Incontriamo
la nuova famiglia
Astus Holmes era inquieto.
No, forse inquieto non era il termine più appropriato.
Terrorizzato rendeva meglio l’idea!
Era uno dei pilastri fondamentali del governo britannico … diamine, lui ERA il governo
britannico! … eppure era a tanto
così dal prendere i suoi ospiti e darsi alla fuga con loro.
Il motivo?Un ragazzino di nove anni, suo figlio Sherlock.
Un secondo di raccoglimento per riepilogare la vicenda:
Astus Holmes aveva avuto da Loraine Viral in Holmes due figli, Mycroft
e Sherlock.
I due avevano rispettivamente undici e sette anni quando la sua
compianta moglie li aveva, ahimè,
lasciati, e da allora l’unica presenza femminile era stata
quella delle governanti che il padre affiancava ai pargoli.
Tutto ciò era però destinato a concludersi con
l’entrata nella sua vita, e di conseguenza in quella dei suoi
rampolli, della sua nuova compagna.
Meredith era gentile, spiritosa, semplice, dolce ed aveva accettato
senza problemi il fatto che non sempre il suo compagno le avrebbe detto
tutto.
Era perfetta! Però …
C’era un però, ma doveva ammettere che la colpa
era sua. O meglio, dei suoi figli.
Con il maggiore non c’erano problemi; Mycroft era la sua
copia
esatta e avrebbe preso la notizia con la sua solita flemma, anche
perché ormai a tredici anni ragionava come
un’adulto.
Incredibilmente geniale e quindi strambo, ma un’adulto.
Probabilmente la sua reazione sarebbe stata quella di rallegrarsi del
fatto che finalmente non avrebbero più avuto tutta quella
gente
sconosciuta che girava per casa (Astus ricordava ancora
l’allevamento sperimentale di ragni che aveva costruito di
nascosto, e come si fosse seccato quando la governante di turno ci era
letteralmente finita sopra; la poveretta era probabilmente ancora alla
clinica psichiatrica!).
Per Sherlock era invece tutta un’altra questione: il moretto
aveva la tipica intelligenza della famiglia Holmes unito al carattere
capriccioso e … scoppiettante
… della sua defunta madre.
L’uomo aveva paura che facesse scappare urlando la sua,
sperava,
futura dolce metà (era già successo,
PIU‘ VOLTE!).
Ma lui aveva un’asso nella manica!
Il figlio di Meredith, John. Il ragazzo aveva undici anni ed era serio,
con la testa sulle spalle e un carattere che era decisamente simile a
quello della madre, con le ovvie asperità date dal suo
essere
uomo.
Astus lo trovava una compagnia decisamente piacevole, ed era sicuro che
Mycroft, dopo un primo momento d’assestamento,
l’avrebbe
preso in simpatia.
Con Sherlock … bé, lui era fiducioso, ma con quel
moccioso non si poteva mai sapere.
- Su caro, non fare quella faccia! Non sarà poi
così terribile.
Astus guardò la donna con un’espressione
compassionevole. Povera cara, non sapeva a cosa andava incontro!
Sia Meredith che John ridacchiarono sotto i baffi, non osando far
notare all’uomo che i ragazzi da qualcuno dovevano aver
preso, e
che Astus Holmes era tutto tranne che un uomo facile.
Non era semplice essere imparentati con il Governo Britannico
…
e tutta una serie di agenzie varie ed eventuali di cui i due non
volevano sapere nulla!
- Già, hai ragione cara. Su, entriamo! Meredith, John
…
L’uomo li fece entrare nella sua casa, scortandoli fino al
soggiorno, dove due ragazzini sedevano composti al tavolo apparecchiato.
Il padrone di casa provvide a fare le presentazioni.
- Mycroft, Sherlock, questi so…
Fu il piccolo di casa a parlare, l’altro si limitò
semplicemente a fare un cenno d’assenso alle conclusioni
dell’altro.
