Titolo
Fan Fiction:
RISE AND SHINE - they will be together again
Autore: Thiniel106
Pairings:
nessuno
Rating:
arancione
Personaggi: Dean
Winchester, Sam Winchester, Castiel, Jody Mills, Crowley
Warning:
–
angst, avventura, azione.
Spoiler: settima stagione
Timeline: fine settima stagione,
ipotetica ottava
Conteggio
parole:
Disclaimer: i protagonisti sono personaggi
di
SPN, non ci appartengono, questa è
una storia di pura invenzione, le autrici scrivono senza alcuno scopo
di lucro
e non intendono violare alcun copyright.
Note:
Primo esperimento per entrambe di
una fanfic scritta a quattro mani, abbiate pietà di noi, ci
stiamo mettendo
tutto l’impegno possibile per cercare di non fare una porcata
XD
Se vi
piace quello che abbiamo
scritto questi sono i nostri account singoli dove potete trovare le
altre cose
che abbiamo pubblicato
account
Thinias
account
ELE106
Trama:
Dick
Roman è stato sconfitto, ma questo ha
richiesto il pagamento di un prezzo molto alto. Sam è
rimasto solo sulla terra,
Dean e Cass sono bloccati in purgatorio, uno non sa dove sono gli altri
e
viceversa. Sembra che l’unico vero vincitore sia Crowley, che
è riuscito ad
ottenere quello che voleva, eliminare il problema dei leviatani e
liberarsi in
un colpo solo dell’angelo che lo aveva tradito e soprattutto
di Dean
Winchester. Il legame che lega i fratelli però resta forte e
Sam non si arrenderà
davanti a nulla pur di riavere suo fratello con sé. Seppur
separati, aiutati da
Castiel, faranno il possibile per riunirsi, sperando che
l’impresa non si
riveli fuori dalla loro portata.
Capitolo I - SOLI
Sioux Falls, South Dakota.
Jody Mills
lo capì immediatamente.
Il giorno in
cui incontrò i Winchester per la prima volta,
capì che avere a che fare con
loro avrebbe portato guai.
E non guai
normali … ma soprannaturali.
Di quelli
che, se ti va bene, finisci i tuoi giorni annegando
nell’alcool o internato in
una struttura psichiatrica, blaterando di demoni e fantasmi o entrambe
le cose.
Mentre
preparava il suo pickup, caricando sul retro ogni possibile armamento
fosse
riuscita a recuperare in centrale, rifletté per un attimo
sulla possibilità di
mandare il suo istinto a quel paese e continuare il suo lavoro di
sceriffo,
senza curarsi di certi dettagli.
Nelle ultime
quarantotto ore le erano piombati addosso un paio di decessi che
definire truci
e orridi era un eufemismo.
Corpi
dilaniati e smembrati, lasciati al sole ad arrostire e puzzare, senza
che il
colpevole avesse nemmeno tentato di occultarli in qualche modo.
Che ci fosse
qualcosa di poco ‘normale’ fu più che un
semplice sospetto per lo sceriffo, da
subito.
Lei stessa aveva
rimosso dai corpi piccolissime quantità di un liquido
viscido e nero, che le aveva
riportato immediatamente alla memoria l’ultimo
‘raduno Winchester-Singer’ al
quale aveva partecipato.
Leviatani.
Bobby e i
ragazzi le avevano spiegato qualcosa, anche se non nel dettaglio.
Jody sapeva
che erano pericolosi. Mostri che si nutrivano di carne umana, tra i
più
spietati e feroci che i ragazzi avessero mai affrontato.
C‘era
qualcosa che non andava però, perché le avevano
detto che agivano con molta
discrezione, tenendo un basso profilo e agendo nell’ombra.
Eppure quello che aveva
visto era tutt’altro che discreto.
Capì che
qualcosa non tornava.
Per due giorni
interi non fece che maledire la segreteria di Dean Winchester, il quale
sembrava essersi scordato del numero per le emergenze che le avevano
dato.
Provò
più
volte anche col numero che sapeva essere di Sam, senza successo.
Non
rispondevano.
Scientifica
e Dipartimento di Polizia, le fiatavano sul collo per avere notizie
fresche
sugli sviluppi delle indagini e presto, alla preoccupazione per il
proprio
futuro lavorativo, si unì la paura che ai ragazzi fosse
davvero successo
qualcosa di grave.
