargli
nulla e Hanasuke fu costretto a seguirlo, incerto e roso dalla
curiosità, ma anche preoccupato – non poche volte
le “sorprese”
di Yu si erano rivelate dannose per la sua salute.
Fortunatamente il bar si rivelò essere un locale molto
comune e
innocuo, dove spesso le anime andavano a prendersi qualcosa nelle
pause tra una lezione e l’altra, poiché non
distava molto dalla
scuola – così gli spiegò Mitamura.
Composto di un’unica stanza rettangolare, aveva pareti
bianche e
la porta d’ingresso si apriva su uno dei lati più
corti; il
bancone si trovava alla sua sinistra, lungo, in legno scuro che
contrastava con la vernice chiara dei muri, e in fondo
c’erano
alcuni bassi tavolini in vetro dalle gambe nere e sottili, attorniati
da tre o quattro sedie ciascuno. Era un ambiente accogliente e privo
di qualsiasi oggetto contundente Mitamura avrebbe potuto decidere di
usare a svantaggio della sua salute.
Intrecciando le mani dietro la nuca, Hanasuke sorrise
all’amico.
«Com’è che non mi volevi dire dove
stavamo andando? Non mi sembra
male, no?»
Yu non ricambiò il suo sorriso; al contrario,
aggrottò la fronte
e la sua espressione assunse un’aria di
perplessità. «È stato
Shishido a consigliarmi di tacere» replicò con una
scrollata di
spalle. «Ha detto che in questi casi una sorpresa
è molto
vantaggiosa».
Onigawara non riuscì a capire a che cosa il rettore della
scuola
avesse fatto allusione con quel consiglio, tuttavia decise di lasciar
cadere il discorso per non turbare l’amico – che
aveva già
difficoltà sufficienti senza che se ne sommassero altre
– e lo
seguì verso uno dei tavoli liberi, dove si sedettero.
«Vorrei prendere un aperitivo» commentò
Mitamura, pensoso. «Non
l’ho mai fatto, ma so che è una di quelle cose che
si fanno con
gli amici… vero?»
Hanasuke increspò le labbra in un sorriso intenerito. In
occasioni come quelle, in cui il professore si ritrovava ad
affrontare una nuova situazione, che invece per il resto
dell’umanità
era molto comune, i suoi lineamenti si distendevano, gli occhi neri
luccicavano di curiosità e aspettativa e gli angoli della
sua bocca
si piegavano d’istinto all’insù.
In realtà non avrebbero dovuto bere, ma dopotutto le lezioni
erano terminate ed erano entrambi adulti, perfettamente in grado di
controllarsi.
«Va bene. Tu che cosa prendi?»
♠♠♠
Entrambi adulti, sì; perfettamente in grado di controllarsi,
non
tanto.
Hanasuke non aveva mai davvero provato un alcolico che non fosse
il sakè e non immaginava che il potere degli altri potesse
essere
così devastante. Mitamura,
d’altra parte, quasi non
conosceva nemmeno il sakè.
Fortunatamente, almeno lui, Onigawara, era ancora in grado di
ragionare con razionalità; Yu, al contrario, aveva le guance
–
solitamente così pallide – arrossate
dall’alcool e gli occhi
lucidi d’ebbrezza. Per chi fosse abituato a vederlo sempre
indifferente e freddo – ovvero qualsiasi abitante di Sheol
–
faceva spavento.
«Eeehi, Mitamura» esclamò Hanasuke,
sforzandosi di non far
vacillare la voce, quando il professore appoggiò la fronte
sul
tavolino, prostrato dal suo alcolico. «Che cosa faaaai?
Dormi? Ti
pare il momento diii dormireee?»
Yu non diede segno d’averlo sentito, né tantomeno
d’essere
ancora vivo.
Inarcando le sopracciglia, Hanasuke si alzò dalla sedia
– come
mai il terreno tremava così tanto? –,
aggirò il tavolino e gli
afferrò una spalla per riscuoterlo dal suo stato inerte.
Tra un “eeeehi, Mitamuraaaa!”
intervallato da “hic”
e l’altro, il professore sollevò di scatto la
testa e lo costrinse
a tacere. Con le labbra premute contro le sue. Il sapore
dell’aperitivo di Mitamura invase la bocca di Hanasuke
insieme alla
sua lingua e il cervello annebbiato dall’alcool di Onigawara
impiegò diversi secondi a registrare che cosa stesse
succedendo.
Incredulo, dapprima mugolò cose senza senso, ostacolato
dalle
loro labbra intrecciate, poi si ritrasse e a fatica si
sforzò di
tradurre quei mugugni soffocati in parole di senso compiuto.
«Nhh,
Mitamura, che cosa… cavolo… Che fai?»
Nonostante lo stato d’ebbrezza, Yu riuscì a
mettere insieme una
delle sue espressioni perplesse, si sistemò gli occhiali sul
naso e
infine replicò, la voce tremante e più bassa del
normale: «È… è
stato Shishido a suggerirmelo. Mi ha detto u-una cosa tipo
“vi farà
bene”».
Nel rendersi conto di quel che Shishido aveva architettato –
con
molto impegno da parte del suo cervello provato
dall’ubriachezza –,
Hanasuke impallidì, ma si impose di rimanere calmo.
