Tutta colpa di dieci zecchini d'argento
TUTTA
COLPA DI 10 ZECCHINI D’ARGENTO.
(Ovvero Quando Mean Girl Incontra
Assassin’s Creed Senza Dimenticare Un Bel Lieto Fine)
“Era
una fredda giornata d’inverno, il cielo era di un blu intenso
e spirava un gelido vento da nord, che congelava le dita del povero
rematore, che stava faticosamente trascinando una malmessa imbarcazione
per gli stretti canali di una delle parti più ricche della
città di Venezia. Sulla barca sedeva una fanciulla avvolta
in un mantello che un tempo era stato splendido, ma che iniziava a
mostrare i segni dell’usura. La fanciulla era giovane e
bella, i capelli biondi illuminavano il viso di porcellana e facevano
risaltare i suoi grandi occhi neri. Le sue labbra erano viola a causa
del freddo e tentava invano di sfregarsi le mani per scaldarle.
La barca
si accostò a una grande casa dall’aspetto
signorile, dove però un occhio attento avrebbe
potuto scorgere l’intonaco scrostato e le imposte ormai
malmesse. Scendendo con un poco di difficoltà, la ragazza
pagò il rematore e salì gli alti gradini
scivolosi sino ad arrivare al portone di ingresso, quindi
bussò con un arrugginito batacchio e fu introdotta
all’interno. Dentro la temperatura era più
gradevole che fuori, e si avvicinò ad un grande braciere
tendendo le mani per scaldarsele. Un tempo si sarebbero potuti
permettere la legna per ogni camino della casa, ma
ultimamente gli affari storti del padre, una volta ricco
mercante di spezie, avevano privato di ogni lusso la loro vita, e
adesso una graziosa fanciulla come lei era costretta ad andare in giro
con mantelli rammendati alla bell’e meglio. La ragazza fece
un moto di stizza all’idea dello sguardo di derisione che le
aveva inviato la ragazza dai capelli corvini e gli occhi di zaffiro.
Non era mai corso buon sangue tra le due, nonostante avessero la stessa
età e i loro padri avessero spesso condotto affari insieme.
Nonostante la fanciulla era seriamente convinta di essere infinitamente
più bella della rivale; l’altra aveva altrettanti
spasimanti e così, mentre i loro genitori lottavano per
terminare uno un affare più vantaggioso dell'altro, le due
fanciulle perpetuavano una lunga guerra fatta di corpetti sempre
più stretti e gonne sempre più ampie, di occhiate
ammalianti e labbra rosse carminio. Sfortunatamente era arrivata la
disgrazia, mentre il padre della sua acerrima rivale era
diventato sempre più ricco, e la ricchezza si sa, attira
molto di più i giovani di splendidi boccoli biondi.
Ma la
ragazza dai capelli d’ebano era una borghese senza classe,
dalla risata sguaiata e, la fanciulla ne era certa, modi da
sgualdrina che non l’avrebbero mai potuta portare lontano.
Inoltre aveva un carattere arrogante e sgradevole, ed era sicurissima
di non essere la sola a pensarlo. Mentre lei era buona e gentile con
tutti, spiritosa, e soprattutto aveva una grande determinazione. Era
perciò sicura che presto o tardi si sarebbe rifatta con la
rivale, e sarebbe stata lei a guardarla dall’alto in basso al
braccio del suo bellissimo e altolocato marito. Perché la
mora era una semplice borghesuccia da quattro soldi, mentre sua madre
proveniva da una delle più influenti famiglie aristocratiche.
L’entrata
di sua madre la distolse dai suoi rancorosi pensieri:
“Serena,
hai comprato ciò che ti avevo richiesto?”
“No
madre, mi dispiace, ma i prezzi sono terribilmente cari, e non ho
trovato nulla che costasse meno di cinque zecchini
d’oro”
“
Oh, con questi tempi che corrono ogni cosa è a prezzi
esorbitanti! Bene serena, potresti almeno restituirmi gli zecchini che
ti ho dato?”
La
ragazza fece per prendere la borsa che teneva legata alla cintura,
quando emise un’esclamazione di stupore.
“La
borsa! Ho perso la borsa!”
“Come
hai perso la borsa! Serena! Ma cosa hai fatto?! Ma non è
possibile! Ti rendi conto? Sai quanto sono cinque zecchini
d’oro, eh? Sono ben dieci zecchini d’argento
Serena, dieci! Cosa vuol dire che li hai persi? Oh, ma tu non li hai
persi: adesso fili fuori subito a ritrovarli!”.
