Vindicated html
Ecco cosa
ti tocca, pensò, quando perdi una scommessa con te stesso.
Quasi le
scommesse con se stessi non fossero le uniche in cui era norma barare,
si disse – l’avversario animato da un commovente
sentimento di comprensione, i termini dell’accordo che
assumono la consistenza fluida dei buoni propositi per l’anno
nuovo o del lunedì scadenzato alle calende greche, la
compiacente controparte che tende ad accettare qualsiasi cavillo per
risolvere il contratto.
E poi era
da Gryffindor non imbrogliare col mazzo, quando si faceva un solitario.
Preso da
quei pensieri e dal suo malumore, si incantò a guardare
un’immagine appesa a una parete: una Biancaneve vagamente
Scarlatta nella cucina dei sette nani sfoggiava giarrettiere che
facevano intuire bel altre metafore dietro i morsi alle mele rosse.
Il dolore
sottile e definitivo gli bruciò il braccio.
Trace
the moment.
Idiota,
pensò lui, cupo.
Fall
forever.
A cosa ti
serve essere principessa se poi finisci sempre a lavare i calzini
altrui?
VINDICATED
[Trace the moment, fall
forever]
Hope
dangles on a string
Like slow
spinning redemption
Qualcuno
aveva alzato l’audio all’improvviso e un boato gli
investì la testa – fino a un momento prima immersa
in una silenziosa, disperata, concentrazione – con la forza
di un colpo di mazza alla nuca.
Poi
realizzò che il dolore era dovuto effettivamente al braccio
di Tiger, che aveva la sezione e la leggerezza di un tronco di sequoia
secolare, il quale gli aveva allacciato il collo in una stretta di
affetto letale.
Non
si era nemmeno dato la pena di posare la mazza con la quale aveva
buttato giù due Gryffindor dalla scopa nemmeno cinque minuti
prima, così il manico dipinto di verde e argento gli batteva
dolorosamente contro il mento.
-
Ben fatto Draco – ululò qualcuno.
Una
voce femminile, rauca, estatica: Pansy Parkinson che gli
restituì dalla prima fila dietro la panchina Slytherin il
medesimo sguardo di cupo trionfo – la soddisfazione amara che
al momento superava anche la felicità.
Draco
Malfoy curvò le labbra senza ricordarsi esattamente come
produrre un sorriso, poi la sensazione che avvertiva contro il palmo
della mano destra si riverberò dentro di lui, in una carezza
analoga e deliziosa all’imboccatura dello stomaco.
Allentò
appena la stretta delle dita inguantate, anche attraverso gli strati di
cuoio - sul quale aveva
sputato, pensoso, senza realmente dare più fiducia al
rituale d’inizio partita - il fremito aureo e
fragile del Boccino d’Oro era una sensazione talmente
definitiva da sembrargli che si stesse muovendo sotto la pelle, contro
le ossa.
Una
folata di vento gli fece volare i capelli davanti al viso, sulle labbra
così secche che quando finalmente riuscì a
sorridere si spaccarono appena con un dolore sottile, trasparente,
simile a vetro.
Un’altra
montagna d’uomo coprì il cielo sopra di lui: Goyle
che, accidenti a lui, se non lo avesse mollato in fretta lo avrebbe
ridotto in poltiglia sull’erba arida del campo di Quidditch.
Qualcuno
lo rigirò a forza e gli tolse il mantello. Risate maschili,
squittii di ragazze inorridite e intrigate, mentre qualcun altro gli
afferrava l’orlo della maglia per sfilargliela da sopra la
testa. Un getto di firewisky gli colpì le labbra, bruciante
quanto il freddo della primavera sulla pelle nuda delle braccia e del
petto, Martin Montague, uno dei Cacciatori, gli buttò
addosso la bandiera di Slytherin.
La
brezza gli sollevò i capelli, abbastanza lunghi ormai da
sfiorargli la base del collo, increspandogli la pelle in
un’ondata di brividi freddi e deliziosi, la bandiera di seta
si gonfiò dietro le sue spalle; senza pensarci si
annodò due angoli intorno al collo, perché il
vento non gliela strappasse di dosso.
Ad
una ad una, le voci provenienti dagli spalti si isolarono simili a fili
disfatti da una treccia intricata.
Un
rombo cupo di protesta che correva tra i pugni alzati da un lato delle
tribune, gonfaloni scarlatto e oro che si sollevavano di rabbia.
Madama
Bumb in lente spirali scendeva verso il basso, quasi riluttante a
toccare terra in un campo che non riconosceva.
Non
appena atterrò, assorbendo con una flessione esperta delle
ginocchia l’impatto col suolo, subito scomparve dietro un
capannello di Gryffindor dell’ultima ora.
