«Presidente,
ne vuole
un'altra?»
La voce servizievole del preside e la mano che le
porgeva una confezione contenente alcune ciambelle la riportarono
alla realtà, e annuendo ne prese una al cioccolato,
fissandola
indecisa per mezzo secondo, prima di morderne un pezzetto e puntare
nuovamente gli occhi chiari sulla figura lontana di Shrade Elan, che in
piedi in mezzo al giardino fissava alcune rose dalle più
sgargianti tonalità, immerso in un silenzio carico di
pensieri.
Ancora nostalgia.
Chi l'avrebbe mai detto? Un tempo non si sarebbe mai sognata di provare
tanta tristezza guardandolo, invece, in quel momento -
in quell'epoca
- gravava su di lei la consapevolezza di un dolore che, malgrado
sacrificio e rimorso, continuava a trascinarsi da più di
12.000
anni - perché lo conosceva, lo conosceva fin troppo bene,
era
dentro di lui da così tanto tempo, nascosto in un recesso
dell'anima invisibile anche a lei.
Diede un altro morso alla ciambella, sentendo il cioccolato scivolarle
sulla lingua mandandole piccole scosse di piacere che la fecero
sospirare, e per un attimo immaginò che quello non fosse
banale
cioccolato, ma sangue.
Il sangue di Shrade.
«Presidente Crea, a cosa sta pensando? Sembra quasi che le
stia a cuore qualcosa.»
La voce di Shrade le rimbombò piano nelle orecchie:
alzò
lo sguardo e sorpresa incontrò i suoi occhi
azzurri; un lieve
sorriso gli increspava piacevolmente le labbra sottili,
procurandole un brivido che cercò immediatamente di
reprimere
imponendosi un autocontrollo che trovò a stento,
cosicché
concentrò la propria attenzione sulla tazza di tè
che
aveva posata davanti a sé, pensando a una risposta che
mascherasse i propri pensieri.
Prese fiato e mise insieme qualche parola stentata, ma si
bloccò appena
notò che le dita di Shrade si chiudevano attorno a
una delle ciambelle
conservate
nella scatola tenuta fra le mani del preside: lo vide sollevarne una
ricoperta di zucchero filato per scrutarla attentamente, con
un'intensità tale da farle pensare che in quella ciambella
vi
fosse qualcosa di particolare - certo non avrebbe saputo dire
cosa
fosse quel qualcosa, tanto trovava strano tutto ciò.
«Noto che le ciambelle le piacciono molto»
affermò
improvvisamente il ragazzo, scoccandole un'occhiata divertita.
Crea sussultò, un po' sorpresa da quelle parole, ma subito
si ricompose. «A te non piacciono, Shrade?»
«Non ne ho mai mangiate, ma posso scoprirlo subito.»
Detto ciò, Shrade addentò il dolce.
Crea, arrossendo vistosamente, l'osservò chiudere gli occhi
e
masticare piano, gustando secondo per secondo lo zucchero che con la
sua dolcezza sicuramente gli danzava piacevolmente sulla lingua, e
immaginandolo la ragazza non riuscì a trattenere un fremito,
il
cui unico effetto fu il pensare che no, non era zucchero a velo o
cioccolato quello che gli danzava sulla lingua, ma sangue, solo sangue.
Ne desiderava un po' - eppure non avrebbe potuto averlo.
Shrade si leccò le labbra, poi la guardò e
abbozzò un sorriso.
La ragazzina iniziò a torturarsi le dita, ma quando se ne
accorse interruppe il gesto, imbarazzata. «Com'è?
Dolce?»
«Amara.»
Crea lo fissò, stupita. «A-Amara?»
«Sì, amara. Molto amara. Ma forse tutte le cose
dolci lo sono.»
La presidentessa studiò il ragazzo mentre questi posava
silenziosamente il dolce nella scatola - sotto lo sguardo perplesso del
preside-, pensando al significato delle sue parole, senza trovare una
risposta.
Stava per porgergli qualche domanda al riguardo, ma si
trattenne
quando il giovane pianista, con un cenno di saluto appena simulato, le
voltò le spalle, incamminandosi verso i dormitori.
Anche di spalle, pensò Crea ad un tratto, Shrade sembrava
più triste di chiunque altro.
Non trovò subito una risposta alle parole di Shrade Elan, se
non
nel preciso istante in cui i suoi canini affondarono tremanti nella
mano del ragazzo.
Sì, la trovò in quel preciso momento,
anzi, la
trovò quando il sangue - lo stesso che per tanto tempo aveva
desiderato senza spiegarsene il motivo - le scivolò sulla
lingua: capì perché lui avesse definito tanto
amara la
dolcezza di una semplice ciambella, quando assaporando l'essenza del
suo sangue percepì che non vi era mai stato niente di
più
tristemente dolce e amaro di quel liquido rosso e caldo che ora le
scorreva dentro, perforandole inspiegabilmente il petto.
«Promettimi solo una cosa
Prometti che, quando completerai la tua sinfonia,
me la lascerai ascoltare.»
«Sì.»