L'amaro prezzo della devozione_capitolo 13
Nuovo
capitolo e nuova formattazione del testo! (Nonché
ritardo
mostruoso rispetto a quanto preventivato, visto che questo capitolo era
pronto al 90% da quasi due mesi :S)
Lo so, non avrei dovuto farlo
e mi dispiace per il disagio che potrei creare in voi lettori per
questo cambio così repentino, ma più vado avanti
a
scrivere (sia questa che le altre, chissà se avete notato
che
anche Legacy ha subito una leggera modifica in come si presenta il
testo) e meno mi trovo a mio agio con la vecchia impostazione.
All'inizio della mia avventura non sapevo come integrare i dialoghi
all'interno della storia e adottai una soluzione che mi sembrava
abbastanza buona. Via via che andavo avanti con altri progetti e con
l'esperienza che acquisivo, ho sperimentato per cercare di fare un
qualcosa di fluido e omogeneo. Volevo mantenere uno stile
unico in
questa che è la storia più vecchia, ma credo che
sia
proprio ora di cambiare.
Questo nuovo “modo” mi
permetterà di essere maggiormente descrittiva (forse anche
più complessa, andando così nella direzione
contraria a
quanto avevo affermato nell'introduzione di qualche capitolo fa) e da a
voi lettori la possibilità di una lettura
più scorrevole e continua.
Quando la storia
sarà conclusa, ma non escludo che possa trovare il
tempo di
farlo anche prima, proverò a uniformare il testo anche dei
capitoli precedenti, adattandoli al meglio.
Nella versione riveduta e corretta che sto già scrivendo
(che
prevede all'interno di un'unica storia anche la fusione delle due
one-shot a questa collegate) e che sto pubblicando altrove, con
aggiunte e sviluppi più ampi, già sto usando
questo nuovo
stile.
Bene, con le comunicazioni di servizio è tutto. Ora non mi
resta che augurarvi...
... Buona lettura!
*****
-
Piano, non ti ingozzare
in questo modo! Mi stai facendo vergognare. –
Kanon si era passato una mano sul volto, frustrato da quel
comportamento così poco consono.
Lei di certo non era mai stata la quint’essenza del bon ton,
ma
ora stava davvero esagerando. Ancor più quel disagio
aumentava
in lui nel sentire in lontananza delle risatine e qualche frammento di
frasi poco riguardose al loro indirizzo.
– Sembri un
maiale da quanta foga ci metti a divorare tutto
– l'aveva rimproverata, esasperato. Kanon era incredulo nel
vedersi passare da sotto il naso quella quantità di cibo.
Era ormai pieno pomeriggio, l’orario del pranzo –
alla mensa del Santuario – era terminato da diverso tempo e
per i preparativi della cena era ancora troppo presto; ma in quel luogo
continuava un eccezionale fermento. Uno dei tavoli presenti, quello
più in disparte,
era stato occupato da poco da tre persone. Ogni più piccolo
angolo della superficie di legno era stata riempita di piatti,
scodelle, ciotole grandi e piccole che contenevano ogni sorta di cibo
disponibile. Due grosse brocche d’acqua venivano sostituite,
o
riempite in continuazione – e subito dopo svuotate del loro
contenuto in un batter d’occhio – da una o
più
ancelle che arrivavano quasi di soppiatto al tavolo, svolgevano il loro
compito con l’imbarazzo sul volto e si allontanavano
di
corsa per raggiungere le altre. Dietro alcune colonne infatti, o fermi
appena fuori dalla porta che dava sulle cucine, altre ancelle e
giovanissimi apprendisti si erano nascosti per sbirciare incuriositi
quello che avveniva a quell’unico tavolo apparecchiato,
ridacchiando e spettegolando. Non era cosa da tutti i giorni trovarsi
di fronte ai gemelli, seppur a debita e deferente distanza. Per quasi
tutti loro era proprio la prima volta che li potevano vedere entrambi
in una situazione di tale informalità.
