Water and Dirt
Disclaimer: Tutto di JKRowling, come sempre.
Nota
della Traduttrice: Ed eccomi qui di nuovo, con un
altro lavoro di Floorcoaster.
Dopo Red Memory
, la scelta è toccata a Water
and Dirt, oneshot scritta in occasione dell'ultimo dmhgficexchange,
"Brew a
Love Potion for Draco and Hermione", indetto nel dicembre
2006.
Le richieste a cui Floorcoaster doveva adeguarsi erano piuttosto
semplici e generiche, una
parola che fa sciogliere il cuore di Hermione e no a una Hermione che piange e
si dispera per Draco, e, da queste poche indicazioni, Floo
è riuscita a tirar fuori quello che io considero un
autentico gioiellino. Spero, con questa traduzione, di aver reso
giustizia ad una one-shot davvero unica.
Se volete leggere la versione originale di questa fic, potete trovarla
a questo link, Water and Dirt,
oppure tra le opere di Floo archiviate sotto la sua pagina autore su
ColouredGrey, floorcoaster.
Buona lettura,
Kit^^
Water and Dirt
Avrebbe saputo dire il mese, il giorno, e persino l’ora in
cui
comprese che lei era qualcuno con cui avrebbe potuto passare il resto
della sua vita.
Era una cosa incredibile, veramente. Lui. A pensare la sua vita con
– con – qualcun altro. Lui,
che mai, prima di allora, aveva sprecato più di mezzo
pensiero
all’idea di condividere realmente la sua vita con
un’altra
persona.
Ma era lei, ecco tutto.
~oOo~
Stavano camminando.
Beh, lui stava camminando, e lei lo
stava seguendo. Lo faceva
spesso, camminare. Trovava che gli serviva per calmare i nervi, che
erano sempre sull’orlo di scattare. E quando camminare non
aiutava, quando non era abbastanza per dimenticare le loro frecciate e
le loro provocazioni, e i loro ghigni compiaciuti quando avvertivano di
averlo colpito, allora la sua camminata si trasformava in una corsa.
Quando i suoi polmoni stavano bruciando e il suo cuore scoppiando, e il
suo sangue gli rintronava nelle orecchie e i suoi piedi battevano
contro il suolo, allora scompariva tutto. Tutto tranne quanto lo
circondava, lentamente in lontananza e in modo caotico, accanto a lui.
Tutto, mentre correva lontano da quella casa e dalle loro parole.
Tutto, tranne che una superficiale sensazione di star quasi volando.
Quel giorno, tuttavia, sebbene avesse bisogno di correre, stava solo
camminando, perché lei lo stava seguendo.
Infine, lei si stufò di seguirlo e si affrettò a
raggiungerlo ed a camminare di fianco a lui, le braccia incrociate e il
respiro leggermente più ansante del normale. Non poteva
farci
nulla, lui camminava in fretta. Lei lo aveva seguito, e così
lui
non aveva avuto nessuna voglia di rallentare il passo per facilitare la
sua camminata. Poteva tornarsene
indietro, lei, per tutto quello che gli importava.
Con la coda dell’occhio, mentre fissava ostinatamente un
punto
davanti a sé, la vide lanciargli uno sfuggevole sguardo. Si
rese
conto che il suo sguardo accipigliato era tutto per lui. Beh
–
bene - pensò. – Le sta bene dopo tutto quello che
hanno
detto. Si aspettava veramente che non avrebbe reagito?
~oOo~
Avevano tentato di farlo esplodere da mesi, fin dal primo momento in
cui era arrivato lì. La Tana. Che cavolo di nome era,
tra l’altro? L’avevano colpito, pungolato e
provocato. Gli
avevano detto cose orribili. Su di lui, su suo padre. S’era
sforzato di far scivolare le loro parole sopra di lui, come
l’acqua sul dorso di un’anatra.
Ma quel giorno – quel giorno, avevano passato il segno.
Non erano mai riusciti, prima, ad ottenere una qualche risposta da lui
– non una singola parola. Avevano rivolto a lui e a suo padre
ogni maledetto insulto che faceva parte del loro infimo vocabolario da
Grifondoro, e lui era rimasto in silenzio. Così avevano
incominciato a portare nella mischia sua madre. Aveva persino visto
la loro esitazione nel coinvolgerla. Si erano guardati gli uni con gli
altri, come a farsi forza a vicenda, a racimolare le ultime briciole di
coraggio prima di farlo. Era servito solo ad incrementare la sua ira.
In un certo senso apprezzava i loro tentativi di farlo esplodere. Gli
davano l’opportunità di allenare il suo
autocontrollo. Si
sedeva e ascoltava fino a raggiungere quasi il punto di non ritorno,
ma, invece di lanciarsi nella lotta, a quel punto si alzava senza
spiaccicare parola e lasciava la casa per camminare o – se le
loro provocazioni e le loro frecciate avevano colpito con particolare
durezza – per correre.
La prima volta era rimasto sorpreso quando l’avevano lasciato
andare, ma s’era presto immaginato che, in qualche modo,
sorvegliassero tutti i suoi spostamenti.
La prima volta che accadde era passata solo una settimana da quando era
arrivato. S’era inoltrato dritto nei boschi che circondavano
la
casa, senza prestare nessuna attenzione a dove si stesse dirigendo. Ad
essere onesti, la possibilità di perdersi non gli
interessava
per niente. Aveva camminato con furia, lontano
dall’abitazione,
fino a che la rabbia non si era lenita, e, una volta che ciò
era
avvenuto, s’era fermato e s’era guardato attorno.
Il sole
autunnale colpiva gli alberi, facendo risplendere le foglie come
fossero preziosi gioielli.
Non s’era aspettato un nuovo attacco da parte loro, ma era
successo; e ben presto era divenuta una ricorrenza settimanale. Sapeva
che il momento stava giungendo quando tutti loro convergevano su di
lui, ovunque si trovasse – in salotto, in cucina, in camera sua
– lo fissavano, come se pensassero che sarebbe potuto
esplodere
da un momento all’altro, maledicendoli, o facendo di peggio.
Più il tempo passava, più diventavano nervosi, e
lui
usava la loro paura per nutrire la sua resistenza. A volte immaginava
di scoppiare davvero contro di loro, e questo lo
rendeva in qualche modo felice.
Non tornava mai verso la casa a meno che la sua rabbia non fosse
completamente svanita. Era importante.
Dopo la quarta volta trovò un albero perfetto per
arrampicarvisi. C’era un ramo largo e tozzo a circa sei metri
di
altezza, vicino ad un buco cavo nel tronco. Si arrampicava fin
lassù e lì si sedeva. Iniziò a
dirigersi lì
ogni volta che doveva calmarsi, sgattaiolando via dalla cucina con
qualunque leccornia fosse riuscito trovare. Era il suo
albero, ed aveva persino intagliato le sue iniziali vicino
all’apertura del suo rifugio. Si era sentito un po’
sciocco; eccolo lì, diciassettenne, e ancora ad intagliare
segni
sul tronco di un albero. Ma era il suo albero, e lui non aveva
nient’altro. Non i suoi soldi, non la sua casa, non la sua
famiglia. Nemmeno più la sua bacchetta, gli avevano portato
via
anche quella. Così aveva reclamato l’albero.
