Smell
Il
vero problema di Tommy Dawkins con le ragazze era il loro odore. Non
che lo trovasse sgradevole, ma con la trasformazione in lupo mannaro i
suoi sensi si erano fatti in qualche modo più acuti e non
notare certe cose era diventato difficile.
Stacey
profumava di sapone, burrocacao, prodotti per capelli alla frutta.
Odori semplici, leggeri, appena percettibili per chiunque non fosse un
licantropo. E a Tommy piacevano, davvero: creavano un profumo dolce e
familiare, una fragranza che sapeva di normalità e di casa e
di giusto.
Ma a volte
– quelle rare volte in cui Stacey lo rimproverava per non
essere venuto ad un appuntamento e lui si accorgeva
all’improvviso di quanto poco in realtà si
parlassero, al di là dei suoi imbarazzati tentativi di
convincerla ad uscire con lui – si rendeva conto di quanto
sarebbe stato facile confonderli con gli odori di una qualsiasi altra
ragazza della Pleasantville High.
Carole,
invece, era spezie e tinta per capelli e un vago tocco di profumo
francese, e forse un certo je
ne sais quoi.
Tommy all’inizio lo trovava intrigante, quasi assuefacente.
Ma sotto quell’aroma esotico c’era sempre quel
leggero odore di pelo di gatto, difficile da riconoscere eppure
onnipresente.
Sotto i vari
profumi che Terri usava quando si vedevano – nessuno dei
quali le si addiceva mai davvero – c’era sempre
quella puzza che i sensi del lupo mannaro in lui riconoscevano
istintivamente come agitazione, insicurezza, a volte persino paura.
Terri non era una ragazza popolare, ma era intelligente, interessante,
simpatica quando si imparava a conoscerla meglio e, se si guardava
dietro i gesti nervosi e il sorriso incerto, molto carina: Tommy
avrebbe potuto avere una vera storia con lei, se il suo odore non gli
avesse ricordato in ogni momento che lei non aveva bisogno di lui ma
semplicemente di qualcuno.
Con Lori le
cose erano state diverse, almeno all’inizio. Lei non usava
profumi, lei non si truccava spesso. Lori sapeva di adrenalina e anche
se Tommy non avrebbe mai creduto che la sua ragazza ideale potesse
avere un odore simile, quando lo sentì per la prima volta
capì subito. Eppure, c’era ancora qualcosa che non
andava, anche se il ragazzo non riusciva a comprendere esattamente cosa.
Ma il lupo lo
sapeva, perché lui sapeva sempre tutto. E non si faceva
problemi a tentare di spiegarglielo in qualsiasi momento: una
conversazione, un’uscita tra amici, un vero e proprio
appuntamento.
Il lupo lo
costringeva a scappare: perfino con Lori, quell’istinto
primordiale e oscuro non svaniva mai completamente, sempre pronto a
tornare quando Tommy meno se l’aspettava. E lui non poteva
sopprimerlo per sempre.
Quando
l’ululato del lupo lo spingeva a correre via, Tommy si
rifugiava da Merton.
Lui era il suo
migliore amico, lui sapeva sempre come calmarlo, con un haiku o
un’immagine mentale dipinta dalle sue parole. In effetti, lui
aveva persino un odore più gradevole di gran parte delle
ragazze con cui era uscito nel corso della sua vita.
Merton
profumava di gel per capelli, di polvere, di vecchi libri, di cera per
candele. Erano quegli odori che gli si attaccavano addosso dopo un
pomeriggio passato facendo chissà quali ricerche
sull’occulto e il sovrannaturale nel Lair, quegli odori che
lo definivano e sembravano strillare “Merton” anche
in mezzo ad una folla. Erano parte di lui, e Tommy li trovava
familiari, confortanti.
A volte
riusciva a sentirne una vaga eco anche sui suoi vestiti, mischiata
all’odore selvatico e pungente del pelo del lupo e a quello
più anonimo del sapone delle docce dopo gli allenamenti di
football. Forse era proprio per ottenere quel risultato che,
inconsciamente, passava tanto tempo a toccarlo, ad abbracciarlo, che
fossero in una situazione di pericolo o meno.
Quando era con
Merton, la bestia era sotto controllo, finalmente placata.
Era stato
proprio il suo migliore amico a dire a Tommy, un giorno, che il lupo
rappresentava la sua parte istintiva, che reagiva al suo posto a
situazioni che risvegliavano in lui emozioni basilari e intense come
rabbia o paura, che prestargli ascolto era un modo per conoscere meglio
se stesso. Certo, Merton aveva usato parole molto più lunghe
e molto più strane che Tommy non aveva mai sentito prima di
allora, aveva citato psicologi e filosofi e molta altra gente morta
secoli prima e un certo numero di film della loro epoca che Tommy non
aveva mai visto e si era fatto prendere come al solito
dall’entusiasmo.
Merton era
Merton, quindi era impossibile che andasse in un altro modo. E Tommy
era Tommy, quindi era impossibile che lo ascoltasse fino alla fine o
che capisse più di metà del suo discorso. Ma il
senso in fondo era quello.
Comunque
fosse, il lupo cercava di dirgli qualcosa, qualcosa a cui era arrivato
molto prima di lui. Normalmente Tommy non sarebbe stato entusiasta del
fatto che un animale lo avesse battuto in una sorta di gara di
intelligenza ... e non lo era nemmeno in quella situazione, ma almeno
il disappunto era sepolto sotto la curiosità e una vaga,
strisciante inquietudine – perché, forse, anche
lui aveva capito qualcosa, ma era troppo assurdo per essere vero.
Quelle
sensazioni se ne andarono solo il giorno in cui Tommy comprese
– o forse ammise – il vero
messaggio del lupo e si ritrovò conseguentemente in una
delle situazioni più strane della sua intera vita.
Uscire con
donne-gatto e donne telecinetiche era normale. Sconfiggere Faraoni
tornati dall’oltretomba era normale. Essere inseguito da un
killer uscito da un videogame e fronteggiare la Morte in senso
letterale era normale. Esorcizzare ragazzine, combattere fantasmi e
vampiri e rispedire demoni all’Inferno era normale.
Baciare il
proprio – nonché indubbiamente maschio – migliore
amico, per Tommy, non era affatto normale. Anche se era di certo molto
più piacevole di tante altre esperienze.
Le labbra di
Merton erano sorprendentemente morbide e veloci ad aprirsi contro le
sue. E il suo profumo – gel, candele, polvere, libri e
qualcosa che era semplicemente lui –
all’improvviso sembrava ancora più intenso.
In un angolo
della mente di Tommy, il lupo si lasciò sfuggire un ringhio
che suonava incredibilmente simile ad un “Era ora!”.
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