Fare, Baciare, Lettera,
Testamento
Fare
Morgan
fa le valige in fretta, ma con precisione.
Le mani
pallide e aggraziate si muovono con agile delicatezza tra biancheria e
vestiti, tra maglioni di lana e tailleur di seta, mentre la mentre
sfreccia frenetica tra i ricordi di quei lunghi anni in esilio in
Francia e le visioni nebulose e frammentarie della sua infanzia in Gran
Bretagna.
Avanti e
indietro, dalle pareti bianche e spoglie della piccola scuola di suore
in Provenza ai rami forti e nodosi della vecchia quercia nella tenuta
dei Pendragon in Galles. Avanti e indietro, dalle stanze piccole ma
accoglienti del suo primo appartamento a Parigi al riflesso del sole
sulla lucida auto da vecchio collezionista di suo padre.
Avanti e
indietro, dalle ruvide vesti scure di Suor Sybill al profumo leggero e
al sorriso discreto di sua madre, prima che un’altra donna
prendesse il suo posto.
I suoi occhi
chiari seguono i movimenti rapidi delle dita lunghe, concentrati. Non
si volta mai a guardare alle sue spalle – là dove
la lettera, di nuovo nella busta candida, giace abbandonata sul piccolo
comodino in legno scuro ai piedi del letto, come se l’aver
comunicato il suo messaggio e compiuto il suo scopo avesse privato la
sua esistenza di qualsiasi significato.
Chissà
se Vivian ha già pensato ad annullare i suoi appuntamenti
per il giorno della partenza, si chiede Morgan, chiudendo
l’ultima valigia e rinchiudendo dentro di essa un maglione di
lana rossa, un regalo dell’altra donna: l’ultimo
pezzo di Francia che le rimane.
Conoscendola,
l’avrà fatto appena Morgan glielo ha chiesto. La
donna sorride, nonostante le giri la testa e percepisca già
l’incombere di una disperazione che credeva di aver
dimenticato nel peso che sente sul petto e nelle lacrime che non si
lascerà sfuggire dagli occhi.
Cara,
premurosa Vivian. Una delle persone più fastidiosamente
ansiose e pessimiste che Morgan abbia mai conosciuto, sotto
l’apparenza calma e razionale. Quante volte ha tentato di
convincerla a mandare lei al suo posto, quante volte le ha ripetuto che
si sarebbe solo fatta del male?
Cara,
premurosa Vivian. Non la vorrebbe in nessun altro modo.
Ha sempre
ragione lei, alla fine. Ma Morgan non la ascolta mai, e anche questa
volta tenterà di essere abbastanza forte da sventare le sue
cupe profezie.
Eppure,
l’altra donna sarà lì con lei,
nell’ufficio del notaio, e Morgan può
già vedere l’espressione di rimprovero nei suoi
occhi scuri e sentire la sua mano calda e morbida sulla sua spalla.
Baciare
Quando
Arthur la bacia, Morgan sa di birra scura, disperazione e decisioni
prese in un momento di follia. Ma lei è bella e invitante e
misteriosa e Arthur sa di avere lo stesso sapore, e le loro labbra si
incontrano ancora e ancora.
In fondo,
Arthur non si fai mai troppi scrupoli nemmeno da sobrio.
Per un attimo,
gli torna alla mente la nuova ragazza di suo fratello: selvaggi
riccioli rossi, lentiggini, un naso appuntito e un sorriso adorabile.
Quando è stato? Una settimana fa? Sembrano già
anni. Kay lo sa.
Kay ... suo
fratello.
Morgan nota
l’incupirsi della sua espressione e sussurra una battuta al
suo orecchio, che lui non coglie. Arthur è quasi certo che
quell’accento francese non fosse così marcato
quando si sono conosciuti in quel pub.
Continua ad
avere l’impressione che il tempo scorra troppo velocemente,
questa sera.
