Unexpected hugs

di MarchesaVanzetta
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“House, ho il cancro”
Quattro parole che gli sconvolsero il mondo. Al diavolo quella famiglia di pazzi che credeva negli spiriti, al diavolo le tresche e i dubbi del suo team, al diavolo, persino, Dominique.
James aveva il cancro. Lui, un oncologo! L’ironia della sorte era davvero strabiliante.
Fuori diluviava e la pioggia bagnava copiosamente i vetri dello studio di Wilson, buio e tetro. La scena perfetta per una rivelazione del genere.
“James…” tentò, non sapendo come continuare. Data storica, signore e signori: Gregory House è rimasto senza parole.
“Greg, non dire niente. Sono un medico” gli venne in aiuto l’uomo, alzando un poco gli angolo della bocca, appena appena. Ne aveva viste troppe di quelle scene nelle stanze dei suoi pazienti per non saper riconoscere l’arrivo di una serie di parole inutili –anche se il destinatario della sua confessione era l’algido House, il distaccato House, l’amico House.
Abbandonò il bastone sul bracciolo del divano e si alzò, faticando un poco. Mosse la gamba dolorante verso di lui, tenendo la mano appoggiata sulla coscia a domare il dolore, a rispedirlo indietro: non era il momento.
Pochi passi e fu di fronte a Wilson, il viso a una spanna dal suo e le punte delle scarpe che si toccavano. Sentiva l’amico respirare piano, e le cornee bianche erano l’unica parte illuminata del suo viso. Solo da vicino si accorse che aveva gli occhi lucidi.
Non era bravo con le persone –nei contatti con le persone- ma sentiva che l’unica cosa che potesse fare in quel momento era aprire le braccia e avvicinarsi al suo migliore amico.
James spalancò gli occhi, sorpreso: era l’inizio di un abbraccio, quello? Era davvero House, di fronte a lui?
Tentò il tutto per tutto e fece mezzo passo, abbracciando poi il corpo quasi sconosciuto di Gregory. Sentendolo sicuro l’uomo lo strinse a sua volta, passandogli goffamente una mano sulla schiena. Era un abbraccio così diverso da quello di Dominique che aveva ricevuto poche ore prima.
Era un abbraccio che diceva “Ci sono” e “Ci sarò” e “Ti voglio bene”. Diceva tutto questo perché lui non l’avrebbe mai confessato, neanche da ubriaco. Era da molto che si era imposto dei limiti con James ed era sempre riuscito, più o meno faticosamente, a rispettarli.
Ma sentire il suo respiro caldo e rotto sulla pelle del collo e avvertire una lacrima, una sola, bagnargli la spalla da sopra i vestiti fece dissolvere ogni limite, scacciò ogni remora.
Strinse sempre più forte James e così fece lui, aggrappandosi l’uno all’altro, incapaci entrambi di staccarsi o fare qualsiasi altra cosa.
L’ufficio venne spettralmente illuminato dalla tagliente luce di un fulmine e House allontanò la sua spalla dal viso di Wilson, senza sciogliere però l’abbraccio e fissò poi i suoi occhi azzurri in quelli anonimamente castani dell’altro.
“Vedi di non morire: devo farti scoprire altri due figli e farti divorziare dalla quarta moglie” gli sussurrò, il tono sempre ironico un poco attenuato.
James sorrise piano, scuotendo la testa: era sempre lo stesso, anche in un momento come quello. Riprovò il trucchetto di magia che aveva provato prima, avvicina dosi di nuovo al corpo spigoloso di Gregory.
Niente si oppose a quell’intenzione e si lasciò andare al calore che quei muscoli tesi gli trasmettevano.
“Sei la persona più importante della mia vita” esalò House, prontamente coperto da un tuono. James non aveva l’obbligo di sentire quell’anomala confessione.




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