Aredhel vagava sotto la
pioggia.
L'acqua bagnava il suo viso solcato dalla tristezza,troppo triste per
una ragazzina.
Dodici anni...come aveva fatto a vivere in questo modo per
così tanto tempo?
Se solo fosse stata come gli altri...una normale bambinetta un po'
viziata,piena di amiche pronte a discutere con lei sulle ultime
novità in fatto di moda e abbigliamento....ma lei non aveva
amiche.
Fece svoltare il suo skate in direzione del parco e ne saltò
giù per camminare sul selciato.Era molto stanca,ma non
voleva tornare a casa,o se così la poteva definire. Non le
era mai piaciuto il luogo in cui viveva:una villetta rustica simile a
tutte le altre in zona,che la maggior parte delle persone definirebbe
un "posticino accogliente", ma lei no.
Aveva vissuto li sin dalla nascita,ma le era sempre apparsa fredda e
vuota.
Raccolse lo skate e si sedette su un'altalena,i suoi fradici capelli
biondi che le scivolavano sul viso.
Era abituata alla mancanza di affetto ed attenzioni,sua madre era morta
inspiegabilmente alla sua nascita,mentre suo padre....bhe,di suo padre
non sapeva un gran che.Le avevano raccontato solo che era partito
sparendo dalla circolazione,lasciando sua madre giovanissima,incinta di
lei,senza neanche saperlo. Nessuno l'aveva più visto.
E così lei viveva con la nonna materna,una donna molto
indaffarata e sempre impegnata in viaggi d'affari,che le rubavano gran
parte del suo tempo e avevano costretto la povera Aredhel a
stare a casa da sola sin da quando era molto piccola.
Ma il punto non era questo; era riaccaduto ciò che temeva di
più,ciò che aveva tentato di rimuovere tante
volte ma senza successo,ciò che l'aveva resa così
impopolare.
Era iniziata come una giornata normale,solita corsa verso la
scuola,solite occhiatacce dei compagni,soliti occhi indiscreti puntati
su di lei.....finchè...era successo.
Era l'ora di biologia,ed Aredhel era esausta.Non aveva dormito un gran
che la notte prima,ed adesso sentiva le sue palpebre che crollavano
lentamente.Sentì il professore che spiegava..parlava delle
cellule....le cellule si dividono in eucariote e procariote...Aredhel
si chiedeva come avrebbe fatto a ricordarselo....quelle procariote..dal
greco "pro carion" cioè prive d nucleo...come era piatta la
voce del prof,riusciva a mala pena a sentirla....i suoi occhi
sprofondavano sempre d più....
sudava freddo.
Avvertì che i suoi compagni erano in cerchio
attorno a lei e la fissavano tesi,quando dalla sua bocca
uscì un urlo raccapricciante.
-Il mondo....non sarà più come lo
conosciamo...qualcosa di orribile sta per accadere...molti
moriranno...molti di voi...e i pochi superstiti dovranno ricominciare
tutto daccapo,tutto sarà distrutto..-
E a questo punto aveva lasciato la classe correndo.
Doveva immaginarlo.
Non poteva sperare di aver riacquistato la normalità...anche
se era 1 po' che non accadeva un evento simile.
Era questo il motivo per il quale non aveva mai avuto amici.
Nel corso della sua breve vita,aveva predetto dozzine di eventi
attraverso quelli che definiva “attacchi”.
Potevano venirle durante il giorno,mentre dormiva,in qualunque
situazione.
Era come una specie di dono,come un sesto senso che aveva posseduto sin
dalla nascita,ma che non avrebbe mai desiderato avere.
Infatti,per quanto predire gli eventi futuri possa sembrare
interessante,le sue predizioni avevano una caratteristica: riguardavano
sempre catastrofi.
Se solo fosse stata più grande e avesse avuto più
voce in capitolo avrebbe potuto fermarle,ma essendo solo una ragazzina
non poteva fare niente,se non restare impotente aspettando che la sua
profezia si avverasse e soffrendo per tutte le persone che sarebbero
morte.
Ed i suoi coetanei avevano paura di lei. Provavano ad
ignorarla,temevano che se avessero soltanto parlato con lei ,qualche
strana disgrazia si sarebbe abbattuta sulla loro famiglia. Persino sua
nonna la evitava.Anche se,come Aredhel aveva sempre sospettato, la
riteneva come responsabile della morte della madre,la donna era
riuscita a reprimere il rancore e ad andare avanti.
Ma con le sue visioni aveva toccato il limite: la donna infatti aveva
iniziato ad evitarla durante i pasti e tutte le occasioni che avevano
di vedersi,usando come scusa il lavoro.
E così Aredhel si ritrovava sola.
Scese dall'altalena ed andò a cercarsi una panchina protetta
dai rami di qualche albero.Avrebbe passato li la notte.
Non le importava del pericolo che correva,ormai non le importava
più di niente.Sapeva che questa era la predizione
più grande e catastrofica che avesse mai avuto,lo sentiva,ma
era troppo stanca.
Così, cercando di reprimere ogni pensiero,le palpebre si
chiusero sui suoi occhi color nocciola e, distrutta,si
addormentò.
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