Ispirata ai libri di Jonathan
Stroud: Trilogia di Bartimeus e L'anello di Salomone
Personaggi: Bartimeus e Tolomeo
(più lieve accenno a Nathaniel)
Disclaimer: A
meno che non mi chiami Jonathan Stroud, i personaggi ivi citati non mi
appartengono, ma sono stati usati per la stesura della fan fiction e
per divertimento.
E anche per esperimento, per scrivere qualcosa su questa bellissima
Trilogia e sul suo prequel! L'avvertimento OOC è stato
inserito perché non sono affatto sicura di aver ricalcato
appieno il carattere dei suoi personaggi davvero complessi, io ce l'ho
messa tutta però.
TRAGICA IRONIA
" Tu ami
il tuo padrone.
Come può uno spirito
cadere così in basso?"
[Bartimeus,
l'anello di Salomone, ed. Salani]
Convocazione
singolare, breve ma singolare.
Essere convocati da un simile pischello era qualcosa di inusuale per
me. Solitamente a convocarmi sono maghi con un certo livello alle
spalle, sospettosi e assetati di potere, consci del pericolo in
agguato. Sono Bartimeus di Uruk, dopotutto. (1)
Quel ragazzino era diverso, e non intendo per la sua forma muscolare,
il fatto che fosse proprio un ragazzino era il male minore.
Erano le sue insolite domande la mia preoccupazione.
A chi interessa chi e cosa siamo noi spiriti? A chi può mai
venire in mente di chiederci da dove proveniamo e dove viviamo? Ai
maghi non interessano queste cose; a loro non interessa come la
pensiamo o come agiremmo noi in una determinata situazione.
La conversazione durò un paio di ore e quando mi
congedò, dopo una serie di domande a raffica, ne fui
sollevato: la mia essenza andava contorcendosi a forza di rispondergli.
Il motivo di tutte quelle domande? E cosa interessava a me? Se la sua
sete di sapere si era placata non mi avrebbe più chiamato e
ci sperai con tutte le mie forze.
Peccato... noi spiriti non possiamo mai tirare il fiato.
Altra convocazione, altro giro di domande.
Il ragazzino egizio, con il papiro e la penna in mano, continuava ad
annotare le mie risposte, più o meno coerenti alle sue
domande, mentre io, sdraiato scompostamente all'interno del pentacolo e
con la forma di un giovane scribano (2), continuavo a sbadigliare in
continuazione.
"Bene, un ultima domanda jinn" il giovane egiziano alzò i
suoi grandi occhi scuri dal foglio di papiro ai miei ed io feci
altrettanto "ti piace il tuo nome?"
Quasi mi cadde la mascella, sì letteralmente. Ma questo
ragazzo se le studiava la notte tutte queste futili domande?
"Certo che amo il mio
nome! Hai mai sentito un tale nome che, al solo pronunciarlo, evoca un
tale senso di potenza e fascino? Mi basta anche solo pronunciare una
sillaba del mio nome per mettere in fuga un intera massa di foliot
raccapriccianti..."
Il ragazzo dai lineamenti egizi alzò un braccio per
bloccarmi facendomi chiudere la bocca all'istante.
"No, non era questo ciò che intendevo chiedere... volevo
sapere se detesti il tuo nome. Dopotutto, se non fossimo a conoscenza
del tuo vero nome nessuno di noi potrebbe convocarti dal tuo luogo
natio."
Mi sedetti rigido e lo fissai intensamente negli occhi scuri.
"Non ha senso la tua domanda, ragazzo. Un nome è un nome ed
è ciò che ci differenzia gli uni dagli altri.
Anche voi umani vi chiamate tutti con un nome diverso dall'altro,
tuttavia avete la scaltrezza di cambiarlo non appena raggiungete la
vostra età ufficiale, quella adulta per intenderci. Sotto il
proprio vero nome si nascondono pregi e difetti, forze e debolezze, si
nasconde la propria identità. Che senso ha incolparlo per
essere il principale fattore di una condizione che non potrà
mai cambiare?"
"Noi conosciamo i vostri veri nomi, ma voi non siete a conoscenza dei
nostri. Questa è una condizione di disparità tra
maghi e spiriti, vero?"
"Lo è, ma nessuno rivela al nemico le proprie debolezze"
ringhiai.
Il ragazzo si alzò in piedi, segno che la nostra
conversazione era ormai terminata e che mi avrebbe congedato.
La sua voglia di sapere, per oggi, si era conclusa.
"Vorrà dire che d'ora in poi non mi appellerò a
te chiamandoti col tuo vero nome, te ne assegnerò un altro;
considera questo una forma di cortesia nei tuoi confronti".
Ero dubbioso, ma l'assecondai.