Anche
da quella distanza poteva vedere la Granger parlare ad alta voce, con
quel piglio da sacerdotessa del santuario delle cause perdute, e anche
senza ascoltare una sola parola sapeva che stava recitando il
regolamento a memoria.
Accanto
a lei, alto e rosso come uno spaventapasseri, con quei capelli che
facevano a pugni col colore della sua divisa, Weasley si stava
togliendo un guanto di cuoio pesante e si sarebbe detto che stava per
scagliarlo violentemente contro qualcosa, se il suo sguardo,
preoccupato e ammirato, non fosse stato inchiodato alla ragazza al suo
fianco come se si aspettasse di doverla trattenere con la forza da un
momento all’altro.
Potter
aveva gettato di lato la sua scopa e, con la mano aperta, spianata
verso l’esatto punto del cielo dove secondo lui si era
consumato il misfatto, era corso verso la direttrice di gara.
Una
folata di vento gli portò il suono della sua voce intrisa di
collera e l’eco di un tono più femminile,
profondo, ma altrettanto violento.
Potter
aveva gli occhiali storti sul naso e quella vista gli curvò
le labbra in un sorriso. Ricordava abbastanza distintamente il piacere
con cui glieli aveva spaccati sul viso con una gomitata; lui li aveva
riparati malamente, con la consueta trascuratezza, e adesso gli
scivolavano di lato con un’angolazione strana. Da dietro le
lenti incrinate, lo sguardo che gli rivolse bruciava la competizione
aperta nell’ostilità più pura.
Malfoy
piegò la testa verso la spalla e sorrise, con dolcezza.
Madama
Bumb scosse il capo ancora una volta, lentamente, lo sguardo
riluttante, l’oscillare della testa grigia, le labbra
assottigliate in una linea rigida.
Potter
indietreggiò di un passo abbandonando le braccia lungo i
fianchi, l’espressione costernata. Poi voltò le
spalle e cominciò ad allontanarsi in direzione degli
spogliatoi.
-
Harry, aspetta – disse la Granger, con forza.
Lui
non le badò, si strappò dal collo la sciarpa
pesante e se ne andò, le spalle rigide, lasciando penzolare
dietro le spalle il mantello stracciato.
Sottili
ali d’oro, fragili come il momento che aveva afferrato
(quasi
per caso,
trascinato
dalla violenza del vento
e dei
propri pensieri)
fremettero
imprigionate nel suo palmo, in una silenziosa richiesta.
Draco
Malfoy socchiuse leggermente le dita, lasciando che scintille dorate
catturassero un raggio di tramonto che rompeva le nuvole peste sopra il
campo di Quidditch, schiarendo i bordi spumosi dei cumuli grigio chiaro
e bianco con un profilo aureo.
Aprì
appena le dita e il frullare di libellula trasparente si
sollevò dal suo palmo. Quel particolare Boccino avrebbe
sempre riconosciuto il tocco delle sue dita, pensò, avrebbe
tentato di fuggire e poi non avrebbe potuto staccarsi da lui.
Guardò
il punto verso cui Potter si era allontanato; le tribune cominciavano a
svuotarsi, qualcuno rivolgeva sguardi stupiti agli Slytherin che si
erano riversati sul capo, sparando in aria festoni verde e argento a
colpi di bacchetta.
Le
occhiate non erano del tutto ostili, pensò lui,
improvvisamente, e le macchie scarlatto e oro erano isolate da un lato
del campo, in silenzio.
Gregory
Goyle con un ruggito lo afferrò per le ginocchia e se lo
issò in spalla, cosicché lui fece appena in tempo
a gridare qualcosa a Pansy mentre i capelli biondi gli piovevano sulla
faccia. Scostandoseli dagli occhi vide la sua migliore amica, magra in
maniera preoccupante, prendere la bacchetta dal retro dei jeans e
recuperare la sua preziosa scopa da corsa con un incantesimo di Appello.
Tiger
e Goyle trasportarono il loro Capitano verso gli spogliatoi, seguiti da
un corteo con un lungo serpente argentato che galleggiava in aria e che
alcuni dei ragazzi Ravenclaw indicavano con un gesto divertito e
indulgente.
Perché
avrebbe dovuto saperlo anche Potter, si disse lui, mentre il freddo gli
correva sulla pelle e una singola goccia di pioggia gli baciava la
spalla nuda.
Rovesciò
il capo all’indietro, sottili aghi dorati dal sole cadevano
dall’alto con la medesima tenue bellezza che stringeva tra le
dita.
Una
sensazione di bagnato sulle labbra, sensuale.
Chiuse
gli occhi e spalancò le braccia sentendo ancora frammenti di
volo corrergli come vento sul viso e gettargli i capelli dietro le
spalle come se fosse stato ancora in aria.
Avrebbe
dovuto saperlo, si ripeté.
