Nel
buio, io ti vedo
(1^ parte)
Rudi aveva trovato la lettera di Alice lo
stesso pomeriggio del giorno in cui lei era partita, leggendola con il
cuore in gola e con il battito cardiaco accelerato. Ne aveva imparato a
memoria ogni singola riga, ogni parola, ogni virgola e perfino ogni
spazio. Ne aveva fatto tesoro, quasi quelle parole alleviassero la
sofferenza e sollevassero la speranza. Ma quale speranza aveva di
rivedere Alice se aveva letto la lettera troppo tardi? Si diede dello
stupido, per non essersi accorto del turbamento della sorellastra negli
ultimi giorni.
Alice era arrivata a scrivere ciò che provava per lui su un
foglio di carta, per indurlo a compiere un’ultima mossa e
bloccare quel meccanismo così frenetico che si era attivato
dall’incontro con Francesco. E probabilmente Rudi sarebbe
riuscito a fermarlo, a riportare la situazione al punto di partenza, e
magari avrebbe passato quello stesso pomeriggio con lei, ricordando i
vecchi tempi e alternando i baci alle risate.
Ma il destino aveva deciso diversamente per loro, e una folata di vento
provocata dalla porta che si apriva avrebbe annullato ogni
possibilità di stare insieme. Rudi era devastato dal dolore,
non tanto quello di non poter avere Alice tra le braccia, quanto quello
di essere stato lo stesso l’artefice di quel suo dolore. Del loro dolore. Era
colpa sua se la lettera di Alice era finita sotto il letto,
esclusivamente colpa sua se lei avrebbe passato l’intera
estate nella confusione più totale, solo colpa sua se non
sarebbe mai riuscita a trovare le risposte ai dubbi che attanagliavano
la sua mente e il suo cuore.
E ora Rudi se ne stava lì, con la lettera in una mano e il
cellulare nell’altra.
Ogni tanto lanciava occhiate fugaci alle parole del foglio, scorrendo
velocemente tra le righe e cogliendo qualche nuovo dettaglio che a una
prima lettura non aveva notato.
...perché io
all’improvviso vacillo.
E lui non si era accorto di niente, credendo che lei si sentisse la
persona più felice del mondo accanto a Francesco, credendo
che avesse trovato il ragazzo perfetto.
...non
era più possibile starti accanto sapendo che non mi amavi.
Ma lui la amava, forse l’aveva sempre amata e non
se ne era mai accorto fino a quel momento.
...non posso partire senza
sapere esattamente cosa provi per me.
E invece Rudi non si era presentato.
Così passavano i minuti, passavano le ore, e lo sguardo del
ragazzo saettava dalle parole della lettera alla rubrica del cellulare,
sul nome Alice.
Gli occhi fissi su quelle cinque lettere che spiccavano nella lista dei
numeri familiari, il dito che sfiorava appena la superficie del display
ma che era pronto a premere il tasto in qualunque momento.
Ma se avesse provato a chiamarla, cosa le avrebbe detto?
«Ehi Alice,
come stai? Io da schifo. Ho trovato la tua lettera solo ora e mi
chiedevo se ti andasse di tornare qui perché ho fatto una
cazzata, ma mi manchi troppo. Ah, dimenticavo: e ti amo».
Rudi sorrise, un sorriso amaro. Una ragazzina innamorata non avrebbe
certamente retto il confronto.
Magari avrebbe potuto chiamarla e dirle tutto in maniera leggera e
scherzosa: sarebbe stato semplice e naturale per uno come lui. Poi si
rendeva conto che, in quel modo, Alice avrebbe dubitato della
sincerità dei suoi sentimenti e poi lui si sarebbe ritrovato
di nuovo a piangere, con una cazzata in più da aggiungere
nella sua lunga lista personale.
E allora pensava di proporle un discorso serio, con frasi dolci e un
po’ smielate che la colpissero dritta al cuore. Ma il
romanticismo andava contro la sua natura e il risultato sarebbe stato
un patetico sforzo di convincerla a tornare indietro.
