La
Rosa Rossa
Dall’alto
dello scaffale, tra tomi consunti e libri freschi
di rilegatura, Ikol osservava con occhio vigile la stanza di Loki.
Certo,
stanza era
un termine esagerato.
Sembrava
più un ripostiglio, una soffitta
dimenticata… Era vero che attualmente Asgard non era dotata
di ambienti molto lussuosi, ma… Possibile che Thor, che
tanto aveva proclamato d’amare il fratellino, non fosse
riuscito a trovargli una sistemazione migliore?
D’altro
canto, proprio perché non era una stanza
che potesse vantare ogni genere di comodità, almeno su
quello gli asgardiani non avevano nulla da ridire.
Anzi,
probabilmente non sapevano nemmeno dove fosse alloggiato il
giovane dio degli inganni. Il ché, specialmente ora che non
c’era più Thor a tenerli a bada, era senza dubbio
un bene.
Vedendo
una mano inguantata e familiare spuntare dalla botola aperta
sul pavimento, Ikol emise un verso basso e rauco.
E
ben presto, alla mano seguì una testolina coperta da un
cappuccio, e poi un’altra mano che reggeva una rosa rossa, e
un corpicino esile vestito di verde e nero, e alla fine Loki
sbucò nella sua stanza.
I
suoi occhi trovarono subito Ikol, e il ragazzino sbuffò
sonoramente.
«Giornataccia?»
gracchiò la gazza.
Fu
subito chiaro che Loki non aspettava altro che quella domanda.
«Altroché»
replicò.
«Ah, Ikol, beato te che non sei costretto a socializzare
né ad avere a che fare con chicchessia! Sai, ho fatto
assaggiare a Leah il mio frullato… Solo un sorso, era la mia
offerta, ma lei lo ha finito tutto… E poi ha scaraventato un
midgardiano contro una vetrina…»
Ikol
sbatté le ali, sorpreso, mentre Loki si portava al
mento la mano in cui stringeva la rosa, assumendo una posa meditabonda.
«Lo
concedo, era un mortale che difettava di simpatia,
però adesso le sovrane di Asgard hanno un motivo in
più per ricattarmi». Fece una smorfia.
«Come se la faccenda di Surtur non bastasse e
avanzasse!»
Si
interruppe un momento, e deglutì a vuoto.
Ikol
poté quasi scorgere il filo dei suoi pensieri che
legava la parola Surtur
al concetto morte di
mio fratello, per poi
annodarla a colpa mia,
e gettò un’occhiata di
rimprovero al ragazzino.
Quest’ultimo,
fortunatamente, si affrettò a
riprendere il discorso per nascondere quel momento di debolezza.
«E
quello che mi turba, è che ho la sensazione che
il peggio di questa giornata non sia ancora arrivato!»
Più
che prestare attenzione alle sue parole, Ikol
considerò con aria critica la sua forzata disinvoltura.
Pessima, pessima interpretazione, per il dio degli inganni!
Inconsapevole
dei pensieri dell’uccello, Loki prese a
giocherellare con la rosa, proseguendo: «Comunque, la Madre
di Tutti ha attinto al proprio fondo per ripagare la vetrina, ma io ho
dovuto fare un lavoraccio per ripagare loro…»
La
gazza smise di ascoltarlo. Era una deduzione errata, la sua, o quel
fiore proveniva dal Giardino delle Rovine?
Continuando
a parlare, il bambino si spostò lungo la stanza,
e Ikol ruotò il capo piumato per seguirlo con lo sguardo.
Loki
si mise a frugare tra i mille oggetti che ingombravano
l’ambiente, gettando di tanto in tanto una scartoffia alle
proprie spalle.
Dopo
cinque minuti buoni, riemerse dalle cianfrusaglie con un vasetto
di vetro pieno d’acqua.
«Ecco
qui» annunciò. Andò ad
appoggiare il vasetto accanto al proprio giaciglio, quindi vi
infilò dentro la rosa. «E il dono di Freyja
può starsene tranquillo».
Ikol
fece schioccare il becco.
In
quella stanza, i colori dominanti erano cupi, come il verde e il
marrone.
La
rosa, ora, aggiungeva una tonalità accesa, estranea,
violenta nella sua nitidezza.
Con
uno sbuffo, Loki si lasciò cadere seduto sul giaciglio.
Iniziò a togliersi gli stivali, ma durante tutta
l’operazione continuò a tenere gli occhi puntati
sulla rosa.
Pareva
quasi ne fosse ipnotizzato.
