Tipo una dedica, ma molto meno lusinghiera: i personaggi di questa storia sono tutti,
più o meno liberamente, ispirati ai divertenti, dissennati, eccentrici,
ossessionati e ossessionanti soggetti che ingombrano vistosamente la mia
vita. Amici chiacchieroni, cugini con la
piacevole tendenza a cadere in stati semicomatosi sul divano di casa mia
secondo esigenza, vecchie zie ficcanaso e conoscenti di cui, a voler parlar
bene, si è costretti a dire che vestono con eleganza: sono loro la mia fonte d’ispirazione
e sarebbero loro a potermi citare in giudizio se si riconoscessero in questa
storia.
È per questo
che non la leggeranno mai.
Prologo
Non è che fosse esattamente un gran lettore. Non masticava libri dalla
mattina alla sera. Tanto meno dalla sera alla mattina, lasso di tempo che
dedicava, senza particolari problemi o eccezioni degne di nota, al sonno più
quieto che fosse possibile esibire a chi abitasse proprio sopra la stazione.
Però si deve
riconoscere che le sue letture erano davvero poco convenzionali. Leggeva con
inedito piacere il retro della scatola di cereali e i foglietti illustrativi
dei farmaci. S’immergeva di frequente nella lettura compita e attenta
dell’elenco telefonico. Aveva un’insana passione per i libretti delle
istruzioni.
C.J. Yancoskji si barcamenava con pigrizia
fra le abitudini di una vita eccezionalmente noiosa, anche se faceva cose che
nessuno fa mai – come studiare il manuale di costruzione della scarpiera prima
di provare a montarla, azione nella quale la maggior parte degli uomini
improvvisa, rivendicando non si sa bene quale congenita capacità di montaggio
di mobili.
C.J. Yancoskji non sapeva nemmeno cosa fosse
l’improvvisazione. In parte perché nelle sue letture questa parola non era mai
compresa. In parte perché… insomma, avete capito. Se
avesse messo un piede fuori dalla routine quotidiana sarebbe letteralmente
impazzito.
Paula Winters impazziva due-tre volte l’anno. Era una giornalista che faceva su e
giù per il paese per questa o quella manifestazione teatrale, riusciva a tenere
lezioni di recitazione ad una cinquantina di aspiranti attori senza speranze di
calcare una scena, nel tempo libero organizzava spettacoli lei stessa, tutti di
discreto successo, non mancava di guardare ogni film che uscisse al cinema e si
affannava a comprimere, nello striminzito spazietto
libero rimasto in agenda, il corso di pilates, che
frequentava a sere alterne senza risultati di sorta.
Le rimaneva,
di tanto in tanto, il tempo di una litigata telefonica con sua sorella, che a
mille chilometri di distanza, le strillava contro la sua insoddisfazione.
Così, un po’
per gioco, un po’ per suggestione, Paula si presentava occasionalmente al
pronto soccorso denunciando la comparsa di sintomi del tutto compatibili con lo
stress da superlavoro, e quando le si diceva che le sarebbe bastato riposarsi
per riprendersi, si faceva ricoverare nel reparto psichiatrico, di sua
spontanea volontà e contro il parere dei medici.
«E speriamo che ce la tengano stavolta!» strillò alla cornetta sua
sorella. Ma dall’altra parte, avevano già messo giù.
Ora, se C.J. e Paula si fossero
conosciuti, forse – dico, forse – ne sarebbe venuto qualcosa di buono per
entrambi. Forse il temperamento di C.J. avrebbe
aiutato Paula a darsi una calmata, a prendersi del tempo per…
beh, per non fare proprio nulla. O per fare dei puzzle, che è come dire la
stessa cosa. Forse Paula avrebbe introdotto delle meravigliose, insperate
novità nella vita di C.J. e lo avrebbe iniziato, con
la rassicurante saggezza della veterana, al mondo degli imprevisti, dei gustosi
eventi fortuiti, delle variegate, impalpabili emozioni di giornate sempre
diverse e sempre sorprendenti.
Forse sarebbe andata proprio così. Ma questa non è la storia di
come C.J. e Paula si conobbero.
Questa è la storia di come C.J. Yancoskji e Paula Winters si
incontrarono diverse volte senza mai conoscersi e di come entrambi,
individualmente e inconsapevolmente, contribuirono alla serie di imponderabili
e controversi eventi che portò all’omicidio efferato di Dotty
Eglentyne, vedova Burke, maestra di pianoforte in
pensione e giocatrice d’azzardo a tempo pieno.
Ma non è il caso di affrettare il racconto.
Avvertimento
di fondamentale importanza:
Se mi fate sapere che ne pensate, non mi
offendo. Ve lo dico a scanso di equivoci.