When I get you again
Ovvero,
la storia di come due ragazzi non andarono
in bianco
La maggior parte dei
clienti in quel bar erano un’habitué: certo, un
po’ strano per un caffè nel centro di Manhattan,
ma per quel piccolo locale schiacciato fra la Diciottesima e la Quinta
Avenue era perfettamente normale. Il bel ragazzo moro non faceva
eccezione: da quasi un anno era un cliente regolare e lo si vedeva
spesso sorseggiare un cappuccino, seduto allo stesso tavolo vicino alla
finestra, sempre in compagnia della stessa persona.
Anche quel giorno
aveva occhi solo per lui, naturalmente. La commessa del
martedì mattina – il cartellino diceva Katharine ma per
tutti era solo Little Kathy – si lasciò sfuggire
un sorrisetto mentre il bel moro osservava il suo compagno accavallare
le gambe, ravviarsi una ciocca di capelli; fu addirittura costretta a
girarsi per non ridacchiare ad alta voce quando questi alzò
gli occhi blu dalla rivista che stava leggendo e arrossì.
Sempre la stessa storia, con quei due.
Il ragazzo
riabbassò gli occhi sulla sua rivista. «Smettila
di fare lo stalker», borbottò, «e mangia
la tua brioche». Il sorriso dell’altro si
allargò ancora di più.
«Sono seduto
di fronte ad un ragazzo che sembra uscito dalla pubblicità
di Abercrombie», scherzò, «secondo te
come faccio a concentrarmi sul cibo?».
L’altro
rialzò il volto, la tipica espressione di chi ha una
risposta già pronta sulla lingua, ma prima che potesse
parlare lo sguardo gli scivolò su un punto dietro le spalle
del compagno e sbiancò improvvisamente.
«J? Tutto
bene?», il moro fece per girarsi, ma l’altro lo
fermò precipitosamente.
«No! No fermo, non
girarti finché non te lo dico io!».
«Non so
perché non siamo mai entrati prima in questo
posto», dichiarò Kurt sedendosi su un pouf rosso
scuro. «È davvero incantevole».
«Ed
è anche vicino alle nostre
università…», aggiunse Blaine,
poggiando lo zaino a terra e sistemandosi vicino a lui.
«Il che
è un bene perché quel bar vicino alla Parsons
costa un occhio della testa e lo Starbucks di fronte alla NYU
è gestito da tre pivellini che credono di sapere
cos’è un vero caffè»,
borbottò Kurt, togliendosi i guanti e poggiandoli sul
tavolino. «Non avrei mai pensato di rimpiangere il buon
vecchio Lima Bean».
«Siamo
nervosi oggi», scherzò Blaine mentre gli porgeva
la sua tazza.
L’altro
sbuffò, cercando di riavviarsi il ciuffo nel riflesso della
vetrina. «Il mio relatore è un vero incompetente e
Cheryl mi sta facendo impazzire. E ho già detto che la nuova
stagione di Project Runway fa schifo?».
Blaine
sorseggiò distrattamente il suo caffè,
«Circa tre volte nell’ultima settimana».
Kurt si arrese,
lasciando perdere i suoi capelli. «Scusa, lo so che sono
insopportabile ultimamente». Blaine gli lanciò uno
sguardo comprensivo. «Ma appena questo progetto
sarà finito mi farò perdonare, giuro»,
dichiarò. Lanciò uno sguardo colpevole al bancone
dei dolci. «Per ora ho solo bisogno di zuccheri, e la dieta
può andare a farsi fottere. Blaine, tu vuoi
qualcosa?». Nessuna risposta. Kurt spostò lo
sguardo sul suo ragazzo: «Blaine?».
Blaine stava fissando
un punto leggermente sopra le sue spalle, le sopracciglia aggrottate e
uno sguardo poco felice.
«Che
cosa-».
«No, fermo!
Non girarti finché non te lo dico io!».
Kurt
sospirò, sentendo la schiena e le spalle improvvisamente
rigide. «Blaine, non siamo alle superiori, siamo a New York.
La gente entra in metropolitana in pigiama, non credo che-».
«Prima devo
essere sicuro», lo interruppe l’altro, senza
nemmeno ascoltarlo.
«Ma di che
cosa?».
«Ssssh!»,
bisbigliò Blaine, continuando a sbirciare con aria insicura.
All’improvviso sgranò gli occhi e
impallidì, «Oh mio Dio, è
lui».