Se
ti ostini a vincere verrai ricordato solo per la dannata, unica volta
in cui perdi.
****
Winding
in and winding out
The shine
of it has caught my eye
Quando
Pansy Parkinson si affacciò alla porta dello spogliatoio
Martin Montague era in piedi su una panca improvvisando uno
spogliarello.
Aveva
il davanti della divisa imbottito in un seno malamente improvvisato, i
boxer alle caviglie e uno sbaffo di vernice verde sui capelli castani.
Era
già palesemente ubriaco - del tutto superfluo evidenziarlo -
il sorriso di ebete estasi sulla sua faccia, già di solito
non propriamente espressiva, rimarcava il concetto in maniera quasi
imbarazzante.
Qualcuno
gli aveva giustamente buttato una secchiata d’acqua sulla
faccia o magari gli aveva spinto la testa sotto una doccia fredda nel
tentativo malriuscito di fare in modo che la sua sola esistenza non
denunciasse i festeggiamenti sregolati della squadra di Quidditch a
qualche insegnante cui fosse saltato in mente di infilarsi in
quell’antro puzzolente di adolescenti sudati e scarpe gettate
alla rinfusa sotto le panche.
L’unico
effluvio gradevole proveniva dalla zona delle docce, vapore e sapone;
doppiamente peccato quindi per le strofe di “Weasel
è il nostro Re” il cui pregevole contenuto era
irrimediabilmente compromesso dall’interpretazione
agghiacciante di un Tiger veramente giù di voce.
Canti
con sottofondo dello scrosciare dell’acqua sulle piastrelle e
di battute desolanti sul rischio di raccogliere le saponette dal
pavimento, un fracasso infernale che si spezzò allo schianto
metallico prodotto dall’anta di un armadietto chiuso con
violenza, che gli rivelò la presenza di Pansy Parkinson, la
spalla appoggiata a quello immediatamente accanto, le braccia conserte
sul seno scarno, lo sguardo tranquillo.
-
Cosa c’è, Pans? -
-
I Gryffindor sono andati a protestare –
Lui
non commentò.
-
Potter a parte. Che classe, ha detto che non ne vale la pena –
Draco
Malfoy pensò che la rettitudine dei Gryffindor aveva un
cinismo che avrebbe potuto spaventare anche lui.
Guardò
il Boccino d’Oro che fremeva dolcemente tra le sue dita e
seppe, con assoluta certezza, che quella vittoria
gliel’avrebbero fatta ingoiare.
-
Possono invalidare la partita? –
Pansy
esitò un istante, poi scosse il capo.
-
Non sarebbe politicamente corretto mostrare tanta parzialità
-
La
scintilla di sarcasmo che arse qualsiasi forma di sollievo nello
sguardo di Malfoy naufragò contro l’espressione di
Pansy, la sua calma disumana.
La
magrezza progressiva invece di indurirle ancora il viso aveva lasciato
emergere tratti insospettati che le donavano la femminilità
gracile e indefinita di qualcosa sul punto di spezzarsi.
Gli
zigomi prominenti, gli occhi enormi e scuri sui tratti smagriti, le
labbra troppo pronunciate per avere finezza.
Malfoy
non aveva nulla da aggiungere, si limitò a raccogliere un
telo di spugna da una panca e se lo gettò sulla spalla.
-
Se non ti dispiace – disse, abbassandosi sui fianchi i
pantaloni bianchi della divisa.
Pansy
scrollò una spalla e nemmeno si diede la pena di rispondere.
Sarebbe stato identico spogliarsi davanti ai suoi compagni di stanza,
Pansy conosceva il suo corpo, lo aveva toccato, lo aveva amato. E non
le importava più nulla.
Con
la medesima, completa indifferenza, aveva attraversato gruppi di
ragazzi urlanti e festanti che si liberavano dei vestiti tirandoseli
addosso, lo stesso sguardo che avrebbe rivolto a fiori in
un’aiuola, ad animali in uno zoo. Forse un tantino meno
interessato.
Non
abbassò gli occhi nemmeno di riflesso, mentre lui gettava di
lato i pantaloni e si sedeva per sfilarsi le calze infangate.
Aspettava
soltanto, e quando incontrò il suo sguardo lei
curvò un angolo delle labbra in un sorriso perfido.
-
Se pensavi che me ne sarei dimenticata hai commesso un grosso errore
–
Lui
non replicò.
-
Hai perso –
Draco
Malfoy si allontanò i capelli dal collo con una mano,
infastidito – Dobbiamo parlarne adesso? –
La
risata che gli rispose era troppo distaccata per essere anche divertita.
-
Possiamo parlarne anche in un altro momento –
Con
un colpo di reni la ragazza staccò i fianchi snelli dal
mobile di armadietti – Ci vediamo, Malfoy – disse,
lasciandogli solo la vista della sua schiena dritta e della mano che si
alzava in segno di saluto ad accompagnarlo verso le docce.
