in her room
In her room
Erano giorni ormai che il Dottore risiedeva in pianta stabile dai Pond
con l'obiettivo di riuscire a scoprire la natura di quei misteriosi
cubi neri che erano piombati giù dal cielo invadendo ogni angolo
della Terra: sfortunatamente le sue indagini non avevano ancora portato
a nessun risultato. Il Signore del Tempo se ne stava disteso sull'ampio
letto della camera degli ospiti... Beh, in realtà Amy e Rory,
appena sposati, avevano arredato quella stanza in previsione di una
futura prole, ma dopo il rapimento di Melody a Demon’s Run ed
aver scoperto di non potere avere più figli, quella era
diventata la camera per gli ospiti. Quando, dopo la messa in scena
della morte del Dottore, River aveva incominciato a frequentare con
maggiore assiduità la casa dei Pond, rimanendo da loro anche per
diversi giorni - in barba alle guardie di Stormcage - quella stanza
aveva assunto nuovamente la funzione per la quale era stata creata,
diventando la camera della loro "bambina". Il Dottore riusciva a
scorgere tutti i piccoli dettagli che indicavano la presenza di River
in quella stanza e che sarebbero sfuggiti agli occhi di chiunque altro:
fra l'enorme quantità di libri riposti ordinatamente negli
scaffali, lui aveva individuato diversi testi di archeologia relativi
ad antiche civiltà aliene, oltre a numerosi tomi relativi a
Gallifrey e soprattutto al suo ultimo superstite, quell'uomo buono sul
quale lei era alla continua ed insaziabile ricerca di informazioni.
Sparsi per la stanza, camuffati in mezzo a svariati soprammobili ed
accessori, c'erano reperti storici di inestimabile valore che la sua
ragazzaccia doveva aver sottratto qua e là in giro per lo spazio
ed il tempo. Era stato però un cofanetto di legno di un
inconfondibile blu TARDIS posto su uno dei due comodini ad attirare
tutta la sua attenzione. Quando l'aveva preso fra le mani, aveva notato
che su di esso erano incisi i versi di una antica poesia gallifreyana:
incuriosito aveva aperto quel piccolo scrigno, chiedendosi quale fosse
l'oggetto che River custodiva con tanta cura, ed era rimasto stupito di
trovare al suo interno un farfallino, proprio quello che lui aveva
usato per sposarla sulla piramide dell'Area 52 in un'altra linea
temporale. Quella donna impossibile, si era detto, faceva tanto la dura
ed invece sotto sotto era una tale sentimentale! Ora che ci pensava,
era un bel po' che non la vedeva: i suoi impegni lo avevano portato a
diminuire drasticamente il numero delle sue visite a Stormcage, ed
aveva davvero desiderio di stare un po' con lei, anche se temeva di
ricevere una bella lavata di testa per la sua "latitanza".
Un bagliore ed un rumore di scarica elettrica che lui conosceva molto
bene avevano riempito la stanza, seguiti da una familiare voce che
l'aveva salutato: «Ciao, dolcezza!». Il Dottore, stupito,
aveva alzato gli occhi davanti a sé, poi si era lasciato
sfuggire dalla bocca uno di quei suoi saluti tutt'altro che romantici:
«River, si può sapere cosa ci fai qui?». La donna
aveva alzato gli occhi al cielo prima di rispondergli in tono alquanto
seccato: «In nome della sanità mentale, cosa vuoi che ne
sappia io! Sei stato tu a chiamarmi!». Il Signore del Tempo le
aveva rivolto uno sguardo interrogativo: «Io? Dici sul
serio?». River esasperata, con un cenno del capo gli aveva
indicato la carta psichica che lui teneva fra le mani. Dunque stava
giocherellando con la carta psichica mentre pensava a lei, e
così l'aveva chiamata lì, si era detto, poi, rivolgendosi
a sua moglie l'aveva informata: «Ti assicuro che è stato
un errore...». La povera donna si era portata una mano alla
fronte prima di sospirare, rassegnata: «Beh, non ne avevo dubbi,
dolcezza!», e senza neanche alzare gli occhi su di lui, aveva
incominciato ad impostare le coordinate di ritorno a Stormcage sul suo
manipolatore del vortice.
