LA PRINCIPESSA E IL CAVALIERE
1° Capitolo
Il vento muoveva delicatamente le fronde degli alberi, diffondendo un’aria
primaverile.
Collocato in uno spazio tutto suo, separato dal resto del bosco, c’era un
grande albero, vecchio di secoli, che da tanto, troppo tempo non vedeva passare
nessuno.
Però in quel momento stava per ricevere una visita.
Dal gruppo di alberi circostanti arrivò una ragazza, con indosso una divisa
delle medie.
Titubante, con passo indeciso, si avvicinò al grande albero, fermandosi alla
sua base.
Dopo di che, guardò l’orologio.
“Asakura aveva detto che sarebbe venuta a quest’ora”.
Cercò di calmare la sua mente, inspirando ed espirando con forza, facendo
appello a tutto il suo coraggio.
Avrebbe preferito certamente orde intere di demoni, piuttosto che una
situazione del genere.
Ma Asakura aveva ragione, per troppo tempo aveva tergiversato, temendo un
rifiuto: ora basta, era venuto il momento di chiarire definitivamente come
stavano le cose, e un luogo isolato le avrebbe tenuto al sicuro da sguardi
indiscreti.
“Setsy!”
Il cuore le sobbalzò quando, dagli alberi davanti a sé vide arrivare la sua
principessa, Konoka Konoe.
Una folata di vento le scompigliò leggermente i lunghi capelli, che lei
trattenne con una mano, mettendosi involontariamente in una posa che faceva
risaltare interamente la sua splendida silhouette.
“Setsy, allora, cosa hai trovato qui di così bello?”, le domandò quando fu di
fronte a lei.
“Eh? Trovato?”
“Sì. Asakura mi ha detto che volevi farmi vedere una cosa molto importante”.
“Ah sì, la cosa molto importante era che…”
Nonostante il suo autocontrollo fosse sempre eccezionale in battaglia,
stavolta sembrava che l’avesse completamente abbandonata, e lei prese a tremare
fortemente.
“Setsy, ti senti bene?”
“Io… ecco… io…”
“Hai forse la febbre?”, le domandò Konoka avvicinando sempre di più il
proprio viso al suo.
Probabilmente voleva toccarle la fronte per confrontare le loro temperature,
ma quando Setsuna vide gli occhi di Konoka, così sereni e profondi, puntarsi sui
suoi, e si accorse delle sue labbra, così vicine, deglutì, aprì le braccia, come
se volesse…
Fu solo un attimo, perché si girò di scatto.
“Setsy? Ma cos’hai?”
Setsuna guardò freneticamente in giro, poi il suo sguardo si accorse di
qualcosa che stava ai piedi dell’albero.
“Questo! Volevo mostrarle questo, lady Konoka!”
La spadaccina indicò un piccolo tempietto che stava ai loro piedi: una
costruzione molto semplice, con due pezzi di legno dalla forma quadrata che
facevano da pareti, sormontati da un minuscolo tetto spiovente. All’interno
c’era una statuetta in pietra dalle sembianze vagamente femminili.
Konoka lo scrutò con attenzione.
“No! Che figuraccia! Adesso lady Konoka penserà che l’ho fatta venire in
quest’angolo del bosco per nulla!”
“Wow, Setsy! E’ bellissimo!”
“D-davvero?”
“Sì, mi piace molto, è così carino, semplice e artigianale, come i giocattoli
di una volta. Ti ricordi quando eravamo piccole? Ci divertivamo un sacco a fare
le costruzioni come questo tempietto: con i sassi facevamo un castello e un
fossato, io muovevo la bambola della principessa e tu quella del prode cavaliere
che doveva salvarla”.
“Oh sì, era bello”, confermò Setsuna sfoggiando un sorriso malinconico.
I bei tempi di una volta, quando erano solo loro due, niente problemi, niente
combattimenti, niente demoni, soltanto due bambine felici di stare insieme, che
col potere della fantasia potevano trasformare tre fila di sassi gli uni sugli
altri in un castello fortificato, e un piccolo rospo di fiume in un terribile
drago nero.
“In realtà”, riprese Konoka, “sai che un po’ t’invidiavo?”
“Eh? Lei invidiava me?”
“Sì, perché tu facevi sempre il cavaliere. E’ un ruolo così romantico che mi
sarebbe piaciuto farlo io qualche volta”.
“Lady Konoka, doveva solo chiederlo”.
Konoka mise le mani in avanti. “Oh no, non mi sarei mai permessa di rubare un
ruolo che per te era perfetto!”.
