Stumpf
Ascolti. Il silenzio attorno a te riverbera l'eco del tuo respiro.
Non c'è nessuno. Sei solo, ancora per il momento. Questo
è l'unico momento della giornata in cui hai modo di riflettere
su te stesso, su quello che fai, su quello che senti. Durante le
prossime ventiquattr'ore accantonerai qualsiasi pensiero, qualsiasi
sentimento, qualsiasi interferenza di carattere personale.
Perché sei il comandante di una squadra e devi essere sempre
lucido, sempre pronto.
Richiudi lo sportello dell'armadietto; per un istante incroci il tuo
stesso sguardo riflesso sul metallo. Hai appena riposto gli abiti
civili e stai per mettere la pistola nella fondina, sul giubbotto
antiproiettile. Studiato apposta per avere tutto a portata di mano.
Entrare nei Corpi Speciali è stato come cambiare pelle, o
convertirti a un altro credo. C'è tutta la tua vita, nel tuo
lavoro.
A volte pensi persino di non ricordarti più il tuo nome di
battesimo, perché tutti i giorni, non importa se è buio,
se c'è luce, se piove, nevica o c'è il sole, tu sei
abituato a sentirti chiamare soltanto per cognome. Per tutti tu sei
Stumpf. Stumpf e basta.
È quasi un'onomatopea. Il rumore di qualcosa di pesante, come i
passi ingigantiti dagli scarponi neri e tutti uguali che tu e i tuoi
uomini indossate. Tu e i tuoi uomini siete un impasto unico; sono
uomini impagabili che come te hanno soltanto una priorità:
infondere fiducia, ridurre i rischi, gestire le situazioni di pericolo.
Ogni volta che ne hanno bisogno, a qualsiasi ora del giorno o della
notte, Carl e Marcus sanno di poter contare su di te e su di loro. Sei
fortunato. Hai una schiera di uomini fedeli che si fidano di te ed
eseguono i tuoi ordini nella convinzione che siano quelli giusti,
sempre, senza discutere.
Ti diverti, anche; perché basta soltanto la vostra presenza a
ridimensionare un criminale e a far sentire al sicuro le persone.
Tu e i tuoi uomini arrivate quando la situazione è critica,
senza uscita, troppo pericolosa e destinata a finire male. Ti senti
addosso il peso di ogni scelta, sei teso ma non lo dai a vedere.
Perché tutti, i civili ma anche i tuoi colleghi - gli stessi
Carl e Marcus - pensano che tu e i tuoi siate delle specie di macchine
indistruttibili, dei Robocop infallibili a cui affidare la sorte di
un'operazione ad occhi chiusi, sicuri che si risolverà nel
migliore dei modi. Indossi una corazza che ti protegge dal piombo,
è vero; sei imponente e forte, il più alto e piazzato tra
i tuoi uomini, è vero, e la divise nera, gli scarponi e il
giubbotto ti fanno sembrare ancora più grande e più forte
di quello che sei. Oltre a tutto questo si aggiunge la tua
capacità di dissimulare le emozioni, di mascherare la tensione
dietro l'impassibilità. Così lasci che tutti vi credano
come vogliono, perché in fondo l'immagine che la gente ha di voi
è quella dei supereroi. Voi siete i buoni che arrivano al
momento giusto, salvano gli innocenti e castigano i delinquenti. Ci
giochi, ti fa ridere e ti lusinga allo stesso tempo; ti piace
giocare a fare l'angelo custode, ti piace vedere i volti attorno a te
distendersi e ricominciare a sperare quando vedono il furgoncino nero,
su cui di solito vi muovete, arrivare in lontananza. Non sorridi
perché non puoi tradire quello che hai dentro; ma a volte
vorresti metterti a piangere e ridere insieme, quando l'operazione
è finita ed è andata bene: perché hai accumulato
così tanta adrenalina che ti tremano le vene, ti senti euforico
e su di giri, avresti voglia di urlare, anche, oppure di metterti a
saltare, abbracciarti con i tuoi compagni di squadra, che condividono
esattamente le stesse emozioni che stai provando tu.
