Porta Neve, il Vento di Tempesta. di Sophrosouneh (/viewuser.php?uid=77545)
Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Autore:
Ss904
(Sophrosouneh)
Fandom:
Originale/Epico
Personaggio: Thaet
Set:
Tempo
Prompt:
Tempesta
Storia
partecipante alla Challenge
Think Angst di Simph8 e Vogue91
Thaet
“dell’Ego”
Gli occhi
color ocra del serpente a sonagli spazzarono la piana in lungo e in
largo.
Quella volta gli
ordini imponevano di fermarsi in uno sperduto paesello in mezzo alla
steppa e, per combattere la dilagante monotonia, Thaet aveva cercato,
non appena si era presentata l’occasione propizia, di
sgattaiolare via dagli impegni.
Aveva assunto quella
forma animale, a lei tanto congeniale, e si era inoltrata nel brullo
panorama desertico.
Il calare del sole era
ormai prossimo, e anche la percentuale di umidità
nell’aria era in rapido aumento.
Fece schioccare di
nuovo la lingua biforcuta per averne l’estrema certezza.
Avvolse le spire
corvine, dai brillanti riflessi violacei, attorno ad una roccia, molto
probabilmente precipitata da uno dei rilievi porosi della zona.
Svettanti come
pinnacoli e guglie di una cattedrale gotica, quelle strutture naturali
si alzavano al cielo, modellate dal corso incessante dei secoli.
Lentamente distese le
spire per riacquisire la sua forma originale.
Avevano concluso il
lavoro molto prima del previsto: il peccatore era stato lambito e
ammansito dalla voce dolce e pia di Inarwe, per venir poi trafitto
mortalmente dalle grida possenti di Vhes. Non c’era nessuno
che avesse mai potuto resistere alla timida compiacenza e alla forza
distruttiva delle sue due sorelle.
E lei? Cosa aveva
fatto per rendersi utile?
Era da tempo che ci
pensava, ma, per quanto si sforzasse di trovare una risposta, alle
volte percepiva di non avere un sicuro posto nel mondo.
Lei era quella dei
piani e delle meditazioni.
Era furba, scaltra,
sibillina e anche decisamente sadica.
A lei spettavano le
torture psicologiche.
Un ruolo che
però non si rivelava fondamentale per la riuscita di ogni
lavoro.
Infatti
c’erano dei giorni –come quello- in cui si sentiva
di non aver dato il minimo contributo.
E Thaet odiava
l’inutilità.
Nutriva il preponderante bisogno di sentirisi necessaria.
Voleva
cacciare ed uccidere con i suoi morsi letali, o avvincendo la vittima
tra spire di ricordi opprimenti e strazianti.
Il suo animo era
sempre e comunque scosso da una nube di tempesta.
Instabile, devastante,
inaspettata e lunatica.
Sbuffò
sonoramente, facendo sprofondare le dita nella ribelle massa di capelli
color catrame.
Non sapeva neppure lei
perché si fosse rifugiata in quel luogo, lontano dalle
sorelle.
O meglio, lo sapeva,
ma le costava fatica ammetterlo: aveva bisogno di riflettere.
Era talmente
egocentrica da finire per far passare qualsiasi altra cosa in secondo
piano.
Sentirsi importante e
apprezzata era il suo pane quotidiano. Adorava salire sul piedistallo e
accattivarsi l’attenzione delle persone.
Rimanendo inattiva non
raccoglieva che silenzi e incuranza.
Thaet trovava la sua
piena realizzazione solo e soltanto quando gli altri si accorgevano di
lei.
Fossero lodi o biasimi
a lei non importava: l’unica cosa necessaria era nutrire il
suo ego.
Da questa
peculiarità era nata la “Furia
dell’Ego”, nota per la sua fine, ma spietata
tortura.
Infondo, anche per qualcuno come lei, avere qualcuno accanto non era
poi tanto male.
Avrebbe potuto sopportare che le rubassero la scena?
Molto probabilmente non ci sarebbe mai riuscita del tutto, ma qualcosa
le suggeriva che, se le lacrime di Inarwe non l’avessero
trattenuta dall’abbandonale, ci avrebbe pensato la successiva
–e assolutamente certa e inevitabile – vendetta di
Vhes.
Mentre era ancora
intenta nelle sue elucubrazioni, il fragore di un tuono
squassò la calma della piana.
Si accorse solo in
quel momento che il sole era già calato da tempo.
Forse era il caso di
riunirsi con le altre, prima che Vhes decidesse di abbandonarla
lì.
Sorrise al cielo,
quella notte si preparava un bello spettacolo: c’era aria di
tempesta.
|
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1287061 |