Proprio
quando le sembrò che i suoi poveri nervi, già
abbastanza provati, fossero
giunti al culmine della sopportazione, Jody ricevette un sms dal numero
di Sam,
con scritto solo un indirizzo e un ‘Vieni subito’, che non
lasciava spazio ad
interpretazioni. Trasudava urgenza da tutte le parti.
I suoi
timori divennero reali e seppe con certezza che era c’erano
problemi seri in
vista.
Senza
rifletterci un istante, la donna fece quanto in suo potere per partire
il prima
possibile e raggiungere l’indirizzo indicato.
Saltò sul
suo
pickup e si mise in viaggio. Le ci volle un intero giorno, senza soste,
accompagnato da una pioggia torrenziale che sembrava voler sommergere
l’intero
Stato ed esasperare quel senso di inquietudine ed angoscia, che
già pervadeva
ogni cellula del suo corpo.
Arrivò in
tarda serata.
Aveva già
incontrato i ragazzi nei luoghi più strani, ma non era
preparata all’enorme
edificio fatiscente che si trovò di fronte. Sembrava isolato
e apparentemente abbandonato.
Mentre la
pioggia scendeva ancora incessante, scese dal pickup riparandosi col
suo
giaccone e raggiunse il portone d’ingresso a grandi falcate,
maledicendo il cielo
e la pozzanghera appena centrata, che la inzuppò fino alle
ginocchia.
Bussò
insistentemente
per qualche minuto, l’ansia che cresceva ad ogni istante.
Aveva la sensazione
che ci fosse qualcosa di sbagliato, che fosse successo qualcosa di
grave, non
si spiegava il perché di tanto mistero.
“Ragazzi?”
Urlò,
esasperata.
Quando
finalmente il portone si aprì, non riuscì a
vedere all’interno, solo un
riquadro di oscurità oltre il quale lo sguardo non riusciva
a penetrare. Un
braccio sbucò dall’ombra tirandola dentro con
forza.
Con un
gemito di sorpresa si lasciò trascinare
all’interno e Sam Winchester le si parò
di fronte.
Infreddolita
e al buio, Jody non si curò subito di lui e gli diede le
spalle, scrollandosi
di dosso il giaccone fradicio.
“Era
ora!” esclamò,
cercando di asciugarsi i capelli come poteva, legandoli poi malamente
con un
fermacoda.
“Ragazzi,
non vi potete comportare così! Lo sapete cosa mi avete fatto
passare? Non ho
vostre notizie da giorni e ….” si interruppe
quando finalmente guardò Sam.
La osservava
a pochi passi di distanza. Sul suo volto un’espressione
tirata e quasi sofferente.
Le labbra
erano piegate in una smorfia di confusione, mista a tormento e
sconforto, ma fu
quello che lesse nei suoi occhi a gelarle il sangue nelle vene.
Profonde
occhiaie ne accentuavano il contorno, erano scavati, stanchi e colmi di
una
pena che era dolorosa anche solo da vedere.
“Mi
dispiace Jody …”
Sentì che
la
voce gli tremava, nonostante sussurrasse appena.
“Io
… io non
avrei voluto. Non avrei voluto coinvolgerti ma …”
il ragazzo non riuscì a
sostenere oltre il suo sguardo.
“Sam, ma che
succede?” lo interruppe lei.
Solo in quel
momento si rese conto che qualcosa … o meglio, che qualcuno
mancava all’appello.
La
preoccupazione che l’aveva accompagnata per tutto il viaggio
tornò prepotente a
farsi sentire, riducendo il suo stomaco alla dimensione di una noce.
“Dov’è
Dean?” nella sua voce si leggeva l’incertezza,
mista alla paura che stava
provando in quel momento.
A quella
domanda, Sam alzò lo sguardo dal pavimento, puntandolo su di
lei.
I suoi occhi
erano esausti e lucidi e la pena sembrava essersi fatta ancora
più grande. Jody
tremò, sentendo improvvisamente freddo, quando credette, per
un secondo, che fosse
successo il peggio e che il maggiore dei ragazzi fosse davvero morto.
“L’ho
perso,
Jody … non so dove sia! Potrebbe … Potrebbe
essere … Aiutami, ti prego …”
quella di Sam fu una preghiera disperata, che lasciò lo
sceriffo impietrita
davanti a lui e a quello che poteva significare.
*****
Purgatorio
“Svegliati!”