- Basta, ti prego.
–
Aveva ora assunto un tono quasi lamentoso Kanon, mentre strappava
l’ennesimo piatto, questa volta di patate lessate, dalle mani
di
Kira. – Da
Saga è del tutto comprensibile questo comportamento.
– Si era fermato un secondo ed aveva guardato il gemello, che
in
quel momento si era appena portato una grossa forchettata di cibo alla
bocca sgranando gli occhi per quell’improvvisa attenzione nei
suoi confronti. Saga lo aveva però subito
ricambiato torvo per l'insinuazione fatta ed era pronto a ribattere
appena fosse riuscito a mandare giù il boccone che quasi lo
stava strozzando.
– Sono giorni
che lui non mette
nulla di solido nello stomaco ed essere stato alimentato con la flebo,
nei primi tre giorni di cure, non è mangiare. Ma
tu…
testona, tu deliberatamente hai rifiutato il cibo mentre eri…
- Aveva fatto nuovamente una pausa, Kanon, controllando con la coda
dell’occhio la presenza di qualche indiscreto - … mentre voi due
eravate in detenzione – aveva poi terminato a
voce più bassa.
- Spero almeno che la
lezione ti sia servita, che sia servita ad entrambi
– aveva poi commentato, guardando anche Saga.
Ancora non era riuscito a scoprire cosa fosse realmente successo quel
giorno, per arrivare ad un epilogo tanto grave; e la spiegazione che
Kira aveva fornito dopo aver ripreso i sensi, ovvero che si era
trattato solamente di un allenamento sfuggito di mano, non era stato
per nulla convincente. Saga era un guerriero troppo esperto per
commettere un simile errore, anche se pesantemente provocato avrebbe
trovato la soluzione più adatta, o quantomeno avrebbe dato
una lezione al malcapitato ma limitando i
danni. Ad alimentare i dubbi era stato anche e soprattutto
l’atteggiamento di Kira che era rimasta molto sulla difensiva
quando il Sommo Pontefice, irato per l’accaduto, le aveva
ordinato di dire la verità. Il caparbio rifiuto di non
ritrattare
la versione già data, era valso anche per lei, dopo che
erano
state curate le ferite di entrambi, la stessa punizione inflitta a Saga.
- Perché non
te le sei mangiate tu quelle schifezze che mi portavano!?
– Kira aveva sbattuto di malagrazia il manico della forchetta
sul
tavolo, rispondendogli irritata e con la bocca piena. – Ero al buio e non mi fidavo di
quelle guardie. Chissà che cosa ci avevano aggiunto
per…
- aveva preso un grosso sorso d’acqua per mandar
giù il
cibo e si era poi passata il dorso della mano per pulirsi la bocca.
– Sai che
vuol dire “trattamento speciale”? E sghignazzavano
pure! –
- Hai guardato troppa
televisione in
questi anni. Troppi film strani. Nella vita reale queste cose non
avvengono; e soprattutto non all’interno del Santuario!
– Aveva fatto uno scatto all’indietro, Kanon,
muovendosi poi nervosamente sulla panca.
- Non ne sarei
così sicura se fossi in te. Ne ho avuto già
esperienza diretta e non ci tenevo a replicare!
– Si era soffermata a guardare dubbiosa una pietanza che era
stata portata poco prima. Complice il discorso appena fatto, aveva
afferrato una forchetta pulita e presa una piccola porzione, aveva
imboccato il compagno di fronte a sé.
- Ah sì?
Allora illuminami: dove e quando.
– l’aveva sfidata, non appena inghiottito il
boccone,
appoggiando un gomito sul tavolo e reggendosi poi la testa al palmo
della mano, mangiucchiando un pezzo di pane che aveva preso in seguito.
