Vi prego non uccidetemi… So
che dovrei andare avanti con quella traduzione che inizia con la ‘W’, ma questa
era troppo carina, era lì, sola soletta, che mi guardava con gli occhioni
dolci… lo sapete che non resisto a queste cose!
E poi l’avevo detto fin dall’inizio
che quella l’avrei tradotta in un arco di tempo molto più lungo, con un
capitolo una volta ogni tanto.
La riprendo in mano presto,
promesso.
E poi qui ci sono Ted e
Andromeda :P
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What
to make of him
NdT: Ho
una beta fenomenale... J
All’inizio,
lei non sapeva proprio cosa pensare di lui.
I
suoi abiti erano alquanto trasandati, logori e rovinati in alcuni punti, ma
dopo un’attenta osservazione aveva notato che erano stati rammendati in maniera
impeccabile, rattoppati con cura e precisione immense. Ciocche di capelli
continuavano a finirgli davanti agli occhi ed era leggermente pallido e
all’apparenza stanco, ma la sua espressione era giovane e vivace, il suo
sorriso sulla soglia caldo e invitante, come pure il suo sguardo, così lei gli aveva
stretto la mano, accogliendolo in casa con sincero piacere di fare la sua
conoscenza.
In
realtà non era assolutamente quello che si era aspettata.
I
ragazzi di Ninfadora non erano mai stati interamente appropriati, ma fino a
quel momento, erano stati di un diverso genere di inappropriato, giacche di
pelle di drago e toni di voce strascicati e svogliati, capelli non lavati e
scarpe sporche; quel tipo di ragazzo che attraverseresti la strada pur di
evitare. Ma questo nuovo ragazzo non era niente del genere, e quando Ninfadora
fece le presentazioni, si dimostrò gentile, alla mano, con un’adorabile punta
di nervosismo, e di conseguenza Andromeda si trovò un po’ impreparata per
affrontarlo.
I
suoi precedenti ragazzi erano stati di tutt’altra sorta, sfacciati, con un
linguaggio colorito almeno quanto i capelli di Ninfadora, ma adesso aveva di
fronte un uomo che non metteva i piedi sul tavolino del soggiorno, che non
fumava in casa, un uomo che ringraziava continuamente, e conversava
amabilmente, cercando evidentemente di fare una buona impressione.
E,
man mano che il tempo passava, Andromeda iniziava a capire perché a sua figlia
piacesse.
Perché,
chiaramente, era così. Ogni volta che Remus parlava, Ninfadora si sporgeva
leggermente verso di lui e, quando i loro occhi si incrociavano, lei sorrideva
e distoglieva lo sguardo. Si erano seduti uno accanto all’altro sul divano, le
ginocchia che si sfioravano appena; Andromeda ricordava molto bene il
significato di quel gesto, la silenziosa intesa, e si scoprì felice che
l’avessero trovata, anche se ancora non era riuscita a inquadrare Remus Lupin.
A
pranzo le aveva scostato la sedia, anche se lei aveva alzato gli occhi al cielo
al suo gesto, e poi si era educatamente appoggiato il tovagliolo in grembo. Aveva
aspettato che lei iniziasse a mangiare prima di farlo lui, nonostante lei gli
avesse detto di darci dentro, e sapeva qual era il cucchiaio per la minestra –
cosa che non si poteva dire per sua figlia che, come al solito, aveva impugnato
subito quello per il dessert.
Quando
Andromeda aveva servito le portate, Remus aveva passato i piatti prima a
Ninfadora e, in seguito aveva osservato quanto deliziose fossero le patate
arrosto, chiedendo che tipo di incantesimo avesse usato per cuocerle, visto che
il suo non riusciva mai correttamente, e chiedendo, successivamente se poteva
rivelare la ricetta dello stufato.
Avevano
parlato del suo lavoro – o della sua mancanza, ragion per cui si aspettava di
trovarlo sulla difensiva, che provasse a giustificarsi, ma non l’aveva fatto,
parlando invece con onestà e un pizzico di tristezza della sua situazione,
confessando che sperava in un cambiamento, anche se si era sempre dato da fare
quanto bastava per tirare avanti; scherzando aveva aggiunto, che se
proprio, aveva sempre desiderato la vita del casalingo.
Ninfadora,
a sua volta aveva scherzato dicendo che, se davvero voleva intraprendere
quell’occupazione, gli sarebbe servito molto di più che un incantesimo per
cuocere le patate e la ricetta dello stufato; ma poi si erano scambiati
un’occhiata, e Andromeda aveva letto nei loro occhi che ne avevano già parlato
seriamente, abbastanza seriamente da poterne parlare con leggerezza ora.
Dopo
mangiato, Ninfadora aveva portato Remus in giardino per mostrargli il melo, che
era nato da un semino che lei da piccola aveva sotterrato, dicendogli che non
aveva mai fatto neanche un frutto e che pensava non sarebbe mai successo, ci
voleva, forse, l’impollinazione incrociata. E lui aveva guardato l’esile fusto
e le foglie striminzite, e non aveva detto niente riguardo all’assenza di mele,
aveva definito la pianta carina, e affermato che doveva avere il pollice verde,
per essere riuscita a farla crescere.
Aveva
appoggiato con naturalezza la mano sulla schiena di lei mentre camminavano, e
quando avevano raggiunto la casa, aveva aperto la porta e scostandosi, le aveva
fatto segno di entrare per prima, gesto che gli fece guadagnare un altro
sguardo al cielo, ma anche un leggero sorriso.
