Fear not this night. You will not go
astray. Though shadows fall still the stars find their way.
Non
temere questa notte. Tu non ti perderai. Sebbene le ombre cadano, le
stelle tuttavia trovano la loro strada.
Da quanto fuggiva?
Minuti? Ore forse?
Da quanto tempo si era lasciata la fattoria alle spalle? Amelia non lo
ricordava quasi più. Mentre le sua gambe si facevano ad ogni passo più
pesanti
e i suoi rapidi respiri si trasformavano in acuta agonia, lei sapeva
che non
sarebbe riuscita a sfuggire da questa notte, da questo... orrore. Ma
pur
sapendo questo, lei stava correndo, spingendo il suo giovane fisico al
limite
estremo della sopportazione, fuggendo sotto il cielo senza luna e i
boschi di
Gendarran: vincolata dal terrore a mettere un piede di fronte
all'altro,
obbligata a soffrire. Perché era successo? Perché proprio a lei e alla
sua
famiglia? Nemmeno i pirati si erano mai avventurati così in profondità
nel
territorio.
Ma ciò che erano
giunto dal fiordo
questa notte, senza avviso e senza motivo, era stato molto più
spaventoso perfino
di una torma di centauri selvaggi.
Awaken
from a quiet sleep. Hear the
whispering of the wind.
Risvegliato
da un quieto sonno. Odi il sussurro del vento.
Anche se c'e silenzio
attorno a lei,
e solo il rumore del suo cuore e dei suoi passi le riecheggia nelle
orecchie,
Amelia sa che la stanno inseguendo: sa che Loro non hanno ragione di
fermarsi. Sa...
che Loro non hanno alcun motivo per non cacciarla.
I suoi piedi nudi
scivolano sulle
foglie e sul terreno umido e per un momento Amelia inciampa,
strisciando il tronco
di un albero con la spalla: Amelia accoglie il dolore di quella ferita,
che
scaccia in parte i ricordi e il terrore che essi provocano. E mentre
continua a
correre, le sue orme di bambina vengono coperta da altre, ben più
mostruose,
che si fanno ad ogni passo più vicine.
Awaken as the
silence grows in the solitude
of the night.
Risvegliato mentre il silenzio cresce
nella solitudine della notte.
○○○
Darkness spreads through all the land
and your weary eyes open silently.
L'oscurità
si diffonde attraverso tutta la terra e i tuoi occhi stanchi
si aprono silenziosi.
"Dimmi Ashenbones,
sai cosa sta
facendo?"
Il fuoco è buono
nell'oscurità di
questa notte e il pasto caldo appena consumato scioglie la fatica della
dura
giornata. Korwanna Whiteraven appoggiata languidamente i suoi tre metri
di
altezza contro il tronco di un vecchio albero, le cui fronde hanno
offerto riparo
al gruppo per la notte. I suoi occhi, viola e intensi, hanno smesso da
tempo di
interrogare il cielo senza trovare risposta e la sua maschera di orrore
zannuto, bianca e oro, riposa appoggiata dolcemente nel solco ampio dei
suoi
seni. Dall'altra parte del falò, i lineamenti felini di Renk Ashenbone
seguono
il suo sguardo, tenendo stretta fra le labbra una pipa fumante. Fra le
due paia
di corna che sorgono dalle sue tempie, esattamente in mezzo alla
fronte, il
muscoloso uomo felino esibisce una pietra simile ad un carbone ardente,
che
fluttua alimentata dai potere del mago. Renk piega le labbra in una
specie di
sorriso sprezzante, mentre inala i fumi acri del suo tabacco,
penetranti come
limatura di ferro bollente:
"Alcuni si muovono
durante il
sonno. Altri, invece, parlano." commenta con voce grave, fermandosi un
attimo per controllare il filo alle sue daghe adamantine, grandi e
spesse
quanto mannaie.
"Ma solo un Asura
scrive durante
il sonno." conclude il Charr tigrato, soddisfatto del suo lavoro.
E poco distante dal
falò, proprio un
Asura, basso come un cespuglio e con l'elmo storto sopra la faccia,
dorme con
la pancia all'aria e la bocca aperta, mettendo in mostra la lingua e la
chiostra
dei suoi piccoli denti appuntiti. Anche se i suoi occhi sono
indiscutibilmente chiusi,
la sua mano impugna comunque una penna e con movimenti precisi e
determinati
traccia complicati glifi geometrici su di un libriccino piccolo e
consunto.