Anche Saga, pur continuando indifferente a mangiare, aveva acuito la
sua attenzione sui discorsi degli altri due. Kira si era presa qualche
momento per pensare, per richiamare lontani ricordi, indecisa se
condividerli o meno; ma non era disposta a tirarsi indietro.
- 1878
– Aveva detto in
tono secco. Il suo sguardo si era fatto all’improvviso duro e
una
punta d’ira avvampava nella sua mente nel ricordare quel periodo
della sua vita nel quale nuovamente le era stato portato via tutto
ciò che aveva di più caro. – Era
una specie sanatorio alle porte di Berna. Lo chiamavano
eufemisticamente “ospedale” ma non era altro che un
lercio
lazzaretto, quello che un tempo si poteva definire una discarica per
gli uomini non più recuperabili. Un orrendo buco senza
speranza
che serviva più a placare la moralità bigotta
della gente
piuttosto che curare e salvare i malati. Era un luogo dove
rinchiudevano indiscriminatamente i malati terminali in attesa della
morte, i pazzi incurabili, gli stranieri e i poveri che non potevano
permettersi un vero ospedale e, in generale, le persone sgradite delle
quali ci si voleva sbarazzare senza troppo clamore.
– Man mano che andava avanti nel racconto, si era fatta
più incerta la sua voce. – Ero molto giovane a quel tempo.
Giovane e testarda; e se non avessi dovuto lottare per mio…
- si era interrotta per un momento, abbassando lo sguardo sul suo
piatto e stringendo con forza il coltello che aveva nella mano.
Quel ricordo le aveva risvegliato non solo tristezza e amarezza nel
cuore, ma anche un’insana sete di vendetta, tenuta a freno
solo
dalla consapevolezza che ora, a distanza di più di cento
anni,
non avrebbe mai potuto consumarla.
- E poi
c’è stato il 1919.
– Di nuovo, Kira aveva avuto un cambio repentino nel suo
umore,
ritrovando vigore e soprattutto combattività. – Un anno di grandi affari per i
becchini! – aveva esclamato con fervore.
– C’erano
così tanti malati che in ogni città e in ogni
paese che
avevo visitato avevano dovuto costruire immensi ospedali da campo per
sopperire al gran numero di pazienti, ma soprattutto per limitare il
contagio. O forse per dare un colpo netto e risolvere rapidamente la
situazione – si era lasciata andare a un
po’ di ironia.
– Mi ricordo
che
all’epoca mi trovavo in America per cercare una persona che
aveva
fatto perdere le sue tracce. La spagnola in quel periodo mieteva
più vittime di Hades in persona nella sua giornata
più
brutta! Le prigioni, perché era in una di esse che mi
trovavo,
erano affollate all’inverosimile e abbandonate a loro stesse.
Le
guardie per paura del contagio neanche si avvicinavano e anzi, ci
tenevano a distanza con i fucili spianati, ma non per questo
rinunciavano a umiliare in ogni modo possibile i detenuti. I pasti,
perché di mense neanche a parlarne, ci venivano gentilmente
serviti lasciando a terra del pane secco e ammuffito e dei secchi pieni
di un improponibile pastone, neanche fosse stato destinato ai maiali.
Quella volta però fu diverso per me, anche se i morsi della
fame
erano terribili, non toccai neppure una briciola! Tanto non sarei morta.
–
Dopo aver agitato in aria la forchetta facendo degli ampi cerchi e
puntandola poi all’indirizzo di Kanon, come un rapace, Kira
l’aveva calata sulla polpetta, l’ultima contenuta
nel
piatto di portata che si trovava alla sua sinistra. La sventurata e
incosapevole preda però, era stata infilzata
contemporaneamente
anche dalla forchetta di Saga, che senza scomporsi, con un movimento
del polso l’aveva divisa a metà e si era preso la
sua
parte, sotto lo sguardo di sfida di Kira.
- Hermes mi ha
costretta a rimanerci
per quasi due mesi, in quel postaccio, prima di tirarmi fuori.