L’inverno era passato e lui continuava a tornare al suo
albero
ogni volta che lo attaccavano. In nessun’altra occasione,
però, per timore di essere seguito. Nei giorni in cui usciva
infuriato dalla casa, nessuno osava seguirlo, avevano ancora paura di
lui.
Tranne lei.
~oOo~
“Draco,” chiamò, quasi correndo per
stagli dietro. “Hai passato il tuo albero.”
Lui irrigidì la mascella. “Lo so.”
“Perché non ti sei fermato?”
“Sono ancora arrabbiato.”
Lei lo conosceva, ora. Era Aprile, dopotutto. Otto mesi da quando era
stato mandato alla Tana.
~oOo~
Il giorno di Natale lo lasciarono da solo. Non tentarono di
innervosirlo, ma, d’altra parte, non tentarono…
nulla. Lo
ignorarono completamente. Era stato grato, inizialmente, di questa
pace, ma poi, mentre rimaneva seduto nella sua stanza a fissare i
regali ai piedi del letto, aveva sentito tutti loro al piano inferiore,
a ridere ed a scherzare, ed a divertirsi ancora.
Non che lui volesse far parte di quell’insieme familiare
nauseante e appiccicoso. No, per nulla.
Verso sera – non aveva lasciato la sua stanza per tutto il
giorno
– c’era stato un bussare alla sua porta.
L’aveva
fissata con odio, desiderando che chiunque ci fosse stato
dall’altra parte se ne fosse andato via.
“Malfoy,” era giunta una minuta voce, ed il suo
cipiglio s’era fatto più profondo. Lei.
“Va’ al diavolo,” aveva risposto,
bruscamente.
Così lei aveva aperto la porta. “La cena
è pronta.”
L’aveva squadrata. “Sparisci, Granger. Non
vengo.”
Si era portata le mani sulle anche ed aveva reclinato la testa.
“Smettila di startene qui appollaiato tutto il giorno e a
piangerti addosso!”
Era shockato. Fin da quando era giunto alla Tana, lei non aveva mai
pronunciato una parola scortese nei suoi confronti. Questa cosa,
all’inizio, l’aveva sopreso, ma ormai aveva dato
per
assoldato che la situazione non sarebbe mai cambiata. Nessun tono acido
nelle sue parole, nessuna alzata degli occhi al cielo, nessun commento
o ritorsione sprezzante alle sue dure risposte; nulla. Dopo un paio di
giorni aveva smesso del tutto di parlarle.
Tutto quello che fece fu fissarla, e lei ne prese spunto per
continuare. “Non sto scherzando, Malfoy. Vieni a
mangiare.”
Il suo tono saputello lo fece uscire dal suo stato di trance.
“Non dirmi quello che devo fare,”
strascicò.
“E lasciami
da solo.”
“Cosa mangerai?” pretese di sapere, incrociando le
braccia davanti al petto.
“Che ti importa?” rincarò con disprezzo,
poi si
alzò dal proprio letto e si diresse verso la porta.
Tentò
di chiuderla, ma il piede di lei si frapponeva tra la porta e lo
stipite.
“Non mi importa, ma tu hai bisogno
di mangiare,” aveva risposto
con fierezza.
“Non ho voglia di mangiare, specie con voi.
Scenderò dopo e prenderò gli avanzi.”
“È così che vuoi veramente che vadano
le cose?”
Alzò gli occhi al soffitto. “Come se potessero
andare in
modo diverso. Ora, va’ via.” Aveva sbattuto con
forza la
porta contro il suo piede e lei aveva emesso un grido di dolore,
ritraendosi. Poi lui aveva chiuso violentemente la porta, con
sufficiente forza da farsi sentire da tutta la casa; letteralmente.
Con un ghigno soddisfatto, era ritornato al letto e al libro che stava
leggendo. Aveva avvertito una folata d’aria
all’apertura
violenta della porta, e s’era voltato per trovare Hermione in
piedi, lì accanto, la sua bacchetta fumante per la rabbia.
Aveva
marciato nella sua stanza, fino a trovarsi faccia a faccia con lui.
“Ascolta bene, Malfoy,” aveva iniziato,
gli occhi
fieri, sottolineando le sue parole con dei colpi contro il petto di
lui. “Non potrebbe interessarmi di meno di quello che fai, ma i
Weasley sono stati gentili a permetterti di rimanere
qua, quindi il minimo che potresti fare
è mostrare un po’ di rispetto. È la cena di Natale e vogliono che tu mangi con loro.” Lui
aprì la bocca per protestare, ma lei lo precedette,
continuando il suo sfogo. “E non dirmi che mi
sbaglio, perché – perché tu credi che sia qui, a cercare di farti scendere? Harry e
Ron e gli altri non ti diranno nulla, quindi datti una mossa e vieni a
mangiare.”
Per tutta la sua tirata lui rimase fermo dov’era,
rifiutandosi di
mostare un qualunque segno. Anche se avrebbe tanto voluto scoppiare a
ridere. Lei era più bassa di lui di almeno una spanna, e
molto
più piccola nel complesso, e i suoi capelli erano arruffati
come
al solito, ma eccola lì, a urlargli contro come se fosse
alta
tre metri. Avrebbe voluto poter vedere la scena dall’esterno,
guardarla mentre continuava ad assestargli quei colpi sul petto.
“Se scendo, te ne starai zitta?” le chiese,
tranquillo, scrutando nei suoi occhi furenti.
Lei non si era aspettata quella risposta, così gli
assestò un altro colpo, più forte dei precedenti.
“Sì.”
Lui sorrise e lei indietreggiò, come fosse stata colpita.
“Sei… incredibile, lo sai?”
Lei gli rivolse un’occhiataccia. “Io -”
“Tu hai promesso di stare zitta.”
Lei sbuffò e marciò fuori dalla stanza. Lui la
seguì, scuotendo la testa, divertito.
~oOo~
Sapeva che lui non si sarebbe fermato finché la sua rabbia
non fosse sbollita.
E lui era ancora abbastanza arrabbiato. Di solito pensava ad altro per
distrarre la sua mente dalle loro parole, ma quel giorno continuava a
rivedere la scena nella sua testa, e a pensare a tutte le cose che
avrebbe dovuto dire. E ne aveva dette comunque di cotte e di crude;
erano, alla
fine,
riusciti nel loro intento; alla fine, erano riusciti a farlo
esplodere. E poi s’erano ritratti nel timore della sua
reazione.
Lei tenne il suo passo, con sua lieve sorpresa, e insieme cammirano in
silenzio.