Rendendosi conto che ogni ipotesi risultava sconveniente, decise che
avrebbe parlato di getto e che le avrebbe detto tutto ciò
che gli passava per la testa in quel preciso istante. Premette, quindi,
il dito sul display e la chiamata partì. Si portò
il cellulare all’orecchio, rimanendo in ascolto con il cuore
in tumulto e il respiro mozzato.
«Bip... bip... bip...».
E dai, rispondi!,
la incitò mentalmente il ragazzo.
«Bip... bip... bip...».
Magari è con
Francesco e ha già messo una pietra sopra la nostra storia.
Ma quale storia?, si disse, correggendo
all’istante le ultime parole. Tra loro non c’era
mai stato niente di serio: un paio di baci rubati nel corso degli anni
e una scappatella alle terme.
«Bip... bip... Rudi?».
Oh cazzo.
La sua mente si svuotò di qualunque altro pensiero e si
concentrò sulla voce di Alice: c’era qualcosa di
strano nel tono con il quale aveva pronunciato il suo nome,
c’era attesa e c’era sollievo. È contenta di sentirmi,
pensò Rudi, accennando un sorriso.
«Alice, come stai?».
Ci fu un momento di pausa in cui Rudi si chiese se lei fosse ancora
lì, al telefono. Poi avvertì distintamente il
respiro della ragazza farsi un po’ più frenetico e
allora tirò un sospiro di sollievo.
«Tu come stai?», gli chiese lei, e il ragazzo non
si lasciò sfuggire la preoccupazione insita in quelle
parole. Alice aveva scandito ogni singola parola, ma con tono un
po’ più basso rispetto all’inizio.
«Te l’ho chiesto prima io», rispose Rudi,
teso.
La sentì sorridere e nella sua mente si
materializzò il viso luminoso della sorellastra.
«Sto bene», rispose lei, semplicemente, ma Rudi
capì che stava mentendo. «Però starei
meglio se tu mi dicessi il vero motivo per cui mi hai
chiamata».
Rudi deglutì a vuoto, sorpreso dalla reazione della ragazza.
«Non ci siamo salutati prima della tua partenza».
Il ragazzo rimase in attesa di una risposta, risposta che
tardò qualche secondo ad arrivare.
«Io ti ho aspettato fino all’ultimo, ma
tu...».
«Ho trovato la lettera solo poco fa», si
affrettò a precisare lui.
«Oh».
Oh? Rudi
abbassò lo sguardo, cercando di trovare le parole giuste.
«Perché hai aspettato così tanto prima
di farmi sapere quelle cose?».
«E me lo chiedi pure?!».
Il ragazzo sussultò a quelle parole e si diede una manata
sulla fronte, maledicendosi.
«Dovrei essere io a chiederti perché hai aspettato
così tanto prima di dirmi che sei inn...», si
bloccò improvvisamente.
Fantastico, non riesce nemmeno a pronunciare quella parola!,
pensò Rudi, prendendo in considerazione la malsana idea di
sbattere la testa contro il muro.
«Sembravi così sicura di Francesco che non volevo
confonderti e rovinarti l’estate».
«Be’, ci sei riuscito ugualmente»,
rispose lei, il tono lievemente stizzito. «Avrei voluto
sentirmelo dire di persona, invece che venirlo a sapere attraverso
degli stupidi post-it».
Rudi serrò il pugno sul ginocchio, frustrato.
«Mi stai dicendo che trovi stupido quello che ho scritto nei
post-it?».
Si pentì subito delle sue ultime parole. Sapeva che Alice
non pensava niente del genere.
«No! Non intendevo questo...».
«E allora cosa?».
«E dai Rudi, non complicare le cose!».
Il ragazzo respirò profondamente e chiuse gli occhi in un
tentativo di calmarsi.
«Sei felice?», le chiese di botto. In fondo, era
ciò che più gli stava a cuore.
«Non cambiare discorso», lo rimproverò
lei, incrinando la voce.
«L’hai detto tu di arrivare al dunque, quindi
riformulo la domanda: sei felice?».
I secondi scorrevano lenti e interminabili.
«Non lo so», concluse lei, sospirando.
«Vorrei capire cosa ti passa per la testa»,
confessò lui, con tono triste. «Un attimo prima
sei talmente entusiasta di partire con Francesco che a nessuno
passerebbe per la testa di obbligarti a restare qui e
l’attimo dopo non sai nemmeno cosa pensare».