pensi che la felicità è il rovescio della medaglia della
paura; pensi che quella vibrazione ceh ti senti dentro quando hai
finito la tua missione è soltanto consapevolezza di aver
rischiato e riconoscenza a Dio di essere ancora al mondo. Perché
tu e tutti quelli come te rischiate, lo sapete ma ficcate la paura in
un angolino remoto del cervello, la mettete in quarantena come fosse un
virus. Carl e Marcus ti prendono in giro, dicono che sei fatto di
bulloni, che non mangi ma ti ricarichi le pile, che non dormi ma vai in
stand-by. Ti scappa involontariamente un ghigno, ma dentro di te ridi
di cuore, perché se fossi fatto d'acciaio poi non sentiresti
tutta quella tensione scivolarti addosso, né la gioia
febbricitante di avercela fatta ancora una volta impossessarsi di te.
Ti farebbe comodo, essere fatto d'acciaio e bulloni, perché ti
eviteresti di rimetterci la vita se qualcosa andasse storto. Ma glielo
fai credere, che sei un duro, che sei un Rambo, anzi, meglio di Rambo.
Perché un po' di paura ce l'hai, ma giocare a fare Batman ti diverte troppo.
Sei solo e puoi ridere. Puoi appoggiarti allo sportello del tuo
armadietto con entrambe le mani e ridere. Ridi perché sei felice
di poter fare quello che ti piace; ridi perché ci sei, ci sarai
domani e finché avrai i tuoi uomini al tuo fianco; ridi
perché ieri è stata una giornata pesante in cui per la
prima volta hai creduto di non farcela; ridi perché invece ce
l'hai fatta, hai di nuovo fatto il tuo dovere di supereroe e sei
così soddisfatto e felice - oh sì, FELICE - ma in un modo
così pieno, così assoluto, così incredibilmente
totalizzante che sprofondi in una serenità che ti distende i
nervi e ti fa riaffiorare dentro quel piccolo desiderio inespresso...
Poter piangere di gioia. Sei tranquillo e contento: i tuoi occhi scuri
e grandi sono ancora più luminosi. Ieri hai salvato una bambina
da uno scontro a fuoco; credevi si spaventasse vedendoti tutto vestito
di nero, con il passamontagna e il casco e il mitra a tracolla. Ha
avuto un attimo di esitazione, poi tu le hai detto "Vieni qui", la
bambina - avrà avuto sì e no 5 o 6 anni - si è
lasciata prendere e tu hai avuto un attimo di disorientamento vedendo
quelle manine piccole e rosa allungarsi verso le tue, spropositatamente
grandi al confronto, e ingigantite dall'imbottitura dei guanti neri.
L'hai presa e riportata dai genitori; non ti sei tolto né casco
né passamontagna, nel frattempo, e forse per questo l'attenzione
della bambina si è concentrata sui tuoi occhi, l'unica parte
visible di te. Forse è per questo che, un attimo prima di
posarla in braccio a sua madre, lei si è girata e ti ha detto
"Signore grande e nero, tu sei buono. Grazie".
Tu vivi per il tuo lavoro. Soprattutto, vivi per la possibilità
di sentirti sciogliere nel sollievo di quelli che salvi, nei loro
sguardi riconoscenti e traboccanti di gratitudine. Non ti importa di
sentirti dire "Grazie": tu lo leggi nei loro occhi.
E nei tuoi la bambina ha letto che sei buono. Grazie, bambina.
Ti godi gli ultimi istanti di silenzio. Sai che sta per finire.
Respiri.
Poi prendi il passamontagna da una tasca dei pantaloni. In quel momento
un brusio agitato nell'altra stanza attira la tua attenzione.
Probabilmente si tratta della prima operazione della giornata.
Sorridi. Ehi Batman. Devi correre a salvare Gotham City.
Ti infili il passamontagna, prendi il casco ed esci, spegnendo la luce.
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