“La missione prima di tutto” ripeteva ogni volta
che lo
invocavo, ma la verità è che si divertiva nel
vedermi
annaspare in quel letamaio. Dannato! Poi però mi sono presa
un
anno di vacanza. – Kira aveva mantenuto lo
sguardo su
Saga, sempre in silenzio e concentrato a mangiare, continuando
però il suo racconto con crescente enfasi e buonumore.
Non era dello stesso avviso Kanon, la spavalderia che aveva mostrato
lanciando quella sfida, era sparita alla stessa velocità con
la
quale i piatti continuavano a venire svuotati, nell’ascoltare
le
parole di Kira. Alla crescente incredulità nel sentire
quegli
aneddoti di una vita passata così lontana da quello che
poteva
immaginarsi – in fin dei conti non aveva mai creduto davvero
che
Kira potesse avere l’età che dichiarava, quando
voleva far
valere le sue ragioni durante i loro battibecchi – si
aggiungeva
ora quella dei suoi occhi: come potevano due persone normali, seppur
affamate, ingurgitare una tale quantità di cibo?
Per qualche minuto era rimasto attonito e in silenzio a guardare
entrambi, seduti uno accanto all’altra che continuavano a
mangiare ignorandosi a vicenda. Non che ci fosse qualcosa di
particolare nei loro comportamenti, se non qualche aspetto che poteva
destare curiosità come la preferenza di un determinato cibo
o
l’ordine in cui mangiavano ciò che avevano nel
piatto. A
volte, addirittura, Kira e Saga prendevano il bicchiere allo stesso
tempo, bevendo e posandolo nuovamente. Sembravano in perfetta
sincronia, quasi l’uno il riflesso dell’altra.
Era questo che gli altri vedevano sempre quando in passato lui e Saga
facevano le cose assieme?
- Comunque sia
– Kanon voleva ritornare all’argomento iniziale
– Grazie
per la fiducia! Avevo insistito io presso Shion affinché vi
fosse portato del cibo, considerato che la vostra detenzione era
più che altro una lezione per salvare le apparenze, dato il
vostro comportamento pubblico; e lo avevo controllato personalmente.
– Aveva distolto lo sguardo da Kira, tamburellando annoiato
le
dita sul tavolo, fissandolo poi sul fratello e iniziando a guardarlo
intensamente.
Lo vedeva schivo e sulle sue, con lo sguardo concentrato sul proprio
piatto e su ciò che aveva nelle immediate vicinanze, senza
alcuna voglia di partecipare alla conversazione: totalmente
disinteressato.
- Allora potevi anche
portarlo di persona! – Kira aveva afferrato un
mezzo panino e lo aveva lanciato addosso a Kanon, cogliendolo
completamente impreparato.
- Magari servito in
piatti di porcellana e con la tovaglia di seta, vero?
– aveva ribattuto lui, stizzito per quella risposta.
Kira non sembrava disposta a prenderlo sul serio, intenta
com’era
ad ingozzarsi ancora, né si rendeva conto della situazione
che
si era venuta a creare in quegli ultimi giorni.
- Basta con questo
atteggiamento!
– Aveva sbattuto la mano sul tavolo, Kanon, facendo tremare
ogni
cosa vi si trovasse sopra, rovesciando anche parte dell’acqua
contenuta nei bicchieri ricolmi dei due affamati. Kira e Saga avevano
alzato all’unisono la testa dai rispettivi piatti e lo
avevano
fissato, fermi con le forchette a mezz’aria. D’un
tratto
tutto si era fatto completamente silenzio, anche il chiacchiericcio dei
servitori – che non la volevano sapere di tornare alle loro
faccende – si era interrotto bruscamente, sostituito da un
fuggifuggi generale.