Ikol
sbatté le ali, infastidito. Guardò prima il
bambino, poi il fiore, ripetutamente… E alla fine parve
scuotere il capo – però, si sa, le gazze non
conoscono cenni di diniego.
Non
aveva un’opinione molto alta della prudenza del giovane
Loki, ma questo
superava anche le sue più infime aspettative.
Possibile
che il ragazzino non capisse di starsi cacciando nei guai?
D’altro
canto, tra l’evocazione di antiche creature
e il piano per aiutare suo fratello a morire, Loki sembrava dilettarsi
nel cercare il dolore…
Forse,
però, ammise Ikol tra sé e sé,
questa volta il masochismo non c’entrava.
Per
averne la conferma, aprì le ali e planò
giù dallo scaffale, andando a posarsi accanto a Loki.
«Tutto
ciò non è consigliabile,
sai?» lo apostrofò, con voce gracchiante.
Il
ragazzino trasalì, staccando di colpo gli occhi dalla
rosa.
Aggrottò
la fronte. «Di cosa stai parlando,
Ikol?»
«Di
quella». La gazza accennò alla rosa
con il becco.
Loki
gli rivolse uno sguardo vacuo. «Continuo a non
capire» insistette, ostinato.
Ikol
si sentì invadere da un immenso sospetto. Il nuovo Loki
era davvero
così ottuso, o era forse più bravo a
fingere di quanto lui avesse creduto?
«È
nella natura dei bambini, desiderare qualcuno a
cui affidarsi» spiegò pazientemente
l’uccello, «ma Loki non dovrebbe permettere che un
simile istinto incrini il suo ingegno».
Loki
continuò a fissarlo, finché una
consapevolezza improvvisa non brillò nel suo sguardo.
«Oh,
dai! Bleah!»
protestò il bambino.
Ikol
sollevò appena l’ala destra, con fare
estremamente educato. “Bleah?” pensò.
Un
tempo le argomentazioni del dio dell’inganno erano molto
più articolate.
Loki
arricciò il naso. «Per tutti i reami, Ikol!
Stai insinuando che… Io, cercare l’affetto della
Madre di Tutti?! Non diciamo idiozie! Io non mi fido di lei…
Non mi fido di loro!»
“Ecco”
pensò Ikol, sentendosi quasi
deluso, “non se ne rende nemmeno conto”.
Loki
era sempre Loki, ma nella sua forma attuale era anche un bambino.
La
gazza poteva capire che, dopo la morte di Thor, il giovanissimo dio
si ritrovasse completamente alla deriva in un mondo che non lo
accettava… E le uniche ad aver mostrato nei suoi confronti
una sorta d’interesse – che era tutto,
però, fuorché affettivo – erano state
le sovrane di Asgard.
Ricercare
protezione in una madre così algida e distante,
però, non avrebbe potuto che arrecare a Loki una nuova
delusione.
Sì,
indubbiamente in superficie il piccolo dio diffidava
dell’imperiale Freyja. Ma nel profondo?
Ikol
sospettava che nel suo subconscio fosse tutta un’altra
storia. Era sufficiente osservare come Loki si fosse preso cura di un
dono così poco impegnato…
«Se
hai concluso le stramberie, io adesso vorrei
dormire» proseguì l’incauto ragazzino,
scuotendo la testa. «Come ti ho detto, è stata una
giornataccia».
Finì
di togliersi gli indumenti più scomodi e
s’infilò degli abiti larghi e consumati, e a quel
punto Ikol dovette spostarsi per evitare che Loki gli si sdraiasse
sopra.
Il
bambino si accovacciò su un fianco – non prima,
notò Ikol, di aver dato un’ultima occhiata alla
rosa – e augurò: «Buonanotte,
Ikol».
Ikol
non gli rispose. Era pieno di biasimo e, forse, anche di disgusto.
Dopotutto,
però, lui era solo una gazza.
E
una gazza, si sa, non si interessa a siffatti argomenti.
Note:
Missing moment di JiM #633, ambientato dopo l’incontro di
Loki con le regine e prima del suo incubo riguardo Thor (trauma D:).
Okay, non ho mai giocato d’azzardo, ma ora mi sento come se
lo avessi fatto XD
È che mi ero messa a sfogliare il fumetto e mi sono piantata
lì, sull’immagine della rosa nel vasetto di
vetro… E l’influsso letale che kid!Loki ha sulla
mia mente ha fatto il resto…
Spero solo di non aver scritto la più grossa idiozia mai
contemplata.
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