«Lui
chi?». Kurt tentò di sbirciare a sua volta, ma fu
di nuovo bloccato da Blaine.
«No no no no
no, pessima mossa. Rimani fermo. Immobile»,
gli ordinò il suo ragazzo. Poi si portò le mani
al viso, gemendo piano: «Non è possibile, non
posso credere che sia davvero lui…».
A quel punto Kurt
iniziava davvero a non avere idea di ciò che stava
succedendo, e lui odiava
stare nelle retrovie. «Tesoro vuoi spiegarmi
perché stai sclerando, di grazia? O devo presumere che ci
sia Neil Patrick Harris seduto dietro di me mentre tu hai una crisi
isterica da fanboy dodicenne?».
«Okay, okay,
non c’è bisogno di essere acidi. Non so se
l’hai notato, ma io sto iperventilando». Kurt
alzò gli occhi al cielo, mentre Blaine scivolò
più in basso nella sua sedia, borbottando: «Non
ancora, non ancora… ora!».
Kurt si
girò con nonchalance, facendo finta di controllare il
contenuto di una delle tasche della sua tracolla di Gucci, e
lanciò un’occhiata discreta al locale. Era quasi
vuoto quella mattina, e decisamente nessuno degli avventori era Mister
Perfezione Harris, purtroppo – l’aveva ammesso solo
con Blaine ma aveva
una piccola cotta per quell’uomo.
Le uniche persone
sedute dietro di loro erano due ragazzi immersi in una fitta
conversazione. Uno dei due era alto, moro e girato di spalle rispetto a
lui; l’altro era più basso e magro, i capelli
color biondo cenere e-
E stava alzando lo
sguardo. Kurt si girò il più velocemente
possibile, incontrando gli occhi di Blaine – che in quel
momento erano tanto spalancati da ricordargli parecchio quelli di un
cerbiatto sorpreso dai fanali di una macchina.
«Tesoro
calmati, altrimenti ti farai venire un infarto»,
bisbigliò prima di voltarsi di nuovo. «Non capisco
cos’hai da strillare tanto. A me sembra di non
cono-». Si interruppe a metà frase, stringendo gli
occhi. Quei capelli erano vagamente familiari… sembravano
quasi… ma no, non poteva essere!
«Blaine»,
la sua voce aveva assunto una sfumatura preoccupata, suo malgrado.
«Non dirmi che quel tizio è Jeremiah della
GAP».
Blaine si
limitò ad annuire piano, lanciando un’altra cauta
occhiata sopra le sue spalle con quegli occhi da cerbiatto accecato.
Poi prese un respiro profondo e lo guardò negli occhi.
«Spero che
tu abbia già finto il tuo caffè.
Perché dobbiamo scappare».
Cinque minuti dopo i
due ragazzi si affrettavano per uscire dal locale, mentre Jeremiah e il
suo compagno – Amico? Ragazzo? – pagavano il conto.
«Via via
via!». Una volta uscito dalla porta principale del bar,
Blaine si mise a correre e svoltò l’angolo
dell’isolato sulla Quinta Avenue. Kurt lo seguì
con calma, prendendosi il tempo per osservare i ragazzi da cui stavano
fuggendo. Jeremiah era praticamente nascosto da una grossa pianta
ornamentale, ma il suo ragazzo era ben in vista, e suo malgrado Kurt
dovette ammettere che no, non era affatto male. Alto e atletico,
carnagione chiara e due sottili occhi verdi. E bravo
Jeremiah…
Raggiunse Blaine, che
con la schiena poggiata al muro e una mano spalmata sul viso era la
perfetta immagine della sconfitta. Per un momento fu tentato di
ricordargli che la giacca che indossava era di Cavalli – un
vero pezzo vintage sgraffignato dagli straripanti laboratori della
Parsons – ma decise di lasciar perdere quando dalle dita di
Blaine fecero capolino i suoi famosi occhi da cucciolo.
«Oh avanti,
non fare quella faccia», lo blandì, appoggiandosi
vicino a lui e tirandogli una leggera spallata. «Non
è mica morto nessuno».
«Vorrei
vedere la tua faccia se i tuoi incubi adolescenziali tornassero a farti
visita», grugnì Blaine. «Speriamo solo
che non ci abbia notato…».
«Io non ho
incubi adolescenziali», sbuffò Kurt. Blaine
rispose con un lamento che, con molta fantasia, poteva essere
interpretato come un segno di disapprovazione.
