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Serah portava avanti con attenzione il suo lavoro, sul
computer vi erano diversi componenti che costituivano un gene particolare che
stava studiando ormai da diverso tempo. Tamburellava le sue dita sul tavolo,
qualcosa continuava a non andare.
Nella stanza entrò in seguito Niel che rivolgendosi alla ragazza le chiese se
vi erano novità.
“Niente. A te come è andata?”
“Mmh… sono arrivato alla conclusione che le cellule a cui si legano i virus non
sono abbastanza forti da poter produrre una processo di positività reciproca.
Il Virus prende quindi il sopravvento e fa manifestare i sintomi anche
all’esterno del corpo. Cresce insomma, quando in realtà dovrebbe rimanere
‘neonato’”
“Le cavie umane hanno manifestato cambiamenti?”
“7 su 10 sono morte per la febbre altissima. I rimanenti sono molto malati. Il
tempo stimato rimane tre settimane”
“Eheh… eppure Daniel sta ancora bene”
“Magari i suoi anticorpi hanno respinto il virus, è un’ipotesi da considerare”
“Non è mai successo quindi scarterei l’idea. In ogni caso lo voglio qui per
studiarlo, ho motivo di credere che sia sulle mie tracce. Inoltre non possiamo
più perdere tempo, il capo comincia a sospettare qualcosa”
Il giovane scienziato si portò una mano alla testa, poi
riprese la parola.
“Che cosa vuoi fare?”
“Non posso fidarmi più di nessuno, se informassi i superiori della presenza di
un federale qualsiasi potrebbero ucciderlo e sarebbe tutto inutile, mentre se
raccontassi la verità..”
“Cosa!? Ma se Daniel ha davvero riadattato il Virus non ti permetteranno mai di
avvicinarti a quegli studi. Sei una pedina pericolosa e il capo lo sa”
“Per questo devi aiutarmi tu. Ho un piano preciso ma prima di potertelo
illustrare dobbiamo catturare la nostra preda e se la memoria non mi inganna
non è proprio un pivello”
“Rimane pur sempre un federale, potrebbe essere pericoloso…”
“Tranquillo, spiegherò tutta la faccenda al capo e cercherò di farmi affiancare
da K”
“K!? Ne sei sicura? Serah è pericoloso..”
“Si. Come ho già detto l’obbiettivo arriverà dritto tra le mie braccia. Adesso
non mi resta che parlare con Daron”
Il giorno seguente, la donna informò il suo superiore delle
notizie importanti di cui era a conoscenza: immischiato in quella faccenda
poteva esserci un sopravvissuto all’esplosione del laboratorio di Madison Haker
e per questo avrebbero dovuto agire senza aspettare altro tempo. Daron sorrise
a quelle dichiarazioni e sedendosi ad una postazione computer si rivolse
all’interlocutrice.
“Ci avrei giurato, come avrei giurato che tu fossi a
conoscenza di elementi di cui non ero ancora stato informato”
“Gliel’ho detto, non sono notizie certe ed un’eventuale operazione
richiederebbe un grande dispendio di fatiche”
L’uomo battè con forza una mano sul tavolo.
“Non è compito tuo decidere cosa può essere dispendioso e cosa
no! Vuoi essere affiancata da K? Che sia, ma ti avviso che se non riuscirai a
portare qui il corpo di quel maledetto federale, sarà il tuo a fare da cavia
per gli ultimi esperimenti del N.H.V. Sono stato chiaro!?”
Serah annuì e senza aggiungere altro uscì dalla stanza celando
un beffardo sorrisetto, sembrava sicura dei suoi mezzi e delle sue conoscenze.
Qualche ora dopo entrò nel laboratorio un giovane ragazzo dai capelli neri.
Fece qualche passo in direzione della donna e con le mani in tasca e in bocca
un cucchiaino di plastica le si rivolse con tono sprezzante.
“Ciao, sei Serah?”
Quest’ultima rimase basita e alzandosi lentamente dalla sedia
si accinse a chiedere delucidazioni riguardo quello scapestrato ragazzo.
“Esatto, tu… sei K?”
“Beh mi chiamano così quindi credo che io sia chi tu intenda per K, mi hanno
detto che dovrò affiancarti per una missione di rapimento, le mie preferite!”
“… Ma quanti anni hai?”
A quella domanda il giovane inarcò un sopracciglio perplesso
della professionalità della collega.
“Ha importanza?”
“No figurati, era semplice curiosità. Comunque sì, dobbiamo catturare
quest’uomo”
Gli mostrò una foto piuttosto recente di un tale Daniel
Bright.
“Non mi è nuovo questo volto, non credo avremo troppi
problemi. Si sa già dove cercarlo?”
“Pensiamo potesse trovarsi nei pressi dell’esplosione che ha visto protagonista
Eagle Eye, diversi elementi dimostrano la presenza di terzi in quel luogo ed un
tipo capace di resistere ad un boato del genere non può essere uno comune”
“Mi sembra anche giusto, ci sei andata a letto?”