«Ed ora cosa stai facendo?», gli aveva chiesto lui,
allarmato. River, ostentando nonchalance, gli aveva risposto:
«Torno nella mia cella, mi aspettano per un torneo di mahjong con
le guardie...».
«Aspetta un attimo, è da così tanto tempo che non
ci vediamo, facciamo qualcosa insieme!», l'aveva pregata il
Dottore. Lo sguardo di lei si era illuminato con un guizzo malizioso,
poi si era seduta sul letto e, sporgendosi verso suo marito con un
sorriso oscenamente eloquente, aveva sentenziato: «E
perché no? Del resto ad una ragazza non capita tutti i giorni di
trovare il suo idolo nel letto della sua cameretta...»,
avvicinandosi con movenze feline al suo corpo. Il Dottore,
incredibilmente imbarazzato e rosso fino alla punta delle orecchie, si
era prontamente allontanato dalla donna e, rivolgendole un'occhiata
scandalizzata, l'aveva rimproverata: «Insomma, River, Amy e Rory
potrebbero entrare da un momento all'altro, ed io che figura ci
farei?».
Sospirando profondamente, lei si era alzata dal letto e, mani poggiate
sui fianchi e sguardo truce, gli aveva chiesto: «E tu potresti
cortesemente dirmi cosa ci fai qui, nella MIA stanza, a casa dei MIEI
genitori, mentre io trascorro il mio tempo in una cella di massima
sicurezza per un omicidio che – purtroppo - non ho
commesso?». Il Dottore aveva abbassato lo sguardo, toccato dalla
cruda verità delle parole di River: era proprio un miserabile,
dopo tutto quello a cui sua moglie aveva rinunciato per lui, non era
nemmeno in grado di accoglierla come si deve, mostrandole quantomeno un
po' di gentilezza!
Se c'era una cosa alla quale la Dottoressa Song non sapeva resistere,
era la faccia da cane bastonato che suo marito metteva su quando si
sentiva in colpa, così si era avvicinata a lui e, mettendogli
una mano sulla spalla, gli aveva chiesto se c'era qualcosa che poteva
fare per lui. Il gallifreyano, senza dire una parola, le aveva porto
una scatolina nera.
«E questa cosa sarebbe, Dottore?», gli aveva chiesto lei,
perplessa.
«È il motivo per cui sono qui, River.», aveva
risposto l'altro rivolgendole uno sguardo greve.
«Scusami, ma continuo a non capire», aveva obiettato la
donna, allora lui, passandosi una mano fra i capelli, con tono serio,
le aveva spiegato: «Qualche giorno fa sono caduti dal cielo
miliardi di questi piccoli cubi neri, in ogni parte del pianeta, ma
nessuno, me incluso, riesce a capire che cosa siano!».
River aveva preso fra le mani quell’oggetto misterioso e
l’aveva squadrato con attenzione, poi aveva chiesto a suo marito:
«Hai provato ad esaminarlo con il tuo cacciavite sonico,
vero?».
Il Dottore alzando gli occhi al cielo le aveva risposto: «Secondo
te? Certo che l’ho fatto, ma non sono riuscito a tirare fuori
nessuna informazione! È frustrante, sai?».
La donna aveva ridacchiato, poi aveva tirato fuori il suo palmare ed
aveva iniziato a scansionare il cubo.
Dopo una decina di minuti di intensa attività ispettiva, anche
lei aveva gettato la spugna: «È sicuramente un manufatto
alieno, costruito con un materiale più duro del diamante ed
ultra leggero… queste sono le uniche cose che sono riuscita a
scoprire», aveva comunicato al Dottore, delusa. Il Signore del
Tempo le aveva rivolto uno sguardo divertito che sembra dirle:
“Cosa ti avevo detto?”.
River Song, però, non era un tipo che si arrendeva facilmente,
così, alzandosi di scatto in piedi, si era diretta a grandi
passi verso la sua libreria: «Sono sicura che deve esserci
qualcosa su quei dannati cubi su uno di questi libri… devo solo
cercare…», aveva detto più a se stessa che a suo
marito.