Poi, Arthur
smette di pensare e lascia che la notte lo allontani poco alla volta da
suo fratello e dalla lettera e dai giorni che verranno – da
qualsiasi cosa non sia lo sguardo malinconico e affamato di Morgan e il
suo corpo pallido e caldo.
Quando Morgan
si sveglia, la luce rosata e dolorosa dell’alba filtra da un
paio di tende candide che non ricorda di aver mai comprato, dietro una
piccola finestra rettangolare, e la costringe a chiudere di nuovo gli
occhi per qualche secondo. Qualcosa pesa sul suo ventre.
È
un braccio, nota dopo qualche secondo, quando la sua vista si
schiarisce e riesce a ricordare cos’è successo la
notte prima. E, attaccato al braccio, c’è un
ragazzino con almeno la metà dei suoi anni, sdraiato
mollemente tra le lenzuola disfatte. Nudo.
Arthur, ricorda.
Morgan lo
scosta con un misto di decisione e irritazione, ma lui continua a
dormire, rivolgendole un grugnito infastidito e girandosi su un fianco.
La donna sospira, fissando la sua schiena attraverso gli occhi
socchiusi. Ha un leggero mal di testa che minaccia di peggiorare
inesorabilmente nel corso della giornata, e la sgradevole sensazione di
aver fatto qualcosa di stupido, patetico e sbagliato.
Spera solo di
non essere costretta a spiegare niente, quando tornerà
nell’appartamento che ha preso in affitto, e di smettere di
ricordare l’amaro sapore di alcol della bocca del ragazzo.
Lettera
La
lettera è arrivata quasi una settimana fa, chiusa nella sua
linda busta bianca, come se quell’insopportabile candore
potesse in qualche modo celare i segreti e le menzogne celati al suo
interno.
L’ha
portata Merlin – solo Merlin, e Arthur ancora non capisce se
sia il nome o il cognome -, quell’uomo dagli occhi profondi e
il sorriso irritante di chi sa molto più di ciò
che dice. Un giorno si è semplicemente presentato a casa sua
con la lettera in mano e una donna sul punto di scoppiare in lacrime al
suo fianco, e da quel momento Arthur non ha più avuto una
famiglia.
Dentro di
sé, Arthur lo sa che non è davvero
così. Quel giorno, sua madre – beh, la donna che
credeva sua madre – ha pianto, e Kay gli ha rivolto uno di
quei sorrisi rassicuranti e uno di quei suoi discorsi da bravo fratello
maggiore che a volte lo fanno quasi sentire in colpa per tutte le
ragazze che gli ha rubato negli anni – quasi,
perché ne vale quasi sempre la pena e Kay non se la prende
mai sul serio.
Ma per quanto
ci provi, ignorare che la sua famiglia gli ha mentito per anni non
è facile.
D’altronde,
è l’unica famiglia che abbia mai conosciuto
– e quasi l’unica che gli resta. Il bianco della
lettera, ancora più accecante contro il tavolo nero, sembra
prendersi gioco di lui.
Arthur infila
la giacca con un gesto rapido e deciso e uno sbuffo frustrato. Oggi va
ad assistere con Merlin e Igraine Pendragon – sua madre
– alla lettura del testamento.
Testamento
Vivian
nota subito il modo in cui le pupille degli occhi chiari di Morgan si
dilatano, il modo in cui il viso del ragazzo biondo impallidisce appena
entra nello studio, incerto e tremante come se solo la presenza della
donna dietro di lui gli impedisse di cadere, e si siede su una delle
poltrone nere.
Nota anche lo
sguardo che il suo capo rivolge all’uomo che accompagna il
nuovo arrivato, mentre interrompe il notaio e scandisce lapidaria le
parole che avvolgono immediatamente la stanza nella cappa soffocante di
un silenzio teso e ostile: - Io non ho fratelli -. Cerca conferme e
rassicurazioni, nonostante la voce sicura e glaciale, e
benché confusa Vivian capisce subito che lui è quel Merlin.
La sua mano si
posa immediatamente sulla spalla di Morgan, in una stretta leggera ma
salda, possessiva, mentre la voce monotona e le parole del notaio
riprendono cautamente a scivolare su entrambe come gocce di pioggia
gelida.
