NdA: Ho in
programma di tradurre tutte le storie di Mpathy (almeno quelle su
Kuroshitsuji), perché io la adoro *O* Comincio con questo
piccolo spaccato della vita di Grell (su cui si concentrano normalmente
le sue fanfictions su Kuroshitsuji), spero piaccia<3
Lascio il messaggio, con traduzione, in cui Mpathy mi autorizza alla
traduzione:
Io: "(...) I want to ask you for the permission to translate into
Italian your "Unfaithful" SebGrellWill fanfiction." (Voglio chiederti
il permesso di tradurre in italiano la tua fanfiction SebGrellWill
"Unfaithful".)
Lei: "I think I would be fine with it, as long as you credit me and
send me a link to your version. ^^" (Mi sta bene, a patto che metti i
credits e mi mandi un link alla tua versione. ^^)
Per altre mie traduzioni (non di Mpathy), vi lascio il link al mio archivio personale: Loki'd.
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Unfaithful
«Dove vai così tardi?»
«Non è così tardi.
Sto uscendo» risposi mentre, in
piedi di fronte allo specchio, mi sistemavo con cura i capelli.
«Sì, lo immaginavo. Potresti essere un
po’ più specifico?»
«Vado da un amico» replicai, mostrandogli la
lingua, ma lui
conservò il proprio contegno stoico.
«Capisco. Quale amico in particolare, se non sono troppo
indiscreto?»
Mentre sedevo sul letto per indossare le scarpe, mi lasciai
sfuggire un sospiro.
«Undertaker. È abbastanza specifico?»
Ignorò la mia domanda per un momento, riflettendo.
«Perciò… stai andando nel regno dei
mortali. A Londra».
Qualcosa nella sua voce mi disse che non era esattamente felice.
«Sì. C’è qualcosa che non
va?» Di nuovo, decise di non
rispondermi. «… Will?»
«No, non c’è niente che non
vada». Prendendomi le mani, mi
tirò in piedi e mi guardò negli occhi.
«Vengo con te…?»
«Perché? Ti annoieresti e basta; sono solo
chiacchiere per
ragazze, dopotutto, niente che possa interessarti». Risi.
«E poi
sono sicuro che tu abbia del lavoro da fare qui. Non vorrai rimanere
indietro». La sua espressione cambiò e il suo
sguardo sfuggì al
mio.
«No, immagino di no». Scosse la testa e si
allontanò da me,
avvicinandosi alla scrivania. Non era sciocco. Doveva aver
capito…
qualcosa.
«Will, qualcosa non va?» Non ero troppo vicino, ma
la mia mano
sfiorava il suo braccio.
«No». Eppure continuava a non guardarmi.
«Quando tornerai?»
«Più tardi… Non
c’è bisogno che tu rimanga in piedi o cose
del genere». Annuì, ma non alzò lo
sguardo. Passarono alcuni
istanti in cui passò al vaglio i documenti sulla scrivania e
io
scoccai un’occhiata all’orologio. Si stava facendo
tardi… «Ora
vado, okay?» Lo baciai sulla guancia e mi voltai per
andarmene, ma
lui mi afferrò un polso per trattenermi.
«Aspetta».
«Tesoro, arriverò in ritardo visto che
sono…»
«Aspetta solo un momento». Mi attirò a
sé e mi passò un
braccio intorno alla vita. L’altra mano scivolò
tra i miei capelli
e mi trasse a sé per un bacio lento. Mi sforzai di cingergli
il
collo con le braccia e feci del mio meglio per ricambiare il bacio.
Infine mi lasciò andare. «Va’. Ti
aspetterò». Gli indirizzai un
leggero cenno d’assenso, tentando di nascondere
l’esitazione nel
mio sorriso, e poi me ne andai.
Fedele alla mia parola, andai all’obitorio del mio amico dopo
essere uscito… ma non per la ragione che avevo dato a Will.
«Non ne sono sicuro,» gli dissi, tentando di
nascondere quanto
fossi stressato «ma, se Will dovesse chiedere, stasera sono
qui…»
«Ah, un altro appuntamento notturno, non è
così? Non posso dire
di approvare completamente» cominciò.
«… ma, in ogni caso, se
non si può dare fiducia a un amico perché menta
ai propri amanti,
allora che genere di amico è davvero? Il tuo segreto
è al sicuro
con me, milady».