Lui odiava ammetterlo, ma era probabilmente la sua presenza che stava
riuscendo a far sbollire il suo sangue ed a sciogliere la sua ira.
Aveva finalmente rallentato, dopo aver camminato per quasi cinque
miglia, e poi si era fermato. Mai, prima di allora, s’era
spinto
così lontano. Lei si era fermata accanto a lui un istante
più tardi, stringendosi un fianco. Lui sogghignò,
doveva
aver male alla milza.
Davanti a loro si estendeva un’ampia pozza infangata.
Sembrava
asciutta, in superficie, ma sapeva che non poteva esserlo
completamente. Era piovuto parecchio nelle ultime settimane e Draco
sapeva che il terreno era ancora zuppo, specie dopo il temporale della
notte precedente.
Hermione, mentre il suo respiro ritornava alla normalità,
alzò lo sguardo su ed oltre la pozza fangosa. “Ti
sei
calmato?”
Una fresca ondata di rabbia lo avvolse. “No.”
“Continuiamo a camminare, allora?”
Dovette distogliere lo sguardo per non farle vedere il suo sorriso.
Avrebbe continuato a camminare con lui finché non fosse
stato a
posto.
~oOo~
“Come puoi dirlo?”
“Dire cosa?”
“Che – che è la tua parola
preferita che ti ricorda me.”
“Cosa ha che non va?”
“Cosa ha che non va? Non puoi essere serio!”
“Lo sono.”
“Tanto per iniziare, non è per nulla
lusinghiera.”
“Ma mi piace. No, la amo. È
perfetta.”
“Sei crudele.”
“Cosa? No, non lo sono.”
“Ti stai prendendo gioco di me, del mio sangue, quando sai che non
c’è nulla che possa fare al riguardo.”
“Non è vero! Non ha nulla a che fare con quello,
lo giuro.”
“Allora cosa? I miei capelli? I miei occhi? Se non
è il mio sangue, allora cosa?”
“Ehi! Non arrabbiarti. Non intendevo nulla del
genere.”
“È meglio che ci sia una buona scusa.”
“Ti ricordi di quel giorno? Quando Potter e i Weasley hanno
attaccato mia madre?”
“È successo anni fa!”
“Sì, sì, rilassati. Ricordi cosa
è successo poi?”
“Sì.”
“Beh, quella è stata la prima volta che
l’ho capito davvero.”
“Capito cosa?”
“Che qualcosa – questo – era
possibile.”
“Come hai potuto capirlo allora?”
“L’ho capito, e basta.”
~oOo~
Dopo la cena di Natale, tra lui e lei le cose cambiarono, in un certo
senso. Lui tentò di capire il perché nel suo
tempo
solitario al suo albero, ma non c’era nessuna spiegazione
sufficiente. Quello che era successo – quando lei era salita
in
camera sua per portarlo a cena – doveva essere stato
abbastanza
per far cambiare qualcosa.
Per forza, perché era così che ora stavano le
cose. Lei
l’aveva seguito, un paio di settimane dopo Natale. Erano
quasi
riusciti a farlo scattare quella volta, parlando di Pansy. Certo, a lui
non era mai interessata particolarmente quella ragazza, ma non
c’era motivo per cui loro dovessero attaccare lei solo perché un
tempo era uscita con lui.
E lei era stata sua amica da più tempo di chiunque altro,
così lui era quasi esploso. Ma Hermione era entrata nella
stanza
proprio nel momento in cui stava per aprire la sua bocca,
così
lui le aveva semplicemente rivolto un’occhiataccia ed era
uscito.
E lei l’aveva seguito.
Aveva sorpassato il suo albero per la prima volta, quel giorno, ma non
era andato molto oltre. L’aveva notato, passandogli accanto,
e
aveva iniziato a pensare cosa fosse quell’albero ed a cosa
significasse per lui, e velocemente era tornato indietro.
Lei non se l’era aspettato e lui l’aveva vista,
lì
in piedi, a fianco al suo albero. Si era messo immediatamente sulla
difensiva, credendo che fosse venuta lì a continuare quello
che
gli altri avevano iniziato, ma, mentre le si avvicinava, si accorse che
si era appoggiata ad un altro albero e stava iniziando a leggere.
“Cosa vuoi?” aveva ringhiato.
Lei aveva chiuso il libro, e gli aveva rivolto la sua attenzione.
“Vieni sempre qui?”
Lui non era più arrabbiato, ma non era nemmeno in una buona
luna. “Che ti importa?”
Lei scrollò le spalle. “Non m’importa.
Lo sai.” Ma poi fece un mezzo sorriso, e distolse lo sguardo.
Era stanco di essere da solo. Di non avere nessuno con cui parlare, con
cui fare qualunque cosa, e, nonostante i suoi sforzi per fregarsene,
gli importava, specialmente quando sentiva tutti gli altri ridere,
felici e dimentichi di lui. Lei l’aveva seguito e ora gli
stava
parlando. Solo questo avrebbe potuto essere una ragione sufficiente per
farlo aprire un poco a lei, per prendere qual poco di interazione che
poteva, persino se fosse stata una delle solite.
Ma anche qualcos’altro era cresciuto in lui. Ne era un
po’
irritato, un po’ tanto, ma non poteva farci nulla; lei gli
piaceva. Pensava che fosse buffa. Era iniziato il novembre precedente,
quando si era infuriata con Harry e Ron e li aveva rimessi al loro
posto. Lui aveva riso dei due, allora, e lei gli aveva rivolto un
sorriso, prima di allontanarsi di fretta dai suoi due amici.
Dopo Natale non poteva fare a meno che sentirsi attratto da lei. Il suo
sorriso era rigenerante, e la sua risata una brezza rinfrescante.
Sospirò. “Sì, è qui che
vengo.” Fece
segno sopra alla sua spalla. “Questo è il mio
albero.”
Lei alzò lo sguardo. “Il tuo albero?”
“Sì. Mio.”
~oOo~
“Uh, Granger? C’è un grosso ostacolo a
bloccare la strada.”
Lei schioccò la lingua. “Oh, quello? È
asciutto. Ci si può camminare sopra.”
“Non è asciutto.
È piovuto per giorni. A me sembra asciutto solo in
superficie.”
“E io credo che si possa passare.”
“Ti dico di no.”
Incrociarono gli sguardi e combatterono una piccola, silenziosa
battaglia. Infine Hermione si lasciò andare a uno sbuffo.
“Va bene. Ci giriamo intorno?”
“L’unica cosa sensata da fare.” Si
avviò lungo
quello che pensava fosse il percorso più breve e Hermione lo
seguì. Poteva avvertire un senso di anticipazione emanare da
lei, così si gettò un’occhiata alle
spalle. Gli
occhi di lei brillavano e stava guardando la pozza.
“Granger,” disse, a mo’ di avvertimento.
E, come un fulmine, lei si mosse, di corsa verso la pozza fangosa. Lui
scosse la testa e la guardò mentre faceva i primi passi
sulla
superficie. Al quarto, tuttavia, una caviglia le affondò nel
fango, e l’altra gamba la seguì fino al ginocchio.