Ma quando nel
silenzio della notte,
un ciocco ardente si spacca con un secco rumore, generando una torre di
scintille che si innalzano nel cielo, il piccolo Asura si rizza a
sedere: il
movimento improvviso gli ha fatto cadere l'elmo, rivelando il suoi
capelli neri
e sparati come un fuoco d'artificio. Quei capelli danno alla grossa
testa
dell'Asura l'aspetto di un rapa gigante di colore livido, sui cui lati
qualcuno
ha appeso orecchie penzolanti grandi quanto padelle: Korwanna ne nota
perfino i
bordi frastagliati, come se al piccolo Asura fossero rimaste chiuse fra
due
porte. Voglie chiare come lingue di fumo risalgono dalle spalle della
creatura
che non le arriva al ginocchio, facendo risaltare un unico grande
orecchino sul
lobo destro che cattura la luce del falò:
"Tritok, scolaro
golemesteir del
nobile collegio della Statica di Rata Sum. Molto lieto di incontrarvi."
enuncia tutto di un fiato l'Asura con una vocetta acuta, allungando un
tozzo
arto coperto da una scintillante corazza color cobalto e oro, con uno
strano
disco fluttuante all'altezza della spalla.
"Infiammabile o
combustibile?
Non ricordo, maestro Bonk." dice ancora l'Asura, prima di ricadere
all'indietro sulla sacca delle armi che gli fa da cuscino, riprendendo
poi
subito a scrivere sul suo libretto. La grande Norn e il Charr lo
guardano
dormire incuriositi, prima di concedersi un sorriso divertito.
Sunsets
have forsaken all the most
far off horizons.
I
tramonti hanno dimenticato tutti i più lontani orizzonti.
La notte è ormai al
culmine attorno a
loro e la Norn rilassa le sue labbra seducenti, preparandosi al sonno:
la sua
grande mano afferra la bandana che contiene l'onda scura dei suoi
capelli e se
la fa scivolare sugli occhi, preparandosi anche lei al riposo. Come in
risposta
ai suoi desideri, le pietre rosate della sua armatura, che levitavano
legate al
suo vestito con una catena dorata, riducono la loro luminosità e si
posano
dolcemente a terra.
"Dolci visioni,
Renk."
sussurra la Norn prima di abbandonarsi al sonno. Il Charr non risponde,
troppo
concentrato sul filo delle sue daghe per sentire qualcos'altro attorno
a lui.
Nightmares
come when shadows grow....
eyes close and heartbeats slow.
Gli
incubi giungono quando le ombre crescono... gli occhi si chiudono e
il battito rallenta.
Fear
not this night. You will not go
astray. Though shadows fall still the stars find their way.
Non
temere questa notte. Tu non ti perderai. Sebbene le ombre cadano, le
stelle tuttavia trovano la loro strada.
Creature come quelle
... Amelia non
ne aveva mai viste. Erano arrivate, semplicemente, mentre stavano per
cenare
tutti assieme, accompagnati da un refolo di vento che aveva portato
fino alla
loro casa un odore salmastro. Quando una delle cose aveva sfondato la
porta
d'ingresso, Amelia era stata colpita dal fetore che emanava: pesce
guastato al
sole, terra umida e salamoia. Era stato il fetore, così intenso da
farle
lacrimare gli occhi, a tradire la loro terribile... estraneità al mondo
che
Amelia conosceva fino a quel momento. Il fetore, prima ancora che
spiasse le
loro fattezze orripilanti da dietro suo padre. Dopo non c'era stato più
tempo
per pensare: non dopo che una di quelle cose aveva infilzato suo padre
e sua
madre l'aveva sollevata da terra cercando una via di fuga attraverso la
porta della
cucina. Non c'era stato tempo per pensare, quando una di quelle cose
aveva
afferrato sua madre per i capelli e l'aveva trafitta con la sua spada.
Non
c'era stato tempo per altro che fuggire.
E ora, Amelia sentiva
che la fine si
stava avvicinando rapidamente: le sue energie erano ormai finite e la
paura non
riusciva quasi più a sostenerla.