"E di grazia, come vorreste chiamarmi?"
Ci pensò sopra e poi pronunciò la sua decisione.
"Rekhyt. Rekhyt di Alessandria. Ti piace?"
"Mah... se voi volete chiamarmi così..."
"Inoltre, è mia intenzione rivelarti il mio nome.
D'ora in poi potrai chiamarmi col mio vero nome, se la cosa ti aggrada.
Tolomeo".
Ah!
A questa sì che strabuzzai gli occhi!
Il nome di nascita è quanto di più intimo e
segreto i maghi cercano di tenere nascosto a noi entità
dell'Altro Luogo. Un segreto custodito gelosamente e che nessuno, e
sottolineo nessuno, rivelerebbe al proprio nemico.
"Pazzo!" scattai in piedi "non sai cosa significa rivelare il proprio
nome ad uno di noi? Stai giocando con il fuoco, ragazzino, e neanche te
ne rendi conto".
"Per la storia che se uno di voi è a conoscenza del nome del
proprio padrone può nuocergli in quache modo? Si, ho
già sentito questa storia. Ma non è possibile
conversare da pari se uno di noi è a conoscenza di un
segreto dell'altro e l'altro no. Ora io conosco il tuo nome e tu
conosci il mio, siamo sullo stesso livello."
Lo guardai sbiecamente, desideravo solo allontanarmi da lui il prima
possibile. Dialogare con lui mi faceva male.
"Potresti pentirtene un giorno..." sussurrai.
"Ho fiducia in te, Rekhyt" sorrise, di un sorriso sincero, di quelli
che ti fanno stare male dentro per aver dubitato.
Terminò la Formula di Congedo e mi lasciò andare
al risucchio provocato dall'Altro Luogo.
Pazzo, completamente pazzo: ecco cosa era quel giovane ricercatore. (3)
Però, conversare da pari, ognuno a conoscenza del nome
dell'altro, era una sensazione mai provata.
Deve essere questo ciò che chiamano "diritto di
parità."
Le sue chiamate si fecero sempre più frequenti e
la sua idea piano piano mi affascinava.
Predicava di una possibile allenza tra uomini e spiriti e nessun
scetticismo al mondo avrebbe scalfito il suo credo.
Prima però aveva bisogno di capire la vera natura di noi
spiriti; conversare con uno solo di noi non era abbastanza e
cominciò ad evocarne altri.
Disse che soltanto parlando con più spiriti, confrontando le
diverse personalità esistenti, avrebbe potuto capire meglio
la nostra cultura.
Semmai ne avessimo una, ma essere affascinati e credere nel suo
progetto erano due cose totalmente diverse.
"Rekhyt! Sei dubbioso vero? Esponimi i tuoi dubbi, affinchè
io possa risponderti dandoti le mie motivazioni".
A seguito di un mia velata risposta incerta, Tolomeo poggiò
la sua penna e l'inchiostro a terra assieme ai suoi appunti.
Né in privato né in pubblico si rivolgeva a me
chiamandomi con il mio vero nome, per lui ero Rekhyt e sempre Rekhyt
sarei rimasto.
"Ti rendi conto che quanto fai è inutile?" risposi
schiettamente.
"Sei tu che la pensi così".
"La condizione di servitù a cui noi siamo legati non
è una cosa che si può cambiare, è
permanente e durerà per sempre."
"E questo chi l'ha detto?"
Non c'era verso a conversare con lui: testardo come un mulo che non
capisce quando davanti a lui c'è un muro ed è
inutile continuare ad avanzare.
Ammiravo la sua dedizione, ma le sole parole non erano sufficienti; non
per scordare millenni di schiavitù al servizio degli uomini.
Glielo feci notare lanciando una sfida sottintesa.
Avevo bisogno di una dimostrazione tangibile della sua parola, solo
allora avrei considerato nulla la posizione di schiavitù
che, anche in quel momento, mi assoggettava a lui.
E quel ragazzo dalla pelle scura e dalle esili braccia raccolse la
sfida.
Un gesto di riconcilazione, simbolo di anni e anni di
schiavitù.
Una prova di amicizia nei miei confronti e nei confronti degli spiriti
dell'Altro Luogo, così l'aveva chiamata e inevitabilmente un
gesto di sacrificio per lui. Difficile non rimanere colpiti da tanto
coraggio.
Tolomeo aveva trovato un modo per separare il proprio corpo e far
sì che il suo spirito si separasse da esso per
raggiungere la regione aliena che è la mia casa. (4)
Lo fece, realizzò lo scopo della sua vita raggiungendomi
nell'immenso turbinio dell'Altro Luogo, dove tutti gli spiriti sono un
tutt'uno di essenze aggrovigliati tra loro.