Si
fermò, allora, e alzò lo sguardo su di lui.
“Che c’è?” le chiese, cercando
di non ridere.
Lei tentò di tirar fuori la gamba sinistra, ma
così
facendo la destra, che fino a quel momento era immersa solo fino alla
caviglia, affondò ancor più. Non se
l’era aspettato
e aveva così perso l’equilibrio.
D’istinto aveva
portato le braccia davanti a sé, e quelle s’erano
affossate fino ai gomiti.
Draco stava ora ridendo apertamente, inutile cercare di nasconderlo.
“Draco!” lo chiamò.
“Te l’avevo detto,” rispose, a corto di
fiato.
“Aiutami!”
“Scordatelo! Ti sei cacciata lì dentro da sola, ti
tiri fuori da sola.”
Lei tentò di estrarre un braccio, e l’altro
andò
ancora più a fondo. Allora tentò di estrarre
entrambe le
braccia, contemporaneamente, e finì seduta con il sedere nel
fango, ma almeno gli arti superiori erano liberi. Lentamente si rimise
in piedi e tirò fuori la gamba sinistra, facendo forza
contro il
fango più compatto. Riuscì a tirar fuori anche
l’altra, poi si chinò in cerca di qualcosa.
“Che stai facendo, pazza?”
“Avevo dei sandali,” rispose, “Uno
s’è sfilato.”
“Lascia perdere!” le disse ridendo.
“Salva te stessa!”
“Adoro questi sandali!” rimbottò lei,
rimestando il fango, per cercarlo.
Draco stava ridendo così forte, ora, che dovette sedersi.
Delle
lacrime potevano vedersi sul suo volto. Non sembrava che lei stesse
avendo molta fortuna nella sua impresa. “Andiamo, Granger.
Arrenditi.”
“No,” rispose, testarda.
Le risa di lui si quietarono, mentre osservava quella pietosa ricerca
del sandalo. Pensò che l’avesse trovato quando lei
squittì e fece un movimento improvviso. Ma
l’istante
successivo la vide cadere, a faccia in giù nel fango.
Scoppiò nuovamente in una fragorosa risata. Lentamente lei
si
rialzò, in piedi nello stesso punto in cui si trovava in
precedenza, e si voltò verso di lui.
Il suo viso, e tutto il suo corpo, era ricoperto di fango. Si
ripulì gli occhi, il naso e la bocca, poi
cominciò ad
urlargli contro, mentre lui continuava a ridere di lei.
“Draco, sono seria! Aiutami, per piacere!”
Lui si calmò abbastanza per dirle, “Sei tu quella con una bacchetta,
psicopatica.”
Persino attraverso la maschera di fango, lui vide il momento in cui lei
comprese. Fece una smorfia verso di lui ed estrasse la sua bacchetta,
si ripulì, poi asciugò il fango intorno a lei,
cosicché si trasformasse in terriccio. Lentamente, infine,
tornò verso di lui.
Una volta completamente pulita, si sedette di fianco a lui, stizzita.
“Grazie di tutto,” disse, sarcastica.
“No, grazie a
te. La mia
rabbia è completamente svanita, per merito tuo.”
“Oh, bene, meno male. Sono così contenta che le
mie
sfortune siano state in grado di salvarti dal tuo eremo di disperazione
e che tu sia stato in grado di ridere a crepapelle mentre io sarei
potuta annegare.”
Lui schioccò la lingua. “Non saresti annegata. Non
essere così tragica.”
“E se non fossi riuscita ad uscire? Se avessi esaurito tutte
le
mie forze tentando, e… e… fossi stremata al suolo
senza
più energia? Sarei affogata nel fango!”
Lui la guardò, un timido sorriso sulle sue labbra.
“Credi
davvero che ti avrei lasciata annegare?” le chiese, pacato.
~oOo~
Era come se lei avesse capito quello che voleva dire
sull’albero senza che lui avesse bisogno di spiegarglielo.
Cosa
che non avrebbe fatto, in ogni caso.
Lei aveva iniziato a seguirlo, alle volte, dopo gli attacchi degli
altri, di solito quando pensava che fosse particolarmente irato. E in
quei giorni, sapendo che lei era dietro di lui, la sua rabbia si
dissipava più velocemente che non nei giorni in cui non
c’era.
“Vuoi venire su?” le chiese in una fredda giornata
di
febbraio. Lei non gli aveva mai chiesto di poter salire con lui. Di
solito si sedeva alla base del tronco, non sotto il suo ramo, ma di
lato, e poi si mettevano a parlare, a volte per ore. Lui era grato per
ogni interazione che poteva avere, fintanto che era con lei.
Lei alzò lo sguardo verso di lui, poi verso il suo ramo, e
di
nuovo verso di lui. “Er, no grazie. Niente contro il tuo
albero,
naturalmente.”
“Ho dei dolci, lassù,” la
tentò,
giocosamente. “Il miglior cioccolato di Mielandia, Caramelle
Tutti i Gusti +1, Cioccorane; dimmi quello che desideri, ce
l’ho.
E anche Burrobirra bollente.”
“Bollente? Come?”
“Beh, lo sarà, una volta che tu l’avrai
incantata per esserlo.”
“Malfoy,” disse e guardò ancora il ramo.
“È così – alto.”
“Non ti lascerò cadere,” le rispose.
Lei lo guardò. “Non hai nemmeno una
bacchetta.”
Sogghignò. “Credi che questo possa
fermarmi?”
“Ma -”
“Sì o no. Non te lo chiederò
ancora.”
“Sì,” rispose, velocemente.
“Bene. Vai tu per prima.”
Lei esitò, poi gli allungò la sua bacchetta. Lui
inarcò un sopracciglio. “Nel caso,” gli
disse.
Prese il pezzo di legno dalle sue mani. Non dava le sensazioni giuste,
non come la sua, ma c’era da aspettarselo. Lo
colpì che
lei, più che fidarsi che lui non l’avrebbe
lasciata
cadere, si stava fidando che lui non le avrebbe fatto del male, che non
l’avrebbe tradita, né sarebbe corso via. Persino
con la
bacchetta di qualcun altro avrebbe potuto essere pericoloso.
Lei era già arrivata a metà altezza, prima che
lui iniziasse a seguirla.
Si sedettero, uno di fianco all’altra, con Hermione
abbarbicata
al tronco per sicurezza, per il resto della giornata; abbuffandosi di
dolci e Burrobirra, e parlando.
~oOo~
Lo guardò, allora, e lui avvertì un brivido di
eccitazione di fronte all’intensità nei suoi
occhi.
Sostenne il suo sguardo per qualche istante, poi lei distolse gli
occhi. “Beh, non sembravi molto interessato ad
aiutarmi,”
disse, con un tono molto meno furibondo. Poi si mise a ridere.
“Scommetto che ero ridicola.”
“Sì, lo eri.”
