Je suis Denis

di dennystar
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Je suis Denis

                Sento cigolare i cardini della pesante porta di legno che divide la mia dimora, dove stavo al momento dormendo, dal resto della locanda facendo entrare un fastidioso rumore di urla e versi, provenienti dal piano inferiore. Quindi, con molto fastidio, apro delicatamente gli occhi, accecato dalla luce che segue una sagoma femminile  mentre entra nella stanza. Anche se mi ha sorpreso nel sonno, molto rapidamente e senza farmi accorgere, scruto tutti i movimenti della donna che non sembrano ostili nei miei confronti.  Sono un ragazzo giovane di corporatura snella amo fare attenzione a tutto, e non mi faccio mai scappare nessun particolare, sono vestito con dei pantaloni in stoffa abbastanza larghi e scuri, calzettoni, camicia scura e porto sempre con me un berretto nero.

                Faccio la parte del bel addormentato non perdo nessun movimento della ragazza, carnagione bianca, bionda non molto alta grosso modo della mia età. Invece che venire verso di me si dirige verso la piccola finestra della stanza, raggiungendola delicatamente la apre e con voce tremolante mi chiama: . Anche se ero sveglio tutto il tempo che è trascorso dall'arrivo della ragazza nella stanza, lei non doveva saperlo quindi, sbadigliando rispondo: < ........ Buonjour> allentando la presa del mio fido pugnale da cui non mi separo mai. Lei una volta eseguito il compito, senza dire una parola esce dall'uscio chiudendolo dietro di se. Mi alzo dal letto mettendomi il berretto, l'unico indumento che mi mancava per essere completamente vestito, tutti gli altri li porto sempre addosso essendo opera e ricordo di mia madre, una donna devota al lavoro che lavorava alla corte dei duchi di Francia a Nantes dove sono nato e cresciuto fino a quando sono dovuto fuggire di casa per colpa dei padroni di lavoro della mamma.

, tutte le mattine mi facevi la colazione con un bel bicchierone di latte e pane fresco. ....Puntualmente...... lei quella perfida donna ti chiamava per lavorare ogni giorno, ti faceva fare e disfare abiti apparentemente senza motivo e io, solo, nel cortilino della dependance a provare di giocare con coltelli da cucina ed armi bianche come un vero combattente. Tutto questo quando mia madre non poteva vedermi altrimenti erano botte, non voleva che facessi giochi pericolosi ma a me piaceva tanto.

Avevamo un grosso spaventapasseri, al centro dell'orticello dietro casa, che faceva bene anche la funzione di manichino; tutte le volte che lo fissavo ci vedevo il viso della Duchessa, quella donna bassa, grassa, capelli color canapa, vecchia, brutta... UN MOSTRO... non mi faceva paura anzi provavo per lei solo rabbia per il modo in cui trattava mia madre. Pretendeva da lei che le facesse dei vestiti che la trasformassero in una giada di rara bellezza ma la mia povera mamma non aveva studiato magia. Era solo un'umile sarta.

Man mano che crescevo avevo imparato anche come aggiustare lo spaventapasseri perché ogni giorno faceva una brutta fine. Poveretto non volevo fargli male, ma era il mio unico compagno di giochi, si sacrificava per una giusta causa.  

Il duca invece era molto malato non poteva alzarsi dal letto ed era sempre sotto stretta sorveglianza del  medico di corte che, con tutti i suoi intrugli, riusciva sempre a salvargli la vita.

Tutte le mattine mentre la mamma lavorava io andavo sotto la finestra dell'ala del castello dove i figli dei reali prendevano lezioni private ed assistevo anch'io agli insegnamenti totalmente a loro insaputa, poi, finita la scuola, entravo nel laboratorio del medico, visto che lui si trovava dal duca ad assisterlo, leggevo i suoi ricettari di medicina e mischiavo un po' di tutti quegl'ingredienti incomprensibili creando intrugli dagli effetti stranissimi.

 

                Ora che mi sono alzato dal letto e dopo essermi lavato bene la faccia, guardo fuori dalla finestra e vedo una giornata abbastanza cupa, piovosa e nonostante ciò molta gente girava per strada frettolosamente a sbrigare tutte le faccende che questa rigogliosa cittadina ti permetteva, essendo uno dei porti più usati e quindi più ricchi del momento.