- Da quando sei
arrivata, Shion ti ha
riservato un sacco di privilegi, cose che nessuno qui si sognerebbe
neanche di pensare e tu continui a comportarti in questo modo! Non
è giusto nei suoi confronti, Kira. Non è giusto
nei
confronti di nessuno. Credevo che avessi risolto i tuoi contrasti con
lui. –
C’era stato un intenso scambio di sguardi di sfida fra i due.
Con
uno scatto Kira si era alzata dal suo posto e facendo il giro del
tavolo, stava per andarsene.
- Dove stai andando?
- Era stata però bloccata per un braccio da Kanon che ancora
rabbioso per poco prima, la tratteneva con forza.
- Ho perso
l’appetito, vado a farmi un giro.
– Si era liberata con uno strattone, lasciandosi sfuggire una
breve smorfia di dolore. Nonostante le nuove applicazioni delle
medicazioni e finalmente l’uso più efficace del
cosmo per
risanare quasi completamente la profonda ferita infertale da Ares,
ancora sentiva del fastidio. – Sempre che a te stia bene
– aveva aggiunto continuando a tenergli testa.
Kanon aveva scosso la testa, abbassando un poco le spalle e addolcendo
i tratti del viso, arrendendosi a quell’atteggiamento da
finta
dura che nascondeva tutta l’insicurezza che Kira si portava
dentro e che gli aveva appena mostrato. L’aveva trattenuta di
nuovo – questa volta con più gentilezza
– e
l’aveva invitata a riprendere il suo posto. Si era poi
lasciato
sfuggire uno sbuffo di rassegnazione.
Aveva iniziato a frugare in una delle tasche dei jeans per cercare
qualcosa. Quel giorno aveva fatto la pessima scelta di indossarne un
paio un po’ troppo vissuto e con dei tagli
all’altezza del
ginocchio destro. Certo, al di fuori del Santuario Kanon sarebbe
risultato molto sexy e alla moda, ma all’interno di quel
luogo
sacro c’erano stati più sguardi di disapprovazione
e
commenti a mezza voce, che altro; compreso quello di Saga, che
però non aveva detto nulla a riguardo per non alimentare
ulteriormente la tensione con il gemello.
Kanon aveva estratto dalla tasca la catenina alla quale era infilato
l’anello e, sporgendosi sulla tavola, con un grande sorriso
sul
volto, l’aveva fatta poi ondeggiare davanti agli occhi di
Kira.
- Immagino che tu lo
rivoglia
– le aveva domandato, pur sapendo perfettamente la risposta
che
non si era fatta attendere. Kira infatti se l’era ripreso al
volo, ricambiando quel sorriso, ma Kanon aveva però
trattenuto
la mano di lei. – L’anello
è stato ripulito e la catenina aggiustata
– aveva continuato – e prima che tu me chieda, me
l’ha dato tuo padre, con non poche riluttanze a dire il vero.
– Aveva accompagnato quelle ultime parole con un sorrisetto
malizioso, Kanon.
– L’ha
trovato nelle
stanze della giovane Dèa, dopo l’attacco di Ares.
È
strano che tu non ti sia accorta di averlo perso da così
tanto
tempo. – Continuando a trattenerle la mano,
l’aveva
attirata verso di sé, facendola alzare un poco. Poi, le
aveva
fatto lasciare la presa della catenina. – Ti aiuto ad indossarla
– le aveva proposto; ed aveva già passato le mani
dietro il collo della ragazza, pronto ad agganciare la chiusura.
- Non fa niente
– gli aveva risposto Kira, tirandola via e facendo
così rinunciare il ragazzo. – Ultimamente ho il collo sempre
un po’ irritato, mi darebbe fastidio o alla peggio, potrei
perderlo di nuovo.
– Senza badare molto al suo modo di fare, Kira se
l’era
messa in tasca e si era riseduta, non accorgendosi della
perplessità mista a delusione sul volto di Kanon.