«Ma tu… tu
sai cosa vuol dire quello che hai fatto? Il… il
bacio?»
Mitamura distolse lo sguardo e – ma forse era
un’impressione –
arrossì un po’ di più. «Certo
che lo so. È per questo che l’ho
fatto».
Prima che Onigawara potesse decidere il da farsi, il discreto
cameriere che li aveva serviti apparve alle sue spalle e
affermò con
estrema disinvoltura: «Se i signori vogliono spostarsi al
piano di
sopra, abbiamo diverse camere da letto libere».
Hanasuke batté le palpebre, inizialmente esitante e confuso.
Poi, a poco a poco, mise insieme i pezzi, il dubbio affondò
radici dentro la sua mente turbata e perplessa. Il consiglio di
Shishido di tacere il luogo dell’aperitivo. Le sue parole,
“vi
farà bene”. Il suggerimento del cameriere.
Era sul punto di sbottare in un’imprecazione, quando i suoi
occhi scivolarono sul viso di Mitamura, che lo fissava in attesa di
una risposta. Preoccupato. Speranzoso.
«Uhm…» borbottò, poco
convinto. «Va bene. Prendiamo una
stanza».
Mentre salivano le scale e Yu si appoggiava a lui per non crollare
in ginocchio, Onigawara si domandò per quale motivo avesse
accettato. Soltanto perché Mitamura l’aveva mosso
a compassione?
Essere amici era una cosa, quello che si apprestavano a fare era
tutt’altra e non era sufficiente la pietà.
Fosse accaduto con chiunque altro, si sarebbe irritato, ma poi
l’avrebbe buttata sul ridere.
Fosse accaduto con chiunque altro, non avrebbe accettato di andare
nella camera da letto di un gay bar – o motel, o quello che
era –
insieme a lui.
Perché con Yu era stato così stranamente
accondiscendente?
La stanza non era molto grande, però era accogliente, con
pareti
di un azzurro tenue, un letto matrimoniale e un tavolo da toeletta.
In fondo alla stanza una porta chiusa, che probabilmente si
affacciava sul bagno, e nell’aria profumo di pulito, di
lenzuola
appena lavate.
Perlomeno lo stupore e l’indecisione gli stavano schiarendo
la
mente; anche Mitamura appariva un po’ più lucido,
sebbene fosse
ancora malfermo sulle gambe.
Poiché il professore non parlava ed evitava con decisione
d’incontrare il suo sguardo, Hanasuke si sedette sul bordo
del
letto e appoggiò le mani dietro di sé, a fare
perno sul materasso
soffice. «Allora, cos’è questa
storia?»
Yu non si sedette, si passò una mano tra i capelli neri e,
socchiudendo gli occhi, sospirò profondamente.
«Non c’è niente.
Ho chiesto a Shishido un consiglio, perché volevo avere un
appuntamento con te».
Inevitabilmente, Onigawara arrossì.
«Pe-perché proprio con me?»
Si sentiva un cretino a porre una domanda del genere e Mitamura
doveva convenire con lui a giudicare dal modo in cui si decise
finalmente a guardarlo in faccia. Come se stesse parlando con un
ritardato mentale – il familiare sguardo assassino alla
Mitamura.
«Perché ti amo».
«Ah».
Grazie a lui, la conversazione si stava abbassando a un livello
vergognoso, ma, se al principio Hanasuke aveva ritenuto di dover
prendere il controllo delle circostanze, aveva finito col farlo Yu,
come succedeva sempre.
«“Ah” non è una risposta
soddisfacente, Hanasuke Onigawara»
commentò Mitamura, senza più traccia
d’imbarazzo nella voce, solo
freddezza. La sbornia gli era passata abbastanza da restituirgli il
tono arrogante di chi si rivolge a un bambino delle elementari.
Onigawara gli avrebbe tirato un pugno davvero, prima o dopo.
«E contavi di dirmelo facendomi ubriacare?»
ribatté d’istinto
Hanasuke, irritato.
«Forse».
Dall’alto del suo scranno, Sua Indifferenza lo
graziò del
beneficio del dubbio.
Onigawara corresse mentalmente le proprie riflessioni: Yu non si
limitava a dare, senza poterla controllare, una pessima impressione
di sé, ma sapeva darla e sembrava
persino godere nel
farlo.
Era suo dovere metterlo a tacere.
Tre secondi più tardi, si chiese che cosa diavolo stesse
facendo.
Nelle sue intenzioni avrebbe dovuto coinvolgerlo in una rissa
–
poco importava che Mitamura fosse di gran lunga più forte di
lui –,
non afferrarlo per i fianchi e baciarlo di nuovo, con molta meno
passività della prima volta.
Nota mentale: mai più accettare appuntamenti consigliati da
Kanbee Shishido.
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I manga di Karakara Kemuri sono semplicemente irresistibili <3 E
Mitamura e Onigawara sono semplicemente stupendi insieme <3
Se qualcuno volesse lasciare un commento, mi farebbe felice :D
(La storia partecipa al Let's ship again, secondo giorno, prompt aperitivo.)
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