E se...
by
Alexandra
Era steso sul
divano e i pensieri gli affollavano la
mente. Una dopo l’altra, le immagini di oltre nove anni di vita gli
scorrevano
davanti agli occhi, accompagnate da un turbinio di sensazioni, emozioni e senso
d’impotenza, nonché la
terribile convinzione d’aver sbagliato tutto quanto e per troppo tempo.
Era quello,
più di ogni altra cosa, a farlo stare così
male.
A fargli
accusare quell’opprimente senso d’ansia e di
angoscia e a farlo sentire come se stesse precipitando a poco a poco
nel buio.
Lui la voleva.
L’aveva
sempre voluta. Anche quando non lo sapeva ancora
con certezza.
Ma oramai era
troppo tardi. Su quel volo per Londra era
salito solo.
Si agitò sul
divano, come se il suo corpo, al pari della sua
mente, rifiutasse il dolore di quella perdita e cercasse di ribellarsi
all’idea
di una vita senza di lei.
Mesi prima,
su una spiaggia, dopo che lei aveva saputo che
l’uomo che credeva d’amare e col quale, ne era certo, stava cercando di
punirlo, le aveva mentito vergognosamente fingendosi morto, lui le
aveva detto
che, quando fosse stata pronta, avrebbe potuto tornare a cercarlo.
E, invece,
lei non lo aveva fatto. Neppure quando avevano
saputo che sarebbero stati separati da oltre cinquemila miglia di
distanza.
In quei tre
giorni dopo la comunicazione che le loro
rispettive assegnazioni erano state cambiate,
l’euforia per la promozione e per la nuova sfida che lo
attendeva in
Europa erano state attenuate, se non addirittura smorzate, dall’idea di
doverla
lasciare.
Era stato
anche a casa sua, con la speranza di riuscire a
parlarle, ma non ne era stato capace: l’aveva vista, nonostante tutto,
pronta a
cominciare una nuova vita a S.Diego e decisamente molto meno turbata di
lui
all’idea che non avrebbero più lavorato assieme e non era riuscito a
dire
nulla.
Nulla.
Neanche una delle cose che aveva nel cuore e che lo
tormentavano da giorni, se non da anni. E che lo avrebbero tormentato
per
sempre.
Non aveva
voluto turbarla, se per lei separarsi non era un
problema. Aveva preferito, come sempre, lasciare che le cose
rimanessero
com’erano.
Lei non aveva
fatto neanche un passo verso di lui ed egli
l’aveva odiata per questo.
Anche se, in
fondo in fondo, non poteva biasimarla: del
resto, la colpa era stata quasi sempre sua. Era lui che si era sempre
tirato
indietro e che non aveva mai avuto il coraggio di buttarsi e amarla
come
desiderava fare e come sapeva che lei avrebbe voluto.
E anche
quando le aveva fatto capire quanto era importante
per lui, non era stato né esplicito né diretto: aveva giocato ancora
una volta
con le parole e gli sguardi, augurandosi che il legame che li aveva
sempre
uniti da solo le facesse comprendere i suoi veri sentimenti,
dimenticando, o
fingendo di dimenticarsi, che lei aveva bisogno di sentirsi dire che
l’amava.
Aveva
sprecato così tante occasioni…
Più ci
ripensava e più se ne rendeva conto.
Oh, e se…
E se lei non
fosse stata l’esatta copia di Diane? Forse
allora sarebbe riuscito a vederla da subito come la splendida e
sensuale donna
che in realtà era e non avrebbe avuto paura di lei.
Allora,
forse, l’avrebbe baciata molto prima… L’avrebbe
fatto fin dalla loro
prima notte trascorsa
assieme, a dormire abbracciati in un giaciglio improvvisato sui monti
Appalachi, mentre cercavano di sfuggire ai bracconieri…
Oppure
sarebbe tornato a casa con lei, anziché
riaccompagnarla solo al Jag, dopo quell’avventura durante il
ricevimento all’ambasciata
sudanese. Lei era stupenda con l’abito blu notte che indossava e che
sottolineava le sue curve seducenti…
Magari non
l’avrebbe fatta andare via con Dalton Lowne e
non avrebbe permesso che rassegnasse le dimissioni dal Jag, senza prima
almeno
dirle quanto la desiderava…
O forse
sarebbe stato capace di dirglielo prima di tornare
a volare, chiedendole di aspettarlo: era certo che lei lo avrebbe
fatto, al
contrario di Jordan, che diceva d’amarlo, ma che
invece lo voleva soltanto se era come lo
desiderava lei.