Andromeda
sorrise mentre li guardava. Non sapeva cosa pensare di lui all’inizio, ma
all’improvviso capì perché le piaceva. Trattava Ninfadora come una donna,
pensò, nonostante lei si non comportasse, e non si vestisse indubbiamente come
tale. La ragazza alzava gli occhi al cielo e lo denigrava persino per questo,
ma era certa che segretamente le facesse piacere, che le piacesse il fatto che
ci fosse un uomo che si curava di lei, che le facesse capire, con tanti piccoli
gesti, quello che sentiva.
Non
era decisamente come se lo era aspettato, pensò, ma mentre li guardava insieme,
si chiese cosa avrebbe potuto chiedere di più per sua figlia.
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All’inizio,
non sapeva proprio cosa pensare di lui.
Gli era sembrato un tipo simpatico – Ted stava
guardando la partita quando era entrato e si erano stretti la mano, ma in quel
momento il telecronista aveva annunciato che la palla era finita sopra la
traversa, e così Ted, con un vago gesto della mano, aveva indicato il divano o
e Remus si era seduto accanto a lui.
Quello
che l’aveva veramente impressionato era stato il fatto che Remus avesse atteso
una opportuna pausa nell’azione – una rimessa – per chiedere chi stava giocando
e se fino a quel momento era stata una buona partita, e Ted gli aveva risposto
che stavano perdendo, e Remus aveva fatto una smorfia, commentando che non ne
era sorpreso, con il loro miglior difensore in panchina.
Quell’osservazione
aveva sorpreso molto Ted, perché Remus non aveva proprio l’aspetto di un tifoso
dei West Ham, e così gli aveva chiesto se seguiva il football – perché solo
pochi maghi lo facevano – e Remus aveva scosso il capo, spiegando che leggeva
occasionalmente giornali Babbani, che aveva semplicemente visto un articolo
riguardo l’infortunio del giocatore sulle pagine dello sport.
Ted
aveva sorriso, ma si era chiesto fra sé se Tonks non lo avesse istruito prima,
dicendogli della sua passione per i West Ham e lui si fosse andato a cercare
qualcosa sull’argomento. In ogni caso, Ted aveva trovato gentile da parte
sua, interessarsi.
Era
decisamente un passo avanti rispetto al precedente, quello con l’anello al naso
e decine di buchi alle orecchie; quello che rispondeva soltanto a grugniti e
aveva fatto un buco sul divano con la sigaretta.
Ted
l’aveva osservato mentre diceva le cose giuste, rispondendo con disinvoltura
alle domande di Andromeda, senza che fosse evidente il suo desiderio di fare
buona impressione, come se gli venisse naturale.
Ma
quello che era riuscito davvero a convincerlo, era stato quando Tonks si era
alzata per aiutare con il pudding e aveva sbattuto il gomito contro lo stipite
della porta. Invece di ridere, Remus in un attimo era al suo fianco, prendendo
il suo braccio fra le mani, controllando che non si fosse fatta niente,
genuinamente preoccupato. Ed era solo una botta, il genere di incidenti che le
capitavano ogni cinque minuti; lei ci aveva riso sopra, dicendo di non
preoccuparsi, ma a lui interessava che lei stesse bene, e a Ted questo piacque.
Più
tardi, Ted li sorprese in cucina mentre si baciavano, quando si supponeva che
stessero preparando il caffé; e nonostante il suo istinto paterno gli
suggerisse di iniziare a scagliare incantesimi refrigeranti verso di loro,
rimase invece sulla soglia e sorrise. C’era una sorta di tenerezza
nell’espressione di Remus, e fu colpito dal pensiero che quello era un uomo che
si sarebbe preso cura di sua figlia, che avrebbe fatto del suo meglio perché
lei fosse al sicuro.
Un
lieve scricchiolio dietro di lui lo avvertì che Andromeda stava venendo a
indagare dove fossero finiti tutti e perché il caffé tardasse ad arrivare,
quindi si voltò verso di lei facendole cenno di avvicinarsi in silenzio. La
donna inarcò lievemente un sopracciglio incuriosita, ma fece comunque come le
era stato detto, e sbirciò oltre la porta aperta.
Si
lasciò scappare un sospiro divertito e incontrò lo sguardo di Ted. “Che pensi?”
sillabò, e l’uomo sorrise.
All’inizio,
non sapeva proprio cosa pensare di lui, ma era un uomo che sarebbe stato
gentile con sua figlia, e l’avrebbe sempre protetta, cosa che era un dono molto
più prezioso di qualsiasi regalo materiale che avrebbe potuto farle.
“Quando
verrà da me a chiedere la mia benedizione per avere la sua mano,” sussurrò,
“Penso proprio che gli dirò di sì.”
Andromeda
spalancò gli occhi.
“Pensi
davvero che lui…?”
Ted
annuì.
“Conosco
quell’espressione,” sussurrò. Diede un’ultima occhiata dentro la cucina, ma le
braccia di Tonks erano ancora aggrappate al collo di Remus e le dita di lui le
accarezzavano i capelli, e quindi sospettava che il caffé non sarebbe arrivato
tanto presto. Incontrò lo sguardo di Andromeda e le prese la mano, indicandole
con un cenno che avrebbero dovuto fare ritorno in salotto.
“Lasciamoli
soli.”