nothing to me
LADIES AND GENTLEMEN,
benvenuti alla mia nuova fiction.
L’ho
messa nella sezione
Film perché il Joker che descrivo e di cui parlo è indubbiamente e
indiscutibilmente
(?) quello di Heath Ledger: oscuro, bellissimo, con quelle labbra da
sogno,
psicopatico, incomprensibile, passionale e meraviglioso (!).
Paro già eventuali
critiche di OOC dicendo che a mio parere questo Joker è imprevedibile
anche
caratterialmente, instabile specialmente dal punto di vista emotivo e
sentimentale. Harley Quinn è invece modellata su quello che conosco dei
fumetti
e della serie animata.
Avvertimenti:
1.
Lei di solito lo
chiama “puddin’”, che in italiano sarebbe “budino”, decisamente orrido,
sostituito da me con “pasticcino”, mooolto più carino.
2.
Lui a volte la chiama “cupcake”,
termine abbastanza intraducibile, tradotto da me con “tortina”, che mi
sembra
avvicinarsi a sufficienza al significato originale.
3.
La fiction tratta di
un momento all’inizio della loro relazione (ovviamente dopo che Joker
evade
dall’Arkham Asylum con l’aiuto di Harley).
4.
Il brano che introduce
la fiction è una delle mie canzoni preferite (lo so che non vi
interessa, xD)
5.
la parte in corsivo è il sogno del
Joker,
mentre le frasi o parole qua e là
in
corsivo servono per evidenziare particolari momenti.
Buona
lettura! Mi
farebbe piacere avere il vostro parere! :D
ND
Nothing
To Me
[
A three-chord symphony crashes into space
The moon is hanging upside down
I don’t know why it is I’m still on the case
It’s a ravenous town
And you still refuse to be traced
Seems to me such a waste
And every victory has a taste that’s bittersweet
And it’s your face I’m looking for on every
street ]
Dire
Straits – On Every Street
-
Rimani qui, se proprio
ci tieni. Ma non darmi fastidio e lasciami dormire. – aveva sibilato
perentorio
il Joker, ancora dentro di lei, appagato e sconvolto dal piacere
dell’orgasmo,
gli occhi scuri ed enigmatici che scintillavano di emozioni per lui
sconosciute
e inspiegabili. Harley sentì il proprio cuore balzarle in gola: non le
era mai
stato permesso di rimanere durante la notte, indipendentemente dalle
sue
preghiere e dalle sue suppliche. Si era sempre limitato a ordinarle di
andarsene e lasciarlo solo, completamente sordo alle sue richieste
insistenti.
-
Oh, Mr. J.. –
sussurrò, sorpresa e raggiante, mentre con una mano raggiungeva una
guancia
dipinta per accarezzarla, e con l’altra lo stringeva a sé, godendo del
calore
del suo corpo e facendo aderire i propri seni morbidi al suo petto
ampio e
glabro. Il Joker scosse infastidito la testa e si liberò bruscamente
dalla sua
stretta, lasciando la sua intimità e stendendosi su di un fianco sul
bordo del
letto, dandole la schiena.
Il
principe del crimine
di Gotham era abituato al senso del pericolo, all’adrenalina che
stringe il
cuore e la gola in una morsa crudele e dolorosa, ma non era ancora per
niente
avvezzo alla presenza di quella donna, così totalmente e follemente
innamorata
di lui da turbarlo, così perfetta e a lui così complementare da
spingerlo ad
allontanarla per una qualche ignota motivazione. Una strana sensazione
simile
alla dolcezza a volte lo pervadeva, e si scopriva a non desiderare la
sua
morte, ma anzi a sperare di averla ancora a lungo accanto a sé: non lo
avrebbe
mai ammesso, ma gli piaceva stare con lei.
Ed
era questo il
problema. Mentre si girava, escludendola dalla propria vista, poteva
giurare di
sentire ancora lo sguardo di lei percorrere la sua schiena, il suo
respiro
caldo solleticargli i capelli mossi e disordinati, il suo amore
avvolgerlo,
facendolo sentire calmo e al sicuro. Si addormentò quasi
immediatamente,
cullato dal silenzio e dalla notte incipiente.
