Quanti anni erano passati da quel giorno?
Dal giorno in cui aveva salutato quelle persone che aveva
imparato ad amare in così poco tempo e tanto intensamente?
Tre anni...ormai erano passati tre
anni...
Frankie era un ometto ormai...e Lizzie...
Ma non era perduto...
Un giorno sarebbe tornato..
Un giorno li avrebbe incontrati nuovamente....
Un giorno non sarebbe stato più uno sconosciuto per
loro...
Dopotutto…siamo tutti uniti.
1- Elisabeth Sullivan
- Non è giusto!-
- Lizzie! non
discutere con me, sai bene che non è prudente che tu esca con questo
freddo...non siamo nemmeno certi che arrivi davvero-
La ragazzina corrugò la fronte, mentre l'ennesimo ago
invadeva la sua carne, affondando nel braccio.
I prelievi iniziavano a farle più male da un pò di tempo a questa parte..ma lei aveva sopportato tutto, la promessa della
dottoressa l'aveva spronata a resistere..e ora non
aveva intenzione di rinunciare alla sua uscita.
- Dottoressa Angela, per favore...mi ha promesso che
verrà, questa volta...lo ha promesso!So che verrà...mi lasci
andare…ora sto bene-
La dottoressa Watson la squadrò,
scuotendo il capo.
La piccola Elisabeth Sullivan
era cresciuta rispetto all'anno precedente, quando era
stata ricoverata in clinica.
I capelli biondi erano corti, come li aveva sempre
preferiti e quegli occhi scuri da cerbiatta la facevano sembrare una bambina
ben più giovane dei suoi tredici anni, vuoi per la
gracilità del suo fisico, non più abituato allo sport come in passato.
- Andrò io ad accoglierlo al porto, se è necessario..ma non voglio che tu
esca-
- La prego...signora Emily, la
convinca lei, la prego..- e iniziò a pregare l'anziana
infermiera che aveva appena sciolto il laccio emostatico intorno al suo gracile
braccio.
Sapeva che sulla signora Emily
aveva un particolare ascendente...era riuscita a convincerla più di una volta a perdonarle certe bravate...
Ora era una questione davvero importante.
La donna le lanciò uno sguardo triste e poi cercò il volto
della dottoressa, una quarantenne solida ed intransigente.
- Dottoressa Watson...posso
accompagnare io Elisabeth al porto, se lo permette…cerchi di capirla...- e
lasciò sottintesa la frase, in viso un'espressione quasi cinerea.
Il medico sospirò, chiudendo distrattamente la cartella
clinica della piccola paziente.
Esitò qualche istante, analizzando il volto della sua
assistita.
Era meno pallida del solito, sembrava stare bene, ma più
di una volta le apparenze l'avevano ingannata.
Cosa fare?
E se si fosse sentita male?
Ma se non l'avesse fatta andare...
se le avesse rubato quel sorriso che fino al giorno prima le colorava il volto
dai lineamenti netti e adorabili...non se lo sarebbe perdonato mai.
- Che si copra bene e non prenda
freddo, mi raccomando...e per l'una di pranzo dovete essere entrambe qui, con o
senza il signor Sullivan-
Elisabeth annuì, sorridendo raggiante alla
signora Emily che le sorrise appena, condiscendente.
Le tamponò la lieve perdita di sangue che fuoriusciva dal
braccio e lo medicò con un cerotto, prima che la giovane si tirasse in piedi,
avvicinandosi al piccolo armadio metallico alla destra della sua stanza e frugasse tra gli abiti in cerca di qualcosa di decente.
Un bel maglione rosa acceso...una
gonna di lana nera e pesante, delle calze imbottite e dei mocassini marroni,
dono di sua madre.
Indossò un piccolo berretto scuro e caldo, i guanti e un
cappotto due misure più grandi.
Era pronta.
Attese che la signora Parker, la
sua infermiera preferita, fosse giunta per
accompagnarla infine al suo appuntamento.
Il telefono della sua stanza squillò.
- Pronto?-
e i suoi occhi si illuminarono
nel percepire quella voce così lontana parlarle dopo così tanto tempo.
Non lo sentiva da un anno, non lo vedeva
da più di sei...
- Sei già arrivato? aspettami che
arriv- e si interruppe nel sentirlo scusarsi, nel
sentirlo abbandonarla nuovamente, un nuovo impegno, l'ennesimo, a tenerlo
lontano da lei...
- Capisco...- e dopo averlo salutato debolmente,
riagganciò, sedendosi sul letto.
Lo aveva fatto di nuovo...l'aveva
tradita di nuovo...
Eppure aveva promesso.
Si tolse il berretto e lo lanciò ai piedi del letto, le
lacrime iniziarono a farsi strada tra le sue ciglia,
un dolore nel petto...
Ma li trattenne entrambi.
Anche lei aveva diritto ad essere
felice, quel giorno, e lo sarebbe stata, con o senza di lui.
Si asciugò presto gli occhi, in tempo, prima che
l'infermiera entrasse con la sua pelliccia indosso.
Aveva un' aria stanca
nell'incrociare il suo sguardo, ma le sorrideva.
- Sei pronta, piccola mia?-
la ragazzina annuì rapidamente,
si alzò in piedi e le prese la mano.
Almeno sarebbe uscita dalla clinica...fuori avrebbe
respirato un po’ di vera aria...e avrebbe ritrovato ancora un po’ di quel
vecchio mondo da cui era stata esclusa troppo presto.
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