"Morirò qui?" si
chiese
Amelia, immergendo un piede nel fango.
And you can always be strong. Lift
your voice with the first light of dawn
E puoi sempre essere forte. Innalza la tua voce con la
prima luce dell'alba
Il canto di un
uccello arrivò fino a
lei, perfino in quella tenebra. Perfino con tutto quel terrore che
aveva nel
cuore.
Cosa mai cantava un
uccello a quell'ora
e in quelle tenebre? Forse era stata lei a spaventarlo. Se almeno
avesse avuto
anche lei delle ali con cui fuggire, pensò amaramente la bambina. Ma il
canto
non si allontanò da lei: anzi, sembrava ora più vicino.
Amelia sentì perfino
lo spostamento
d'aria mentre... qualcosa le passava vicino alla guancia, riempiendo le
sue
orecchie del trillo allegro del volatile. Ma Amelia sentì anche
qualcos'altro:
il rumore di qualcosa dietro di lei che cadeva, rotolando e
lamentandosi.
E quel fetore...
Correndo di nuovo
ora, con un'energia
disperata che non credeva di possedere, Amelia raddoppiò i suoi sforzi,
capendo, comprendo fino in fondo, di non voler morire. Non ancora, non
stanotte
e non per mano di una di quelle cose. Ma era così stanca. Così tanto
stanca: quando
il suo piede inciampò in una radice, Amelia non poté evitare di perdere
l'equilibrio. E già protese le sue braccia in avanti, aspettando di
cadere e
riempirsi la bocca di terra, non accorgendosi di stare già piangendo.
Non
accorgendosi di essersi arresa.
Ma, invece di cadere,
Amelia sbatté.
Il suo giovane corpo colpì con violenza... qualcosa che la bambina non
aveva
visto coi suoi occhi pieni di lacrime. Qualcosa di duro come il legno
della
quercia vicino alla sua fattoria. L'odore di fiori e di bosco le riempì
le
narici mentre Amelia capì di aver colpito non una cosa, ma qualcuno.
Dawn is just a heartbeat away. Hope
is just a sunrise away
L'aurora
è lontana solo un battito. La speranza è lontana solo un'alba
Meravigliata, Amelia
alzò lo sguardo,
ignorando il pulsante dolore che aveva sulla fronte, laddove aveva
sbattuto: di
fronte ai suoi occhi era apparsa una visione da sogno.
Suo padre gliene
aveva parlato e così
anche sua madre: i Sylvari, i figli del Bianco Albero. Piante e persone
allo
stesso tempo, che da soli venti anni si erano affacciati al mondo dalle
profondità dei loro boschi. Curiosi, reclusivi, strani e
intraprendenti: questo
si diceva di loro, ma per Amelia erano state sempre notizie di seconda
mano,
perché fino a quel momento non ne aveva mai visto uno. Dalle curve che
aveva
sul petto e dalle linee del suo corpo, Amelia credette che fosse una
femmina,
ma era difficile capirlo: la persona era coperta completamente da una
spessa corteccia
avorio e marrone come il legno delle betulle, piena però di corna e
punte
aguzze come la corazza di un cavaliere. Solo il viso e le mani, quelle
mani che
avevano fermato la sua corsa capì Amelia, erano scoperte, ed erano di
uno
strano colore malva, con linee luminescenti che attraversano la trama
della
carne come vene dorate. La sua testa era coronata dal cappello di un
enorme
fungo pallido, punteggiato con macchie azzurre e d'oro, che oscurava
con i suoi
bordi i lineamenti della Sylvari. La creature era alta, realizzò
Amelia, più
alta perfino di suo padre. Da sotto l'orlo del fungo,due occhi la
fissarono,
occhi nei quali non c'era sclera, ma solo un'iride cangiante come la
spuma del
mare a circondare una pupilla piccola come la capocchia di uno spillo.
I suoi
lineamenti erano gentili, e a parte il setto sul labbro inferiore e il
bocciolo
scarlatto che le stava gemmando dalla guancia sinistra, la creatura
aveva un
aspetto molto... umano.