Gli
occhi chiari e
marini di Harley accarezzavano quella schiena nuda dalla pelle nivea e
delicata, la cui candida perfezione era spezzata da profonde ed estese
cicatrici, frutto delle violenze perpetrate e subite nel corso della
sua intera
esistenza di criminale. Si
ritrovò a immaginare
di chiedergli come se le fosse procurate, per poi toccarle e baciarle
con
delicatezza, ma sapeva perfettamente che il Joker non glielo avrebbe
mai e poi
mai rivelato: lui non parlava mai del suo passato e ogni qualvolta che
lei
aveva tentato di spingerlo a confidarle qualcosa aveva solo ottenuto
abbondante
rabbia e un deciso rifiuto, contornato da parole decisamente poco piacevoli.
E
lei non voleva certo
rovinare un momento speciale come quello.
*
Nemmeno
se lo avesse
desiderato fortemente, Harley sarebbe riuscita ad abbandonarsi al
sonno. Era
talmente emozionata da quel gesto, inaspettato e inspiegabile, che non
poteva
fare a meno di chiedersi il perché del suo cambiamento. Non era
successo niente
di particolare, e ormai lei si era arresa all’evidenza dei fatti: era
inutile
continuare a chiedergli di dormire insieme, se lui continuava a
rifiutarla
senza nemmeno una motivazione.
E
invece il Joker
l’aveva stupita, l’aveva colpita, l’aveva sconvolta, come sempre.
Continuò
almeno per
altre due ore a osservare la linea dei suoi fianchi alzarsi e
abbassarsi nel
respiro ritmico e lento del sonno, quando il Joker cominciò ad agitarsi
in
preda ad un incubo notturno, che lo indusse a serrare i pugni e la
mandibola,
mentre il suo respiro diventava rapido e affannoso.
-
Come ti senti adesso, schifoso clown da strapazzo? Che cosa credi, che
a Gotham
City le voci non circolino? Abbiamo saputo della tua puttanella, sai? –
urlò
con disprezzo il sequestratore, trionfante, scoperto il punto debole
del nemico
apparentemente invincibile.
-
Sai almeno con chi stai parlando? Io sono il Joker, capito? Ti ritieni
così
forte da minacciare il Joker? – rise, sguaiato, mentre con uno
strattone faceva
scivolare fra le proprie dita il pugnale nascosto nella manica della
camicia.
Rialzò lo sguardo, e notò con orrore che il sequestratore aveva puntato
una
pistola alla testa di Harley, spaventata e in lacrime ai suoi piedi.
-
Non t’importa di lei? Non t’importa che muoia? Allora non avrai
problemi se io
ora premo il grilletto e la uccido, vero? – rise divertito l’uomo,
ormai
convinto di averlo in pugno.
Joker
non riusciva a capire: non trovava le sue armi, il suo usuale corredo
di bombe
a mano era scomparso, la sua proverbiale capacità di elaborare piani di
fuga e
strategie immediate pareva essersi spenta insieme al suo coraggio e al
suo sprezzo
del pericolo. Era paralizzato, immobile, incapace di reagire: l’unica
cosa che
vedeva era Harley e quella pistola contro le sue tempie.
Ma
cosa stava succedendo? Perché avrebbe dovuto interessarsene? Se anche
fosse
morta, che cosa sarebbe cambiato? La morte di quella donna non lo
riguardava
affatto, non era niente per lui: sì, ci era andato a letto un paio di
volte, ma
nient’altro. Certamente non la amava o cose del genere: non aveva
davvero alcuna
importanza, continuava a ripetersi.
Nessuno
può ricattare il Joker. Semplicemente perché non esiste nulla di cui
gli
importi.
*
-
Fai quello che ti pare. Non mi interessa di lei. – mormorò freddamente,
senza
guardarla, fingendo di non percepire il debole tremore nella propria
voce.
Ma
quando lo sparo gli rimbombò nelle orecchie e la vide accasciarsi a
terra con
un rivolo di sangue che macchiava le labbra, non poté evitare di vedere
i suoi
occhi marini spalancarsi e fissarlo, ancora pieni d’amore e di
tenerezza per
lui. Anche di fronte alla morte avvenuta per causa sua, Harley non
aveva smesso
di amarlo, ma anzi lo salutava con lo specchio della propria anima,
lucido e
desideroso di imprimere dentro di sé l’immagine dell’amato per sempre.
Una
rabbia cieca e folle scoppiò dentro di lui come una delle tante bombe
che era
solito far esplodere per divertimento; impossibilitato a controllarsi,
il Joker
si lanciò contro il sequestratore, stringendo compulsivamente fra le
dita
ruvide il pugnale e urlando per la prima volta il suo nome, mentre i
lineamenti
del suo viso si concentravano in una smorfia terrificante, accentuata
dalle
ampie labbra scarlatte e dal pallore della sua pelle.
