Kiam e il mondo.

di Vampiresroads
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“Keep your feet on the ground, when your head’s in the clouds!”
Me lo ripetevano continuamente, da mattina a sera, ogni giorno della mia vita. Era a dir poco stressante, ma per fortuna ormai non ci facevo più caso.
I miei volevano fossi come Sam: camicie colorate e perfettamente stirate, capelli ordinati e puliti, sguardo superbo e una buona parte della mia insensata adolescenza spesa sui libri.
Sam era il mio migliore amico, diciamo anche unico.
Lo conoscevo dai tempi dell’asilo, la sua casa dal profumo di lampone diffuso per l’intera superficie, i suoi genitori umili ma sempre gentili e il suo carattere perennemente calmo contrastavano con il mio fetore, la mia ricca casa dalle stanze confuse e il mio carattere nervoso e compulsivo.
La mia vita?
Agl’ occhi dei compagni era perfetta. Avevo una bella casa con tanto di piscina, potevo avere l’ultimo modello di qualsiasi cosa, i vestiti che tutti i miei compagni invidiavano e un bel aspetto.
La scuola mi odiava e la cosa era pienamente ricambiata.
-Guardati, hai tutto quello che gli altri desiderano avere, possibile che tu non riesca a sorridere?!-
-Cambia espressione, sembri depresso!-
-Che hai fatto? Mettiti a studiare o st’anno non lo passi, cocco-
Altre delle frasi che mi seguivano come mostri, streghe che dovevano prendermi per lanciarmi le loro maledizioni e malauguri.
Poi c’era Anthony e il suo: -Levati quella fottuta espressione da pesce lesso che ti ritrovi in faccia e muovi il culo ad aiutarmi- che ogni tanto riusciva ad acchiapparmi e strapparmi quel faticoso sorriso che non si decideva a venir fuori in altre occasioni.
Nonostante sia mio fratello, Anthony non mi somiglia affatto. È più robusto e basso di me, ha gli occhi e i capelli chiari, spesso ordinati e tenuti bene.
Contrastavamo parecchio, io tenevo sempre i capelli dritti. Nemmeno fossero stati cactus, questi pungevano più di qualsiasi tipo di pianta e le persone si divertivano a giocarci.
Ero abbastanza ‘spilungone’, come dicevano i miei compagni, e forse un tantino inquietante.
Ma cosa importava? I miei sentimenti non dovevano interferire con la mia vita.
Dovevo studiare nelle scuole che i miei avevano scelto, ambientarmi nella società che i miei avevano scelto, laurearmi alla facoltà che i miei avevano scelto e ancora sposare la ragazza che i miei avevano scelto.
Ovviamente la scuola non sarebbe stata nientedimeno che un classico, la facoltà nientedimeno che giurisprudenza e lei sarebbe stata una ragazzina viziata e precisina di una famiglia come minimo benestante, rigorosamente ex studente del liceo classico e laureata in giurisprudenza.
Nemmeno fossimo stati al medioevo, doveva essere tutto così penosamente organizzato.

-Kiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiam, corri!-
La voce di mio fratello echeggiava dal fondo del corridoio.
-Tony, ch’hai combinato ora?-
-Imbecille testa di cazzo, smettila di cercare quel fottuto pacchetto di sigarette e vieni-
-Ma cosa urli scemo, se ti sentono addio vita per sempre-
Dalla comoda posizione in cui mi trovavo, corsi a soccorrere Tony, percorrendo tutto il perimetro della casa ed arrivando in cucina.
-Allora?- Chiesi curioso.
-Jason ha nascosto la droga di Alison qui, fai che non la trovi nessuno. Tantomeno Alison!-
Alison era una ragazza pieni di problemi ed era la migliore amica di mio fratello.
Lui e Jason facevano di tutto pur di farla star lontano da ogni tipo di cazzata, soprattutto quella di diventarne dipendente, l’avrebbe distrutta.
Nessuno conosceva bene la sua vita, a parte Anthony. Non me ne ero mai interessato molto, anche se in verità ero curioso, lasciavo mio fratello alla sua vita.
I miei non si fidavano di noi, soprattutto di me e cercavano di sorvegliarci il più possibile, eravamo morti lasciando quella roba lì.
-Dio mio!- Mi strofinai la mano tra la moltitudine di capelli. -Tony sei matto? La troveranno sicuro. E lì saremo morti. Conosci i miei, come t’è venuto in mente?- Mi girai per evitare lo sguardo di Tony.
Lo rimproverai, ma non riuscivo a guardarlo negli occhi. Sapevo che se Alison fosse stata mia amica, avrei fatto la stessa cosa.
-Cosa proporresti di fare, sentiamo!-
-Nascondila bene e non fare il coglione, la colpa poi te la prendi tu!-
Se ne andò soddisfatto e sicuro di sé, mi augurai che quella sicurezza durasse e me ne tornai alla mia comoda posizione.
Una pacca sulla spalla. -Andrà tutto bene.- Mi rassicurò.





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