Restò fra di noi per un tempo indeterminato, lanciando
domande a destra ed a sinistra, sopra e sotto, importunando le
innumerevoli entità che si ingrovigliano attorno al mio
spirito, cercando di colmare quella sua implacabile sete di conoscenza,
perchè tutto poteva tornargli utile per il libro che stava
scrivendo.
Ma quali erano le conseguenze di tale gesto?
Lo scoprii solo quando, ritornando nel suo corpo e nel suo mondo
materiale, con uno sforzo incessante, mi richiamò a
sè. Il corpo di Tolomeo, privato del suo spirito padrone si
era raggrinzito, perdendo forza e vigore, i suoi bellissimi capelli
neri d'ebano, lucenti come una macchia d'olio si erano ingrigiti.
Ma la luce nei suoi occhi non era affatto sfumata, anzi brillava
più di prima.
Era un risultato fantastico, meraviglioso, diceva.
Qualcosa che mai nessun mago aveva raggiunto finora.
Ora non restava che fondere le conoscenze apprese nel suo viaggio
nell'Altro Luogo con i suoi appunti e ne sarebbe venuto fuori uno
scritto che avrebbe spinto altri maghi a replicare il suo gesto... o
quanto meno a considerarci sotto una diversa luce, stringendo con noi
alleanze e amicizie.
Sarebbe stato bello crederci alla sua stessa maniera.
Eppure...
Adesso non esistevano più barriere fra di noi,
nessun limite alla nostra reciproca fedeltà.
Il legame che mi stringeva a lui come suo servo era stato
immediatamente reciso col suo gesto quasi fatale.
Come io mettevo nelle sue mani la mia vita ogni volta che mi convocava
a sè, Tolomeo aveva riposto in me la sua esistenza
raggiungedomi nell'Altro Luogo.
A quel punto non avrei più potuto chiedere altro: per
Tolomeo avrei dato la vita, se possibile.
Ma la vita di Tolomeo fu stroncata di lì a poco a soli 14
anni, per mano di un cugino invidioso e avido di potere.
E l'ultimo regalo che quel ragazzo mi fece (5) fu di congedarmi in
punto di morte. La sua esistenza terminò, ma non la mia: al
suo Congedo tornai all'Altro Luogo portando con me la sua speranza di
una possibile unione fra spiriti e uomini.
Fino a quando io sarei rimasto vivo lo sarebbe rimasta anche la
speranza di Tolomeo.
La speranza e Tolomeo, li avrei portati sempre con me fino a
quando la mia essenza non si sarebbe definitivamente consumata. Era una
forma di amore questa? Una forma di amore verso il proprio
padrone e amico? Chi può dirlo? Rispondete voi a questa
domanda, se volete.
Eppure...
Tale gesto, compiuto da un ragazzino pieno di sogni
dell'antico Egitto, sarebbe stato replicato da una comune millenni
dopo, rinnovando l'antico legame che mi teneva ancora legato a Tolomeo.
La successiva unione con Nathaniel (6) lo saldò di
più.
Umano e il suo spirito, uniti insieme, in stretta collaborazione.
Alla fine, pure io avevo provato "amore"
nei confronti dei miei padroni, di Tolomeo per primo e a seguire anche
di quell'altro arrogante, sciocco ed incosciente mago, che fu mio
padrone quando il dominio dei maghi, finalmente, cadde. (7)
Sono
forse caduto in basso anche io?
(1)
peccato che gli ordini a me assegnatemi dai maghi non erano mai
coerenti con la mia millenaria fama. I maghi sono esseri
così noiosi e svogliati, incapaci di fare qualcosa con le
proprie zampe. "Bartimeus, fai sorgere un tempio", "Bartimeus, calcola
la distanza attuale del Sole dalla Terra", "Bartimeus di qua e
Bartimeus di là" sempre così andava a finire!
(2) l'avevo presa apposta! Di solito i maghi sono
così suscettibili se carpiscono che, in un qualche modo, li
stai prendendo in giro. Al ragazzo non fece né caldo
né freddo.
(3) e purtroppo la sua pazzia non l'avevo ancora conosciuta fino in
fondo.
(4) Badate, ero uno dei più scettici nel
successo di questa follia a cui lui aveva dedicato la vita intera.
(5) e non era il primo: Tolomeo mi fece dono di 3 regali
che mai scorderò.
(6) Non starò qui a descrivervi chi sia questo Nathaniel,
anche perchè per descriverlo una nota a piè di
pagina non sarebbe sufficiente. Vi basti sapere che si
trattò di un mago con elevate manie di protagonismo e
ambizione smisurata a non finire che mise spesso a repentaglio la mia
vita.
(7) Inutile che fremete per sapere chi sia, tanto se conoscete la mia
storia la risposta la sapete già.
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