Porta Neve, il Vento di Tempesta.

di Sophrosouneh
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Autore: Ss904 (Sophrosouneh)
Fandom: Originale/Epico
Personaggio: Thaet
Set: Tempo
Prompt: Tempesta
Storia partecipante alla Challenge Think Angst di Simph8 e Vogue91


Thaet “dell’Ego”


Gli occhi color ocra del serpente a sonagli spazzarono la piana in lungo e in largo.
Quella volta gli ordini imponevano di fermarsi in uno sperduto paesello in mezzo alla steppa e, per combattere la dilagante monotonia, Thaet aveva cercato, non appena si era presentata l’occasione propizia, di sgattaiolare via dagli impegni.
Aveva assunto quella forma animale, a lei tanto congeniale, e si era inoltrata nel brullo panorama desertico.
Il calare del sole era ormai prossimo, e anche la percentuale di umidità nell’aria era in rapido aumento.
Fece schioccare di nuovo la lingua biforcuta per averne l’estrema certezza.
Avvolse le spire corvine, dai brillanti riflessi violacei, attorno ad una roccia, molto probabilmente precipitata da uno dei rilievi porosi della zona.
Svettanti come pinnacoli e guglie di una cattedrale gotica, quelle strutture naturali si alzavano al cielo, modellate dal corso incessante dei secoli.
Lentamente distese le spire per riacquisire la sua forma originale.

Avevano concluso il lavoro molto prima del previsto: il peccatore era stato lambito e ammansito dalla voce dolce e pia di Inarwe, per venir poi trafitto mortalmente dalle grida possenti di Vhes. Non c’era nessuno che avesse mai potuto resistere alla timida compiacenza e alla forza distruttiva delle sue due sorelle.
E lei? Cosa aveva fatto per rendersi utile?
Era da tempo che ci pensava, ma, per quanto si sforzasse di trovare una risposta, alle volte percepiva di non avere un sicuro posto nel mondo.
Lei era quella dei piani e delle meditazioni.
Era furba, scaltra, sibillina e anche decisamente sadica.
A lei spettavano le torture psicologiche.
Un ruolo che però non si rivelava fondamentale per la riuscita di ogni lavoro.
Infatti c’erano dei giorni –come quello- in cui si sentiva di non aver dato il minimo contributo.
E Thaet odiava l’inutilità.
Nutriva il preponderante bisogno di sentirisi necessaria.
Voleva cacciare ed uccidere con i suoi morsi letali, o avvincendo la vittima tra spire di ricordi opprimenti e strazianti.
Il suo animo era sempre e comunque scosso da una nube di tempesta.
Instabile, devastante, inaspettata e lunatica.

Sbuffò sonoramente, facendo sprofondare le dita nella ribelle massa di capelli color catrame.
Non sapeva neppure lei perché si fosse rifugiata in quel luogo, lontano dalle sorelle.
O meglio, lo sapeva, ma le costava fatica ammetterlo: aveva bisogno di riflettere.
Era talmente egocentrica da finire per far passare qualsiasi altra cosa in secondo piano.
Sentirsi importante e apprezzata era il suo pane quotidiano. Adorava salire sul piedistallo e accattivarsi l’attenzione delle persone.
Rimanendo inattiva non raccoglieva che silenzi e incuranza.
Thaet trovava la sua piena realizzazione solo e soltanto quando gli altri si accorgevano di lei.
Fossero lodi o biasimi a lei non importava: l’unica cosa necessaria era nutrire il suo ego.
Da questa peculiarità era nata la “Furia dell’Ego”, nota per la sua fine, ma spietata tortura.

Infondo, anche per qualcuno come lei, avere qualcuno accanto non era poi tanto male.
Avrebbe potuto sopportare che le rubassero la scena?
Molto probabilmente non ci sarebbe mai riuscita del tutto, ma qualcosa le suggeriva che, se le lacrime di Inarwe non l’avessero trattenuta dall’abbandonale, ci avrebbe pensato la successiva –e assolutamente certa e inevitabile – vendetta di Vhes.

Mentre era ancora intenta nelle sue elucubrazioni, il fragore di un tuono squassò la calma della piana.
Si accorse solo in quel momento che il sole era già calato da tempo.
Forse era il caso di riunirsi con le altre, prima che Vhes decidesse di abbandonarla lì.

Sorrise al cielo, quella notte si preparava un bello spettacolo: c’era aria di tempesta.




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