"Quando si urta
qualcuno, anche
senza volerlo, è buona educazione chiedere perdono." disse la creatura,
con una voce armonica e sognante, che rafforzava la sua apparente
femminilità.
Di fronte al silenzio
di Amelia, l'essere
continuò:
"Io sono Amànyta del
popolo
Sylvari. E questa è Silat." disse la donna albero, indicando una figura
alla sua sinistra: seguendo quel gesto con lo sguardo, ad Amelia si
gelò il
sangue nelle vene.
Distant sounds of melodies darting
through the night to your heart.
Suoni
distanti di melodie, lanciati attraverso la notte fino al tuo cuore.
Tanto la Sylvari era
apparsa ad
Amelia etera e benigna, tanto l'altra figura che uscì dalle tenebre al
suo
fianco sembrò alla bambina come il parto di un incubo e della tenebra.
Era una
donna anch'essa, dalla pelle scura come l'ebano, vestita come i popoli
del sud.
Le sue forme magre
erano cinte da una
vestito leggero che odorava di magia e terra umida e lasciava scoperto
il busto
e le braccia della donna: solo una striscia di tessuto verdastro ne
copriva il
petto, mentre dei bracciali di pelle lavorata e argento nascondevano
gli
avambracci. La donna, Silat, aveva solo gli spallacci corazzati, di un
metallo
nero come la notte e ornati da rune spettrali.
Ma era stato il volto
della donna a
spaventare più di tutto la bambina: sotto una chioma di capelli castani
e acconciati
in sottili trecce sulle tempie, il suo volto era coperto con una tinta
bianca
come le ossa, che sfiguravano la sua faccia in un teschio disseccato:
solo i
suoi occhi, due perfetti laghi verdi, ne tradivano l'umanità. Amelia
occhieggiò
la figura, notando anche l'ascia argentata che portava legata alla
vita, il
corno da guerra che pendeva dalla sua cintura, e la staffa nera e
argento che la
donna impugnava saldamente. Amelia sapeva che cosa fosse quella donna:
il
pendente che portava al collo, raffigurante il dio dei morti Grenth,
con
indosso la sua maschera di teschio, ne svelava la vera natura. Silat
era
infatti una negromante, una di quegli stregoni che piegavano i morti al
proprio
volere.
"Non devi avere paura
di lei.
Anche se il suo aspetto può spaventarti, il suo cuore è puro." disse
Amànyta. La Sylvari si chinò di fronte a lei, emettendo il lieve rumore
del
legno piegato dal vento: solo in quel momento Amelia notò l'arco che
aveva
posato a terra, che sembrava fatto di fiori di campo intrecciati.
"Resta dietro di me,
ora." le
disse in un tono molto serio. Amelia non dovette chiedere cosa
intendeva,
perché mentre la Sylvari la spostava dietro di lei, altri di Loro
arrivarono
nella radura.
Auroras, mist and echoes dance in the
solitude of our life.
Le aurore, la nebbia e gli
echi danzano nella solitudine della nostra
vita.
Sopraffatta come era
stata dalla
sorpresa per il suo nuovo incontro Amelia aveva dimenticato: la bambina
aveva
dimenticato di non essere affatto al sicuro. Sarebbe stato quell'errore
a
costarle la vita?
La Sylvari e l'Umana
aveva tutta
l'intenzione di dimostrarle il contrario: Amànyta avanzò impavida,
frapponendosi fra lei e Loro, sfoderando la grande spada che portava
legata
sulla schiena. Osservando quell'oggetto, Amelia non poté fare a meno di
spaventarsi:
era una spada strana e terribile che stonava con la donna albero:
invece di
corteccia e spine di rovo, quella spada era di metallo dorato, con
gemme
purpuree ad adornarne la lama. Fulmini violetti guizzavano fra l'elsa a
forma
di disco e la gemma sulla punta della spada, tronca e piatta, e laddove
avrebbe
dovuto esserci il filo, sottili saette ne prendevano il posto: la
Sylvari
impugnò l'artefatto con una sola mano squadrando la torma abominevole
di fronte
a sé.
E la torma restituì
il suo sguardo.
Pleading sighing arias gently
grieving in captive misery
Arie
supplichevoli e singhiozzanti piangono dolcemente in malinconie
senza uscita
Mentre Amelia li
osserva, Silat, pone
una mano sulla sua spalla: sotto la sua presa forte, ad Amelia sembrò
di venire
schiacciata.
