Ashes
The king
had seated him with Brunhild, the maid, when
she espied Kriemhild
(naught had
ever irked her so) sitting at Siegfried's side.
She began to weep and hot tears coursed down fair cheeks.
[…]
"I have good cause to
weep," spake the comely maid; "my heart is sore because of thy sister, whom I see sitting so near thy
vassal's
side. I must ever weep that she be so demeaned."
La guarda, Brunilde. La guarda per tutta la durata del
banchetto, gli occhi che seguono ogni suo gesto calmo ed elegante,
mentre l’uomo che l’ha conquistata con la forza e
con le armi festeggia al suo fianco e al medesimo tempo lontano mille
miglia da lei.
Non distoglie lo sguardo né per mangiare né per
bere: osserva le sue piccole mani candide, raccolte in grembo con
eleganza, sollevate talvolta per portare alla bocca un boccone dei
raffinati cibi dei Burgundi, una coppa di vino finemente lavorata.
Osserva i capelli stretti nell’acconciatura impeccabile, gli
occhi azzurri come il cielo in una mattina d’estate e
brillanti come gemme, il viso bianco come neve illuminato e imporporato
sulle guance da qualcosa di troppo simile a felicità.
E quelle labbra, piccole e rosse come lamponi, che l’hanno
accolta al suo arrivo in Burgundia con parole cortesi e gentili e dolci
baci sulla bocca.
Ma ora sono state profanate da Sigfrido, sfiorate da quelle del
cavaliere in un gesto da cui Crimilde non si è ritratta.
Adesso siede accanto a lei, quell’insignificante vassallo che
non ha – che non
dovrebbe avere alcun diritto
di starle
così vicino.
A Crimilde non sembra nemmeno dispiacere: non c’è
vergogna nella sua espressione, nessuna smorfia di dolore distorce i
lineamenti delicati del suo volto, nessuna lacrima scintilla in quegli
occhi assurdamente blu. La gioia avvolge la forma esile della giovane
sposa come una calda coperta dorata, e Brunilde vorrebbe solo capire
perché.
Vorrebbe capire perché Gunther, così valoroso ed
al contempo così stolto, l’abbia costretta a
diventare la moglie di un semplice vassallo, un mero servo del re che
la porterà in una terra troppo lontana, troppo distante dai
parenti di Crimilde e dalle sue dame e da Brunilde stessa, dove la sua
bellezza e la sua giovinezza appassiranno lentamente come il
più sventurato dei fiori.
Vorrebbe capire, soprattutto, perché bastano questi cupi
pensieri a farle salire le lacrime agli occhi – a lei che non
ha mai pianto per alcuna ferita, che ha marciato in battaglia alla
testa del suo esercito e ha sconfitto innumerevoli uomini pronti a
tutto pur di avere la sua mano.
Gunther prova a spiegarglielo, ma le sue parole sono vaghe, il suo
discorso sbrigativo e noncurante: cerca di rassicurarla, ma non capisce
la forza del suo turbamento, della confusione che le dà la
nausea e del fuoco che sente ardere nel suo petto, che forse le
brucerà il cuore. E Brunilde, alla fine, ne sa quanto prima.
È solo quando Sigfrido e Crimilde si congedano dal banchetto
– le dita intrecciate e gli sguardi come legati da cento fili
invisibili – e Gunther le porge la mano per aiutarla ad
alzarsi, però, che il fuoco divampa in un incendio, e
Brunilde sente il sapore della delusione e della cenere sulla lingua.
Note finali:
Le citazioni vengono dalla traduzione del sito Online Classical And
Medieval Library (http://omacl.org/), dalla decima
avventura.
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