Maledizione,
pensò, a lui e alle sue scommesse deficienti. Adesso gli
serviva il piano di riserva.
Il
piano di riserva era una cosa fondamentale.
Tanto
per chiosare il Signore Oscuro ne aveva sei ed era finito
com’era finito.
****
And roped
me in
So
mesmerizing, so hypnotizing
L’acqua
gli cadeva sui capelli, il flusso irregolare di una doccia mezza
ostruita dagli anni, scorreva sulla nuca e lungo la schiena
gocciolandogli lungo le gambe fino a raccogliersi sotto le caviglie.
Era
talmente acceso da non riuscire quasi a stare fermo nemmeno per il
tempo occorrente per lavarsi di dosso il sudore e il fango, le
maledizioni dei Gryffindor.
Quell’unico
sguardo, una lapidazione di pietre senza pregio, volgari, scure,
scheggiate.
Simili a
quelle che tagliavano dentro le sue costole.
Ogni
volta.
Ogni
volta che pensava di respirare la sua stessa aria.
-
Malfoy? –
Ancora
un momento.
-
Malfoy, sei lì dentro? Devono chiudere gli spogliatoi tra
poco -
Lui
allontanò la mano dal petto dove l’aveva premuta
per arginare qualcosa che di tanto in tanto sfuggiva al suo controllo.
Senza
pregio, volgare.
Che
lacerava la pelle lasciandola sanguinare, senza possibilità
di guarigione alcuna.
I am
captivated
-
Arrivo. Non si può nemmeno fare una doccia in pace,
maledizione? -
Afferrò
un asciugamano e se lo gettò intorno ai fianchi ascoltando,
distratto, il vociare intorno a lui.
Su
quella partita tutti si erano scommessi qualcosa: Tiger cinquanta
galeoni, Montague la palla firmata dal capitano dei Pipistrelli di
Bellycastle, Theodore Nott la cugina.
Lui…
chiuse gli occhi in un’espressione di profonda sofferenza.
-
Signori, raccogliere le vincite. Chi deve pagare pegno si accomodi
stasera in Sala Comune perché tutti controllino –
Montague,
completamente nudo, rastrellava nel suo berretto dei Pipistrelli
manciate di zellini e falci che sarebbero servite a finanziare un
festino a base di alcool e funghi rubati alle serre della Sprite.
Malfoy
si scrollò l’acqua dai capelli con una mano e poi
prese da sotto il cumulo disordinato dei suoi vestiti, ammucchiati
sotto un lavandino, un pacchetto verde gualcito.
-
Ma dai, pensavo ti fossi levato quel vizio – disse Nott,
disgustato. – Avrai il fiato corto, la prossima volta che
salirai su una scopa –
L’altro
lo ignorò.
-
Malfoy. So benissimo che mi hai sentito -
Draco
Malfoy ficcò la mano nella tasca dei pantaloni per prendere
l’accendino d’argento e lasciò la
sigaretta penzolare all’angolo delle labbra, rivolgendo uno
sguardo di finta noia e autentica furia al panorama fuori dalla
finestra del bagno dei ragazzi.
Il
guaio serio di essere uno Slytherin consisteva nel fatto che per motivi
logistici un dormitorio situato in un sotterraneo non poteva avere
bagni dotati di finestre, con conseguente grave disagio sofferto dai
tabagisti clandestini privati della rituale sigaretta fumata fuori dal
davanzale a gelarsi le ossa.
Un’altra
parte fondamentale dell’adolescenza di cui gli Slytherin
erano ingiustamente privati, pensò.
E
adesso, dal bagno dello spogliatoio guardava il sole sparire dietro le
querce a ridosso delle campo di Quidditch, scomparendo in quella verde
oscurità con gli ultimi raggi che si protendevano verso il
cielo, simile a un annegato che cerchi la superficie o qualcuno
giustamente cacciato a calci nel sedere dal Paradiso.
Forse,
pensò, avrebbe dovuto farsi tatuare Goyle sulla spalla
destra munito di aluccie d’angelo e Tiger su quella sinistra,
provvisto di opportuna apertura alare da pipistrello o qualsiasi cosa
l’iconografia di moda richiedesse per indicare il diavolo
– blasone di Slytherin, teschi e serpenti e via dicendo.
Invece,
esattamente la sera prima, ubriaco come uno straccio, pieno di
firevodka che qualche anima illuminata aveva versato nella caraffa del
succo di zucca, era salito in piedi sul tavolo al centro della sala
comune di Slytherin e aveva urlato che se avessero vinto la Coppa del
Quidditch si sarebbe fatto tatuare le iniziali della Mezzosangue
Granger sul braccio.