Lei fece per colpirlo leggermente su un braccio, ma lui
anticipò
la sua mossa e si scostò. Determinata, lei si
avvicinò
maggiormente e, al secondo tentativo, ebbe successo.
“Specialmente con tutto quel fango sulla faccia.”
Lo colpì ancora, stavolta con più forza.
“Vorrei aver avuto qualcosa per poter catturare
l’immagine.”
“Draco!”
Lui la guardò e sorrise. “Che
c’è?”
“Non c’è bisogno di rigirare il
coltello.”
Gli era molto vicina, ora, e la cosa gli piaceva. Hermione lo
spintonò di nuovo, e quando lui incrociò i suoi
occhi,
lei sorrise.
“Che c’è?” chiese.
“Vuoi parlare?”
Lui sbuffò. “Lo voglio mai?”
“Sono felice che tu non sia più arrabbiato. Non
potevo credere a quanto furioso fossi.”
“Se insisti a volerne parlare, mi vedrai arrabbiato di
nuovo.”
“Oh, okay. Scusa.”
Raccolse una pietra e la lanciò nella pozza di fango;
atterrò con un appagante splat.
“Però,” riprese lei, voltandosi
leggermente verso di lui.
“Sì, lo so.”
~oOo~
Così come dopo Natale, le cose cambiarono dopo quel giorno.
Per
lui, almeno. Una cosa piccola, ma anche enorme. Era la vita, e lui
aveva solo diciassette anni. Quasi diciotto, ma aveva ancora tutta la
vita davanti a sé, se le cose si fossero risolte in favore
dell’Ordine. Poteva sentirlo, e gli piaceva. Non significava
nulla, solo che era certo che lei gli piacesse. Non aveva idea di come lei si sentisse, ma pensava che
magari anche lei era cambiata un poco.
Non era coinvolto nella Guerra, per niente. Si era consegnato al
Ministero dopo l’accaduto sulla cima della Torre
d’Astronomia, gli era stata concessa la libertà
vigilata
ed era stato mandato alla Tana, per motivi di sicurezza. Aveva capito
che non era fatto per essere un Mangiamorte, c’era troppo
della
famiglia di sua madre in lui.
Non uccidere qualcuno era risultato essere il momento più
importante della sua vita. Fino a quel momento si era sempre chiesto da
che parte voleva davvero stare, in quella Guerra. Capiva entrambi gli
schieramenti, e poteva vedere le questioni – molte delle questioni –
da entrambi i punti di vista.
Quando gli era stato dato il compito di uccidere Silente, sapeva che
sarebbe stato un punto di non ritorno nella sua vita, ed era ansioso di
sapere come sarebbe finita. Aveva compreso subito che non sarebbe stato
un compito facile, e presto aveva anche compreso che non voleva
uccidere il vecchio, o qualsiasi altra persona.
Ma doveva fare qualcosa, o i suoi genitori sarebbero
stati uccisi, così aveva continuato a tentare, senza farlo
davvero. Non aveva avuto successo, e non era mai stato così
felice e così terrorizzato per un fallimento in tutta la sua
vita. Quando era andato al Ministero avevano preso anche sua madre, e
l’avevano nascosta, da qualche parte.
Loro – Harry, Ron, Ginny, Fred e George – erano
stati
orribili con lui fin dal primo giorno in cui era arrivato. Hermione era
stata diversa.
Ma anche loro l’avevano lasciato in pace dopo quel giorno, in
aprile.
Non sapeva perché, e persino settimane più tardi
si
aspettava che lo attaccassero da un momento all’altro. In un
certo senso, avrebbe voluto che lo facessero; non aveva parlato molto
con Hermione da quell’ultima volta, e davvero questo non gli piaceva. Ma
non credeva nemmeno che avrebbe potuto semplicemente parlare con lei.
Non con loro attorno. Draco era abbastanza
sicuro che Hermione non avesse detto ai suoi amici che era in termini
amichevoli con lui.
~oOo~
“È comunque una parola orrenda, specialmente per
qualcuno che dichiari di amare.”
“Non sto chimando te con quella parola. Solo,
penso sempre a te e sorrido, quando la sento. Che
c’è di sbagliato in questo?”
“È – L’ho sentita fin da
quando sono entrata
nel mondo magico, e non è mai stata un buona
cosa.”
“Lo è, adesso. E che parola hai tu per
me?”
“Luccicante.”
“Luccicante?”
“Sì. I tuoi capelli – praticamente
brillano, lo sai?”
“Luccicante.”
“Sì.”
“E poi dici che la mia parola è
brutta.”
“Cosa c’è che non va con
‘luccicante’”?
“A questo punto potresti chiamarmi
‘scintillante’ o
‘sbrillucciccante’ o qualcosa del
genere.”
“Beh, è meglio della tua.”
“No, che non lo è. La mia ha a che fare con un
momento
importante della mia vita, un’importante constatazione. Tu
non
hai idea di cosa significhi per me. Che cosa può
c’entrare
‘luccicante’?”
“Beh, nulla di così eclatante come la tua, a
quanto pare,
ma è stata la prima parola che mi è venuta in
mente dopo
che mi hai detto che mi amavi la prima volta.”
“… Oh.”
“Vedi? Anche la mia parola ricorda un evento
importante.”
“Quindi devo scegliere una nuova parola?”
“Non mi lamenterei.”
“Ma almeno questa significa qualcosa.”
“Anche la tua nuova parola potrebbe significare
qualcosa.”
“Non così tanto.”
“Onestamente? Tienila.”
“Devi credermi; non voglio dire nulla di male.”
“Ti credo.”
“Davvero?”
“Sì.”
“Bene.”
“Dove stai andando?”
“Dove stiamo andando, vuoi
dire.”
“Cosa?”
“Oh, andiamo, su. Non abbiamo tutto il
giorno.”
“Sul serio, dove stiamo andando?”
“Non vuoi che sia una sorpresa?”
~oOo~
Al primo anniversario del suo arrivo alla Tana, qualcuno
bussò
alla sua porta, ad un’inconcepibile ora del mattino.
Bussò, con forza e ripetutamente, fino a che
lui non barcollò giù dal letto.
Quando aprì la porta, pronto ad urlare dietro a chiunque
fosse,
trovò Harry e Ron a scrutarlo da dietro i cappucci alzati
dei
loro mantelli.
“Andiamo,” ordinò Harry, girandosi verso
le scale.
Draco s’accigliò. “Scusa?”
“L’hai sentito,” s’intromise
Ron. “Vieni
con noi. Adesso. Non hai nessuna scelta. E ti trascineremo per i
capelli, se dobbiamo.”
Con un cipiglio sempre più accentuato, Draco
obbedì senza
fare storie e artigliò un mantello da mettersi addosso.
Harry e Ron lo condussero silenziosamente fuori dalla casa e tra gli
alberi, nella direzione opposta rispetto a quella che prendeva lui di
solito. Infine, dopo un miglio o poco più, si fermarono.