Serah sgranò gli occhi, non riusciva a credere alla domanda
appena posta da K.
“Ma cosa diavolo dici?!”
“Beh ne parli con grande stima, ho solo pensato che magari potesse piacerti,
d’altronde non l’hai ucciso e a quanto ho saputo ne hai anche avuta ampia
possibilità”
“Questa conversazione finirà adesso. Ora prendi le tue cose, si parte subito”
“Ok d’accordo… Come siamo suscettibili!”
I due si diressero verso l’elicottero che li avrebbe
trasportati fino al paesino isolato dove si supponeva si trovasse Daniel.
Prepararono le loro armi e sintonizzarono una frequenza radio per rimanere in
contatto con la base. Era tutto pronto.
“Solo un’ultima cosa Serah, poi giuro che non parlerò più per
tutto il resto del viaggio”
“Dimmi ma fa in fretta”
“Mi chiamo Damian”
“Ok… e perché ‘K’?”
“Che dire… Sono una variabile!”
“Confortante…”
L’elicottero partì, la donna sembrava piuttosto euforica di
rivedere colui che era stato capace di resistere ad un disastro come quello del
laboratorio di Madison, ma non era solo per quel motivo… Tra le altre ragioni
sapeva che Daniel fosse infetto, che il virus fosse ancora presente nel suo corpo
e nonostante il tempo trascorso dal loro ultimo incontro, era ancora vivo. Che
l’avesse realmente riadattato? Osservò pensierosa la propria pistola e
controllando che fosse carica, sistemò il caricatore e la ripose dietro i
jeans. Non si fidava ancora di K, soprattutto dopo l’ultima cosa che le aveva
detto ma aveva sentito voci che lo descrivevano come una delle migliori spie
dell’organizzazione per cui lavorava. L’aveva richiesto lei stessa infondo,
voleva qualcuno su cui poter fare affidamento in un eventuale scontro
ravvicinato con l’uomo che senza dubbio la voleva morta. Passò un po’ di tempo
ed il pilota informò i passeggeri che tra pochi minuti sarebbero giunti sopra
l’ormai rinomato paesino, ironico visto che prima di allora nessuno ne aveva mai
sentito parlare. I due si sistemarono dunque i rispettivi auricolari nelle
orecchie e calandosi con una corda giunsero finalmente a terra. K ebbe un po’
di problemi a mantenere l’equilibrio, o meglio, era praticamente caduto dal
velivolo e rimasto impigliato nella corda prima di toccare il suolo, fortuna
nella sfortuna…
“Sei sicuro di essere una spia?”
“Ehi ognuno ha le proprie abilità speciali, tu per esempio sai scendere dagli
elicotteri”
Serah finse di non sentirlo e cominciando a camminare tra le
vie del luogo, scrutava ogni angolo alla ricerca di ogni minima prova della
presenza di Daniel.
“Da questa parte, ci sono delle impronte fresche e qualcosa mi
dice che non appartengono agli abitanti del luogo”
“E che ne sai?”
“K, vedi qualcuno nei dintorni? Qui non c’è nessuno… Deve essere il nostro
bersaglio”
“Secondo me non è così scontato”
La donna si voltò con aria terrificante verso il compagno e
puntandogli contro la pistola lasciò che il suo sguardo parlasse per lei. Il
giovane annuì deglutendo e senza aggiungere altro si limitò a seguirla.
“Lì dentro!”
In un’abitazione si sentì un suono, probabilmente la
scarrellata di una pistola semiautomatica. Serah invitò il compagno a stare giù
e ponendosi con le spalle al muro cercò di scrutare attraverso la finestra. Non
si vedeva nulla, soltanto alcune provviste sparse per il tavolo di legno ed
alcuni proiettili probabilmente di una Colt.
“Colt semiautomatica…”
K vide la donna bloccarsi un istante alla vista della casa ed
inclinando il capo con aria perplessa prese la parola.
“Non è che sia questo granché, l’arredamento non mi piace per
niente”
“K, è il nostro uomo, ne sono sicura. Tieni gli occhi aperti”
“Uh, d’accordo”
“Al mio tre facciamo irruzione, uno… tre!”
Prima che potessero fare qualsiasi movimento però, una voce
proveniente dal tetto della casa alle spalle delle due spie, li fermò.
“Scacco matto, Serah…”
La rossa voltò lentamente il capo alzando le mani, finché non
incrociò nuovamente i suoi occhi, lo sguardo di una spia infuriata che aveva
tutta l’aria di voler chiudere i conti col passato.
“Daniel…”
“Il mio nome è Steven Korbin”
K osservò i due darsi battaglia a colpi di sguardi glaciali ed
insostenibili ed alzando le mani sorridendo, osò dire qualcosa senza il timore
di beccarsi una pallottola tra gli occhi.
“Ho sempre saputo che fossi un duro, Steven”
Serah scosse il capo quasi rassegnata.
“Questo sarebbe il tuo essere ‘variabile’? Siamo morti”
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