Molecole
di vita
Giorno
1
Michael
uscì dall’acqua e si passò una mano
sul viso, un sorriso divertito solcava le sue labbra. L’aveva
notata, eccome se
l’aveva notata. Negli ultimi tre giorni, durante la sua corsa
mattutina,
l’aveva vista: distesa sul muretto di cinta di una delle
tante casette sul mare
che costeggiavano la spiaggia, sempre con una macchina fotografica in
mano e le
cuffie dell’i-pod alle orecchie. Questa volta era lui il
soggetto delle foto,
ne era certo. Si diresse verso di lei e sogghignò
soddisfatto vedendola
spostare lo sguardo.
«Buongiorno»
la salutò, fermandosi a un
paio di metri da lei.
«Ciao.»
Aveva una voce dolce e delicata, in
quel momento anche incerta, forse imbarazzata per essere stata scoperta.
«Allora,
cosa sei? Un agente della CIA
sotto copertura che mi sta tenendo d’occhio o un paparazzo in
cerca di scoop?»
«Queste
sono le uniche due alternative che
ti passano per la mente? Sei così importante da avere
un’agenzia governativa
sulle tue tracce o così famoso da rischiare di essere
seguito dai fotografi?»
domandò, inclinando il viso e arrotolando una ciocca di
capelli intorno
all’indice.
«Dipende
da quali sono i tuoi interessi;
sono certo che sotto qualche aspetto potrei essere particolarmente
interessante. Sono Michael.» Si avvicinò e le
porse la mano. Lei la studiò per
un attimo prima di allungare la sua e stringere la presa.
«Dafne»
si presentò. «E comunque, non stavo
fotografando te» aggiunse in fretta, ricordando la sua
congettura.
«No?»
Michael si morse la guancia per
trattenere almeno un po’ un sorriso divertito che minacciava
di spuntare; non
voleva che pensasse che la stesse prendendo in giro.
«No.
Stavo fotografando il… il paesaggio»
improvvisò lei, balbettando per un attimo e imprecando
mentalmente per quella
debolezza. La sua scusa, inventata al momento e già di per
sé poco credibile,
non guadagnava di certo dalla sua esitazione.
«Davvero?
E cosa c’è di diverso da quello
di ieri e del giorno prima ancora? Perché sono abbastanza
sicuro che il mare
sia sempre lo stesso» ribatté, appoggiandosi al
muretto su cui era seduta e
fissandola negli occhi.
«A
quanto pare anche tu mi hai osservato
parecchio.» Diretta e tagliente, ricambiò il suo
sguardo, ora più sicura dato
che sapeva di non essere l’unica ad aver notato
l’altro. A primo impatto gli
era sembrata timida, quasi indifesa, ma poi Michael aveva capito che
non lo era
per niente.
«Quindi
ammetti che mi stavi fotografando?»
«Okay.
Sì, ti stavo fotografando. Qui non
passa mai nessuno, non avevo molta scelta» concesse, alzando
le spalle per
minimizzare la cosa.
«Beh,
magari potresti cambiare zona.» Senza
nemmeno rendersene conto, si ritrovò quasi a chiederle un
appuntamento.
«Non
posso.»
«Perché
no?»
«Sono
in vacanza con un’amica, ma mentre io
mi sveglio presto, lei è capace di stare a letto fino a
mezzogiorno. Non posso
andarmene e basta. Inoltre, non saprei dove andare»
spiegò, spostando i capelli
su un lato del collo in cerca di un po’ di sollievo dalla
calura che stava
iniziando ad alzarsi. Per quanto quel clima fosse perfetto per una
vacanza
estiva, non si era ancora abituata al sole persistente.
«Dietro
quell’insenatura c’è una spiaggia
bellissima e completamente diversa da questa, se vuoi domani ti ci
porto»
propose, seguendo il suo movimento e chiedendosi se fosse stato un
gesto
naturale o forse un po’ studiato. Non si pentì di
aver espresso quell’idea, in
fondo lei era in vacanza, e, da abitante dell’isola, era suo
dovere farla
divertire.
«Grazie
dell’offerta, ma di solito non me
ne vado in giro con degli sconosciuti» rifiutò
Dafne, sperando di non risultare
troppo rigida.
«Io
non sono uno sconosciuto. Mi hai
osservato per tre giorni, saprai qualcosa di me»
ribatté lui, adocchiando la
macchina fotografica posata accanto a lei.
«Non
abbiamo mai parlato prima d’ora.»
«Le
parole sono solo uno dei tanti modi per
conoscere nuove persone. Se ti avessi raccontato la mia vita sapresti
solo la
mia versione dei fatti, ma tu mi hai guardato, e ciò che hai
visto non è stato
influenzato da niente.» Quelle parole uscirono in modo
inaspettato dalle sue
labbra, non le aveva nemmeno pensate e aveva parlato solo per cercare
di
convincerla, ma si ritenne contento del risultato ottenuto.