Entrambi i suoi compari si tolsero i cappucci. Draco rimase fermo,
irritato.
“Okay, Malfoy,” iniziò Harry, sedendosi
su un grosso
masso che Draco non aveva notato fino a quel momento. Ron si sedette su
un altro masso, e Draco si guardò alle spalle, dove ne vide
un
terzo. Non si sedette.
“Okay, cosa?”
“Ti crediamo.”
Draco rimase a bocca aperta, incredulo. “Voi mi credete?”
“Sì. È passato un anno intero, e sei
stato
completamente diverso da come eri prima. Così, o stai
recitando
-”
“Cosa che abbiamo escluso,” intervenne Ron.
”O sei veramente
così,” concluse Harry.
“E, come abbiamo già detto, sappiamo che non stai
mentendo.”
Draco sogghignò. “E come sapreste questo?”
“Hermione,” rispose Harry.
Draco s’irrigidì e temette immediatamente il
peggio
– che lei avesse detto loro tutto quello che era intercorso
tra
loro.
“Rilassati,” disse Ron, estraendo un sacchetto da
una
tasca. “Caramella al limone*?” chiese, allungando
il
sacchetto verso Draco, che scosse la testa. “Come
vuoi,”
disse, porgendolo a Harry.
“Hermione ci ha detto – abbastanza,”
specificò
Harry, e Draco si chiese se fosse riuscito a imparare un po’
di
Legilimanzia.
E, ancora, Draco rimase silente.
“Siediti,” continuò Harry.
“Prenditi un Chinotto**.”
Draco corrugò la fronte. “Un cosa?”
“Bevanda frizzante babbana. Tieni.” Harry gli passo
una
bottiglia di vetro, scura, poi ne prese una per Ron e una per
sé. I due brindarono silenziosamente e bevvero la loro,
mentre
Draco rimase a guardare la bottiglietta con sospetto.
“Qual è il problema?” chiese Ron.
“T’abbiamo portato qui, ci siamo scusati, ti abbiamo detto che ti
crediamo e che ci fidiamo, e tu non bevi il nostro Chinotto?”
“Non vi siete scusati.”
Ron scrollò le spalle. “Appena fatto, in un
senso.”
“È diventato un gioco,” intervenne
Harry. “E – era sbagliato.”
Finalmente Draco si sedette, guardando ancora di traverso la bottiglia
nella sua mano.
Ron roteò gli occhi. “Dammi qua.” Prese
la
bottiglia, l’aprì con un leggero
‘pop’, e ne
prese un sorso. “Visto? Niente veleno.” La
passò di
nuovo a Draco.
Lui la riprese, ma la guardò con nuova diffidenza.
“Che c’è adesso?” chiese
Harry.
“Germi Weasley.”
Harry scoppiò a ridere, cosa che prese completamente in
contropiede Draco, e Ron fece una smorfia. “Fidati, Malfoy.
Per
personale esperienza, posso assicurarti che non ti faranno alcun
danno.”
Lentamente, con cautela, si portò la bottiglia alle labbra
e,
con un’ultima occhiata sia a Harry che a Ron e con un sospiro
rassegnato, ne prese un sorso. Non era simile a null’altro
che
avesse mai bevuto in precedenza, e gli fece pizzicare gli occhi. Non
era sicuro se gli piacesse o meno, e decise che aveva bisogno di fare
un’ulteriore verifica.
“C’è il piccolo effetto collaterale di
teste rosse
che crescono fuori a caso nei posti più
disparati,” disse
Harry. “Ma, a parte questo -”
“Ehi!” fece Ron, guardando torvamente Harry.
Draco si lasciò andare a un moto di ilarità e gli
altri
due lo guardarono come se avesse parlato in cinese.
“Cosa?”
“Sai ridere,” disse Ron, squadrandolo con occhi
sbarrati.
Draco sbuffò. “E tu sei bravo a sottolineare
l’ovvio. Credevi davvero che non sapessi ridere?”
Harry tirò fuori qualcos’altro dal suo mantello e
l’allungò a Draco. “Tieni. Questa
è
tua.”
Draco trattenne il respiro mentre guardava, per la prima volta da
più di un anno, la sua bacchetta. La prese da Harry e la
scorse
con le dita per tutta la sua lunghezza, ricordando antiche sensazioni.
Si sentiva di nuovo intero.
“Potter,” disse, tagliente.
“Perché?”
Harry e Ron si guardarono l’un l’altro, e Harry
alzò
le spalle. “Non è giusto che un mago sia senza la
sua
bacchetta. Oh, e Molly non lo sa. Se lo scopre, confesseremo, va
bene?”
Inarcò un sopracciglio. “Oh? Davvero? Confesserete che voi l’avevate data a
me?”
“Certo,” disse Harry. “Cosa ti fa credere
che non lo faremmo?”
Harry aveva un’espressione di così pura innocenza
sul suo
volto che Draco divenne due volte più sospettoso. Volse
l’attenzione verso Ron, che aveva un’espressione
simile.
“Non posso immaginare come abbia fatto a pensarlo.”
Harry e Ron risero.
“Seriamente, Malfoy. Sei amico di Hermione da mesi, ormai, e
non
sei stato per nulla quell’incredibile bastardo che tutti noi
ci
aspettavamo. Ci fidiamo del suo giudizio.”
“Il sole si sta alzando,” intervenne Ron, bevendo
un altro sorso di Chinotto.
Era quanto di più vicino ad una dichiarazione di amicizia, o
di quasi
amicizia, che avrebbe avuto. Ma Draco capiva, e l’accettava.
Non
importava che nome le avrebbero dato, o se non l’avrebbero
chiamata del tutto, quella era amicizia, da lì in avanti.
Sospirò e prese anche lui un altro sorso. Era grato che ci
sarebbe stato almeno un tentativo di tregua tra loro, ma tremava al
pensiero di quello che avrebbero detto – o fatto – se avessero
saputo che lui voleva qualcosa di più di
un’amicizia con Hermione.
Immaginava che ne sarebbe venuto fuori con qualche arto in meno.
~oOo~
“Infangato”
“Sfangare”
“Fangatara”
“Cavafango”
“Fangoterapia”
“Fanguilla”
“Buona questa. Fangaspide.”
“Tipico. Rinfangare”
“Fangolata”
“Dove siamo?”
“Dove credi?” replicò.
“Beh, sembra terribilmente simile a quella
pozza piena di fango di qualche anno fa.”
“Perché lo è.”
“Oh, ahah. Molto divertente, Draco.”
“Cosa?”
Hermione incrociò le braccia sul petto.
“Perché siamo qui?”
“Adesso, non dare subito di matto.” Le prese una
mano e
camminarono fino all’orlo della pozza, lì la fece
girare
con le spalle al fango. “Dovevo parlarti, e questo mi
è
sembrato un posto migliore di altri”
“Già. Dovevamo venire qui?”