Harley
continuava a
guardarlo con aria preoccupata: il Joker sembrava accaldato e
sconvolto, non
smetteva di agitarsi e di sussurrare qualcosa di incomprensibile alle
orecchie
della donna, ormai china su di lui.
Ad
un certo punto, non
riuscì più a trattenersi.
Harley
lo avvolse in un
abbraccio profondo e affettuoso, cercando di placare il tremore delle
sue
membra turbate, baciandogli teneramente i capelli mossi e disordinati e
beandosi del profumo della sua pelle scarna e chiara. La donna sospirò
profondamente
e continuò ad accarezzarlo, emozionata.
A
causa di quel tocco,
per quanto tenue e impercettibile, il Joker si svegliò improvvisamente.
Guardò
nel buio della stanza e non riuscì a scorgere nulla di definito accanto
a sé: solo la notte si rifletteva in quelle
iridi
cupe e rossastre. Era confuso, non ricordava né dove si
trovava né perché:
nei suoi pensieri c’era solo Harley, gli occhi azzurri di Harley, lo
sparo.
Possibile che fosse stato veramente solo un sogno?
Non
appena smise di far
vorticare i pensieri e le riflessioni per concentrarsi sul presente si
accorse
con orrore che qualcosa lo teneva fermo: un senso di soffocamento e di
claustrofobia lo invase.
Voleva
solo che quel
luogo si riempisse di luce, di aria e di spazio. Non poteva muoversi
liberamente:
chi o cosa lo stava trattenendo?
Il
Joker aveva sempre
avuto l’abitudine di infilarsi un pugnale nei boxer prima di andare a
dormire,
e non appena se ne ricordò riuscì a percepire qualcosa di freddo e
metallico
appoggiato contro il proprio bassoventre; con una lentezza e
un’attenzione
maniacale lo raggiunse con le dita e lo strinse nel pugno con
determinazione.
Chiunque lo stava imprigionando doveva pagare con la propria vita.
Con
uno scatto
improvviso si girò e con la mano libera colpì il suo aggressore, nel
tentativo
di carpirne l’identità. Capelli, fini e morbidi, gli si riversarono nei
palmi
ampi e ruvidi. Il Joker si mosse rapidamente nel buio, salendo sopra
l’entità
sconosciuta e sovrastandola con il proprio peso, puntandole contro il
coltello.
-
Pasticcino.. –
sussurrò Harley con un filo di voce, le lacrime agli occhi,
terrorizzata,
allungando una mano verso l’unico abat-jour nella stanza e accendendo
la luce.
Il suo amante sedeva a cavalcioni su di lei, con un’espressione
allucinata sul
volto bianco, le labbra vermiglie e lucide strette in un ghigno folle,
il
pugnale stretto nella mano destra a poca distanza dal suo cuore
pulsante.
Il
Joker la riconobbe e
immediatamente scoppiò in una risata liberatoria, lasciando cadere
l’arma
dietro di sé e accasciandosi su di lei in preda a degli spasmi
incontrollati:
ora ricordava tutto, il misterioso assalitore notturno non era altro
che
Harley, alla quale aveva permesso di dormire con sé per la prima volta.
Si
sentì ridicolo per l’essersi fatto suggestionare da uno stupido e
irrilevante
incubo.
Rise,
rise, e ancora
rise in quel suo modo isterico e caricaturale, trascinando con sé anche
lei,
che nel frattempo aveva intrecciato le proprie dita alle sue per
tranquillizzarsi.
E’
solo colpa tua se io sono debole.
Ritornò
serio in un
istante, gli occhi improvvisamente colmi di oscurità, i lineamenti
stretti in
una maschera di serietà e tensione che non lasciava trasparire emozioni.
-
Harley. Ti avevo detto
di lasciarmi dormire. – disse con un tono all’apparenza calmo, ma in
realtà
venato di rabbia e ostilità. – Te lo avevo detto o no? –
-
Sì.. ma.. Eri agitato
e volevo solo aiutarti a dormire meglio.. – si difese la donna,
tenendogli
stretti i polsi e portandoseli alle labbra per baciarli, sperando di
placarlo.
E’
solo colpa tua se io sono debole.