«Comunque
non credo ci abbiano visto», affermò
l’altro, con aria incoraggiante. «Forza, alzati da
quel muro e prendiamo la metropolitana, dobbiamo essere da Rachel fra
mezz’ora. Cerca di non pensarci e ti prometto che stanotte
provvederò io a farti scordare del tutto di
Jeremiah». Gli stampò un bacio sulla guancia,
proprio dove era appena arrossito, lo prese per mano e svoltarono
l’angolo.
O almeno, provarono a
svoltare l’angolo.
Prima di andare quasi
a sbattere contro il biondo ex commesso e il suo bel consorte.
Nonostante la
drammaticità della situazione a Kurt sarebbe piaciuto poter
scattare una foto: gli occhi di Blaine e di Jeremiah erano tanto
spalancati da essere quasi comici – anche se non erano
comiche le loro espressioni di assoluto terrore. La cosa più
divertente, comunque, era il ragazzo moro al braccio di Jeremiah:
evidentemente ignaro dei precedenti di Blaine, spostava lo sguardo fra
i due ragazzi con un’aria leggermente confusa.
Il silenzio si
protrasse per alcuni secondi: nessuno accennava a muoversi e la
tensione era tanta che Kurt avrebbe potuto giurare di sentir aleggiare
nell’aria le note di una certa canzone. Allucinazioni uditive
o semplice sfiga? In entrambi i casi, era il momento che Kurt Hummel
prendesse in mano la situazione.
«Jeremiah»,
esclamò. Il ragazzo staccò gli occhi da Blaine e
li puntò verso di lui, un’inconfondibile
espressione da “Chi cavolo sei”. «Ti
trovo bene», continuò Kurt, tendendogli una mano,
imperturbabile. «Kurt, sono… l’amico di
Blaine».
«Oh»,
Jeremiah gli strinse la mano, e Kurt poté quasi vedere un
interruttore che scattava sulla sua tempia, mentre lui si ricordava
improvvisamente del liceale impertinente che aveva più o
meno insultato i suoi capelli. «Oh».
Non era cambiato
molto, constatò Kurt. Sempre alto, ricci color biondo cenere
un po’ informi, anche se portati più corti di
qualche anno prima.
“Sembra lo
stesso un fottuto modello, però”. Kurt riconobbe
con sorpresa una familiare scintilla di gelosia mentre Jeremiah tendeva
la mano verso il suo ragazzo.
«Blaine.
Come stai?». Blaine borbottò qualcosa di poco
comprensibile, ma l’altro non sembrò farci caso.
Gli strinse la mano, per poi intrecciarla con quella del moro al suo
fianco. «Questo è Andy, il mio ragazzo. Andy, loro
sono Kurt e Blaine, dei… delle mie vecchie conoscenze di
Lima». Andy offrì a tutti un sorriso scintillante
e totalmente ignaro.
«È
incredibile quante persone si trasferiscano nella Grande Mela, vero? Io
vengo dal Massachusetts e ho incontrato J proprio qui!», gli
mise un braccio attorno alla vita. «Il commesso
più affascinante che Prada potesse desiderare!».
Blaine vide
distintamente Kurt arricciare il naso, mentre cercava di non mostrare
dolore al pensiero di tutti quei maglioncini piegati storti.
«E quindi
anche voi venite dall’Ohio?», il sorriso entusiasta
di Andy non faceva che peggiorare la situazione.
«Già.
Io da Lima e lui da Westerville», disse Kurt mentre tentava
di riscuotere Blaine dal suo mutismo temporaneo a forza di calcetti
sugli stinchi – tecnica che peraltro sembrava non funzionare.
«E cosa fate
di bello?». Diamine, se quel ragazzo era duro di comprendonio!
«Musica
e composizione, alla NYU» borbottò Blaine. Kurt
sospirò. Beh, se non altro lui sembrava essere tornato tra i
vivi, anche se a giudicare dalla sua faccia ora era a rischio infarto.
«E io invece
studio alla Parsons».
«Come hair
stylist, scommetto», commentò Jeremiah con un
pizzico di veleno perfettamente distinguibile.
“Cavolo,
allora si ricorda dei capelli!”.
«Kurt, Blaine»
lo sguardo di Jeremiah si soffermò un po’
più a lungo su quest’ultimo.
«È stato un piacere incontrarvi, davvero. Ma ora
io e Andy dobbiamo proprio andare».