“Sì.” Iniziò a muoversi
irrequieto davanti a lei. “Siamo insieme da, quanto? Due
anni?”
Lei inarcò un sopracciglio alla sua domanda. “Uno
e mezo.”
“Giusto. E ci conosciamo da…”
“Dieci. Quasi”
Lui si fermò e la guardò.
“Davvero?”
Lei lo spintonò leggermente.
“In ogni caso, il nostro anno e mezzo è stato
bello… per la maggior parte, giusto?”
Lei sogghignò. “Per la maggior parte, direi il
sessantacinque per cento.”
Lui la guardò di nuovo, un poco ferito.
“Sessantacinque?”
“Okay, forse settantadue. E mezzo.”
“È davvero così che ti
senti?”
Lei rise. “No, idiota. Novantacinque o meglio.”
Lui riprese a respirare, sollevato. “Non spaventarmi
più
così! Come stavo dicendo, io -” Si
fermò,
corrugando la fronte, la sua attenzione rivolta a qualcosa sopra la
spalla di lei.
“Draco? Che c’è?” chiese,
voltandosi.
~oOo~
Poco dopo l’offerta di amicizia di Harry e Ron, tutti
lasciarono
la Tana tranne che Molly, Ginny e lui. La Guerra era al suo culmine, e
la presenza degli altri era necessaria altrove. La parte più
difficile era stato dire addio a Hermione, e senza dirglielo, cercare
di farle capire quanto realmente volesse dire.
Come che aveva bisogno che lei tornasse indietro, perché
pensava
che avrebbe perso la ragione, se le fosse successo qualcosa. Non poteva
dire una cosa del genere. Non era quel tipo di ragazzo, anche se era
così che si sentiva.
Durante il resto della Guerra aveva visto Hermione e gli altri una
volta sola, a Natale. Aveva passato tutti i suoi giorni a cucinare,
pulire, tentare di fare del suo meglio per non pensare.
Lui e Ginny avevano costruito una certa amicizia, per
necessità
e mancanza di opzioni migliori, e col passare dei mesi, aveva iniziato
ad apprezzarla davvero. Non allo stesso modo in cui gli piaceva
Hermione, ovviamente, ma anche lei aveva le sua attrattive. Era
diversa.
E Ginny, che era una persona piuttosto percettiva, l’aveva
messo
in un angolo – letteralmente, in cucina, con un coltello
–
per discutere dei suoi sentimenti per Hermione. E poiché
l’aveva minacciato di tagliargli a zero tutti i capelli, le
aveva
detto la verità. Aveva annuito una volta, e aveva detto che
era
quello che pensava.
Sette mesi più tardi, nel marzo dell’anno
seguente, la
Guerra era finita, con Harry vittorioso. Ed Hermione stava bene
–
un po’ stremata e con qualche ammaccatura, ma stava bene. Da
lì in poi le cose s’erano evolute alla svelta. Era
stato
messo agli arresti domiciliari nell’attesa
dell’inizio del
suo processo e per tutto il tempo che era durato.
Avevano iniziato con tutti i grossi nomi, e finalmente, a
metà
marzo, era giunto il suo turno. Era stato rilasciato in
libertà
vigilata per altri tre mesi. Aveva rifiutato la compagnia di tutti in quei
tre mesi, compresa quella di Hermione, per poter mettere in ordine la
sua casa e i suoi affari. Suo padre era rimasto ad Azkaban,
così
tutte le responsabilità finanziarie erano cadute sulle sue
spalle.
Infine, a novembre, gliel’aveva detto, un fascio di nervi e
balbettii e incertezze, ma lei aveva solo sorriso e risposto che lo
sapeva. E, oh sì, che anche lei provava le stesse cose, e
l’aveva confermato con quello che, nei suoi ricordi, era
stato
assolutamente il bacio più incredibile che avesse mai
ricevuto.
~oOo~
“Non so, guarda.”
Hermione si voltò e vide, a un paio di metri
dall’orlo
della pozza, un cartello galleggiante sopra il fango.
“Salvami,
Hermione!” vi era scritto. Si voltò di nuovo verso
Draco,
un’espressione divertita sul volto.
“Draco? Che è?”
“Hermione, davvero,” rispose, evitando di guardarla
negli
occhi e con fare preoccupato. “Dovresti andare a vedere
cos’è.”
“Draco.”
“Hermione.”
Lei sospirò e si girò di nuovo.
“È tutto connesso, vero?”
“Cosa vuoi dire?” le chiese, innocentemente,
guardandola, finalmente.
“Devo andare nel fango per prenderlo, vero?”
“Questa è l’idea.”
“È meglio che ci sia una ragione molto –
e sottolineo il molto – importante per
farlo.”
Lui scrollò le spalle.
“Urgh, Draco Malfoy, sei esasperante!”
“Vai e basta.”
Hermione si tolse le scarpe e le calze e sollevò
l’orlo
dei pantaloni fino alle ginocchia. Con un’ultima occhiataccia
a
Draco, iniziò ad avanzare nella pozza. Strillò
leggermente quando raggiunse il fango e un piede affondò
fino
alla caviglia. L’altra gamba sprofondò fino a
metà
polpaccio e lei riuscì a raggiungere il cartello. Lo
tirò
verso l’alto, e vide che c’era una cordicina
attaccata ad
esso.
Tornò a guardare Draco, che la stava osservando con un
bizzarro sorriso. “Cos’è?”
“Non lo so.”
Scuotendo la testa, ritornò la sua attenzione al cartello e
alla
cordicina. Tirò finché la sua
estremità non
fuoriuscì dal fango; c’era qualcosa attaccato ad
essa,
ricoperto da uno spesso involucro fangoso.
“Draco, seriamente,” disse, voltandosi di nuovo
verso lui.
“Aspetta,” le disse. S’era già
tolto scarpe e
calze, e si diresse verso di lei attraverso il fango, fino a che non si
ritrovò di fianco a lei, immerso fino a quasi le ginocchia.
I
loro occhi erano quasi allo stesso livello.
Hermione sorrise, ma lui avrebbe potuto giurare che era nervosa.
“Che stai facendo?”
“Gratta
e Netta,”
disse, puntando la sua bacchetta
verso l’oggetto attaccato in fondo alla cordicella. Hermione
l’osservò, mentre il fango spariva, lasciando
posto ad un
anello.
Lei rimase senza fiato e lo guardò, portandosi la mano
libera al volto. “Draco!”
“Hermione.”
Guardò nuovamente l’anello; era antico, con un
semplice
diamante incastonato tra due perle verdi. “I-Io non
– cosa
-”
“Lo sai che ti amo. Lascia che ti ami per sempre.”
“Stai chiedendo -”
“Sì.”
Le pupille di lei si dilatarono e ritornò ad osservare
l’anello. “Io – oh, sì,
certo!” disse, e
si mise l’anello al dito.