Altri secondi di silenzio.
«Forse, se tu mi avessi parlato sinceramente in questi
giorni, ora non starei qui a chiedermi se partire con Francesco
è stata la cosa giusta», sbottò lei,
infastidita.
«Fantastico, quindi ora sarebbe colpa mia!».
Rimase in attesa di una risposta altrettanto forte, invano.
Uno... due... tre... dieci secondi... Un minuto.
«Alice?», ma non gli arrivò nessuna voce
all’orecchio.
«Alice?», ripetè, più serio.
«Non te la sarai presa, vero?».
Un altro minuto passato in silenzio.
«Alice, sei ancora lì?», chiese,
deglutendo a vuoto. «Comincio a preoccuparmi».
Ma Alice non rispondeva. Sembrava che avesse lasciato il cellulare
incustodito e che se ne fosse andata senza nemmeno degnarlo di un
saluto.
«Alice», non era una domanda, «non farmi
scherzi, non sono proprio in vena».
Quanto tempo era passato da quando aveva sentito la sua voce per
l’ultima volta?
«Cazzo, Alice, mi stai spaventando!».
«R-Rudi, ho un problema».
E il ragazzo non potè nemmeno tirare un sospiro di sollievo,
perché il tono di voce della sorellastra non trasmetteva
niente di buono. Anzi, Rudi vi scorse paura e agitazione.
Alice si trovava sul divano, da sola, nella villa sulla spiaggia che
Francesco aveva affittato per la loro vacanza. Guardava un punto
indefinito davanti a lei, con le gambe rannicchiate al petto e il fiato
mozzato. Sentiva il battito frenetico del cuore rimbombarle nelle
orecchie.
«R-Rudi, ho un problema».
«Oh, finalmente hai risposto! Che genere di
problema?».
Alice sospirò e si guardò intorno.
L’oscurità nascondeva ogni angolo della casa,
donandole un’atmosfera tetra e inquietante. O forse era solo
a causa della mente annebbiata che lei la vedeva in quel modo. Si
raggomitolò su se stessa e si sistemò meglio il
cellulare vicino all’orecchio.
«C’è stato un black out».
«E allora?».
«Ho paura! Vedo ombre che non dovrebbero esserci e sento
rumori strani».
Udì Rudi scoppiare a ridere e mormorare qualcosa del tipo
«Oh, questa è bella!» e «A
diciott’anni hai ancora paura del buio, non ci posso
credere!».
Alice brontolò stizzita.
«È come quando eravamo in vacanza al mare prima
degli esami, però questa volta non ci sei tu».
La risata di Rudi si affievolì gradualmente, lasciando il
posto ad un imbarazzante e opprimente silenzio. «E allora fai
finta che ci sia io lì con te», le propose lui,
sorridendo.
Alice sospirò ancora, con il cuore un po’
più leggero.
«Ma non è la stessa cosa...».
«Tu provaci, vedrai che funziona!».
Alice chiuse gli occhi e immaginò il viso sorridente di
Rudi. Un ricordo confuso, poco nitido e frammentario, le fece capire
che non era proprio una buona idea.
«Non ci riesco, e ho ancora più paura di prima!
Vedo forme strane nel buio!».
A Rudi scappò una risata silenziosa. «Nel buio non
c’è niente e io sono lì, vicino a
te».
Alice annuì, sforzandosi di rielaborare mentalmente le
parole del fratellastro.
«Dove ti trovi?».
«Sono seduta sul divano».
«Bene, ci sono anche io. E mi stai guardando».
Alice arricciò le labbra, scettica.
«Mi guardi e sei felice».
Quelle parole la portarono istintivamente a sorridere, mentre davanti
ai suoi occhi si materializzava l’immagine del ragazzo, molto
più nitida della precedente. I capelli sparati in alto, un
lieve strato di barba e il sorriso stampato sul volto. Era seduto
proprio accanto a lei e la scrutava con attenzione.
«Mi sto avvicinando a te».