"Non temerli, ma
osservali.
Osserva e imprimiti nella memoria il loro aspetto: Loro sono il
nemico."
La voce della negromante era riarsa e vibrante e parlava ad Amelia di
oscurità
ed eterno silenzio. Ma Amelia obbedì comunque a quella richiesta: era
il minimo
che potesse fare, dopotutto, onorare la sua famiglia imprimendosi nella
mente i
volti dei suoi assassini. Nella notte, il loro aspetto abominevole
feriva
l'anima ancora più del loro odore: corpi gonfi d'acqua e pieni di
vesciche, con
i lineamenti idropici degli affogati. Corpi sfigurati e piegati, dalla
pelle
grigiastra dei morti. Corpi che un tempo erano stati d'uomo, ma che ora
rigettavano liquido da ogni apertura, mentre stracci luridi coprivano
le loro
forme devastate. Cocci, schegge di legno e coralli ornavano quelle
carcasse,
che brandivano ancora le armi con le quali erano morti ed erano
precipitati sul
fondo del mare, condannati a rimanervi fino a quando un maleficio non
li aveva
richiamati alla Terra.
La Torma urlò loro
addosso, e fu un
urlo di agonia e pena, di terrore infinito e della morte di ogni
speranza: solo
la mano sulla sua spalla impedì ad Amelia di ricominciare a fuggire.
Darkness sings a forlorn song yet our
hope can still rise up
L'oscurità
canta una disperata canzone, ma la nostra speranza può ancora
risorgere
"Ascoltatemi, schiavi
di
Zhaitan!" gridò contro di loro Amànyta, rispondendo al loro urlo con il
suo, puntando contro di loro la sua grande spada: col suo grido ottenne
il loro
silenzio.
"Ogni vita ha diritto
a
crescere: il bocciolo è fratello dell'erba. La diversità è cosa buona,
poiché
il confronto che da esso deriva è sano. A nessuna vita dovrebbe essere
tolto il
diritto di prosperare, nemmeno alla più piccola." dicendo questo, la
Sylvari gettò un'occhiata ad Amelia da sopra la sua spalla.
"Anche questo
mantiene
l'equilibrio del mondo. Ma ciò riguarda solo i vivi: voi non avete il
diritto di
esistere. Questa notte, io seppellirò nuovamente i vostri corpi. "
ruggì
la Sylvari, lanciandosi sulla torma con la spada levata e un sorriso
selvaggio
sulle labbra.
Nightmares come when shadows grow. Lift
your voice, lift your hope!
Gli incubi giungono quando
le ombre crescono. Innalza la tua voce,
innalza la tua speranza!
○○○
Fear not this night. You will not go
astray. Though shadows fall still the stars find their way
Non temere questa notte. Tu non ti perderai.
Sebbene le ombre cadano, le stelle tuttavia trovano
la loro strada.
Attorno al falò,
Ashenbone è l'unico
rimasto sveglio: sotto la sua pelliccia tigrata e la sua sete di
sangue, il
Charr possiede una singolare sensibilità, che cerca di celare il più
possibile.
Ed è a causa di questo che non vuole ancora dormire: Ashenbone non
vuole far
trovare il campo immerso nel sonno quando le due torneranno dalla
perlustrazione. Per questo controlla ancora e ancora il filo delle sue
daghe
adamantine, per passare il più possibile il tempo.
"Quelle due..."
sospira il
Charr, mettendo altro tabacco di radici nella sua pipa di legno di rosa
e
assaporandone una lunga boccata.
Molto tempo è passato
da quando le
femmine hanno ottenuto pari diritti fra i Charr, ma nel suo sangue Renk
sente
ancora il bisogno antico di proteggerle. Sciocche tradizioni quelle,
senza
dubbio, ma è comunque difficile scordare le leggi più ataviche dei suoi
antenati, anche quando queste diventate assolutamente superflue. Renk
sa che quelle
due non hanno mai avuto bisogno di protezione, anzi, sono state loro a
salvarlo, quando lui e il suo gruppo fu sopraffatto dai morti, ormai
tanti anni
fa. Fu la gratitudine allora a spingerlo a lasciare la Legione di
Sangue,
l'unica famiglia che avesse conosciuto fino ad allora, per seguirle
nella loro
gilda.