La locanda è proprio su l' incrocio stradale più trafficato, la via di fronte porta a tutti i punti nevralgici della cittadina dove si trova il medico più conosciuto e la rivendita di intrugli per curare le malattie, più avanti vedo la piazzetta del piccolo mercato dove le massaie vanno a comprare la frutta e la verdura. Appena passato il mercato si trova l'uno di fronte all'altro il macellaio e  il commerciante di stoffe più rifornito del paese. Oltre non riesco a distinguere le insegne in ferro battuto poste a bandiera sull'entrate dei negozi. Alla mia sinistra c'è la stalla dove molti viandanti lasciano il cavallo a riprendere le forze, infatti lo stalliere riempie molto bene le mangiatoie con avena e orzo e un bel po' di fieno. Subito dopo c'è una delle porte della città visto che è fortificata da alte mura per proteggerla dai saccheggi. 

L'altra strada alla mia destra invece, va dritta fino al porto dove si trovano altri negozi di generi alimentari, un calzolaio, sicuramente molto bravo nella lavorazione della pelle, e più ci si avvicinava al porto vi erano bravi falegnami abili nella costruzione di piccole imbarcazioni e tutto quello che si poteva fare con il legno.

Non vedo da nessuna parte un venditore di armi o un fabbro per la lavorazione dei metalli, probabilmente sarà oltre dove io non riesco a vedere, sembra una città senza fine a perdita d'occhio, nello stesso tempo piccolissima, ma tutta questa gran confusione e moltitudine di persone che mi passa sotto agli occhi in un istante la fa rendere esageratamente pulsante.

.......Mi Piace.

 

Il sole sta per spuntare, è ancora molto presto, ma allo stesso tempo tardi per quello che devo fare.

Inserisco il mio pugnale in una specie di fodero cucito appositamente all'interno della tasca dei pantaloni. Prendo mon sac (il mio sacco) me lo fece mia madre all'età di 10 anni non me ne separo mai mi serviva per mettere tutto quello che usavo nella giornata, mentre ora ci tengo dentro tutto quello che possiedo dalla fuga da Nantes. Nell'altra tasca dei pantaloni tengo sempre un pugnetto di "sabbia" finissima, in quella interna del mio gilet le poche monete rimaste.

                Senza perdere altro tempo mi reco al piano inferiore dove la locanda era più animata piena di molti tavolini tondi dove al massimo vi erano sedute quattro persone, quasi tutti uomini la maggioranza alticci. Vado al bancone e si avvicina dall'altra parte una persona molto alta e soprattutto grassa, con un vestito bianco, anche se il colore col tempo e il lavoro non era più quello, era  l'oste e padrone della locanda. Fissandomi con fare da sfida mi chiese cosa volevo, gli risposi dell'acqua da bere, non bevo mai alcolici sono una persona scrupolosa, voglio essere lucido e sicuro di me.

                La mia attenzione viene distratta da un rumore di bicchieri alla mia destra, in fondo al bancone, dove vedo la ragazza che mi ha svegliato mentre puliva ed asciugava delle stoviglie. L'oste, con la sua voce grossa, profonda che incuteva timore anche se ti faceva un complimento la chiama:< Natalie ......  dai dell'acqua al ragazzo...>, lei come un automa prende il bicchiere che aveva appena asciugato, lo riempie con dell'acqua presa da una bottiglia e me la porge senza mai guardarmi in viso, come se avesse timore di me, anche se non era mia intenzione farle paura.  La ringrazio molto cordialmente e lascio 2 monete d'oro sul bancone, chiedendo all'oste della locanda un'informazione, visto che si trovava ancora dinanzi a me e di solito sono informati di tutto quello che succede in città: Jacques Cartier?....> lui con il solito fare burbero, mi risponde che non lo sapeva ma sicuramente sarebbe stato gremito di persone visto che sarebbe partito alle ore 8.00 tra due giorni.

                Nel frattempo le persone che riempivano la locanda uscivano e ne entravano altre con un ritmo armonioso. Mi sorprende una delle persone che entra dalla porta principale, in quanto tiene nella cinta un pugnale ricurvo con il manico in legno lavorato accuratamente, vestito come un lupo di mare con pantaloni scuri, camicia bianca, giacchetta senza maniche, fascia in testa, scarpe nere con tacco e fibbia lucida. La tasca dei pantaloni sembra molto piena come se avesse un sacchetto di soldi pesanti. Si avvicina al bancone mentre io mi sposto verso destra con la scusa di parlare con Natalie, mi dava l'impressione di essere una ragazzina molto introversa, timida e per niente sicura di se forse oppressa dal padrone della locanda.  Mi avvicino alla ragazza mi presento e la ringrazio ancora, per essere stata molto puntuale e graziosa nello svegliarmi. Nel frattempo sento che il lupo di mare,  parlando con l'oste, gli chiede se conosce le monsieur Richard Danton il commerciante di armi, e lui gli risponde che il suo negozio si trovava in fondo al vicolo proprio affianco alla locanda. La ragazza questa volta mi guarda negl'occhi, mentre io mi squaglio senza farmi accorgere, aveva due occhi intensi, azzurri, sognanti e bellissimi rispondendomi che è stato un piacere.