Il Dottore era rimasto una decina di minuti seduto sul letto a
guardarla consultare senza sosta pesanti volumi e sfogliare con sguardo
attento polverose pagine: i suoi occhi avevano indugiato con attenzione
su sua moglie e, sorridendo, si era detto che River era ancora
più sensuale quando era intenta nelle sue ricerche che quando
cercava deliberatamente di sedurlo. Si era così avvicinato a lei
con un sorriso idiota stampato sul viso e l’aveva cinta alla vita
da dietro prima di sussurrarle all’orecchio: «Trovato
qualcosa di interessante?». Lei aveva girato la testa verso di
lui e, sorridendogli soddisfatta, aveva risposto: «No, purtroppo!
E tu?».
L’altro aveva incominciato a coprire il suo collo di veloci baci
e, sentendola fremere a quell’improvviso contatto, l’aveva
presa per le spalle e voltata verso di sé, l’aveva
guardata con occhi carichi di desiderio: «Mhm… direi
proprio di sì…», aveva bisbigliato prima di
catturarle la bocca in un bacio languido e carico di passione, quasi
avido.
«Hey, cosa succede qui?», era appena riuscita a chiedere
River, prima che il Dottore rincominciassi di nuovo a baciarla con
passione e, spingendola sulla scrivania, aveva iniziato ad abbassare la
zip del suo vestito. La donna aveva allora preso il collo della camicia
di suo marito e l’aveva tratto a sé, iniziando poi a
sciogliere il nodo del suo cravattino e a sbottonargli la camicia. Lui,
con una rapida ed elegante mossa, le aveva tolto di dosso
l’abito: «La mia meravigliosa River…», le
aveva sussurrato accarezzandole l’interno della coscia e
sfilandole gli slip.
«Dottore!», gli aveva detto non riuscendo a mascherare la
sorpresa per l’audacia di suo marito, «E se arrivano Amy e
Rory?».
«Non preoccuparti, non verrà nessuno, dolcezza!», le
aveva risposto sorridendo della sua improvvisa titubanza - sembrava
proprio che le parti fra loro due si fossero ribaltate – mentre
con una spinta delicata ma decisa entrava in lei. Per entrambi era
stato come tornare a casa, riscoprire ancora una volta quanto perfetti
fossero l’uno per l’altra, quasi fossero stati creati per
diventare una cosa sola: gli unici rumori che riempivano la stanza
erano i loro gemiti ed il suono ritmico della loro pelle che si
incontrava.
«Dottore, abbiamo preparato il barbecue in giardino, vieni
a darci una mano?», aveva chiesto Amelia Pond, aprendo la porta
ed irrompendo come un fulmine scarlatto nella stanza insieme a suo
marito. I due erano rimasti completamente shockati, immobili e senza
parole di fronte alla vista dei due amanti svestiti e avvinghiati su
quella scrivania.
«Dottore, River! Si può sapere cosa diamine state facendo?», li aveva rimproverati Rory, col viso paonazzo.
«Oh beh, Centurione, sai come si dice? Niente come un po’
di attività fisica aiuta a passare il tempo!», aveva
cercato di sdrammatizzare il Signore del Tempo mentre lui e sua moglie
cercavano di ricomporsi.
«Dieci minuti, vi diamo dieci minuti per rivestirvi e scendere
giù in giardino, ok? Non fateci aspettare!», aveva
intimato Amy prima di uscire fuori dalla stanza trascinando di peso suo
marito.
«Non ci posso credere! Il nostro migliore amico stava facendo
sesso con nostra figlia sullo scrittoio!», si era lamentato Rory,
non riuscendo ancora a credere ai suoi occhi.
«Beh, tesoro, doveva accadere prima o poi di sorprendere nostra
figlia in stanza con un ragazzo, succede a tutti i genitori,
sai?», aveva replicato pragmaticamente Amy, battendo la mano
sulla spalla di suo marito, cercando di consolarlo.
«Eh, già…», aveva blaterato Rory, ancora non del tutto ripresosi dallo shock.
Scritta per la quinta sfida della Staffetta in Piscina della LJ community Piscina di Prompt con il prompt: Doctor Who, Amelia Pond/Rory Williams/Eleven/River Song, "Nothing like a bit of activity to pass the time".
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