«Per
quanto ne so, potresti essere un
serial killer» ipotizzò Dafne, con un sorrisino
quasi invisibile.
«Ah,
davvero? Quindi un serial killer va a
correre in spiaggia tutte le mattine e si ferma per molestare una
fotografa
tutta sola nel bel mezzo del nulla?» Seriamente?
Un serial killer? Quella ragazza si stava rivelando ogni
minuto più
sorprendente.
«Un
serial killer studia attentamente le
sue vittime prima di attaccarle. Comunque, non sono un
fotografa.»
«Ah
no? E cosa sei? Mi sembri più ferrata
di me sulla psicologia di un assassino, siamo sicuro che non sia tu la
serial
killer? Perché, se fossi io il malvivente, dove nasconderei
la pistola? Nel
costume?» Lo stava divertendo questa conversazione
riguardante due discorsi
paralleli: la possibilità che lui fosse un malintenzionato e
la semplice
curiosità riguardo alla loro identità.
«Con
i bicipiti che hai potresti strozzarmi
senza grandi sforzi, non ti servono armi. Ho appena finito il liceo.
Sono una
scienziata fallita, un’aspirante fotografa e
un’apprendista scrittrice.» I
suoi bicipiti?
«Hai
davvero fatto un commento sui miei
bicipiti?» Si ritrovò con un incontenibile sorriso
sul volto, un sorriso
divertito e sorpreso che non tentò nemmeno di combattere.
Lei era stupefacente.
Continuava a ripetergli che no, non era interessata a lui, che era
diventato il
soggetto delle sue foto per pura noia e casualità, che non
sarebbe uscita con
lui e allo stesso tempo pronunciava complimenti sul suo aspetto fisico.
«Sai,
se c’è una cosa che non sopporto sono
le domande retoriche. Hai sentito cosa ho detto, c’era
davvero bisogno di
chiederlo?»
«Scusa,
non me l’aspettavo. Cioè, un
momento mi accusi di essere un serial killer e quello dopo mi fai un
complimento» diede voce ai suoi pensieri, curioso di
conoscere la sua reazione.
«Ho
detto che potresti essere un serial
killer, non che lo sei per certo. E non ti ho fatto un complimento, era
una semplice
constatazione.» Una constatazione,
eh?
Quell’incontro si era rivelato particolarmente piacevole e
divertente, tanto
che nel desiderio di prolungarlo decise di ricambiare quel complimento.
«Tu
invece hai dei bellissimi occhi verdi e
questo è un complimento.» Fu quasi impossibile
restare serio, benché le sue
parole fossero assolutamente vere, la situazione era totalmente assurda.
«Allora
ti ringrazio del complimento ma
questo e quel tuo sorriso luminoso e quei tuoi occhi profondi non mi
convinceranno
a venire con te domani.» Sorriso
luminoso? Occhi profondi? Se voleva davvero fargli credere
che le era
indifferente non stava adottando la tecnica giusta.
«Sai,
i tuoi occhi mi riportano alla mente
un ricordo particolarmente piacevole. Sono dello stesso colore intenso
del
giardino dei miei nonni, ho passato momenti meravigliosi a giocarci da
bambino.»
Sentì la gola vibrare per le risate trattenute. Sapeva di
apparire come uno di
quei ragazzini tipici delle commedie romantiche americane che guardava
sua
sorella e non era sicuro che fosse una cosa positiva, ma di certo era
divertente.
Dafne
rise, e solo in quel momento Michael
si rese conto di quanto si erano inconsapevolmente avvicinati.
«Ti prego, non
flirtare con me. Non così! E’ la storiella
più banale che potessi inventarti.» Anche
se non era poi così surreale, se l’era inventata
davvero: i suoi nonni vivevano
in pieno centro del loro paesino, non aveva mai avuto più di
un piccolo
orticello dietro casa.
«Beccato.»
Quando i suoi occhi furono
catturati dal riflesso del sole sul vetro dell’orologio che
Dafne portava al
polso, si ricordò di guardare il suo: non aveva
più tempo. Se voleva arrivare
in tempo al colloquio per quel posto di lavoro alla palestra doveva
tornare
subito a casa. «Devo andare. Allora, domani vuoi venire a
vedere questa
spiaggia o no?»
Dafne
tentennò indecisa. «Non lo so. Non
dovrei» rispose, lasciando perdere le supposizioni ironiche
di poco prima.
«Perché
non sai se puoi fidarti?»
«In
un certo senso…. Cioè, non mi sembri
pericoloso, ma sono estremamente restia a fidarmi di chi non
conosco.»
«Capisco»
Annuì lui. «Beh, io domani passo
di qua, come sempre. Pensaci, okay?»
«Certo.»
Gli rivolse un sorriso sincero,
inclinando appena il capo in un movimento che aveva notato anche prima.
«Allora
ciao, Dafne.» La salutò e si
allontanò lentamente, muovendo i primi passi
all’indietro mentre lei ricambiava
il saluto, poi si voltò e riprese a correre.
Revisionata: 18/11/2014
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