Correndo incontro al destino

di Delirious Rose
(/viewuser.php?uid=1063)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Prologo





La sabbia era umida sotto le suole delle scarpe e la marea, ritirandosi, aveva lasciato delle pozze d’acqua in cui i granchi si rifugiavano. Il vento che veniva dal mare profumava di iodo e d’alghe e gonfiava le vesti della donna come vele di galea.

«Emeraude, non ti allontanare: lo sai che è pericoloso!»

La bambina si voltò ridendo, i ricci biondi si gonfiarono come un’aureola d’oro.

«Faccio tanta, tanta attenzione!» rispose saltando a piè pari in una pozzanghera.

La donna roteò gli occhi e lanciò un’occhiataccia all’uomo che camminava al suo fianco. «Voglio sperare che non siate stato voi, Fiero, ad incitare nostra figlia a comportarsi in codesta maniera… indecorosa.»

L’uomo fece saltare il bimbo fra le braccia, tenendolo ben alto.

«La capitale è lontana, mia cara Azure: ad Austina non abbiamo certo bisogno di quel noiosissimo cerimoniale di corte.»

La principessa Azure sospirò, in fin dei conti suo marito aveva ragione: Austina era una delle contee più piccole di Cephiro, non abbastanza ricca da attirare le attenzioni della corte e troppo lontana dalla capitale per subirne l’influenza. Erano trascorsi quasi dieci anni da quando lei, principessa reale e sorella minore di re Gallardo, era stata data a Fiero Xepphirine di Austina, un aristocratico incapace di vivere a corte e che non si interessava né degli intrighi di palazzo e né di ottenere favori. Si poteva azzardare che re Gallardo gli avesse concesso Azure più per disperazione che per avere un nuovo alleato: in fondo, all’epoca, la principessa incominciava ad essere troppo anziana per avere dei pretendenti.

Azure fissò lungamente sua figlia maggiore che correva davanti a loro, come se volesse acchiappare i gabbiani: i primi anni che aveva trascorso ad Austina erano stati difficili, così come era stato difficoltoso, per lei, avvezzarsi ad uno stile di vita più frugale rispetto a quello della capitale. Senza contare l’esser stata allontanata dalla sua famiglia, la sensazione d’esser stata tradita da suo fratello, ma soprattutto la mancanza della persona che amava (e l’idea che Gallardo l’avesse confinata ad Austina per evitare uno scandalo era un sospetto che a volte le tornava in mente), ma poi Emeraude era nata e lei aveva imparato ad apprezzare i pregi del principe Fiero.

«La marea sta iniziando a salire,» mormorò Fiero guardando accigliato l’orizzonte, mentre sosteneva con cura il piccolo Ferio che accennava i suoi primi passi. «Emi-hime, si torna a casa!»

Con una piroetta, Emeraude si voltò verso i suoi genitori, correndo loro incontro con un sorriso gioioso e le guance arrossate: strinse con affetto le ginocchia di sua madre, che si chinò su di lei per rimetterle in ordine il vestito e prenderla per mano, poi tutti e quattro s’incamminarono verso il monte che dominava la baia con il suo castello. Il vento iniziò a farsi un po’ più violento e dei nuvoloni grigi iniziarono a addensarsi all’orizzonte: ci sarebbe stata una tempesta, quella notte. Non che fosse un evento straordinario: il Pilastro non riusciva a controllare completamente il tempo atmosferico, pur garantendo pace e prosperità a Cephiro. Che Sua Eccellenza Ginko fosse malata da tempo, non era un mistero per nessuno, ma quello che più preoccupava i saggi di Cephiro era cosa sarebbe potuto accadere alla sua morte: il re Gallardo era un sovrano giusto e rispettoso dell’autorità del Pilastro, ma sarebbe riuscito a tenere a bada gli animi cupidi fino alla nomina della nuova Colonna?

«Sta arrivando qualcuno dalla capitale,» mormorò Fiero, stringendo con un gesto protettivo ed istintivo suo figlio.

Era un messaggero reale, lo stendardo portato a mezz’asta e bordato di porpora non faceva presagire nulla di buono: raggiunta la coppia, l’uomo s’inchinò profondamente davanti ad Azure.

«Vostra Altezza Reale, è con gran tristezza che…»

Un gesto della principessa lo fece zittire.

Azure lanciò un’occhiata al suo compagno, che annuì e prese la mano d’Emeraude: la bambina non disse nulla, si limitò a guardare incuriosita sia la madre che il messaggero.

«Non amo ricevere cattive notizie alla presenza dei miei figli.» Riuscì ad udire Emeraude, camminando accanto a suo padre: mentre attraversava il portone del muro di cinta, si volse di nuovo verso sua madre e la vide chinare il capo ed invitare il messaggero al castello.

Solo il mattino seguente seppe che suo zio, il re Gallardo, era morto e che sarebbe partita per la capitale quel giorno stesso.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=149873