«Grazie» risposi, riconoscente, mentre sparivo
fuori dalla
stanza e m’incamminavo verso la mia vera
destinazione.
Quando arrivai, sgusciai all’interno come di consueto, e lui
era
lì, nella sua camera da letto.
«Sei in ritardo» m’informò
mentre varcavo la soglia.
«Mi dispiace. Credo che Will stia… cominciando a
capire come
stanno le cose» borbottai, preoccupato.
«Davvero? E hai intenzione di rimuginarci sopra tutta la
notte?»
Sollevando lo sguardo verso i suoi occhi rossi, sorrisi.
«Non se mi distrarrai».
Gli angoli della sua bocca si piegarono verso l’alto mentre
faceva un passo, oh, così vicino, e respirava sul mio collo.
Solo il
suo fiato soffice sul collo era abbastanza per far collassare le mie
ginocchia.
«Capisco. Allora permettimi di farlo». Le nostre
labbra
s’incontrarono e, come sempre, volarono scintille. In un
istante,
mi spinse contro un muro a gemere contro la sua bocca. Le sue mani mi
spogliarono abilmente della giacca e non passò molto che le
punte
delle sue dita arrivarono al petto. In quel momento fui costretto a
separarmi da lui per riprendere fiato, ogni cellula del mio corpo
completamente sveglia e attiva. Continuando a sogghignare in modo
affabile, spostò la bocca sulla mia gola e gemetti per
l’eccitazione. Era così passionale, tutte le volte
in cui stavamo
insieme, e non riuscivo a resistere.
Era cominciata settimane prima, quasi per caso, quando
accettò
per davvero le mie avances giocose e, dopo tutte le promesse che
avevo fatto, non potevo semplicemente tirarmi indietro. Quella notte
ne ebbi un assaggio e divenni immediatamente assuefatto. Da quel
momento in poi, mi scoprii a correre da lui sempre più
spesso.
Semplicemente, non riuscivo a stargli lontano. In confronto a
Sebastian, il povero William non era più abbastanza, ormai.
Era
affettuoso e dolce con me, e non aveva fatto assolutamente nulla di
sbagliato, cosa che non faceva altro che farmi sentire ancor
più in
colpa per incontrare in segreto Sebastian.
Ma non troppo in colpa.
«Hm…» La sua bocca si chiuse su un
capezzolo e mugolai di
nuovo per lui, avvertendo il mio volto accaldarsi.
«Parlami» mormorò. «Sei
così silenzioso, stasera».
«S-scusa» borbottai. «È solo
che non riesco a smettere di
pensare a…»
«Oh, sinceramente» disse, lasciandomi andare e
allontanandosi,
esasperato «perché non gliel’hai detto,
se ti preoccupa tanto?»
«Lo farò» protestai, sulla difensiva.
«È solo che… non ho
ancora deciso come dirglielo». Ovviamente ci avevo pensato. E
ogni
volta mi ero detto: Glielo dirò domani.
Sicuramente domani…
«Penso che sia molto semplice. Digli che ti sei stancato
della
sua compagnia e preferisci passare il tuo tempo qui con me».
«Non è così semplice»
risposi. «C’è più di questo;
se
glielo dicessi così, gli spezzerei il cuore».
Sebastian mi fissò
per un istante e la sua espressione s’indurì.
«Allora, se sei tanto interessato ai suoi sentimenti, forse
dovresti tornare da lui e rimanere là; ci eviterebbe il
disturbo di
discutere la faccenda».
Improvvisamente irritato per qualche ragione, feci un passo verso
di lui e alzai lo sguardo nella sua direzione.
«È questo che vuoi?»
«Hai considerato che magari non mi diverto a
condividere…»
S’interruppe e rise mestamente. «Aspetta. Prima di
scattare,
prenditi un momento per riflettere. Non riguardo a ciò che io
voglio o lui vuole; pensa a quello che vuoi tu».
Vi fu
silenzio per un attimo. «Cosa vuoi?»
Volevo proteggere William. Volevo stare con Sebastian. Qual era la
cosa più importante…?
«Io…» Le parole mi vennero meno,
poiché quel pensiero non
finì mai di germogliare. Poi Sebastian fece scorrere le dita
tra i
miei capelli.
