Questa one-shot è stata
scritta per il contest Gli insoliti noti, indetto da pinzy81, dedicato ai
personaggi secondari della saga. A me è capitata Pire, l’umana che ha fatto
nascere il mezzo vampiro Nahuel.
Gocce di pioggia
Parte I
: Prova a prendermi!
È una ragazza come tante altre, Pire. Le piace la natura, con cui è vissuta a
contatto da sempre. Le piace accontentarsi di quello che ha, del sole bollente
quando è estate e dell’umidità quando viene la stagione delle piogge. Non ha
moltissimi amici, ma ha una sorella insostituibile, e sogna il grande amore. È
irruenta nelle sue emozioni, le piace gettarsi a capofitto nella vita.
C’è un posto vicino a casa sua in cui ama stare quando non ha niente di particolare
da fare, dove si trova un masso che sembra fatto proprio apposta per lasciarla
sedere a guardare l’acqua del torrente, che scorre – impetuosa o placida,
dipende dal periodo dell’anno – sotto di lei, intorno ai suoi piedi.
Non pensa a nulla in particolare, semplicemente osserva la natura che attorno a
lei segue il suo corso: questo le piace di quel posto, la rilassa.
Sospira, una goccia, due gocce… Le
vede affondare nel torrente, lasciando dei cerchi perfetti dietro sé prima di
sparire per sempre, di confondersi fra le loro simili.
La stagione delle piogge, quasi alla fine, continua ad imperversare, ma lei non
si fa convincere facilmente ad abbandonare la sua postazione preferita, non ha
voglia di andarsene; ha invece, all’improvviso, proprio voglia di cantare.
Lo fa per il piacere di farlo, anche se non c’è nessuno ad ascoltarla, eccezion
fatta per gli animali che ancora non sono andati a rifugiarsi nelle loro tane.
Quando finisce la prima canzone ne inizia un’altra, chiude gli occhi nello
sforzo di ricordare le parole di quella che sua madre le cantava fino a pochi
anni prima e le viene l’idea, per gioco, di provare a seguire con la sua voce
il tempo dettato dal cadere della pioggia. Si concentra sul ritmo delle gocce
che battono sulla sua mano, in parte a velocità normale e in parte più
lentamente, cadendovi dalla punta dei suoi capelli bruni.
Ride per quello sciocco gioco, quando si rende conto che la canzoncina che
aveva in mente, così alterata, diventa irriconoscibile una volta uscita dalle
sue labbra. Continua sorridendo, gli occhi sempre chiusi, e ad un tratto, come
se i tronchi degli alberi avessero deciso di accompagnarla, nota che un suono nuovo
si è aggiunto, simile allo sfregare di due rami robusti uno contro l’altro.
Canta l’ultima strofa tutta d’un fiato – la pioggia sta aumentando – e chiude
subito la bocca, per ascoltare meglio quel suono, che però, all’istante,
svanisce.
Apre gli occhi, guarda davanti a sé. Si gira, osserva gli alberi a destra e a
sinistra, ma tutto sembra essere identico a pochi minuti prima, mosso solo
dalla pioggia battente.
Ora non l’abbandona più la sensazione di essere osservata: sente lo sguardo di
qualcuno appiccicato alla sua pelle come lo sono i suoi vestiti bagnati. Si alza, Pire, e trovandosi nell’imbarazzo di
non sapere verso che direzione andare, chiede ad alta voce. “Chi c’è?”
Non ha paura, è solo un po’ inquieta e, soprattutto, è curiosa.
Una risata risponde alla sua domanda, coperta dal suono della pioggia che
aumenta d’intensità, per poi scemare, come se l’acqua lassù si fosse esaurita
dopo quell’ultimo poderoso scroscio.
“Mi piace la tua voce, canta ancora.” Le dice lo sconosciuto, ancora senza mostrarsi, mentre le ultime gocce di
pioggia cadono sulla foresta.
Quella voce le piace fin da subito, è tanto melodiosa da rasserenare
all’istante il suo animo inquieto.
Ha ancora voglia di giocare però, come poco prima, e risponde “Costringimi.
Prova a prendermi!”
Si gira di scatto, verso la direzione che pensa essere quella opposta rispetto
a dove si trova lo sconosciuto, e ridendo comincia a correre.
Percorre in fretta una decina di metri, come al solito senza badare al terreno
irregolare e scivoloso che la mette in difficoltà, finché è costretta a
fermarsi per lo spavento.
“Dove vai?”
La voce è vicinissima stavolta e, se non fosse già abbastanza grande, Pire
penserebbe che sia stato l’albero di fianco a lei a parlare. Il suo sguardo già
adulto scorre invece su, oltre il tronco umido e rugoso, arriva al livello dei
primi rami, scrutandoli.
Lo sconosciuto è là, ne vede bene solo i piedi e le gambe, il resto è coperto
dai rami superiori. Lo guarda con ammirazione per qualche secondo, poi lui
salta, atterra a meno di un metro da lei.
“Ti ho presa.”
Parte
II :
Questo è il luogo
Correvano,
così veloci da non provocare alcun rumore, come se i loro piedi fossero
sollevati in aria, lontani dalla terra secca e dai rami spezzati. Era uno
slalom continuo tra gli alberi, fittissimi in quel punto della foresta, alti,
dalla corteccia ruvida e scura. Le foglie sopra le loro teste si sovrapponevano
le une alle altre in strati così numerosi da rendere l’ambiente cupo, quasi
nero carbone: quello era il luogo più buio della foresta.