Aveva quindi ripreso tranquillamente a mangiare, questa volta
più composta e con maggiore moderazione. Poi,
all’improvviso, aveva alzato di scatto la testa ed aveva
fissato
Kanon, arrossendo un poco a ciò che le era venuto in mente.
- Vuoi dire che ha
fatto il padre geloso? – Kanon ci aveva
riflettuto un po’ ed aveva annuito in risposta, sorridendo
nuovamente. – Ma
tu non gli hai detto nulla, vero? Non è che gli hai fatto
intendere cose strane, vero?
– Lo sguardo di Kira era diventato molto simile a quello di
un
cucciolo che aspetta di essere adottato, tanto era forte in lei il
timore che l’altro avesse potuto fare o dire qualcosa di
sconveniente.
Come una furia si era alzata e aveva afferrato Kanon per lo scollo del
maglione, prendendolo alla sprovvista e tirandolo fino a farlo
avvicinare di nuovo a lei, ottenendo quasi l’effetto comico
di
denudarlo.
- È per
questo che siamo stati divisi? – aveva chiesto
preoccupata.
- Fosse stato questo il
motivo, sai
bene che avrei infranto in un secondo quelle possibili disposizioni,
come ho sempre fatto… – Kanon le
aveva mostrato un
tale sorriso da sbruffone che Kira aveva provato la tentazione di
strattonarlo ancora di più – No, non è per questo
– l’aveva rassicurata lui, dandole qualche colpetto
alla
mano per farla staccare e poter riprendere così un maggiore
contegno. Sogghignava divertito però, sia al comportamento
infantile di Kira, sia invece allo sguardo infastidito di Saga.
– Avevi
bisogno di calma e
tranquillità per riprenderti, è per questo che ti
è stato dato un alloggio più appartato e con
maggiori
comfort – le aveva detto, ritornando finalmente
seduto e riaggiustandosi il maglione. – Io ora sono…
- Kanon si era interrotto per l’arrivo di alcune persone che
si erano avvicinate a loro.
Una giovane ancella, che dava l’impressione di essere poco
più che ragazzina, si era fatta avanti molto titubante,
incoraggiata – spintonata era più corretto dire
– da
un uomo, probabilmente un soldato o forse un addestratore, che era
rimasto dietro di lei. Con sguardo basso la ragazza aveva posato sul
tavolo, vicino a Kira, un involto – probabilmente contenente
degli indumenti – con sopra appoggiata una maschera
d’oro,
arretrando poi rispettosamente di qualche passo. Per un momento, tutti
i presenti al tavolo avevano fissato prima la giovane e poi quello che
aveva portato, la maschera soprattutto. Con fare innocente, Kira aveva
preso in mano quell’oggetto, osservandolo con
curiosità.
- Sembra uno dei volti
dell’elmo di Gemini
– aveva detto ilare, girando la maschera e posizionandola
vicino
al viso, quasi ad indossarla, pensando di fare qualcosa di divertente.
– Come mi sta?
– aveva chiesto scherzosamente a Kanon.
- Togliti
quest’affare dal viso!
– Con un gesto rapido Kanon le aveva strappato di mano la
maschera. L’espressione sul suo volto non era affatto
divertita,
anzi, era più che furente. Poi si era rivolto con lo sguardo
verso i nuovi arrivati. – È forse uno scherzo,
questo? – aveva domandato letteralmente
furibondo, alzandosi minaccioso.
Il ragazzo stringeva forte nella mano quel pezzo di metallo e la sua
rabbia cresceva di secondo in secondo. Nessuno aveva avuto il coraggio
di rispondere a quella che sembrava un’accusa, mostrandosi
intimoriti da lui. La giovane era scappata da lì molto
spaventata mentre l’uomo che l’aveva accompagnata,
anche se
in un primo momento era rimasto atterrito e sorpreso da quella
reazione, era
restato comunque al suo posto. Pian piano quell’uomo sembrava
prendere
maggiore coraggio, riconoscendo in Kanon una persona senza alcuna
autorità all’interno del Santuario. Si era
però
trattenuto dal rivolgersi a lui in modo irrispettoso, per riguardo
verso il custode della terza casa, presente al tavolo.