Finalmente Draco sorrise e la baciò – un bacio
pacato, ma
intenso, una lenta esplorazione del suo sapore e di lei, come se fosse
la prima volta. Qualche minuto passò – o forse
un’ora – prima che si fermassero, e solo per
l’assoluta necessità di respirare. Lui
chinò la
testa fino ad appoggiarla contro la sua fronte, e respirò
profondamente.
“Dobbiamo diffondere la notizia?”
sussurrò infine,
quando ebbe riacquistato abbastanza calma per poter parlare.
“Harry e Ron non ci crederanno,” disse lei,
annuendo.
Draco le prese una mano, asciugò il fango, e la
portò sul
terreno solido. “In realtà, lo sanno
già.”
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Perché non ne sono sorpresa?”
Lui ripulì entrambi, e le cinse la vita con le sue braccia.
Sapeva di star sorridendo come un pazzo, ma non gliene importava.
“Hai detto di sì.”
Lei gli sorrise di rimando. “L’ho fatto.”
“Adesso capisci il
perché?”
Lei gemette, ma stava ancora sorridendo. “Credo di
sì.”
Le prese una mano e iniziarono a tornare verso la Tana.
“Fangosberla.”
Hermione lo guardò con un sorriso.
“Fangoso.”
“Fangatura.”
“Fanga.”
“Fanghiglia.”
“Parafango”
“Fangaia.”
“Fango.”
“Okay, mi piace.”
“Bene.”
“Draco?”
“Hmm?”
“La amo.”
The
End
Nota
dell'autrice: "l'incidente" di Hermione nella pozza di
fango e l'idea della bizzarra dichiarazione di Draco sono ispirati a
quanto realmente accaduto a una coppia di miei amici, ora trasferitesi
in Australia.
(Immancabili) Note
di traduzione:
* Caramella
al Limone. Nel primo capitolo di Harry Potter e la Pietra
Filosofale, Silente offre alla professoressa McGranitt un ghiacciolo al
limone: in realtà, sherbet
lemon (o lemon
drop
nell’edizione americana) indica, oltre al sorbetto, anche un
tipo
di caramelle al limone molto diffuso nel Regno Unito.
** Chinotto.
Nell’originale “Root Beer”. Con Root
Beer si indicano vari tipi di bevanda, alcoliche e analcoliche,
piuttosto diffuse negli Stati Uniti. A base di erbe, sono solitamente
di colore scuro. Il loro gusto varia a seconda delle versioni, da
quelle più simili alla birra si arriva a quelle alla
liquirizia.
Essendo questo tipo di bevanda ben poco diffuso in Italia, ho deciso di
optare per una bevanda più facilmente riconoscibile (e
dopotutto, il Chinotto fa pur sempre parte del mondo vegetale^^ XD) .
Lunga, forse noiosa, ma necessaria ulteriore nota di traduzione.
Come molti di voi sapranno il termine unico italiano "Mezzosangue"
serve in realtà a indicare due termini inglesi, "Halfblood"
e
"Mudblood". La traduzione letterale di "Mudblood" è "Sangue
Infangato" e su questa particella "mud", ovvero "fango", si gioca molta
parte di questa fic.
Con mio enorme dispiacere, ho scoperto che le parole italiane che
contengono la parola "fango" sono una manciata, al contrario, a quanto
pare, di quelle inglesi. Non volendo assolutamente andare ad intaccare
il senso principe di questa one-shot, ho così deciso di
sacrificare completamente, in due interi paragrafi, una traduzione
letterale a favore di una traduzione che mantenesse il significato che
Floorcoaster aveva voluto dare a quelle parti. I due paragrafi in
questione sono quelli in cui Draco e Hermione "conversano" a suon di
parole contenenti fango. Alcune associazioni, rispetto alle parole
inglesi originarie, sono totalmente arbitrarie e casuali, in altri
casi, invece, esiste una motivazione (per quanto criptica e
arzigogolata^^). In particolare, nel primo "blocco":
Fangatara, mio
personale (e non unico, vedrete^^) neologismo. L'originale è
"mudpot", ovvero solfatara. Ribellandomi alla profonda ingiustizia che
una parola che inizi per "mud" in inglese debba iniziare per "solfa" in
italiano, ho deciso di risolvere così il problema^^
Fanguilla,
altro neologismo. In inglese era "mudeel", ovvero Macrognathus aculeatum
(non per niente Draco risponde, "buona questa"^^), un tipo di anguilla.
Fangaspide, la mia ultima aggiunta alla
famiglia dei serpenti. L'originale era "mudsnake" (a cui Hermione
risponde,
giustamente, "tipico"^^), ovvero Farancia
abacura, un tipo di serpe. La spiegazione del
perché, tra tutte le razze di serpenti esistenti al mondo,
la scelta sia caduta proprio sull'aspide è riservata al
pubblico adulto XD (e poi suonava bene >.< )
Fangolata,
un'altra mia incursione nel regno animale^^. L'originale "mudturtle" si
riferisce alle tartarughe di terra, "angolata" è un tipo di
tartaruga di terra della famiglia Cersina.
Nel secondo blocco, da segnalare:
Fangosberla.
E' il punto in cui Draco, dopo aver ricevuto il "sì",
riprende questo loro gioco. Hermione sorride e, quel sorriso,
può avere un duplice significato: sia per l'aver finalmente
compreso il perché
di quella parola, sia il fatto che la parola scelta da
Draco ("muddler", pasticcione) può ricordarle un qualcosa
della loro relazione. La scelta è così caduta su
una parola che, con quel "sberla", rimanda all'episodio del Prigioniero
in cui Hermione schiaffeggia Draco. Vi sembrerà strano, ma
non l'ho inventata io. Da dove arriva, però - ho
solennemente
giurato a chi me l'ha consigliata - non sarò io a
rivelarlo^^
Da
notare, infine, le uniche due parole la cui traduzione è
letterale^^ Fanghiglia
("mudcap") e Parafango
("mudguard").
~oOo~
Se siete arrivati a leggere
finqua, i miei complimenti^^
Per conlcudere - sì, faccio alla svelta, non preoccupatevi^^
- un GRAZIE
enorme, enorme a Emanuela, senza cui questa traduzione sarebbe molto
meno rifinita di quanto non sia ora e che sopporta me e le mie pazzie
senza lamentarsi. Sei un vero tesoro, Ema! ♥
Le dedicherei questa traduzione, se il bon ton non volesse che chi si
ritrova una dedica non fosse stata stressata fino all'esaurimento e
oltre sul lavoro in questione^^
Ma in fondo non c'è bisogno di una dedica, perché
questa traduzione è un po' anche sua.
Una dedica, però, voglio farla comunque. Ad una scrittrice
fantastica, che forse mai leggerà questa righe, ma
soprattutto ad una persona eccezionale, che mi ha fatto un regalo che
non mi aspettavo ma che mi ha riempito di gioia. Grazie, Savannah!
♥
E un brindisi a Draco, che un matrimonio o una dichiarazione normale
non sa neppure dove stiano di casa^^
Alla prossima^^
Kit
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