DANZA
Le era sempre piaciuto ballare. Aveva ballato molte volte sulla malinconica cadenza del blues che sua madre metteva in camera quando era triste. Qualcuno diceva che il blues non è roba da ballare, è di quel tipo che si ascolta e basta; e che se hai una bella voce e tanta fortuna, lo puoi cantare.
Ma Matilde lo ballava.
Matilde non aveva nient’altro nel suo mondo se non il suo corpo. Era l’unica cosa di cui era sicura: il resto erano tutti sogni da inseguire o da abbandonare. La maggior parte delle volte la abbandonavano loro, non poteva nemmeno scegliere lei. Era la vittima del sistema, più o meno. Il suo mondo si divideva in scelte e sogni.
L’unica scelta che, in un primo momento, sembrava le appartenesse, era quella di fare danza classica. Era arrivata molto in alto, ed era brava. A 12 anni l’avevano già messa sulle punte. Un astro nascente, dicevano le insegnanti. Andrà lontano. Roma, Milano, Venezia. Sembravano tutte così vicine per loro.
E anche a Matilde sembravano vicine. Si allenava costantemente, con tutta se stessa. Sua madre era fiera di lei e lei continuava ad andare avanti nella sua scelta.
Ma era un sogno, non una scelta.
Finalmente, a 16 anni, l’insegnante le diede l’autorizzazione a partecipare ad una rassegna di danza. Sarebbe stata preparata per un assolo dai migliori ballerini in circolazione e avrebbe potuto esibirsi a livello nazionale. Sarebbero accorsi da tutta Italia per vedere quella rassegna.
Sua madre acconsentì senza problemi ma non la seguì in quell’esperienza che durò cinque giorni. E che cambiò per sempre la vita di sua figlia. |