«J deve
iniziare il suo turno».
«Ma
certo». Ci fu un altro giro di strette di mano, poi i due
ragazzi si allontanarono.
Kurt cinse con un
braccio la vita di Blaine, strofinandogli il fianco con una mano.
«Su, su. È tutto finito ora».
«Incubo»,
mormorò l’altro.
«Come?».
«È
un fottuto incubo!» ripetè, a voce più
alta. «Ma ti rendi conto? Jeremiah è a New York!
È il commesso di Prada!».
«Già.
Ringraziamo Dio che non l’abbiano preso da Marc
Jacobs», commentò Kurt con trasporto.
Blaine
lanciò al ragazzo un’occhiata malevola.
«Kurt Hummel. È dei miei incubi adolescenziali che
stiamo parlando. Sai bene come mi sento in questo momento!».
«Non potrei
nemmeno se volessi, honey,
come ho già detto prima io non ho incubi
adolescenziali». Kurt si sistemò gli occhiali da
sole sul naso, «Non ho mai cantato una serenata in mezzo ad
un negozio GAP».
«Però
hai cantato Mellenkamp».
Gli occhiali da sole
bloccarono il tipico sguardo assassino marchiato Hummel.
«Qualcuno
vuole andare in bianco, stasera».
Blaine, che stava
iniziando a riprendersi proprio in quel mentre, spalancò la
bocca con aria scandalizzata.
«Assolutamente
nessuno
vuole andare in bianco, qui!».
Appena un isolato
più in là, Andy osservava Jeremiah con aria
preoccupata.
«J? Tutto
bene?».
«Sì,
sì, tutto okay», il biondo alzò lo
sguardo sul suo ragazzo. «Ma sul serio. Ti rendi conto di chi
abbiamo appena incontrato?». Andy si
voltò, osservando le figure degli altri sue ragazzi che si
allontanavano.
«Emh…
no?».
«Quel tipo,
Blaine. È il ragazzo di GAP!».
«No!».
Andy spalancò gli occhi con aria incredula. «Stai
scherzando».
«Mai stato
più serio».
Svoltarono
l’angolo mentre Jeremiah scuoteva la testa. «Dio,
che imbarazzo! Per fortuna non è solito fare compere da
Prada».
«Puoi ben
dirlo, se andava da GAP!» commentò Andy, scoccando
un’occhiata colma di desiderio alle sue spalle.
«Però potevi dirmelo prima chi era! Orami
è diventato leggenda e volevo dargli
un’occhiatina». Jeremiah si sbatté una
mano sulla fronte. Con un po’ più di forza del
previsto, a dir la verità.
«Io voglio
vederlo! Dai, torniamo indietro», propose Andy.
«No!».
«Paura di
una serenata nel bel mezzo di Wall Street?».
Jeremiah gli
lanciò un’occhiata di fuoco.
«Chi
è che vuole andare in bianco, stasera?».
A/N:
Non
si sa mai chi puoi incontrare nella Grande Mela, vero?:)
Dopo
la Lunga Assenza causa esami di maturità - ormai passati ma
non dimenticati - e piccolo blocco dello scrittore, eccomi ritornata
con la mia seconda OS su Glee :)
Prima
che qualcuno me lo chieda, sì, nel mio headcanon Jeremiah
non sa piegare i maglioni - non so se avete isto come stava
maltrattando quel povero cardigan su Silly Love Songs.
E
permettetemi di dirvi un'altra cosa: cosa diavolo hanno in testa i
truccatori di Glee?
Oltre
a pucciare la magnifica testa di Darren Criss nel gel riescono a
ridurre quel figone di Alexander Nifong in un Jeremiah qualunque! Ma
nemmeno Anne Hathaway ne Il Diavolo Veste Prada!
Googlate
Alexander Nifong e unitevi al mio disdegno. Quel ragazzo è
stupendo!
-
COSE CHE C'ENTRANO POCO -
Ho
un'altra os e una mini-long-come-diavolo-si-dice in lavorazione.
Vacanze
e test universitari permettendo, ci risentiremo!
Stay
tuned :)
-
COSE CHE NON C'ENTRANO NULLA -
Avete
mai visto questo
video?
Holy
Crap!!
Perchè
non hanno mai fatto fare a Blaine un duetto con Wes?
E
perchè Hunter Parrish non è un Warbler?
Ugh.
Baci
a tutti!!
MM
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