Il vero dolore

di gingerfox
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Stuart “Ciccio” Wall era seduto mollemente su una sedia della cucina, con il braccio a penzoloni e la testa rivolta verso il soffitto.
Non stava ad ascoltare ciò che Cubicolo- ciò che suo padre stava dicendo per rassicurarlo.
Non è colpa tua.
Non sono morti per te.
Abbiamo preferito non farti andare al funerale perché sei troppo coinvolto emotivamente, ora.
Le parole gli scivolavano via e, nel remoto caso in cui riuscisse a cogliere il senso di una frase, quella rimaneva impigliata nella fitta rete di pensieri che si era formata nella sua testa.
A sconvolgerlo non erano le bare che aveva visto o la mano che Colin gli aveva poggiato sulla spalla (il primo gesto d’affetto dopo anni), ma il rimorso e il dolore che lo attanagliavano.
Non importava quanto Tessa continuasse a dire che lui non aveva nessuna colpa tranne quella di essere stato un po’ troppo ragazzino, lui lo sapeva di essere l’assassino di due persone.
Per tutta la vita aveva preso in giro Sukhvinder per la sua debolezza: ora quello senza difese era lui.
Si era anche permesso di odiare Arf perché si sarebbe trasferito di li a poco, e in quel momento avrebbe pagato a peso d’oro chiunque lo avesse strappato via da quella casa.
 
Infondo, Stuart lo sapeva.                                                          
Era sempre stato debole, a ripararsi offendendo con i suoi modi taglienti, e il karma lo aveva semplicemente ripagato di tutto il dolore che aveva sparso.




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