Murder
Your Maker
Eric
Holmes sedeva davanti al pc nella penombra accogliente del suo
salotto.
Erano
già le dieci e mezza ‒ concentrato com’era sul
soggetto di un
nuovo videogioco, non aveva registrato il passare del tempo ‒ e i
grattacieli di New York brillavano come torri incantate, si
innalzavano simili a pinnacoli e montagne fuori dalle finestre
panoramiche dell’attico.
Tutto
stava andando per il meglio, nella vita di Eric: dopo il successo di
Prototype, che si era conquistato un codazzo di fan assolutamente
incredibile, Prototype 2 aveva venduto decisamente bene e
c’era la
possibilità che gli facessero sviluppare anche un terzo
capitolo
della serie. Si rilassò sullo schienale imbottito della
sedia,
immaginando il proprio futuro radioso e una casa ancora più
bella di
quella in cui già abitava, un avvenire in cui persino titoli
come
Skyrim si sarebbero piegati davanti ai suoi lavori.
In
quel momento, alle sue spalle risuonò un rumore umido, come
di cose
viscide e bagnate che scivolano l’una sull’altra.
Eric riconobbe
quel suono ‒ dopo tutto, l’aveva scelto lui ‒ e smise
immediatamente di respirare, con il cuore che accelerava
forsennatamente i battiti e una sensazione di panico a ottundere la
mente.
Non
fece in tempo a voltarsi, che qualcosa di appuntito e gelido
accarezzò lentamente la sua nuca.
«Ciao,
Eric». La voce era gelida, metallica, eppure roca e suadente
come
quella di un predatore che convinca gentilmente la preda a lasciarsi
ghermire. Holmes poteva quasi vederne il proprietario, gli occhi
d’acciaio luccicanti nell’oscurità e il
viso dai tratti belli e
affilati ‒ e pensò, anche in quel frangente, che non aveva
mai
creato nulla di meglio.
«Chi
sei?» Domandò, comunque, una vaga scintilla di
speranza incastrata
da qualche parte nel cervello.
«Oh,
sai perfettamente chi sono,» Era certo
che stesse sorridendo,
in quel momento, con quel suo ghigno cattivo e le iridi scintillanti
nell’ombra del cappuccio «così come sai
esattamente perché
sono qui».
La
lama gelida della spada ‒ o forse erano gli artigli ‒
graffiò la
pelle, e Holmes rabbrividì violentemente.
«No-non
c’è più niente che io p-possa fare,
Alex».
Mercer
emise un suono che somigliava vagamente ad una risata e insieme ad un
ringhio, poi spinse ancora di più la lama contro la nuca di
Eric.
«Sarà
meglio che tu ti stia sbagliando, Eric... per me e
per te».
«I-il
gioco è già uscito, non posso fare nulla per
cambiare le carte in
tavola ora. E poi non capisci, non c’era altro modo
per
sviluppare il tuo personaggio in maniera coer‒»
«Non
osare». Sibilò Mercer, infuriato, e
Holmes chiuse
definitivamente la bocca «Non osare dire che farmi
sconfiggere da
quel povero imbecille di Heller dopo avermi trasformato in un
ridicolo esempio di idiozia era l’unico modo di sviluppare il
mio
personaggio. Io non ho mai voluto dominare il mondo, e voi piccoli
imbecilli avete osato infangare il mio nome e
rendermi più
debole di quell’essere
in nome di un ridicolo
buonismo che non vi sarà perdonato».
Eric
stava sudando freddo. Ecco cosa succedeva a creare protagonisti
eccessivamente amorali e strapotenti ‒ chissà se
l’ideatore di
God Of War aveva il suo stesso problema? Beh, Kratos seguiva un
percorso decisamente più onorevole, però...
«Quel
videogioco» disse Alex, abbassando pericolosamente il tono di
voce
«è la cosa più incoerente e vergognosa
che abbia mai dovuto
tollerare in tutta la mia vita. Non credere che non mi
vendicherò,
Eric, ma prima...» da mormorio divenne rantolo, sussurro
rauco «...
ritira Prototype2 dal mercato. Ora».
«Ma
non p-posso, io‒»
«In
questo caso me ne occuperò personalmente».
Un
attimo dopo Eric Holmes avvertì un dolore impossibile
all’altezza
del petto, e quando abbassò lo sguardo vide rivoli di sangue
e
budella che precipitavano sul pavimento lucido dell’attico e
la
spada di Alex Mercer che si faceva strada nel suo sterno strappando
via ossa e muscoli come fossero burro.
Decisamente,
creare un protagonista onnipotente e per di più malvagio non
era
stata una buona idea.
Qualche
secondo dopo, nella stanza non era rimasta che una chiazza di sangue
e la figura alta e non troppo slanciata di Eric Holmes, in piedi; nei
suoi occhi brillava una luce malvagia piuttosto inconsueta, e le
labbra erano piegate in un ghigno vittorioso.
«A
noi due, Activision». Sussurrò «Dopo
tutto sei stato tu, Eric, a
chiamare l’ultima missione del gioco “Murder
Your Maker”».
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Cosuccia
assai brutta e senza pretese scritta dopo aver finito Prototype 2,
che mi ha deluso come poche altre cose in vita mia. Il primo gioco
era una bomba, aveva un protagonista meraviglioso e una trama ben
sviluppata, ma il secondo... voglio dire.
Heller.
Heller, alias “sono il protagonista de ‘Io Sono
Leggenda’ che
non trovava più lavoro ed è passato ai
videogiochi”.
Bah,
sono ancora irritatissima.
Mi
auguro che questa storiella vi sia piaciuta, alla prossima!
See
you soon,
Roby
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