Alice sgranò gli occhi quando le braccia di Rudi –
quel Rudi surreale e immaginato dalla sua mente – provarono a
cingerle le spalle. Avvertì un sensazione di calore
invaderle il petto e diramarsi in tutto il corpo, mentre il busto del
fratellastro aderiva al suo in una morsa piacevole e confortante.
«Ti sto abbracciando», continuò Rudi
– quello vero, che le parlava al telefono.
Le braccia del riflesso
dei suoi ricordi si erano appena posate sulle spalle
della ragazza e l’avevano stretta forte. Alice
poggiò la testa contro il petto del ragazzo e chiuse gli
occhi, arrendendosi di fronte alla realisticità di quelle
sensazioni.
«Ti stringo forte».
L’abbraccio si fece più intenso e Alice si
sentì a casa.
«Siamo così vicini che...».
«...che sento il tuo profumo», fu Alice a
continuare. «Fa decisamente troppo caldo così
appiccicati, ma non ho più paura ed è questo che
conta». Sentì che l’abbraccio si stava
lentamente sciogliendo e riaprì gli occhi, ma
l’immagine di Rudi – così luminosa e
reale – non accennava ad andarsene.
«Ci siamo staccati e ora mi stai sorridendo di nuovo. Ed
è rassicurante».
Rudi, dall’altro cavo del telefono, rimase in silenzio ad
ascoltarla.
«Ma non basta», ammise Alice, con voce dolce.
«Questa volta sono io ad avvicinarmi a te, ti sfioro il collo
con la braccia e ti accarezzo i capelli». Sembrava tutto
così reale che la ragazza riusciva perfino a sentire la
consistenza di quella massa castana sotto le dita. «Te
l’ho mai detto che somigli a un porcospino conciato in questo
modo?».
Lo sentì ridere al telefono, mentre accarezzava con le mani
il viso del ragazzo che le stava davanti.
«Ma mi piaci», affermò convinta. Lo
afferrò per le guance e gli si avvicinò
lentamente, ruotando la testa da un lato. Sentiva il suo respiro
solleticarle il viso, mentre le loro labbra si univano in un bacio
dolce e intenso.
«Alice?», il vero Rudi reclamava di essere messo al
corrente degli sviluppi della situazione.
Ma Alice era in un altro mondo, con il frutto della sua fantasia.
Il sapore della sua bocca, la consistenza delle labbra, il suo profumo,
la sua stretta: era tutto così dannatamente reale!
Ma non era destinato a durare in eterno.
«Amore!», la voce di Francesco arrestò
tutto.
Alice si rese conto che la luce era tornata e che l’immagine
di Rudi – quella accuratamente creata dalla sua fervida
fantasia – si era dissolta nel nulla e le aveva lasciato un
vuoto nel cuore.
«Scusami, ci sentiamo dopo», poi chiuse la chiamata
e mise da parte il cellulare.
Nella sua mente, ancora l’immagine del fratellastro che per
pochi secondi era stato lì con lei.
Quando Rudi udì la voce di Francesco al cellulare e subito
dopo quella di Alice che lo salutava, allontanò
l’oggetto dall’orecchio e lo gettò sul
materasso, irritato. Era rimasto in silenzio per tutta
l’ultima parte della chiamata, incantato dalle parole di
Alice che lo facevano quasi sentire lì con lei.
Il telefono vibrò e Rudi si gettò sul letto per
leggere il messaggio.
Grazie,
ma avrei voluto che ci fossi stato davvero tu con me.
Da:
Alice
Quelle parole fecero crollare tutte le sue difese. Alice aveva bisogno
di lui, lui aveva bisogno di lei e non sarebbe stato di certo qualche
chilometro di mare a fermarlo. Sarebbe corso da lei, anche a costo di
percorrere quella distanza a nuoto.
Grecia, arriva Rudi
Cesaroni!
Note dell'autrice:
Bene, bene, beeeeene :D Io continuo a sognarmeli la notte, 'sti due, e
quando l'ispirazione arriva... be', non posso mica ignorarla! Non ho
nulla da precisare, visto che - credo - si capisce in che contesto
è ambientata la storia e cosa succederà in
seguito. Spero solo che l'idea vi piaccia, gradirei sapere la
vostra opinione. Ci sentiamo al prossimo e ultimo capitolo
^^
Soly Dea
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