«Avanti, lo sai» mi disse, incoraggiante.
«Me l’hai detto
centinaia di volte finora». Le sue dita scesero sulla mia
guancia e
lasciai andare il fiato in un sospiro. Privo della forza di
volontà
di rimanere in piedi, mi afflosciai sul suo petto.
«Voglio te» sussurrai dolcemente, disperatamente, e
potei udirlo
ridacchiare. Intrecciando le dita alle mie, fece un passo indietro e
mi condusse al letto.
«Allora stai con me…»
Non dicemmo molto altro; i nostri corpi comunicarono a un livello
molto più profondo, le voci perse in gemiti e grida
smorzate. Anche
dopo così poco tempo, sembrava conoscermi così
bene e lo sfruttava
a suo totale vantaggio. Ero suo, in qualsiasi modo mi desiderasse, e
non mi sognavo nemmeno di discutere. Come riusciva a catturarmi
così
completamente, a farmi sentire sempre totalmente
affascinato…?
Sapevo che non mi amava e forse non l’avrebbe mai
fatto… ma, per
qualche ragione, non aveva importanza. Agognavo comunque la sua
attenzione, il suo tocco; stavo cadendo così velocemente che
non
avevo possibilità di salvezza.
Qualche tempo più tardi, eravamo stesi in silenzio sul
letto, i
nostri profondi respiri sincronizzati, la mia testa contro la sua
spalla. E, oh, mi stava stringendo… E poi i miei occhi
caddero su
un orologio. Dov’erano finite quelle ore? Pur se riluttante,
dovevo
lasciare le sue braccia, mi costrinsi ad alzarmi.
«Dovrei andare» dissi a bassa voce. «Gli
ho detto che sarei
tornato stanotte». Sebastian non parlò; si
limitò a guardare
mentre scendevo dal letto, tremante, e cominciavo a rivestirmi.
Tentai di rassettarmi il meglio possibile, ma, sotto i vestiti,
c’erano dei lividi sui miei fianchi e segni di morsi sulla
spalla…
Vi fu un silenzio imbarazzato per un secondo.
«Glielo dirò presto» promisi.
«Lo farò».
«Non fa differenza che lo sappia o no, per me» fu
la risposta –
molto sensibile – del mio amante. «Sei tu quello
che si sente in
colpa. Anche se il nostro “segreto” dovesse venire
a galla…
aspetto con impazienza un’altra notte come questa. Magari la
prossima volta potrai concedermi la tua completa attenzione».
Sapere
che lo desiderava provocò la discesa di scariche di gioia
lungo la
mia spina dorsale.
«Magari» fui d’accordo con lui,
chinandomi a baciarlo finché
il mio respiro non si mozzò. «Hmm. Buona notte,
Sebastian». Quel
suo sogghigno rimase fermamente impresso nella mia mente mentre
tornavo a casa.
Quando arrivai, trovai la luce della camera di William ancora
accesa. Era l’una del mattino passata; perché
avrebbe dovuto
essere ancora sveglio? Mentre entravo, lo scoprii seduto sul bordo
del letto a fissare il pavimento. Aveva un aspetto terribile: giacca
e panciotto scomparsi, le maniche rimboccate, i capelli in
disordine…
Quando sollevò lo sguardo, vidi che i suoi occhi erano rossi
e
iniettati di sangue. Aveva… pianto?
«Cosa fai ancora alzato?» gli chiesi,
accarezzandogli i capelli.
«È così tardi».
«Ti stavo aspettando» disse, sembrava
così felice di vedermi.
«Avevo detto che l’avrei fatto». Era
così sincero e dolce, così
innamorato di me e preoccupato dei miei sentimenti… Non
meritava
quello che gli stavo facendo. Sedendomi al suo fianco, gli presi una
mano e la strinsi con forza, lasciando che appoggiasse la testa sulla
mia spalla.
«William… dobbiamo parlare» dissi
gentilmente. «Non sono…
sicuro di come dirlo… e so che ti farà soffrire,
ma non voglio
continuare a mentire…» Silenzio.
«Will?» Mi voltai a guardarlo…
e si era addormentato. Per un momento pensai di svegliarlo, ma non
potevo. Non per quel genere di notizie. Così spensi le luci
e mi
stesi accanto a lui.
Domani, mi dissi. Sicuramente
domani…
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