E in
Australia non l’avrebbe di certo rifiutata, quando
lei gli aveva chiaramente fatto capire di volerlo.
E se per
tutti quegli anni non avessero litigato tanto?
E se lui non
avesse avuto altre donne?
E se lei non
si fosse rifugiata nell’amore di altri
uomini?
E se quando
l’aveva stretta e baciata sul portico
dell’Ammiraglio, durante la sua festa di fidanzamento con Brumby, non
l’avesse
lasciata andare? Se non le avesse permesso di staccarsi da lui, dalle
sue
labbra, dal suo abbraccio, ma l’avesse stretta di più a sé, dicendole
quanto
l’amava…
Allora,
forse, tutto quanto sarebbe stato diverso tra
loro.
Lei non
sarebbe fuggita…
Oh, se solo
non avesse tergiversato quando lei gli aveva
chiesto se avrebbe lasciato Renèe per lei, e le avesse detto subito
“Sì, certo
che lo farei. Lo farei eccome”… lei avrebbe sentito le sue parole e
forse tutto
sarebbe stato diverso.
Avrebbe
potuto rendere tutto diverso anche dopo il
JAGATHON: anche in quel caso avrebbe potuto dirle la verità, ossia che
con
Renèe tutto era finito anche per causa sua, perché si era reso conto di
non
voler più altre donne, ma lei soltanto.
E invece non
aveva detto nulla.
Nulla… Finché
lei non stava per partire con Webb per
quella missione in Paraguay che avrebbe potuto costarle la vita.
Glielo aveva
domandato pure lei: “Perché
ti accorgi di me
solo quando sono un passo fuori dalla tua vita?”.
Quante cose
sarebbero potute essere diverse…
Il cuore gli
si era stretto in una morsa quando l’aveva
vista su quel tavolo da tortura, alla mercé di quegli animali e non
aveva
esitato un attimo a fare fuoco e ad uccidere chiunque minacciasse di
farle del
male.
Ma non era
bastato.
Aveva
rischiato la vita e la carriera per lei, ma ormai
era troppo tardi… Lei non lo voleva più.
C’era Webb
nella sua vita.
Aveva odiato
quell’uomo ogni istante in cui lo aveva visto
accanto a lei, prima in Paraguay e poi anche a Washington.
Quando
l’aveva vista baciarlo si era sentito morire…
E se Webb e
Galindez non fossero arrivati in quella stanza
d’albergo?
Sarebbe
riuscito finalmente a confessarle il suo amore?
L’avrebbe
finalmente baciata come desiderava fare da
tempo, fino a farla sciogliere tra le sue braccia in una notte
appassionata e
dolcissima?
Sarebbe stato
bellissimo fare l’amore con lei.
Oh,
dannazione, e se…
E se…
All’improvviso
si sollevò e si mise a sedere, prendendosi
la testa tra le mani, in un gesto disperato: quelle immagini lo
ossessionavano,
trasmettendogli un’ansia indescrivibile… ogni volta gli sembrava di
soffocare,
di scivolare in un baratro senza fine che era la sua vita…
Scosse la
testa, ancora turbato.
Mise a fuoco
ciò che lo circondava e si rese conto
d’essersi addormentato sul divano, mentre cercava di rivedere degli
appunti per
il giorno dopo.
E aveva
sognato.
Ancora una
volta quel sogno terribile.
Lo stesso
sogno. Lo stesso incubo.
Per quanto
tempo avrebbe continuato a tormentarlo? Quando,
finalmente, avrebbe smesso di sentirsi tanto angosciato?
Si alzò dal
divano e raggiunse la camera da letto, ancora
intontito e turbato. Ma ciò che vide lo fece ritornare immediatamente
al
presente. Un presente, per sua fortuna, meraviglioso.
Nel letto
c’era lei, con il loro bambino di pochi mesi tra
le braccia. Dormivano entrambi beati.
Osservò
l’espressione dolce di Mac e poi guardò suo figlio
accoccolato accanto a lei, e quell’immagine, come sempre gli accadeva
quando li
osservava insieme, gli riempì il cuore di tenerezza.
Facendo
attenzione a non svegliarli, si coricò accanto a
loro, fregandosene di tutti i manuali di puericultura che sostenevano
l’importanza che un neonato dormisse fin da subito nel proprio lettino.
Domani…
Domani lo
avrebbe messo nella sua culla. Per ora lo
avrebbe lasciato lì, in mezzo a
loro due,
limitandosi a riempirsi gli occhi e il cuore di quella dolce immagine.
Sorrise e si
rese conto di formulare un pensiero, quasi
una preghiera…
Dio, quant’è bella la vita!
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