Con un sospiro, il
Charr afferra la
sua pipa, su cui è impresso il loro simbolo: una rosa che brucia in una
fiamma,
un emblema che comincia a essere noto e rispettato fra le varie gilde,
per
quanto poche siano le persone che lo sventolano come proprio. Tuttavia,
il duro
lavoro, il coraggio e le loro armi hanno ripagato i loro sforzi con
onori,
denaro e armi più letali, ma il Charr a volte si chiede se tutto questo
sarà
abbastanza per abbattere Zhaitan, l'antico drago che muove i morti a
suo
piacere e fa risorgere le isole dal mare.
"Siamo ancora troppo
pochi." sussurra Renk.
Ma questo non è
necessariamente un
male: in una Gilda piccola e coraggiosa come la loro, ciò vuol dire che
sono
più che mai uniti, a differenza della Legione da cui proviene.
And though the night skies is filled
with blackness, fear not! Rise up, call out and take my hand!
E sebbene
il cielo notturno sia pieno di oscurità, non temere! Alzati,
chiama e prendi la mia mano!
Il suono di un corno
da guerra
trafigge il silenzio della notte: Renk è in piedi in un istante,
rinfoderando
le sue daghe e ascoltando i rumori della notte. Il corno suona ancora,
una, due
volte ancora, segnalando l'adunata.
Amànyta e Silat hanno
incontrato il
nemico. Chissà se rimarrà qualcosa anche per loro, quando le
raggiungeranno, riflette
il Charr. Renk si guarda attorno: Korwanna e Tritok sono già svegli e
nel mezzo
dei preparativi. La possente Norn si allaccia nuovamente la sua
maschera sul
volto, stringendosi le due spade alla cintura.
"Detesto combattere
di notte.
" Commenta la Norn. "Chiunque siano, assaggeranno la mia furia."
"Sembra che avremo
molti bookah a cui impartire una lezione,
mhh?" commenta il piccolo Asura, calcandosi l'elmo sulla testa: Tritok
si
stringe gli scarponi, le sue pistole già infilate nella sciarpa che
porta
legata attorno alla vita, mentre il suo fucile è già carico poco
distante."Ma
riusciranno a impararla, questa volta?" completa con un ghigno che fa
scintillare i suoi piccoli denti da squalo.
"La carne
morta, deve imparare a stare ferma." Recita Renk,
legandosi la sua staffa sulla schiena.
Come un solo essere,
Renk, Tritok e
Korwanna si gettano poi nella foresta, ansiosi di arrivare alla
battaglia che
le loro compagne hanno già iniziato.
Fear not this night! You will not go
astray. Though shadows fall, still the stars find their way!
Non
temere questa notte. Tu non ti perderai. Sebbene le ombre cadano, le
stelle tuttavia trovano la loro strada!
Fear not this night! You will not go
astray. Though shadows fall, still the stars find their way!
Non
temere questa notte. Tu non ti perderai. Sebbene le ombre cadano, le
stelle tuttavia trovano la loro strada!
And you can always be strong. Lift
your voice with the first light of dawn!
E puoi
sempre essere forte. Innalza la tua voce con la prima luce
dell'alba!
Dawn is just a heartbeat away.... Hope
is just a sunrise away....
L'aurora
è lontana solo un battito... La speranza è lontana solo
un'alba...
Lo spunto
per questa one shot mi è arrivata inizialmente in sogno: inizialmente,
solo Amànyta e Amelia facevano parte del racconto, ma pur essendo una
one shot su Guild War2, e nonostante il fatto che non ho mai giocato ad
esso, altri personaggi hanno insistito per fare la loro comparsa
durante la stesura. Come potete immaginare, questo pezzo è stato
fortemente influenzato dall'ascolto di "Fear not this night" di Jeremy
Soule che a quanto ho capito fa da colonna sonora al videogioco. Mi
sono permesso di aggiungere il testo della canzone alla mia oneshot,
così come la sua traduzione e ne consiglio l'ascolto.
Spero che vi sia piaciuto! E ascolterò con interesse qualunque commento
vorrete fare.
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