- Lo sappiamo padre, è la tua nuova compagna. E’
vedova,
da almeno tre-quattro anni direi, e lavora in un piccolo negozio
d’antiquariato a Portobello Road. Vive con il figlio in una
casa
di proprietà, probabilmente in periferia. Il ragazzo vuole
diventare medico, e si applica seriamente per diventarlo. Ho
dimenticato qualcosa? Ah sì, il loro cognome è
Radfeles!
Per la stanza non volò una mosca, almeno finchè
il piccolo John non parlò.
- Fantastico! Come hai fatto?
Sherlock sembrò leggermente sorpreso da quella reazione
così sopra le righe (di solito dopo quegli sfoggi di acume
la
gente tendeva a girare al largo) e anche Mycroft guardò con
un
nuovo interesse il nuovo arrivato.
Astus si sarebbe messo a ballare.
Poi suo figlio minore riaprì la bocca.
- Bé, ha un figlio ma esce con mio padre che ce
l’ha
presentata, quindi non può essere ancora impegnata - Astus
cercò d’ignorare l’occhiataccia della
compagna alla
considerazione infelice di Sherlock - e deve esserlo da un
po’,
perché il segno della fede è sparito. Le sue mani
hanno
le tipiche imperfezioni date da chi lavora maneggiando pesi, ma essendo
una donna dubito che svolga lavori di fatica, quindi possono essere
dati solo dal continuo mostrare i pezzi; dunque un negozio. Ultimamente
in casa stanno spuntando soprammobili e quadri come funghi, e prima
papà neanche s’accorgeva di che colore erano le
pareti! -
Occhiata stupita da parte della donna, Astus si finse molto impegnato a
contemplare un quadro, comprato nel negozio della donna giusto quindici
giorni prima - E’ probabile che abbia trovato il vostro
negozio
vicino al suo posto di lavoro, e lì tutti gli antiquari sono
in
quella via. E non sono negozi abbastanza grossi da avere delle
commesse. Ah, ed il cognome l’ho letto su uno dei talloncini
del
negozio. - Astus stava quasi per tirare il fiato, forse Sherlock aveva
deciso di graziarlo quella sera; povero illuso! - Ah, e poi
è
evidente dai vestiti che siete di classe media, questi sono di buona
fattura e materiale, ma niente di lussuoso, quindi non avreste i mezzi,
madre sola con un figlio a carico, per acquistare una casa in centro.
Tuttavia ne avete in abbondanza per acquistare una piccola casa in
periferia, che se mi permette credo più consona ai suoi
gusti.
Ho dimenticato qualcosa?
Astus era già pronto ad impiccare Sherlock e poi supplicare
in
ginocchio Meredith di ripensarci e non rompere con lui, con tanto di
scena madre con lacrime e recriminazioni, quando lei … si mise a ridere!
I tre Holmes la guardarono esterrefatti, ma questo era ancora niente
rispetto alle facce che i due giovani fecero quando parlò di
nuovo John.
- Veramente c’è un’errore.
- COSA?!
Sherlock guardò indignato il ragazzino, come se gli avesse
lanciato una sfida.
- Il mio cognome non è Radfeles, è Watson. Ho
preso quello di mio padre.
Entrambi lo guardarono, poi Mycroft sorrise e lo invitò a
sedersi al tavolo per discutere delle conseguenze dell‘avere
un
nuovo genitore; Sherlock invece inclinò la testolina per due
o
tre secondi, scrutandolo in tralice, poi scese dalla sedia e
sgambettò fino a John, che si ritrovò abbrancato
e
trascinato a sedere fra i due.
Meredith rischiò di ricominciare a ridere, mentre Astus
ghignò alla tacita richiesta d’aiuto del giovane,
che
evidentemente non sapeva come gestire, da solo, DUE Holmes.
Il padrone di casa sorrise raggiante.
Poker
d’assi.
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