Solo lei
riesce a percepire i fievoli brividi che la scuotono, quando
quell’uomo – quel fantasma mai dimenticato
– non risponde e continua a fissarla con quello sguardo
imperturbabile, lontano.
Quando
finalmente tutto finisce e ritornano all’appartamento di
Morgan, ci sono cose più importanti di Merlin alle quali
pensare. Come le mani di Morgan che sbottonano con gesti goffi e
frettolosi la sua camicetta e la sua bocca che lascia piccoli marchi
scarlatti sul suo collo.
- Non lo vuoi
davvero – dice Vivian, gli occhi socchiusi e la tentazione di
lasciarla fare più forte ogni istante.
- Sono
abbastanza certa di sapere ciò che voglio senza che qualcuno
me lo dica – risponde l’altra donna, sussurrando al
suo orecchio, prima di morderne il lobo. Il tono che usa è
un pericoloso misto di ira e desiderio.
- Non ora
– rimarca Vivian con la voce più calma che riesce
a trovare.
Ovviamente,
questo serve solo a far infuriare ancora di più Morgan.
L’altra
donna finalmente indietreggia per guardarla in volto, ma lascia le mani
sul petto dell’altra, fredde e immobili, tese. – Tu
sai sempre cosa fare, vero? Cosa è giusto e cosa
è sbagliato. Sei sempre così posata,
così serena – sibila, e
le sue parole e la sua espressione sono taglienti come coltelli.
– Lo voglio. Ne ho bisogno – aggiunge, fissandola
dritta negli occhi.
Vivian
sospira: - Sei sconvolta e arrabbiata. Senti il bisogno di sfogarti, e
... -. Ma Morgan la interrompe con un gesto della mano: - E? E mio
padre ha lasciato tutto a un ragazzino che non porta nemmeno il suo
cognome? A un errore che ha preferito dimenticare molto prima di
divorziare da mia madre e di sposare quella ... quella donna? E tu credi che io sia
solo sconvolta
e arrabbiata?
E confusa, magari? -.
Vivian scuote
la testa lentamente: - Questo non ti farà sentire meglio.
Parlare della situazione, invece, potrebbe -. Tenta di rimanere seria e
ragionevole, ed evita di dire che non sarà dannoso solo per
Morgan, ma anche per lei.
- Bene.
Parliamo di questo, allora: qualche giorno fa sono andata in un pub. Mi
sono ubriacata, e sono andata a letto con un uomo – dice
Morgan. Vivian fa un respiro profondo e chiude per un attimo gli occhi,
e ignora la sua crudeltà compiaciuta e il suo sguardo di
sfida: sa cosa sta cercando di fare. Ma non riuscirà a
ferirla, a farle perdere di vista il suo obiettivo, a usare la sua
gelosia per trasmetterle quella stessa esplosione di rabbia e impotenza
e desiderio che lei sta provando.
Sa da sempre
che a Morgan gli uomini e le donne piacciono allo stesso modo
– e Morgan sa da sempre quanto l’idea di perderla
per un uomo e una cosiddetta relazione
normale
la terrorizzi.
Eppure Vivian,
nel profondo del suo cuore, sa anche che questo non
succederà.
Quindi, si
limita a prendere le mani di Morgan tra le sue e allontanarle
gentilmente. – Non sapevi nemmeno il suo nome –
mormora guardandola risoluta negli occhi, consapevole di avere ragione.
C’è
una nuova ombra negli occhi di Morgan, ancora più cupa.
Sembra sul punto di dire qualcosa, e le sue labbra serrate in una linea
dura si schiudono per qualche secondo, ma poi la bacia – ed
è un bacio lungo e disperato, come se volesse annegare in
lei, perdersi in quel momento e non risvegliarsi mai più.
Vivian le
cinge la vita con le braccia, e la stringe a sé quando si
tira lentamente indietro e comincia a piangere in silenzio.
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