Detto questo, prese Setsuna per un braccio, volendo abbracciarla in preda ad
un attacco di nostalgica euforia, e per lo slancio, entrambe caddero per terra,
con Konoka sopra l’amica.
“Ops, scusa, ho esagerato. Stai bene?”
Setsuna avrebbe voluto rispondere, ma contro la sua volontà, i suoi occhi si
erano puntati sulla camicetta di Konoka: nella caduta si erano slacciati alcuni
bottoni, e ora il seno della ragazza era ben visibile.
I suoi lunghi capelli castani cadevano sul volto di Setsuna, solleticandolo
lievemente.
“Setsy, ma stai bene? Mi sembri strana”.
“Lady Konoka… io…”
Di nuovo le braccia della spadaccina si mossero, come per abbracciare quella
splendida persona che le stava sopra.
“Lady Konoka… no, non così!E’ Konoka! Possibile che non l’ho ancora capito?!”
Setsuna, delicatamente, fece spostare l’altra e si mise a sedere.
“Lady Konoka, senta, penso che Asakura abbia altre cose interessanti da
mostrarle”.
“Davvero? Evviva, la giornata delle sorprese! Andiamo a vedere!”
“Vengo più tardi”.
“Eh? Non vuoi venire con me?”
“Lei si avvii, la raggiungerò tra breve”.
Pur guardandola in modo strano, Konoka le diede retta e si allontanò.
Rimasta sola, Setsuna fece qualche passo verso il grande albero, per poi
finire in ginocchio.
“Patetica! Quanto sono patetica! So affrontare orde di mostri, mi sono
impegnata in un allenamento mortale, ho imparato a essere una delle migliori
spadaccine del Giappone: ma non riesco a confessare quello che provo, neanche a
suggerirlo. Sono solo una mocciosa, niente di più”.
Mentre qualche lacrima le cadeva dagli occhi, si alzò una folata di vento più
forte delle altre, che fece cadere la statuetta del minuscolo e rudimentale
tempietto.
Setsuna la rimise in piedi.
“Tsk, l’unica cosa buona che sono riuscita a fare oggi”.
Piena di rabbia verso se stessa, di dolore e vergogna, ritornò al Mahora.
“Uh? Che cosa è stato?”
Il preside del Mahora, Konoemon Konoe, stava leggendo un libro nel suo
studio, quando aveva percepito uno strano brivido corrergli lungo la schiena.
Si alzò dalla poltrona e si affacciò alla grande finestra che dava sulla
città dello studio: tanti edifici e, più in lontananza, l’immenso bosco.
Davanti a quella vista, rammentò quanto poco sapesse lui stesso della zona
che ora ospitava tutte quelle costruzioni umane: il territorio su cui sorgeva la
scuola, sin dai tempi antichi era stato considerato sacro, o maledetto, secondo
i punti di vista, tante leggende si erano accumulate nel corso della storia,
leggende che poi erano diventate miti, talmente antichi che il ricordo se ne era
perso.
Per difendere gli studenti da possibili minacce, Konoemon aveva passato tutta
una vita a studiare la storia del Mahora, e aveva raggiunto una conoscenza assai
approfondita, ma questo non significava che anche per lui non esistessero ancora
tante cose ignote.
Perciò, collegò quel brivido a uno di quei possibili misteri sconosciuti.
“Meglio chiedere a Takamichi di investigare nella zona del bosco”.
Setsuna rientrò nella sua stanza, e si lasciò andare sul letto, sdraiandosi a
pancia sotto.
Lanciò un’occhiata distratta alla sua spada, riposta in un angolo.
“Spada, a volte t’invidio: non hai emozioni, agisci in base ai voleri del tuo
padrone, fai il tuo lavoro e basta, senza provare tutto questo groviglio
interiore”.
Bussarono alla porta, pigramente Setsuna andò ad aprire.
“Chi… lady Konoka”.
La nipote del preside era proprio davanti a lei.
“E’ successo qualcosa?”
“Volevo sapere se stavi bene. Prima nel bosco mi sei sembrata così strana”.
“Un momento di depressione”, confessò, per poi volersi mordere la lingua.
“Depressione? Chi ha osato far deprimere la mia Setsy? Dimmi chi è stato e
gli darò un cazzottone sul naso”, minacciò Konoka con un’espressione che però
sembrava più buffa che pericolosa.
“Non si preoccupi, non era niente”.
Konoka la squadrò. “Non me la racconti tanto giusta, forse chiacchierare con
me ti aiuterà. Nel frattempo ti faccio un po’ di the”.
Nonostante le resistenze di Setsuna, Konoka in pratica la spinse dentro, la
fece sedere sul letto e cominciò ad armeggiare intorno a fornelli e teiere.