La saluto, le prometto che ci saremmo rivisti ed esco. Sento i suoi occhi che mi seguono increduli fino che la porta non sbatte dietro di me.

Mentre mi reco nel vicolo mi viene da pensare, quasi un sogno ad occhi aperti, a quel giorno che i figli della perfida duchessa mi vedono mentre gioco con la mia cerbottana, mi divertivo molto a sparare le bacche rosse contro ai vestiti reali appesi ad asciugare, per macchiarli nella parte posteriore così non veniva notato e poi quando la duchessa se li metteva, si che veniva derisa da tutte le sue amiche. Infatti quel giorno mi ero nascosto dietro un muricciolo e nel sparare la prima bacca rossa sento un urlo giovanile che mi domandava cosa stavo facendo, guardandomi intorno vedo i due ragazzi che mi correvano incontro con un bastone, continuandomi a fare la stessa domanda, visto che non avevano visto nascondo la mia piccola cerbottana su per la manica e comincio a correre verso casa. Vedo in lontananza la dependance del castello reale dove abitavo con mia madre, siccome correvo molto più forte dei due marmocchi che volevano picchiarmi con il bastone, volto prima, conoscevo come le mie tasche quel viottolo appena girato sposto due vasi di rose che stavano lì ad addobbare l'angolo del castello e più avanti mi fermo per assistere quello che sarebbe accaduto. Sono sicuro che anche voi sapete benissimo cosa sarebbe successo ora: i due ragazzini girano l'angolo e....  si che io rido a crepa pelle, non riuscirebbero nemmeno ad avvicinarsi a me.

Ora vado a casa molto soddisfatto, invece loro molto doloranti, sanguinanti e pieni di graffi ovunque. Ora devo andare immediatamente a casa perché verranno a cercarmi sicuramente per mettermi in punizione, a meno che io non mi trovo un' alibi. Mentre sto per entrare a casa vedo nella serra il giardiniere e gli vado incontro. Lui mi voleva bene, ma soprattutto odiava con tutte le sue forze quelle pesti di ragazzini  perché gli rovinavano spesso e volentieri i giardini e le decorazioni floreali che componeva, forse ho trovato l'alibi.

Paul mentre stavo camminando nel viottolo tra la fontana e il muro del castello nell'ala nord, ho visto i figli dei duchi che stavano spostando delle rose e poi cadendoci dentro le hanno rotte, e logicamente si sono pure fatti male. Io ero lontano da loro anche se hanno borbottato qualcosa su di me e su di te, per questo sono venuto a cercarti prima che lo facciano loro con la madre. Davano la colpa a te o a me, non ho sentito molto bene, perché le rose erano in messo al viottolo e loro non vedendole si sono fatti male. Cavolo mi risponde Paul, ora verranno a cercarmi e cosa possiamo inventarci per farsì che non mi puniscano. Abbiamo sicuramente qualche ora la duchessa è in città e loro sono impegnati a medicarsi le ferite, Paul prendi due vasi e andiamo a sistemare tutto, come se non fosse successo niente, poi tu torni al tuo lavoro e io vado a casa a giocare così noi non ci siamo visti oggi. Ottima idea, attento Paul ci sono dei cocci anche lì nell'angolino puliamo tutto altrimenti ci incastrano, quei due pestiferi devono finirla di molestarci, hai proprio ragione risponde il giardiniere. Subito dopo aver rimesso tutto come stava prima che i due ragazzi finissero sopra le rose, ritorniamo tutti e due a fare quello che avremmo fatto come se questo non fosse mai capitato. Quando vennero a cercarmi, io scaricai la colpa sul giardiniere facendo finta che di non sapere niente e il giardiniere non trovando nessuna pianta fuori posto come sostenevano il ragazzacci disse che non sapeva come fosse capitato visto che non c'erano vasi rotti da nessuna parte, quindi non ci fecero subire per fortuna nessuna punizione. 

                Uscito dalla locanda, appena girato l'angolo vedo in lontananza la luce fioca del negozio che risaltava visto che il vicolo era molto stretto con pareti alte e quindi ... buio. Mi appoggio con le spalle al muro con un piede alzato ed il capo chino come potrebbe stare un mendicante, dopo qualche minuto si alza una leggera brezza che si incanala nel vicolo e con lei gira l'angolo il lupo di mare che era in cerca del commerciante d'armi.





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