Nel tepore
confortante della doccia di casa sua, i pensieri di Ji Yong fluivano
via come
il vapore prodotto dall’acqua calda.
Ji Yong non si
sarebbe mai perdonato per quel
gesto
sconsiderato, dettato dalla pura rabbia; e SeungRi stesso, non lo
avrebbe mai
perdonato.
Aveva colpito
il ragazzo che amava; e come vero era il suo sentimento, tanto vero
era, ora,
il disprezzo chr SeungRi provava per lui.
L’aveva vista
nei suoi occhi poco prima, quella scintilla di disgusto misto ad
incredulità.
Ji Yong si
accasciò sul pavimento di marmo bianco della doccia, e
pianse; pianse per
l’ennesima volta quel giorno.
Acquattato in
un angolo, l’acqua che gli scorreva sulla pelle, cercava di
dimenticare:
dimenticare tutto, i ragazzi, le prove, il freddo autunno che
imperversava, le
lunghe passeggiate solitarie.
Dimenticare le
lunghe ore passate a scrivere i testi che li avevano resi famosi, gli
urli
isterici di Seung
Hyun quando
sbagliava un passo, i tatuaggi di Taeyang, la depressione di Daesung.
E,
ovviamente, dimenticare SungRi.
Il
solo pensiero lo torturava; da tempo
sognava di poter accarezzare il suo volto, passandogli con tocco
leggero una
mano fra i suoi capelli, che Ji Yong considerava meravigliosi.
Quale
dolce peso sentiva sullo stomaco al
suono della sua voce; ma l’avrebbe ascoltata
all’infinito, se mai gli fosse
concesso.
L’istinto
predatore gli guidava i pensieri;
e, nei suoi pensieri, SeungRi gli apparteneva.
Ma
la mente, fredda e calcolatrice,
controllava le sue azioni.
E
ora Ji Yong doveva uscire, dalla quella
doccia, se non voleva veder spuntare le branchie.
Appena
si distese sul letto, sentì un
rumore di chiavi inserite nella serrature; conosceva ormai a memoria
quel
rumore sgraziato e metallico.
Un
forte scalpiccio di stivali, una sedia
che si sposta.
La
porta della sua camera si aprì lasciando
entrare una forte luce, che lo abbagliò; non fece neanche in
tempo ad alzarsi
che già Daesung gli era balzato sopra, sul letto.
Perfetto,
è la fine. SeungRi gli avrà raccontato tutto.
“Ji
Yong, per l’amor del cielo, hai preso
il raffreddore?”
Daesung
si strusciava affettuosamente sulla
sua maglietta, sotto lo sguardo stupito di Ji Yong.
“Come?”
“Sì,
SeungRi ci ha raccontato che, quando è
venuto a prenderti in macchina, tu eri a letto con la febbre.
Sembrava
così preoccupato! Noi abbiamo
continuato le prove, ma poi eravamo in pensiero per te, e siamo tornati
in
fretta portandoti qualcosa da mangiare!”
Ji
Yong sorrise.
Sorrise
per la stretta soffocante di
Daesung, che non sembrava volerlo lasciare, e per le schifezze da
supermercato
che Taeyang aveva scelto con cura, conoscendo perfettamente i suoi
gusti.
Ma,
soprattutto, il fatto che SeungRi non
avesse parlato agli altri della loro conversazione ben poco
civile della mattinata, lo rese più leggero, e nel
profondo
nel suo animo sapeva che forse, forse una speranza c’era
ancora.
Entrando
in cucina, Seung Hyun sedeva al
tavolo intento a compilare dei fogli.
Non
lo salutò nemmeno; solamente, alzando
velocemente lo sguardo dalle carte, gli scocco un’occhiata
austera, quasi
volesse incolpare Ji Yong di qualcosa che andava oltre la sua
conoscenza.
“Dov’è
SungRi?”
Il
tetto della palazzina era piatto, e
nelle afose giornate estive ci si poteva stendere a godere dei raggi
del sole.
Molte
piante trovavano posto in quel piano
aggiunto e scoperto della palazzina.