-
Ti avevo detto di
lasciarmi dormire! – urlò, isterico, abbassandosi su di lei. Si liberò
e
avvolse le mani intorno al suo collo, nel tentativo di soffocarla – Tu non sei niente per me! Hai capito,
Harley? Hai capito? Non lo sarai mai! Per me non significhi niente! Io
ti odio!
Potresti anche
morire e a me non
importerebbe, hai capito?
-
Ma.. ma.. io ti amo, pasticcino..
– sussurrò lei fra le lacrime, faticando a respirare a causa del pianto
sempre
più forte e del suo tentativo di mozzarle il fiato – Io ti amo e voglio
solo
stare con te..
-
Non è vero! Non mi
importa niente di te, lasciami in pace, ti odio, vattene! – urlò il
Joker,
mollando la presa e alzandosi di scatto, afferrando una sigaretta da un
pacchetto sul davanzale del balcone e accendendosela in tutta calma,
gustandosi
il suo sgomento.
-
Ma perché devo
andarmene? Che cosa ho fatto? Volevo solo starti vicino.. – singhiozzò
lei,
ancora fra le coperte, guardando la sua figura alta stagliarsi contro
la
finestra, sempre più lontana, sempre più freddo e assente.
- Vattene, Harley. – ripeté in tono piatto
espirando nuvole di fumo
bianco, dandole la schiena e cercando di non lasciar trasparire alcuna
emozione.
*
Harley
si alzò, pallida
e confusa, vestendosi davanti agli occhi gelidi e distanti di lui,
seduto sul
davanzale.
Varcata
la porta della camera,
non riuscì ad andarsene come avrebbe dovuto: il pensiero di separarsi
da lui la
distruggeva, se proprio il Joker non la voleva più, se proprio non
aveva più
alcun interesse per lei, allora doveva buttarla fuori lui con la
violenza,
assumendosene la responsabilità.
Si
chiuse allora in
bagno, girando una chiave dall’aria malsicura e fragile, sentendosi
sciocca: il
Joker ci avrebbe messo dieci secondi a scassinarla o a farla saltare in
aria.
Ma
non successe.
Il
silenzio impregnava
quelle pareti scure e indefinite, rotto soltanto dai singhiozzi
profondi e
costanti di lei, che nel buio di quello stanzino piangeva il suo amore
perduto,
che non voleva a nessun costo lasciar andare. Lo amava probabilmente
molto più
di quanto amava se stessa, si sarebbe fatta uccidere pur di non vivere
senza di
lui, senza il Joker, che in quel momento sembrava essere indifferente
alla
situazione e ai suoi sentimenti. Eppure non riusciva a trovare un senso
a
quello che era successo: fino a poche ore prima il Joker sussurrava il
suo nome
fra i gemiti, stringendola a sé con una forza e una passione a lei
estranea,
mentre sembrava non volerla più nemmeno vedere.
Il
Joker ascoltava il
suo pianto, riverso sul letto, esangue e tremante, stringendo nei pugni
lenzuola e coperte con una tale intensità da provare dolore.
Perché, perché non riusciva a esserne indifferente? Perché
non lo faceva ridere la sofferenza di quella donna? Aveva sempre riso
di fronte
alle lacrime e alle suppliche altrui, mostrando il proprio naturale e
inquietante
sorriso e non avendo pietà: più le vittime si disperavano, più il
divertimento
aumentava, scatenando il suo sadismo e riempiendogli il cuore di gioia.
Perché
questa volta
doveva essere diverso? Cos’era quella morsa che sentiva all’altezza del
petto,
che gli faceva vibrare lo stomaco? Lui non poteva certamente essere
affezionato
a lei, il principe del crimine di Gotham non aveva sentimenti per
nessuno, o
perlomeno non sentimenti positivi: provava in gran parte odio, verso
Batman e i
suoi alleati, totale indifferenza verso il resto del mondo.
Ma
cosa provava davvero
per lei, per Harley?
Niente. Proprio niente.
Sentiva
il proprio
cuore, ridotto negli anni a essere solo un muscolo che pompa sangue
scuro,
annerito dalla violenza, dall’astio, dall’ira, dalle malefatte
commesse,
ricominciare a battere forte, emozionato da un qualcosa di sconosciuto,
di
inedito, di dolce.
Non
è così,
non provo niente per lei, si diceva.
Io non posso provare niente. Lei è solo il
mio giocattolo.