Dean aprì
gli occhi lentamente, richiamato alla realtà da quella che
riconobbe subito
come la voce di Castiel.
Avvertì il
suo corpo stranamente pesante, come se si trovasse in
un’atmosfera aliena.
Un odore
disgustoso, che non riconobbe, gli penetrò nelle narici,
talmente forte da
arrivare con prepotenza ad attivare gli altri sensi, mettendolo in
allerta.
Quando
finalmente riuscì a focalizzare l’angelo alle sue
spalle, si sentì in parte
rassicurato dalla sua presenza e dall’espressione famigliare,
seppure indecifrabile,
del suo volto.
Dean cercò
di
alzarsi facendo leva con le braccia, era indolenzito e spaesato, come
quando si
rinviene da un brutto colpo alla testa.
Ancora
confuso e stordito, diede una rapida occhiata in giro, senza riuscire a
capire dove
si trovasse, ma avvertendo istintivamente una forte sensazione di
pericolo.
Sembrava
fossero in una foresta.
Il luogo era
decisamente lugubre e spettrale.
Era notte e
non seppe dire quanto tempo fosse rimasto privo di sensi.
Ricordò che
era giorno quando erano entrati alla Sucrocorp.
“Bene.”
disse
Castiel, vedendo che Dean era di nuovo cosciente
“Dobbiamo
uscire di qui”, continuò l’angelo.
Nonostante
il tono monocorde, Dean riuscì a percepire la tensione nella
sua voce.
“Dove
siamo?” chiese.
“Non lo
sai?”
L’angelo lo
guardò sorpreso, come se la risposta alla sua domanda fosse
ovvia e si
meravigliò non poco del fatto che il cacciatore sembrava non
essere arrivato
subito alle sue stesse conclusioni.
Dean cercò
di focalizzare la mente sull’ultima cosa che ricordava.
“Ricordo
solo che abbiamo fatto fuori Dick, dannazione! Che è
successo?”
“E dove
potrebbe essere andato dopo la morte?” rispose Castiel, con
tono
accondiscendente.
A Dean
sembrò di aver preso un pugno in faccia, mentre nella sua
mente prendeva
rapidamente forma la comprensione della terrificante verità.
“Aspetta! Mi
stai dicendo …” .
L’angelo
spostò velocemente lo sguardo tra gli alberi che li
circondavano, quando nell’ombra
sentì rumori e fruscii che sembravano avvicinarsi sempre di
più.
“Ogni anima
qui, appartiene ad un mostro. È qui che giungono per darsi
la caccia l’un
l’altro per l’eternità”.
Solo allora
anche Dean si accorse che non erano soli.
Il brusio
indistinto che li circondava, divenne ben preso uno spaventoso crescere
di
orridi versi, che si facevano sempre più vicini e
minacciosi.
Gli parve
quasi di distinguere delle voci, nonostante il loro suono fosse
distorto.
Mormorii
soffocati e indistinti come una sorta di litania, facevano da
sottofondo a quei
versi … non seppe riconoscerne l’origine, ma lo
terrorizzarono a morte.
“Siamo in
Purgatorio?” chiese con voce incerta “…e
come usciamo da qui?!”
Sentì la
paura serpeggiare lungo la sua spina dorsale.
Castiel
continuava a guardarsi intorno, ben conscio della
pericolosità e delle intenzioni
delle creature che si muovevano tra le ombre intorno a loro.
“Temo di non
saperlo. Probabilmente finiremo fatti a pezzi”.
Il tono
dell’angelo rimase neutro e questo fece innervosire ancora di
più il
cacciatore.
Dean non
seppe come reagire, si sentiva vulnerabile ed esposto in quel luogo.
Un rumore di
rami spezzati lo fece voltare di scatto in quella direzione. Si
guardò intorno
e poté vedere le mostruose creature tra la vegetazione, con
occhi rossi che lo
osservavano famelici.
Quegli
esseri presero a girargli intorno, come grossi felini che fiutano la
preda,
riconoscendo l’odore della paura.
E dannazione,
Dean cominciava davvero a farsela sotto.
“Cass
… credo
che dovremmo subito …”
La frase gli
morì in gola. Quando si rigirò e si accorse che
l’angelo era sparito.
“Cass?!”
Dean non si
fidò a chiamarlo a piena voce, avendo paura di provocare in
qualche modo gli
esseri che in quel momento lo stavano circondando.