Vi
erano due limoni, molti bonsai, e
qualche basilico profumato; sul lato sinistro della terrazzina,
così veniva comunemente chiamata, due vecchi signori,
ormai morti da tempo, vi avevano collocato una comoda panchina verde.
SeungRi
amava quel luogo.
Quando
voleva stare solo ci andava sempre;
spesso si addormentava su quella panchina, e si risvegliava
infreddolito nel
mezzo della notte cadendo sullo sporco pavimento.
Il
vento era più forte lì in alto, ma
questo non era un problema; SeungRi sopportava facilmente il freddo, e
non si
ammalava praticamente mai.
Quando
lo vedeva più nella sua stanza, o davanti alla
televisione, Ji Yong
sapeva dove trovarlo.
Dall’ultimo
piano, il loro, una rapida sala
a chiocciola portava alla terrazzina; Ji Yong la percorse velocemente,
non
preoccupandosi di poter inciampare di nuovo.
Le
ferite alle gambe gli bruciavano ancora,
ma erano ben poca cosa.
Doveva
parlargli, non poteva trovare più
scuse, lo aveva fatto già per troppo tempo.
Arrivò
sul terrazzino, silenziosamente: il
vento continuava a soffiare, ininterrottamente.
Alcune
foglie roteavano nell’aria come
appese a cielo attraverso fili invisibili.
Poi
lo vide.
Vide
SeungRi appoggiato alla balaustra in
ferro che dava alla strada; le sue spalle, contratte, rivelavano una
mente
turbata.
Non
poteva vederlo in faccia, ma era sicuro
che non stesse guardando nulla di particolare.
Semplicemente,
fissava il vuoto, e sarebbe
rimasto lì, in quella posizione, per ore, se avesse voluto.
Ji
Yong si guardò intorno. Come al solito,
non c’era nessun’altro lì.
Si
avvicinò al ragazzo moro piano, quasi a
non volerlo disturbare.
Alzò
una mano in direzione di SeungRi;
avrebbe voluto appoggiarla sulla sua spalla, toccare il tessuto che
avvolgeva
il suo corpo.
Si
bloccò a mezz’aria; esitava.
Cosa
gli avrebbe detto poi?
Doveva
confessare, confessare che il
vederlo ogni giorno e non poterlo abbracciare, toccare, lo stava
rendendo
pazzo.
E
lui come avrebbe reagito? Non gli avrebbe
creduto, l’avrebbe deriso, o forse..
“Ti
aspettavo”
La
voce di SeungRi ruppe l’incantesimo; il
tempo sembrava essersi fermato per entrambi.
SeungRi
si girò, e si trovò faccia a faccia
con Ji Yong, che lo fissava perso a pochi centimetri da lui.
Il
labbro era ancora ferito, all’altezza
del pugno della mattina.
“Vorrei
delle spiegazioni. Perché sono
stanco. Stanco di dover sempre fare da intermezzo tra te e Taeyang
quando
litigate, o con gli altri quando c’è qualche
problema”
“Ora,
voglio sentirmelo dire apertamente.
Vuoi lasciare la band, non è così? Conosco i tipi
come te, Ji Yong. Quando si
stancano di qualcosa, non hanno il coraggio di affermarlo, e si
rinchiudono in
se stessi”
“No,
SeungRi, non è affatto così! La verità
è che..”
“Sta
zitto. Ti mostri forte e spudorato,
eh? In realtà dentro sei solo un vigliacco. Ricorda che la
band non sei tu. Ci
siamo anche noi. Anzi, da ora, saremo solo in quattro”
Così
dicendo, prese la giacca che aveva
appoggiato alla balaustra, e si diresse verso la porta.
Ji
Yong era impietrito.
Non
aveva saputo rispondere alle false
accuse di SeungRi, e ora lui se ne stava andando, per sempre.
Non,
non avrebbe mai permesso che finisse così.
Il
sangue sembrò scorrergli nuovamente
nelle vene, dopo essersi fermato per quegli istanti infiniti.
Afferrò
SeungRi per la maglietta,
strappandogliene il lembo inferiore.
Il
ragazzo moro, accortosi quasi
all’improvviso di quello che stava accadendo, si
voltò di scatto, pronto a dare
una lezione fisica e definitiva a quel bastardo che insisteva nella sua
stupida
recita.