La trovò una sensazione strana, ma anche piacevole, vedere Konoka prendersi
cura di lei in una situazione così ordinaria e domestica.
“Chissà come starebbe bene, adesso, con addosso solo un grembiule da cucina…
no! Che vado a pensare!”
“Mi perdoni!”, esclamò Setsuna rossa in viso e alzandosi di scatto.
“Uh? Per cosa?”
“Niente, scusi…”, concluse imbarazzata l’altra tornando a sedersi.
Il the fu pronto in breve tempo, Konoka lo versò in un bicchiere e lo porse a
Setsuna, che lo trovò squisito e fece arrossire l’altra con i suoi complimenti.
“Dimmi, Setsy, chi pensi che sia la migliore della classe?”
“La migliore? In che senso?”
Konoka prese una sedia e si mise davanti all’amica. “La migliore. C’è
qualcuna che è superiore alle altre per bellezza, intelligenza, o forza?”
“Scusi, ma lei non lo sa? Voglio dire, siamo nella stessa classe”.
“Mi piacerebbe avere la tua opinione. Tutto qui”.
“Be, sul piano dell’intelligenza, Chao batte tutti, ma ora che è tornata nel
suo tempo, la prima è Hakase, seguita dalla capoclasse. Come bellezza, sono
tutte affascinanti, certo la capoclasse e Naba sono le più curate ed eleganti.
Per le combattenti, Mana, Kaede, Ku Fei, Chachamaru, anche Asuna, grosso modo si
equivalgono. Comunque la più forte resta sempre Evangeline: vale quanto un
esercito. Non si ricorda cosa ha fatto a Kyoto?”
“Già, Kyoto… e tu, invece, come ti consideri?”
“Io? Mi mette un po’ in imbarazzo, non vorrei sembrare arrogante, comunque so
difendermi bene. Rientro nel gruppo che ho descritto prima”.
Konoka rimuginò con una mano sul mento. “Ti sei allenata parecchio da
piccola, vero?”
“Sì, pensavo lo sapesse già”.
“Certo. Però ho il sospetto di non aver capito veramente, allora, cosa
significasse. Tutti quei sacrifici… erano per me?”
Setsuna in quel momento per la sorpresa avrebbe voluto sputare fuori il the,
ma ormai era sceso nel suo stomaco.
“Lady Konoka… non lo aveva capito, cioè, lo aveva intuito…”
“Come già detto, sto cominciando a capire davvero le cose. Ti sei allenata
intensamente per me, ma non solo per proteggere una principessa, una persona
importante, no, volevi proteggere proprio me, la mia persona… perché mi ritieni
speciale?”
Setsuna ebbe una voglia matta di indietreggiare e nascondersi sotto il letto,
mentre Konoka la scrutava con occhi penetranti.
“Ti prego, Setsy, voglio una risposta. Io sono speciale per te?”
Quando la spadaccina vide l’altra mettere una mano sulla sua, la voglia di
nascondersi mutò in un forte desiderio di scappare dalla stanza, anzi dal
dormitorio, o ancora, dal Mahora stesso.
“Setsy… dimmelo, ti prego”.
“Oh no, e ora che faccio? Scappo? Lo vorrei tanto, ma non posso farlo
all’infinito, e poi, forse lei potrà capirmi… insomma, lady Konoka non
prenderebbe mai in giro i sentimenti di qualcuno…”
Setsuna chiuse gli occhi, inspirò, li aprì e gridò, tutto di un fiato: “Sì,
lei è speciale per me!”
Konoka piegò la testa di lato e sorrise. “Allora avevo capito bene. Setsy,
sei fantastica, e il tuo affetto mi rende felice”.
“F-felice?”
“Sì, tanto tanto. Ora devo andare, e ti chiedo di farmi un favore: domani, in
classe, non dire nulla a nessuno, io farò lo stesso. Immagina altrimenti come
spettegolerebbero tutte quante. Facciamo conto che questa discussione non sia
mai avvenuta, d’accordo?”
“V-va bene”.
Konoka le sorrise ancora, Setsuna si sentì la testa molto leggera.
“Ci vediamo poi, Setsy”.
“Certo, lady Konoka”.
“Basta con quel lady, chiamami Konoka e basta”.
“Ha… hai ragione, che stupida che sono. Me lo avevi già detto”.
“Già, te lo avevo detto…”, concluse Konoka uscendo.
Setsuna si stese sul letto, un miscuglio di emozioni si agitava dentro di
lei, che comunque, alla fine generò una grande gioia liberatrice.