Cercò di
muoversi
il meno possibile, spostando lo sguardo intorno a sé,
intuendo di essere in
trappola e capendo con certezza come si dovesse sentire un animale
circondato
da un branco di lupi famelici.
Era sotto
shock.
Non riusciva
quasi a crederci. Cass lo aveva lasciato solo! Dove diavolo era andato?
Maledetto
angelo ...
Pensò che
fosse scappato per sfuggire al combattimento, ancora preda di quello
squilibrio
che lo aveva colto da quando aveva deviato le allucinazioni di Sam.
Si impose di
non pensare all’angelo.
Di non
pensare alla paura che, fredda come il ghiaccio, percorreva le sue
vene.
Poi
l’istinto
prese il sopravvento.
Se doveva
morire, avrebbe portato qualcuno di quei mostri con sé.
Infilò una
mano nella tasca interna della giacca e chiuse le dita intorno alla
solidità
rassicurante del coltello di Ruby.
Il manico
ben saldo in mano, estrasse l’arma, sperando che almeno fosse
in grado di
contrastare qualcuna di quelle creature prima che lo facessero a pezzi.
Quegli
esseri cominciarono a girare in cerchio intorno a lui, in spirali
sempre più
strette, forti della loro superiorità numerica e della
posizione di
vulnerabilità in cui Dean si trovava. Sembravano quasi
giocare con lui e con la
sua paura.
Dean
irrigidì i muscoli della schiena, stringendo più
saldamente il coltello.
Era
immobile, si guardava intorno con la coda dell’occhio,
cercando di indovinare
da che parte sarebbe arrivato il primo attacco. Sentiva un formicolio
alla base
del collo che gli diceva che il momento era sempre più
vicino.
Mano a mano
che si avvicinavano riuscì a vedere meglio quelle creature,
gli ricordavano
grossi felini neri, con gli occhi rossi come quelli di molti dei demoni
che
aveva visto. Rossi come quelli dei cerberi che avevano dilaniato le sua
carni e
lo avevano spedito all’inferno.
Un brivido
d’orrore
percorse la sua anima a quel ricordo.
“Odio quelle
dannate bestie schifose” disse fra i denti.
Ne aveva
contati circa una decina. Dean piegò le ginocchia, pronto a
scattare per
affrontare il primo attacco.
Percepì il
momento esatto in cui uno di loro stava per spiccare un balzo contro di
lui.
Fu solo un
secondo, durante il quale fece in tempo a credersi già
morto, poi un’ombra più grande delle
altre aggredì il mostro che
stava per attaccarlo, sbalzandolo lontano e avventandosi su di esso.
Sentì una
serie di mostruosi guaiti.
Il nuovo
arrivato era feroce, un ammasso di muscoli poderosi, grosso quasi il
doppio
degli altri, aveva lo stesso aspetto ferino, ma era decisamente
più minaccioso.
Dean rimase
spiazzato e quasi incredulo di essere ancora vivo “che
diavolo ...?”
Le altre
bestie intorno a lui parvero arretrare leggermente, lasciando uno
spazio
maggiore al più grosso, che di nuovo focalizzato su di lui,
si era lasciato dietro
il cadavere dilaniato della bestia che solo un attimo prima aveva
cercato di
ammazzarlo.
“Bene
… il
boss è in città!” disse Dean, piegando
le labbra in un mezzo sorriso che non
aveva nulla di divertente.
Non era
finita.
Le
intenzioni di quello che evidentemente era il capobranco, non potevano
essere
fraintese, gli altri stavano semplicemente lasciando campo libero, dopo
la
dimostrazione di superiorità appena data.
La preda era
sua.
“Cos’è?
Il privilegio di affondare i denti
nelle mie carni soffici spetta al capo?” il ragazzo
sputò quella frase intrisa
di sarcasmo.
“Beh, vieni
a prendertele allora! Basta giocare!”
Dean lanciò
occhiate frenetiche intorno a sé, in cerca di una via
d’uscita che non vedeva.
“Cass!
Questo sarebbe decisamente un buon momento
per smetterla di fare il bambino impaurito e venire a darmi una
mano!”.
Lo disse tra
i denti, quasi pregando, preparandosi a subire l’attacco del
mostro che aveva
di fronte.
Osservò
l’essere giragli intorno come per studiarlo, poteva sentire
la forza e l’aura
maligna che trasmetteva.
“Andiamo!!”.
Urlò Dean,
portando
il coltello davanti a sé.