All’anima
di chi diceva che il Marchio Nero era il peggio che sarebbe potuto
capitargli.
-
Malfoy, ne eri uscito – disse Nott, deluso – Quella
roba uccide –
Draco
Malfoy sbirciò il pacchetto che aveva in mano, sotto
l’elegante serpente stilizzato, un riquadro listato di nero a
mo’ di cartolina da lutto recava la seguente scritta:
“Il fumo è Avadakedavra per te e chi ti sta
intorno”; dietro: “Fumare provoca la
spruzzurellosi”.
L’unica
cosa che rischiava seriamente di defungere, pensò, era la
sua pazienza.
Guardò
la faccia delusa di Nott e lo mandò mentalmente a quel paese.
La
prossima volta che smetto di fumare, giurò, non lo dico a
nessuno.
****
Era triste, poteva giurarlo,
anche se non avrebbe saputo su cosa farlo.
Non
possedere nulla di sacro aveva degli inconvenienti.
Eppure
avrebbe potuto giurare che lei era triste.
Pensarla
era un altro passo nel niente, inoltrarsi in una landa fredda e
solitaria di emozioni sepolte di cui non voleva nemmeno conoscere il
nome; guardarla significava la possibilità di essere
scoperto in flagranza di un reato che non avrebbe mai conosciuto grazia.
Poteva
semplicemente restare fermo e bruciare, godersi ogni briciolo di dolore
sapendo che sarebbe stata l’unico momento in cui avrebbe
potuto dividere qualcosa con lei.
Ascoltare
il fuoco scorrergli dentro, annientare ogni cosa al suo passaggio e
lasciare di nuovo soltanto cenere che un suo sospiro distratto avrebbe
spazzato via come se non fosse mai esistito nulla.
Eppure
quella triste era lei.
La
guardò allontanarsi dalla fronte un ricciolo scuro,
abbassare sulle ginocchia un libro aperto, le memorie di qualche mago
talmente morto che non avrebbe potuto ormai parlare ad altri che a
un’adolescente senza pace.
A
qualcuno che avrebbe scavato per cercare risposte nel fondo di una
biblioteca, in fondo a tombe di polvere, tesori senza valore che
sarebbe stato meglio tenere sepolti.
C’erano
cose che non avrebbero mai visto la luce e altre che non avrebbero mai
dovuto vederla.
I am
vindicated
Nel
mausoleo buio in cui ogni mattina rinchiudeva i suoi sogni la vedeva
sollevare, per caso, lo sguardo e accorgersi di lui.
Un
universo visto penzolando da un nodo scorsoio, con la gola aggrappata
all’ultimo respiro e i piedi piegati in angoli dolorosi e
innaturali per cercare la terra.
Adesso
invece il suo sguardo lo oltrepassò cercando di raggiungere
qualcosa alle sue spalle, in direzione del castello, e lì
fermarsi con una scintilla di disperazione inequivocabile.
Sentì
salire dentro di sé una sorda, cupa soddisfazione.
Perché
avrebbe dovuto saperlo anche lei che la perfezione non paga.
Brillante,
la strega più potente. Gryffindor.
Ciò
che desiderava era qualcosa che accadeva agli altri mentre lei era
impegnata a diventare se stessa.
Così
bella in un modo che lui soltanto poteva conoscere, quando spiava
dall’ombra i momenti in cui si sentiva sola.
E lui non avrebbe mai potuto
gridare che quell’immagine l’avrebbe tenuta con
sé per sempre.
I am
selfish
I am wrong
Un
colpo forte alla spalla gli strappò i pensieri e
un’imprecazione.
Davanti
a lui c’era Ron Weasley, autore di quell’alzata
d’ingegno.
-
Che cosa vuoi, Malfoy? -
Si
disse che l’intima conoscenza dei suoi polli, dal becco (che
non erano assolutamente in grado chiudere) alle penne sporche (che
sfoggiavano con l’orgoglio di un pavone), aveva lo svantaggio
di renderli prevedibili.
Il
che era un ulteriore tocco di tedio, considerando quanto solitamente
fossero divertenti.
-
Vattene, Weasley – rispose, annoiato. – Rovini il
panorama -
Il
volto di Weasley si chiazzò di rosso, in quella maniera
sgraziata che solo ai pel di carota poteva competere; il suo sguardo
esprimeva in maniera anche troppo chiara che cosa avrebbe voluto
rovinare.
Prenderle
da Weasel per farlo apparire un eroe agli occhi della Granger era del
tutto fuori discussione, così Malfoy si cacciò le
mani in tasca.
Girò
intorno a Weasley, passò accanto a lei e allora la
tentazione fu troppo forte.