Ma
nel ripensare a quel
sogno in cui lei era morta a causa sua, si sentiva mancare il fiato e
le forze,
avrebbe solo voluto non averlo mai visto, non aver mai provato nemmeno
per un
secondo quel sentimento senza un nome che lo aveva sconvolto in
profondità.
Perché lo aveva così scosso? Era un qualcosa che dopotutto poteva succedere: erano criminali
ricercati, ogni giorno
rischiavano la vita e avevano le forze dell’ordine e Batman alle
calcagna.
Harley sarebbe anche potuta morire.
E
se Harley fosse morta,
sarebbe davvero rimasto indifferente?
*
I
singhiozzi di Harley
erano talmente disperati da portarla a giacere a terra, rannicchiata
verso la
finestra buia e chiusa; il suo corpo esile e stanco non faceva che
contrarsi in
spasmi violenti che le impedivano di rendersi conto di cosa stava
succedendo
intorno a lei. Non sentì il Joker scassinare lentamente la porta e
neppure i
suoi passi lenti e cadenzati avvicinarsi.
-
Harley.. – mormorò
impercettibilmente, con la voce rotta e oscillante, gli occhi lucidi e
umidi,
mentre si inginocchiava accanto a lei e accarezzava con dolcezza i
capelli
biondi sparsi sul pavimento. – Harley, tesoro mio.. Harley..
Il
Joker la prese fra le
braccia, accorgendosi ancora una volta di quanto fosse piccola ed
esile, e cullandola
lievemente la riportò sul letto, avvolgendola in un abbraccio
pregnante, caldo
e carico di affezione, sfiorandole la schiena con le dita ruvide e
appoggiando
il viso bistrato e dipinto nell’incavo del suo collo morbido, lasciando
scorrere liberamente quelle poche e timide lacrime che imperlavano i
suoi occhi
scuri e malinconici.
-
Pasticcino..
Pasticcino.. – pianse lei, ancora più commossa, ma questa volta erano
la gioia
e il sollievo a emozionarla, perché lui era di nuovo accanto a lei.
Scostò il
suo viso dal proprio collo per poterlo guardare, per
vedere quel trucco di clown reso disarmonico e imperfetto da quelle
lacrime inconsuete, che non avevano mai attraversato quelle
guance truccate e
deturpate: l’emozione arricchiva i
suoi lineamenti particolari e aggraziati di una peculiare bellezza e
illuminava
il suo sguardo di una dolcezza soave.
*
Harley
gli prese il viso
fra le mani e con delicatezza baciò le cicatrici agli angoli della sua
bocca.
Erano per lui un punto sensibile, ma lasciava che lei le sfiorasse e le
stringesse fra le labbra perché sapeva che Harley amava
incondizionatamente anche
quelle, mentre buona parte delle persone che aveva incontrato nella sua
esistenza di Joker e precedente le avevano guardate con disgusto e
sospetto.
Abbandonò
la testa
all’indietro a quelle carezze piacevoli, poi finalmente la baciò.
Un
bacio passionale,
labbra che si sfiorano, che si imprigionano, che lottano, che si
mordono, ma
anche un bacio dolce, labbra che si assaporano, che si accarezzano, che
mescolano i respiri.
*
Non
voleva, non doveva, non riusciva a liberarsi di lei.
Non
poteva più combattere contro se stesso.
Non
voleva, non doveva, non riusciva a smettere di amarlo.
Non
avrebbe mai potuto combattere contro se stessa.
*
Il
Joker si staccò da
lei, per sdraiarsi al suo fianco e avvolgerla ancora, prendendo il suo
viso e
portandoselo sul cuore, affinché lei si addormentasse sul suo petto,
cullata
dal battito calmo del suo cuore rosso e pulsante, vivo e carico di
emozioni
sconosciute.
-
Ti amo, pasticcino.. –
bisbigliò Harley, le labbra che sfioravano un capezzolo scuro e tenero,
una
mano affondata nella sua schiena martoriata, l’altra persa fra i suoi
capelli
mossi e olivastri, come a volerlo stringere per sempre, impedendogli di
andarsene, di lasciarla sola e abbandonarla ancora una volta.
-
Buonanotte, tortina. –
sussurrò roco, finalmente calmo, cullato dal calore del suo corpo,
mentre
socchiudeva le labbra ampie e scarlatte in un tenero bacio sulla sua
fronte.
Finalmente,
tenendola fra le sue braccia, Il Joker smise di tremare.
*
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