“Andiamo,
fatti avanti!”.
Lo vide
fermarsi di scatto e in una frazione di secondo, spiccare un balzo
verso di
lui.
Gli sembrò
che la scena si svolgesse al rallentatore, mentre la mole della bestia,
quasi il
doppio della sua, lo sovrastava coprendogli interamente la visuale.
Nell’attimo
in cui lo vide avventarsi su di lui, lo scorrere del tempo parve
rallentare, i
particolari divennero estremamente vividi. Sentì il cuore
aumentare il ritmo dei
suoi battiti e il sangue pompare più velocemente nelle vene,
i sui muscoli si
irrigidirono preparandosi all’impatto.
Con quel
mostro ormai addosso e il suo olezzo sul collo, Dean imprecò
e, digrignando i
denti, chiuse gli occhi d’istinto, arreso alla fine
imminente.
Poi tutto
scomparve.
Nessun
orrendo verso o ringhio. Nessun lugubre mormorio nelle orecchie.
Riaprì gli
occhi, confuso e titubante, mentre le sue gambe rischiavano di cedere
sotto il
peso del terrore appena provato.
Si trovò
davanti ad uno scenario diverso.
La foresta
aveva lasciato il posto ad una radura sopraelevata.
Fece appena
in tempo a rendersi conto di trovarsi su una collina, quando
sentì il lieve
tocco di una mano che lasciava la sua spalla.
Si voltò,
Castiel era di fianco a lui, con l’espressione più
neutra che gli avesse mai
visto.
“Dio santo
Cass!”
Si concesse
finalmente di lasciar andare il respiro che aveva trattenuto fino al
quel
momento.
Tirò un
lungo sospiro di sollievo prima di infuriarsi con l’angelo.
“Dove
diavolo eri sparito?!” gli urlò in faccia, un
attimo prima di accorgersi del
rivolo di sangue che gli colava dal naso e di vederlo barcollare
pericolosamente.
Si sporse subito
verso di lui e lo agguantò al volo, prima che cadesse a
terra sfinito.
“Che diavolo
… Cass?!”
Riuscì a
frenare la sua caduta solo in parte, finendo per farsi trascinare a
terra con
lui.
Castiel era
davvero molto pallido e Dean si accorse che c’erano tracce di
sangue anche ai
lati della bocca.
“Cass….Cass!”
Dean lo
chiamò più volte, ma l’angelo era
evidentemente svenuto.
Per un
attimo pensò che fosse stato ferito da quelle bestie mentre
cercava di portarlo
in salvo, ma da un controllo sommario, sembrava che l’altro
non avesse ferite
superficiali.
“Ok amico,
va tutto bene …”
Disse, quasi
più per calmare sé stesso.
“Va tutto
bene” ripeté, con un filo di voce, guardandosi
intorno e cercando di fare
ordine nel delirio dei propri pensieri.
Il suo
sguardo tradiva tutta la sua preoccupazione.
Come diavolo
avrebbero fatto ad uscire da lì?
Stordito e
confuso dagli ultimi avvenimenti, con le immagini di quello che aveva
appena
vissuto ancora davanti agli occhi e il sibilo di quelle creature nelle
orecchie, mille domande e altrettanti pensieri gli affollavano la
mente.
Uno solo si
fece largo prepotentemente tra di essi e gridò con forza
dentro di lui.
Sam?
Dean si
guardò intorno, l’angelo ancora accasciato tra le
sue braccia, la paura era
tornata con violenza ad assalirlo, stringendo le dita ossute intorno al
suo
cuore.
Dovè Sam?
Cosa gli è successo?
N.d.A.
Il primo capitolo è andato *tirano un sospirone di sollievo*
Speriamo che la storia vi abbia intrigato almeno un
pò *ELE106 si mangia
compulsivamente le unghie - Thinias trattiene il respiro*
La storia che abbiamo in mente è abbastanza lunga e
probabilmente vi terremo compagnia per un pò ^^ (no no
tranquilli non è una minaccia -.-)
Per favore lasciateci un commento, così possiamo capire se
tornare a rinchiuderci nel nostro angolino e fare finta che questo non
sia mai accaduto oppure, sperando che il vostro giudizio sia positivo,
tornare alle nostre tastiere e continuare a battere sui tasti per fare
uscire altre idee malasane dalle nostre testoline.
Grazie a tutti per aver letto questo capitolo!
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