Si
limitò a guardarla, ma in un modo che mostrò la
nuda brama nei suoi occhi, quella fredda intenzione da predatore che
non lasciava spazio a fraintendimenti.
Lei
trattenne il fiato, le guance si colorarono di rosa
(Deliziose,
avrebbe
voluto vederla così, sui suoi cuscini
ripetutamente,
fino a che il bisogno non fosse diventato pace)
e
lei si incrociò le mani sul seno, di scatto, come
l’avesse sorpresa, nuda, in un momento privato.
-
Malfoy! –
esclamò lei.
Era
ciò che avrebbe dovuto gridare, ma mentre era sotto di lui e
con le unghie piantate nella sua schiena.
I am right
I swear
I’m right
I swear I
knew it all along
-
Lasciala stare - gridò Weasley, arrabbiato. –
Hermione, ti ha toccata? -
-
No, - rispose lui, piano, solo per le sue orecchie – ma forse
mi sarebbe piaciuto –
La
vide spalancare gli occhi, troppo allibita per avere qualsiasi reazione
e allora se ne andò perché quando fosse arrivato
il disgusto non avrebbe voluto vederlo.
****
And I am
flawed
But I am
cleaning up so well
-
Malfoy, prepara le scarpette da ballo – disse, tutto allegro
Martin Montague. – Spedizione alle serre della Sprite:
andiamo con Nott a prendere i funghi e poi comincia la festa -
Si
avvicinò e gli passò un braccio intorno al collo
– Quando sarai abbastanza ubriaco pagherai il tuo pegno. Non
pensare che ce ne siamo dimenticati, è scritto lì
–
Indicò
un muro dove con un incantesimo indelebile di inchiostro verde qualcuno
aveva scritto le puntate di tutti.
Notò
che Zabini aveva vinto la cugina di Nott.
I am
seeing in me now the things you swore you saw yourself
Arrivò
quel salutista di Nott e gli piazzò in mano un bicchierino
di firevodka.
-
Giù tutto d’un fiato, Malfoy –
ordinò.
Lui
alzò il gomito perché, in ultima analisi, non
aveva motivo di protestare e davanti alla sua smorfia, al brivido che
non riuscì a trattenere Montague scoppiò in una
risata e gli piazzò in mano un altro bicchiere, poi un terzo
e Malfoy pensò che tanto valesse cancellare ogni ricordo di
quella serata, anestetizzare quel dolore sordo che non riusciva a
fermare.
Vomitare
tutta la notte nel bagno poteva essere un efficace diversivo per non
pensare almeno un paio d’ore.
-
Andiamo in camera di Zabini – disse, - È
più o meno l’unica dove non rischiamo di farti
venire il tetano -
Draco
Malfoy gettò di lato la camicia e si buttò a
pancia in sotto sul letto di Blaise Zabini, poi con un colpo di
bacchetta si accese una sigaretta.
Qualcuno
gli passò sul braccio un panno freddo di disinfettante.
Provò a dibattersi ma, per tutta risposta, Tiger
andò a sedersi sopra di lui provocandogli una compressione
allo stomaco che lo tramortì.
La
sigaretta gli cadde di mano, qualcuno imprecò.
-
Spegnete quella cosa prima che metta fuoco al tappeto -
Malfoy
stava per replicare qualcosa di terribilmente triviale su cosa si
augurava andasse a fuoco a loro, poi la puntura incandescente sul
braccio gli tolse il fiato e, per un momento, anche la cognizione del
tempo.
-
Qual è il secondo nome della Mezzosangue? –
domandò Nott, tranquillo, mente cominciava a incidergli una
H molto elaborata sul bicipite, la sigaretta penzoloni
all’angolo delle labbra manovrava la bacchetta con una certa
perizia, tuttavia faceva un male cane.
-
Jean – disse Zabini, pigro – Ho controllato su un
registro di Piton. Nott, poi quella cosa con tua cugina? –
-
Dammi qualche giorno per convincerla –
Malfoy
serrò i denti per non gridare e fissò lo sguardo
su quel poster orribile di una Biancaneve molto scarlatta che si
muoveva infilandosi e sfilandosi un reggicalze, con l’aria
ammiccante di chi se ne frega allegramente di sobbarcarsi
l’onere della morale di un’intera favola.
Idiota,
pensò lui, a denti stretti.
Una
principessa che si accontenta di regnare su mezzi uomini.
-
Ho quasi finito – disse Nott – Se dimentichiamo il
soggetto può anche essere un lavoro pregevole -
-
Malfoy, impiegherai del tempo prima di toglierti la Mezzosangue dalla
pelle – rise quel cretino di Montague che si credeva tanto
arguto.
So clear
Like the
diamond in your ring
Cut to
mirror your intentions
Oversized
and overwhelmed
The shine
of which has caught my eye
La
sofferenza lo invase simile a un bagno di acido, una sensazione di luce
accecante e improvvisa che lo lasciò tramortito.
