Non tornare

di La Mutaforma
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Avevano lavato mille volte quel lenzuolo di cotone.

L’acre odore si era impregnato nelle fibre del tessuto, e non sarebbe andato più via.

 

Ti prego, non tornare.

Allah misericordioso, concedigli il tuo perdono, e rinchiudilo nell’aldilà.

 

Le travi di legno scricchiolarono sotto il peso dei suoi pensieri e fecero un rumore di passi.

Lenti, trascinati, raschianti.

Il rumore gli grattò fastidiosamente il timpano, e d’istinto si nascose sotto le lenzuola, stringendo le ginocchia al petto e chiudendo gli occhi.

 

Non ti voglio guardare.

Non stavolta.

Vai via, non tornare, non tornare, non tornare…

 

Si strinse le dita sulle orecchie, e sentì gli occhi pizzicare.

 

Non aprire gli occhi.

Sento il sangue che zampilla. Gocciola ancora sul pavimento, ed è inutile lavarlo via. 

 

Altair respirò profondamente, e cercò nel ricordo il coraggio di affrontare la notte.

La gola di Amahd si era allargata in un sorriso nero e vischioso.

Prima che cadesse ai suoi piedi, aveva avuto tutto il tempo di osservare impotente quello strazio, quella pozza di sangue che gli lambiva i piedi nudi.

 

Sospirò.

Ripensò a quando era andato allo studio del maestro, e aveva atteso sulla porta, con l’orecchio teso.

“Il ragazzo ha doti notevoli, ma l’oscurità lo soffoca”

Chiuse gli occhi.

La sua collera era più grande di ogni cosa in quel momento, densa come l’aria della notte, nera come la fortezza di Masyaf quando calava la sera.

 

Resta nelle ombre, Amahd.

Non tornare più.

Ti ho già perdonato, fratello. 





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