Pipone, il mago dal Lungo Bastone

di MeliaMalia
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Prologo.









“Andraste meretrice, disgustosa donnaccia, lucciola degli inservienti, meretrice dei marinai, cortigiana dei bastardi, figlia d’una donnaccia, battistrada di città, peripatetica delle campagne, vacca del borgo…”
Questo era mio padre. Lo ricordo così. Una fucina, il calore, le armi, le sue grosse mani che lavorano, la sua tonante voce da fabbro. E le sue opinioni circa il mestiere di Andraste.
Con le quali sono pienamente d’accordo.
Mia madre era una donna di nobili origini. Oh, sì. S’innamorò d’un villico, grosso e rude. Immagino per quella cosa che il villico grosso e rude celava nei pantaloni e che, a giudicare dalle ragguardevoli dimensioni raggiunte dal bastone nelle mie mutande, ritengo d’avere ereditato.
Ma sapete, il bello d’un villico grosso e rude finisce lì. Nel suo bastone. Oltre la possanza del batacchio vi è un uomo ignorante, violento, rozzo. Un cretino che ha pensato di chiamarmi Pipone. Un deficiente con il quale mia mamma era infelice. E non faceva altro che parlarmi, lei, di quanto fosse nobile il nostro sangue e quanto indegno quello di papà, e quanto avesse sbagliato nello sposarlo e di quanto avrebbe potuto essere felice se mio nonno, il quale affettuosamente mi chiamava “disgustoso bastardo” e rifiutava di vedermi, non l’avesse diseredata.
Io, da parte mia, vedevo un uomo che si apriva il fondoschiena in una fucina per mantenerci e una stupida che blaterava di nobilità e non faceva altro che lamentarsi. Così stupido a volerle ancora bene, da amarla e da lavorare per mantenerci entrambe. Lei lo disprezzava. E così ho capito varie cose, come che l’amore non esiste, che Andraste e le sue antenate erano donne dai facili costumi e altre nozioni utili, come che i nobili sono degli idioti inutili alla società. Così come i sacerdoti. Così come i templari.
Ma i maghi… oh, i maghi. Loro sono utili. Loro sono forti. Loro sono temibili.
Io sono uno di loro.
Il migliore.



Il guaio è che, purtroppo, anche quando sei il migliore devi relazionarti con il prossimo. E proprio il fatto che tu sia il migliore impone, ovviamente, che chiunque ti affianchi ti appaia un emerito, irrecuperabile cretino.








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