Gli
girava la testa e gli veniva da vomitare, avrebbe dato qualsiasi cosa
per potersi rintanare sotto le coperte e morire felicemente di mal di
mare anche sulla terraferma, ma non sembrava gli avrebbero dato la
possibilità di farlo.
Si
chiese quanto avrebbe aspettato ancora che almeno un dolore
più forte sopraggiungesse a svegliarlo da quello che stava
vivendo, invece di chiedersi se chi aveva turbato la sua pace avrebbe
mai potuto restituirgli almeno uno sguardo.
Qualcuno
gli ficcò in bocca qualcosa: era una radice amarognola che
gli fece lacrimare gli occhi ma gli calmò lo stomaco almeno
per un momento.
-
Fatto – disse Nott contemplando il suo capolavoro –
Sono davvero bravo -
Nessuno
si sognò di replicare, tantomeno Malfoy che si
osservò il braccio, costernato, e poi cominciò a
snocciolare una serie di bestemmie degne di chi si appresta a radere la
suolo la Terrasanta.
-
Le iniziali, maledizione, avevamo detto solo le iniziali! –
disse, esausto e senza fiato.
-
Così è meglio – disse Nott –
e poi ero ispirato –
****
And
rendered me so isolated, so motivated
I am
certain now that
I am
vindicated
Montague
che era più sbronzo di lui – impossibile, si
disse, nessuno al mondo era più sbronzo di lui –
vide il Barone Sanguinario attraversare un muro e cominciò a
ridere.
Non
c’era niente di divertente, forse per questo la scena di
Montague che si accasciava su un gradino con le ginocchia tra le
braccia, quasi soffocandosi dalle risate, era così spassosa.
-
Che cavolo fai, pezzo di scemo? – disse Nott che aveva una
bandiera di Slytherin avvolta a turbante intorno alla testa, una
camicia di flanella annodata intorno ai fianchi e il petto nudo con una
parolaccia scritta sopra con il rossetto di Pansy.
Nel
giro di un minuto sghignazzavano tutti e tre a crepapelle senza un
motivo al mondo.
Malfoy
liberò con una risata l’urlo che gli cresceva
dentro il petto e accettò un pezzetto di fungo che si
cacciò in bocca. Sapeva di gomma da masticare al lampone e
gli mandò subito un’ondata di calore allo stomaco.
Se
la Sprite li avesse beccati erano più morti che espulsi:
quei funghi avevano un leggero effetto allucinogeno ma miscelati con
firevodka e disperazione potevano mandare al tappeto chiunque.
Malfoy
appoggiò le spalle al muro e si lasciò scivolare
a terra, strisciò sul pavimento fino a sdraiarsi sotto una
finestra.
Le
nuvole intrise d’argento e di luna solcavano un cielo di
tarda primavera dalla dolcezza insostenibile.
Il
profumo del caprifoglio e del gelsomino entrava a ondate squisite
accarezzandogli il viso e lui pensò che ci fosse quasi
un’armonia nel modo in cui gli si spezzava l’anima
dentro le ossa da giorni interi, con un rumore appena accennato che
fingeva di ignorare ogni volta che gli era possibile.
Si
posò una mano sul braccio sinistro dove i segni sulla pelle
ancora pulsavano, sapendo che quella cicatrice gli sarebbe rimasta
dentro per sempre come il modo in cui sentiva ancora il frullare dolce
delle ali del Boccino contro le dita e le risate dei suoi amici.
Se
c’era un domani avrebbe sempre pensato a quella notte tiepida
di primavera che gli si riversava sul petto da una finestra aperta
durante l’ultimo anno di scuola.
So turn
Up the
corners of your lips
Part them
and feel my finger tips
Un
rumore di passi risuonò sulle scale seguito dalle risate
soffocate di quei due campioni di Montague e Nott.
Qualcuno
lo pungolò con un piede sulla spalla.
-
Nott, hai finito di fare l’imbecille? Lasciami stare ancora
un poco -
-
Non sono Nott e no, non ho intenzione di lasciarti stare –
Calma,
lievemente risentita, quella voce gli diede una scossa lungo le membra
e lo indusse ad aprire di scatto gli occhi.
In
fondo era una metafora della sua situazione ed era abbastanza ubriaco
da poterlo ammettere: sdraiato a braccia e gambe larghe su un pavimento
come se fosse l’ultima delle spiagge o lui un condannato alla
ruota in attesa del suo aguzzino.
Trace the
moment
Poi
ricordò di avere solo una maglia senza maniche e, quasi
nello stesso istante, come se gli avesse letto nel pensiero, la Granger
abbassò lo sguardo verso il suo braccio sinistro.