Chiuse
il pugno destro con forza, le unghie
a ferirgli il palmo.
Si
preparò a colpire in pieno volto Ji
Yong, ma le sue labbra vennero catturate da quelle dell’amico.
Finirono
a terra; ma Ji Yong non mollò la
presa, e bloccò a terra il suo maknae.
Il
pavimento era freddo, ma il corpo di
SeungRi emanava un calore tale che Ji Yong non sentì quasi
il freddo marmo
sotto di loro.
Ji
Yong serrò le sue labbra con ancora più
forza a quelle del ragazzo moro.
Niente
l’avrebbe portato via da lui, mai.
E,
stranamente, SeungRi non si muoveva; quando
Ji Yong aprì gli occhi, si accorse che l'altro lo
fissava, dolcemente.
Quello
sguardo gli fece mancare il fiato;
era peggio di un pugno allo stomaco.
Richiuse
gli occhi; SeungRi gli aveva
aperto i recessi più nascosti della sua bocca, senza che lui
lo chiedesse.
Ji
Yong ad un tratto si fermò,
e alzò leggermente quel che restava
della maglia di SeungRi.
“Che
fai?”
“Voglio…voglio
sentire il calore della tua
pelle”
Ji
Yong posò la mano sul ventre del più
giovane, sentendolo vibrare leggermente al suo tocco.
Dei,
quella pelle era come la seta.
Una
seta bianca, leggera, che si può
facilmente disfare.
Ji
Yong aiutò SeungRi ad alzarsi, e, quando
gli prese la mano, non riuscì a trattenere le lacrime.
“Lo
capisci, ora?” quasi non si accorse di
urlare “Capisci quello che fino ad ora non sono riuscito a
dirti?”
Gli
occhi di SeungRi erano fissi nei suoi,
e lo imploravano di perdonarlo per non aver saputo capire.
“Ogni
singolo giorno, per tanto, troppo
tempo, venivo all’alba nella tua stanza, di nascosto. Tu
dormivi profondamente,
e io passavo le ultime ore di semi oscurità a guardarti.
Accarezzavo con lo
sguardo i tuoi lineamenti, e allineavo il tuo respiro al mio.
Ma
poi arrivava il giorno, e con la luce
del sole non potevo permettermi di passare le ore accanto a te.
Così
me ne andavo il più lontano possibile,
in città, lontano da te”
Appoggiato
al petto di SungRi, Ji Yong
sfogò tutta la sua rabbia per aver ferito l’amico,
la sua unica ragione di
vita.
Sfiorò
con il dorso della mano il suo
labbro gonfio, adagiando un’altra volta poi, delicatamente,
le labbra sulle
sue.
“Mi
dispiace. Non avrei mai dovuto ferirti,
amore mio. Non so veramente cosa mi fosse preso; ero accecato dalla
rabbia,
dalla frustrazione, e non sono riuscito a fermarmi nemmeno davanti a
te. Non
permetterò mai a nessuno, soprattutto a me stesso, di
toccarti di nuovo”
A
quelle parole, SeungRi cadde sulle
ginocchia, e baciò delicatamente le ferite di Ji Yong,
ancora insanguinate e
sporche.
Voleva
solo guarirlo con tutto l’amore che
poteva dargli.
Se
una macchina fotografica avesse potuto catturare
quel momento, sicuramente SeungRi avrebbe tenuto quella foto sotto il
cuscino,
la notte, in ricordo di quel giorno così umido e freddo, in
cui la sua vita era
cambiata per sempre.
“Andiamo
a casa” gli aveva detto Ji Yong, accarezzandogli
i capelli.
“Sì,
andiamo”
Chiudendosi
la porta della terrazzina alle
spalle, Ji Yong ebbe come la sensazione di essere osservato;
guardò nuovamente
intorno a se, ma non c’era assolutamente nessuno.
Neppure
quei deliziosi merli dal manto
corvino che normalmente affollavano il tetto.
Eppure,
non si sentiva tranquillo; sentiva
come una presenza, pronta ad afferrarlo alla sua prima distrazione.
Non
aveva notato la finestrella del piccolo
edificio che permetteva di accedere alla terrazzina.
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