- Mi è stato
ordinato di far avere la maschera alla donna, su diretto volere del
Sommo Pontefice – aveva detto con voce sicura e
con uno sguardo sprezzante negli occhi, rivolgendo la sua attenzione a
Kira. – Dovrà
indossarla e unirsi al più presto alle amazzoni del
Santuario. –
- Come osi!
– Kanon
aveva fatto uno scatto, pronto a colpire quell’uomo, ma era
stato
fermato da Kira, anche lei adesso contrariata per quanto sentito e da
Saga, che senza aggiungere nulla all’indignazione degli altri
due, aveva trattenuto il fratello evitandogli di commettere un guaio.
Con lo sguardo e un cenno del capo, aveva congedato il sottoposto, per
evitare il peggio.
- Lascia stare, Kanon!
È sicuramente un malinteso. – Gli
aveva detto Kira, per calmarlo. – Più
tardi andrò io a parlare con mio padre per sentire il motivo
di
questa decisione insensata. Per favore, non è il caso di
prendersela in questo modo. –
C’erano voluti parecchi secondi perché il ragazzo,
ancora agitato, si calmasse il giusto per rimettersi seduto.
– Hai idea di
cosa rappresenta questa maschera? – si era poi
rivolto a Kira, con la voce ancora irritata.
- So
cos’è e ho visto
alcune guerriere indossarla durante l’addestramento.
È una
protezione per il viso, no? – gli aveva risposto
lei. Il suo viso era ora rilassato, quasi inconsapevole della
verità delle cose.
- Non è solo
questo! È
una costrizione, un modo per legarti a questo luogo. Se la indossi,
accetti la sua legge. Una legge di morte o di amore, ma ugualmente,
qualunque sia la via scelta, non ti potrai mai più liberare
di
essa. –
- Vuoi dire che
quell’antica e assurda legge della maschera è
ancora in vigore? – aveva replicato lei
incredula. – Non
ci credo! Quando ero bambina, mio padre mi ha raccontato che
già ai suoi tempi non era presa sul serio e al di fuori del
Santuario c’era chi la infrangeva. Lui stesso non ne aveva
mai dato importanza e anzi, la riteneva iniqua. Vorresti farmi credere
che ora, nel ventesimo secolo, lui ha iniziato ad imporla e farla
rispettare? –
*****
Terminato di rifocillarsi, Kira aveva lasciato i due gemelli a
chiacchierare fra loro ed era uscita dalla mensa. In una mano portava
il pacchetto, sgualcendolo sempre di più ad ogni passo e
nell’altra stringeva la maschera d’oro. Si era
subito precipitata al tredicesimo tempio per cercare di parlare al
padre di quell’assurdità di regola che ora
sembrava lui volesse imporle. I soldati di guardia alla porta della
sala delle udienze le avevano però negato il permesso di
raggiungere il Pontefice, comunicando a Kira che il Sommo Shion era
impegnato con la Dèa.
Dopo alcune resistenze, non troppo insistite per non complicare
ulteriormente la sua situazione, Kira si era arresa, tornando sui suoi
passi e dirigendosi ancora nervosa verso il proprio alloggio. Come di
consueto aveva trovato le due donne – che dividevano quella
casa con lei – affaccendate in qualcosa. Aveva
però intravisto in loro un comportamento diverso dal solito,
più teso. Senza badarci troppo e senza trattenersi oltre con
loro, era salita al piano superiore ed aveva spalancato la porta della
sua camera, trasalendo nel ritrovarsi qualcuno ad aspettarla.
- Tu qui?!
– aveva esclamato, tanto sorpresa che per poco non si era
lasciata sfuggire per terra quello che stringeva fra le mani.
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