-
Malfoy – disse, - I tatuaggi sono vietati dal
regolamen… -
Era
assolutamente certo che stesse per citargli con precisione quale numero
di quale lettera di quale paragrafo della carta disciplinare di
Hogwarts contenesse quella disposizione, ma si interruppe e dopo un
momento di atroce silenzio disse: - Lumos –
Lui
sentì la scintilla della vergogna accendersi nel proprio
sguardo, sentì nettamente la brusca inspirazione di lei.
Fall forever
Aveva
solo una manciata di istanti prima che lei lo Schiantasse o che si
mettesse a gridare aiuto e il sapore dolce di lampone era ancora nella
sua bocca e il profumo del gelsomino nel suo respiro.
Fermare
quel momento con qualcosa di definitivo avrebbe significato cadere per
sempre.
Aveva
perso una scommessa con se stesso e adesso doveva pagare.
Se riesco
a prendere il Boccino d’Oro, nell’ultima partita a
Hogwarts…
Imbrogliare
col mazzo, si disse, era ciò che doveva fare; ma questa
volta il mazzo aveva imbrogliato lui.
Mescolando
le carte con gesti da virtuoso, non si era accorto che una era caduta
in terra e adesso chiedeva il conto di tutte le altre cinquantuno,
jolly compresi.
Crollavano
tutti i suoi castelli, sfasciandosi con la metodicità di
ogni certezza.
Ti giuro,
Pans, se riesco a prendere il Boccino d’Oro
nell’ultima partita…
Defense
is paper thin
Just one
touch and I'd be in
Too deep
now to ever swim against the current
Si
alzò in piedi a fatica, consapevole che il solo tentare di
sovrastarla avrebbe consumato tutte le sue energie.
-
Nox – disse lei, brusca.
Il
passaggio dalla luce al buio lo lasciò cieco per un momento.
In
fondo sapeva che inciampare nel suo sguardo lo avrebbe fatto cadere per
sempre.
Se prendo
quel Boccino per una sola e unica dannata volta giuro che io…
So let me
slip away
So let me
slip against the current
So let me
slip away
Scivolare
via nella corrente significava aggrapparsi alle sue braccia
perché fossero un appiglio sicuro in quella notte di
primavera che gli precipitava addosso troppo carica di emozioni per
poterla sopportare.
Incespicò,
affondò le dita nel suo braccio.
Una
mano coprì la sua invece di respingerla.
Durò
soltanto il tempo di sfiorare sulle sue labbra il profumo dei fiori
notturni, poi si ritrasse, rapido.
Lei
aprì gli occhi – Sai di lampone – disse,
pianissimo.
****
Ecco cosa
ti tocca, pensò, quando perdi una scommessa con te stesso.
Quasi le
scommesse con se stessi non fossero le uniche in cui era norma barare,
si disse, poi l’avversario non vuole più sentire
ragioni e la controparte chiede di annullare ogni recesso e di tenere
fede fino i fondo al contratto.
Del resto
c’era un motivo se il mestiere di Gryffindor era,
nell’ordine, il secondo più antico del mondo.
L’impatto
dello sguardo di lei superò strati di vestiti fino a trovare
il proprio nome, e un dolore sottile, definitivo, gli bruciò
il braccio.
La
scritta era un filo incandescente che filtrava attraverso la pelle per
raggiungere qualcosa dentro di lui.
Trace
the moment.
Pazza,
pensò, disperato, esausto di gioia.
Fall
forever.
Non
sapeva che se avesse continuato a guardarlo in quel modo, qualcuno
avrebbe notato quel sorriso misterioso sulle sue labbra un attimo prima
che abbassasse gli occhi?
Slight
hope
It
dangles on a string
Like slow
spinning redemption...
Dashboard
Confessional, Vindicated
E oltre al
romanzo
di qualche giorno fa ho finito anche questa fan fiction che avevo
iniziato da
tantissimo e mai abbandonata.
La dedico al
mio
dolce Stefano che l’ha letta per primo e che ascolta
l’opera in vinile e a
Roberta che con pazienza mi ha aiutato a limarla e Pam che non ha
potuto
mettere le mani sulle mie metafore. Random la doverosa citazione va al
Partito
di Seul con Carlotta & Carlotta (che adesso potrà
ascoltare Vindicated
buttandosi ancora via dalle risate), Emyna Sottopontara Forever, la Nipz,
Lady Diana che si sente
un po’ inglese e un po’ morta, la figlia Emigrante
dal trolley di cartone, Emily
Alexandre che continua a ignorare tutto ciò che è
rosa con olimpica
applicazione, la
Bara(ldi)
e i miei amatissimi pazzi del CIM Aldenor.
Pubblicare
una fan
fiction è sempre tornare a casa.
Come sempre,
scrivere per voi è stato un onore.
Savannah
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