L’unica cosa vera di questa storia è
l’esistenza di Matthew Bellamy e Dominic Howard. Questo
pezzetto di fluff (che, wtf, è davvero uscito dalla MIA
testa?! Come è potuto accadere tutto ciò?)
è stato ispirato da
questa
quote. Il titolo è mezza citazione di Oscar Wilde
che ho trovato digitando “stars” su Goodreads (lo
so, l’ho sentito anch’io... Era l’ultimo
respiro della poesia. L’ho uccisa io e non me ne pento);
quella intera è “we are all in the gutter, but
some of us are looking at the stars”.
Sciauauaù. ♥
Stiamo commettendo un reato, pensò Matt ridendo.
Uno spruzzo d’acqua lo colse in pieno volto proprio in
quell’istante, ed il sapore del cloro gli riempì
la bocca e mozzò la sua risata. Nell’aria, rimase
solo quella di Dom - sgraziata, trionfante ed eccitata come mai prima
di allora.
D’altronde, stavano commettendo un reato.
Oh, se i proprietari dello sporting club avessero davvero voluto tenere
alla larga dei ragazzi in vena di cretinate avrebbero protetto la
piscina con qualcosa di meglio di una rete a maglie larghe fin troppo
facile da scavalcare ed un lucchetto da tre soldi.
La temperatura dell’acqua era sopportabile - certo, per i
primi cinque minuti avevi la sensazione che le tue palle si stessero
lentamente ritraendo all’interno del tuo corpo, ma bastava
stringere i denti ed aspettare.
La torcia da campeggio, posata a bordo vasca, proiettava un cerchio di
luce azzurrina che, in parte rifranta dal movimento
dell’acqua, aleggiava nella notte in deboli, spettrali
riflessi.
- Che idioti, gli altri.
Dom smise di agitarsi e si riavviò i capelli
appiccicatiglisi sulla faccia.
- Non sanno cosa si perdono.
Si voltò ed iniziò a percorrere
l’intera lunghezza della vasca in stile crawl.
Pigramente, Matt si rovesciò sulla schiena e si mise ad
inseguirlo senza troppa convinzione.
Dopo un paio di bracciate, allargò braccia e gambe e
restò a fissare il cielo - una volta nera attraversata dalla
banda debolmente luminescente della Via Lattea ed orlata dalla luce
aranciata dei lampioni più in basso, verso la
città.
Era una posizione peculiare, quella dello sporting club. In una sola
occhiata, Matt poteva abbracciare il presente elettrico della sua
patria ed il chiarore atavico che aveva illuminato i dinosauri,
l’uomo di Neanderthal, Cartagine, Waterloo, la Normandia.
Nel cielo, in quel preciso istante, passato e presente si esponevano
per quello che erano: compenetrati ed inscindibili, per sempre. O
perlomeno fin quando sarebbe esistito qualcuno in grado di notarlo.
- Ehi, cervellone... Una sigaretta per i tuoi pensieri.
Dom era tornato, leggermente ansante e con un sorriso che andava da un
orecchio all’altro.
- … davvero?
- Ovviamente no.
Matt ridacchiò, chiudendo poi gli occhi e sussurrando: - Le
solite cose.
- Gli alieni? I fantasmi?
- La Galassia.
- Oh, be’.
- Le stelle che vediamo sono vecchie di-
- Ehi, non ti ho chiesto spiegazioni.
Dom si avvicinò a lui, voltandosi per raggiungere la sua
stessa posizione.
Matt lo vide mordersi il labbro inferiore, corrugare le sopracciglia.
- Una Big Babol per i tuoi pensieri.
- Le gomme al gusto di fragola mi fanno vomitare.
Distendendo il volto in un’espressione serena, Dom
sospirò.
- Sto cercando di capire cosa vedi.
- Le stelle, la Via Lattea... Sai, quella striscia bianca
lassù.
- No, è quello che tutti vedono... Voglio capire cosa vedi
tu.
Matt arrossì.
- Questo è... Gay.
- Solo perché non sono una pentola a pressione come voialtri
e ogni tanto sento il bisogno di manifestare una di quelle cose che vi
fanno tanto paura... Come le chiama la gente normale? Ah,
sì, emozioni.
- Che emozione sarebbe cercare di capirmi?
Dom non replicò: si immerse verticalmente per poi ritrovarsi
con il volto vicino - molto, molto vicino - a quello
dell’amico, che irrigidì ogni singolo muscolo del
suo corpo in attesa di... Qualcosa. Qualcosa che Dom portava scritto
nello sguardo in quel momento, qualcosa che solo lui e le stelle
avrebbero visto ed approvato o forse queste l'avrebbero semplicemente
ignorato, perché cosa vuoi che sia quel qualcosa in
confronto all’estinzione dei dinosauri o all’ultima
sconfitta di Napoleone Bonaparte.
Il respiro di Dom batteva sulla sua guancia, e per quanto lieve fosse
lo colpiva come uno schiaffo: Matt lo vide socchiudere gli occhi e
chiudere l’ultima distanza che li separava, un mero dato
fisico, la distanza fra l’ordine ed il caos, l'ultimo secondo
prima di un'esplosione, l'ultima cannonata per difendersi, l'ultimo
istante prima della caduta dell'asteroide...
L’inaspettato occhio di bue proveniente
dall’elicottero della polizia li sorprese in quel preciso
istante - quanto dovevano essere lontani per non aver sentito il rumore
delle pale...?
- Merda! - esclamò Dom.
E quello forse non era il momento giusto per attirarlo a sé
e baciarlo - perché alla Galassia poteva anche non importare
nulla, ma ai poliziotti sì.