Nell’area in cui vivevano loro l’oscurità non era così totale, “per fortuna!”, pensò Nahuel, “nemmeno un vampiro riuscirebbe a vivere in
un ambiente così lugubre.”
Ad un tratto cominciò ad avvertire un suono sommesso, lo scivolare dell’acqua
sulle rocce, non troppo lontano. Sapeva che non stavano correndo da molto, ma,
da un’occhiata veloce scambiata con Huilen, capì che erano quasi arrivati. Dopo
qualche minuto infatti vide che la luce cominciava a penetrare il tetto di
foglie, illuminando qua e là la parte superiore dei tronchi antichi.
Ancora poco e Huilen si fermò. Nahuel fu affianco a lei in un batter d’occhio e
la superò, bloccandosi appena in tempo: a pochi centimetri dai suoi piedi c’era
l’argine di un torrente.
Di sicuro era da lì che proveniva quel sottofondo sempre uguale e sempre
diverso che aveva percepito nell’ultimo tratto di viaggio. Osservò per qualche
istante l’acqua che scorreva placidamente, incantato, prima di rivolgere lo
sguardo a sua zia.
Lei rispose subito al suo quesito silenzioso. “Li aspetteremo qui.” Pronunciò
questa frase come una sentenza, senza possibilità di appello, poi si sedette,
sollevando dalle sue spalle mai stanche la sacca che aveva portato con sé.
Nahuel annuì “In effetti hai avuto un’ottima idea a scegliere questo posto per
l’incontro con gli stranieri, nonostante il poco tempo che abbiamo avuto a
disposizione per prepararci alla loro visita.
È… sicuro. Ci sarà perlomeno qualcosa a dividerci nei primi minuti del
nostro incontro, basterà per lasciarci parlare, per permetterci di capire cosa
vogliono.” Si chinò per immergere una mano nella corrente, mentre alle sue
spalle Huilen, rintanata fra i fusti, abbassava lo sguardo verso un passato a
lui ancora sconosciuto.
“Non è l’unico motivo per cui ho scelto questo luogo, sai, Nahuel.” Fece una
pausa, che permise a lei di riportare a galla i ricordi e a suo nipote di
girarsi a guardarla. Nel farlo, lui diede un’occhiata al cielo minaccioso,
costellato di nuvole, ed avvertì all’improvviso un peso che gli gravava sul
cuore, un’inquietudine data da quell’atmosfera di attesa: attesa di sentire le
parole di sua zia e insieme attesa della pioggia imminente – la prima della
stagione.
“Tua madre conobbe per caso il vampiro di cui poi si innamorò, un giorno nella
foresta. Non sapeva qual era la sua vera natura all’inizio, ma preferì comunque
non dirmi niente per i primi tempi. Quando lo fece io desiderai vederlo, ero
curiosa, perciò un pomeriggio lasciò che io rimanessi nascosta tra i cespugli
quando lui la venne a prendere. Andarono via subito, nel loro rifugio segreto, e io potei osservarlo
solo per poco, ma mi diede un tale senso di irrequietezza che per tutta la sera
rimasi in pensiero per Pire. Credevo non sarebbe tornata.
Il giorno dopo, a sua insaputa, li seguii; percorrevo il sentiero segnato dalle
loro orme nella terra inumidita dalla stagione delle piogge, appena trascorsa.
Lui però, ovviamente, si era accorto di me e quella volta cambiò luogo, la
portò in un posto nuovo. Fu così che potei inseguirli solo fino alla sponda di
questo torrente, dove si concludevano le loro tracce.
Quella sera, quando Pire rientrò a casa, era diversa: rimase sulle sue, in
silenzio, e non mi permise di curare i graffi e gli ematomi che erano fioriti
sulla sua pelle. Lui non tornò a prenderla nei giorni successivi e lei si
chiuse sempre di più in se stessa, mentre tu cominciavi ad esistere dentro di
lei. Ti amò da subito, nonostante il
dolore che provava per l’abbandono di tuo padre; solo verso la conclusione
della gravidanza mi svelò che lui aveva giurato di tornare, un giorno, per
riprendersi suo figlio.” Huilen si fermò, scossa.
Nahuel conosceva già il resto della storia e conosceva ciò che il silenzio
della zia nascondeva: l’odio che aveva nutrito all’inizio nei suoi confronti –
verso quel bambino che l’aveva privata dell’amata sorella – e quel morso che
lui stesso le aveva dato appena nato. Huilen aveva sempre trovato difficile
parlargli di quel primo periodo e Nahuel ne comprendeva le ragioni, non la
tormentava con domande che l’avrebbero fatta soffrire.
Guardandosi intorno, lui scoprì che qualcosa era cambiato: le piante e le rocce
che lo circondavano avevano assunto d’un tratto un altro significato ai suoi
occhi, gli parlavano di sua madre.
Pensare a lei voleva dire per lui soffrire; tutte le volte che la storia che
stava dietro alla sua nascita tornava a galla lui veniva trafitto da un dolore
incontenibile. Strinse nel pugno della terra, era secca, ma lo sarebbe stata
ancora per poco: Nahuel poteva sentire l’odore della pioggia nell’aria.
Fu così che, assorto nei suoi pensieri, non fece caso ai rumori che andavano
rompendo il silenzio della foresta – nemmeno si mosse alle prime, pesanti,
gocce di pioggia – e quando infine sollevò lo sguardo da terra i due vampiri
stranieri, venuti da lontano, erano già di fronte a lui, sull’altra riva del
torrente.
NB: I due “stranieri” sono Alice e Jasper, andati a
cercare Nahuel per salvare Nessie e i Cullen dal castigo dei Volturi.