E
così Serena si ritrovò fuori casa ad aspettare
che un'altra imbarcazione le desse un passaggio.
Il
mercato era caotico e affollato a quell’ora del giorno, e le
speranze di ritrovare la borsa svanivano di minuto in minuto,
d’altronde, chi mai avrebbe preso la borsa senza quello che
vi era all’interno? Non era una somma considerevole, ma era
pur sempre qualcosa per chi viveva nella miseria. La borsa,
probabilmente, valeva di più del contenuto stesso: era
finemente lavorata dai maestri turchi con le sete più
pregiate, colorata come uno di quei pappagalli che predicevano il
futuro sulla spalla dei negromanti agli angoli dei canali, il tutto per
pochi soldi.
Le era
stata regalata al suo tredicesimo compleanno, e da allora
l’aveva sempre amata, anche perché aveva spesso
suscitato l’invidia della nemica. Purtroppo il laccio con il
quale l’appendeva alla cintura si era col tempo logorato, e
quel giorno si era staccata senza accorgersene.
Passando
davanti a un banco di pendagli d’argento, ne vide uno
meraviglioso, era elegantemente decorato con motivi a spirale, e
brillava alla luce del sole. Serena se ne innamorò, e il
mercante, vedendo il suo interessamento le disse il prezzo: dieci
zecchini d’argento, la stessa somma che aveva perso. Si
infuriò: le sembrava una presa in giro, e in uno di quei
folli attimi in cui si agisce senza pensare, approfittando
della distrazione del mercante, con un gesto fulmineo afferò
il pendaglio e si dileguò nella folla. In questo modo si era
vendicata con qualcuno, e anche se innocente, si sentì
meglio. Sapeva di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma sentiva che in
qualche modo aveva rimediato a quel vuoto che sentiva per la perdita
della borsa.
Ma la sua
euforia durò poco: un uomo grande e grosso le
poggiò una mano sulla spalla e disse:
“Ehi
tu, dove credi di andare?” Fu presa dal panico, e le
sembrò che la cosa migliore da fare fosse darsi alla fuga:
si girò di scatto e iniziò ad aprirsi un
passaggio tra la folla. Più piccola e agile del suo
inseguitore, riuscì a distanziarlo, e a nulla servirono le
urla dell’altro per tentare di fermarla: in poco
tempo si era dileguata nell’intricato labirinto di canali di
Venezia.
Arrivata
a un porticato, vi si gettò all’interno. Aveva
ancora il fiatone e il cuore le batteva all’impazzata. Aveva
avuto una gran paura: essere arrestata per così poco sarebbe
stato oltraggioso, oltretutto il pendaglio non era nemmeno
d’argento, ma di una altro materiale più infimo:
se n’era accorta il momento in cui l’aveva preso in
mano.
“Ssseguimi
ragazza, il tuo avvenire è grande e il tuo futuro
sarà splendente!”
La
ragazza sobbalzò: una mano ossuta e gelida le si era posata
all'improvviso sul candido braccio. Il proprietario di quella
mano poi, non era più rassicurante: un vecchio piegato dagli
anni e con un occhio di vetro, che roteava impazzito. Istintivamente la
ragazza indietreggiò.
“Ssseguimi
fanciulla, il tuo più grande desiderio si può
avverare se mi ssegui. Ecco solo un piccolo
asssaggio…” un piccolo gesto, da prestigiatore, e
fece comparire la sua borsa. Era allibita: cosa se ne faceva quel
vecchio di quella borsa? Perché gliela faceva vedere?
Perché ammettere il suo misfatto?
Però
la sua amata borsa… doveva riprenderla. Fece per afferrarla,
ma il vecchio fu più svelto e le afferrò il
braccio, scuotendo la testa.
“no
no non onononon nooo. Si devono seguire le regole del gioco.”
E si incamminò per la via. Serena non poté fare
altro che seguirlo.
Con suo
immenso stupore, arrivarono in una delle parti più ricche
della città. Il vecchio aprì una porticina
laterale e la condusse all’interno di un bel palazzetto.
Salita in una scala a chicciola, venne introdotta in una stanza
appartata della casa. All’interno, vi era una scialba giovane
dall'aspetto sgraziato, adagiata pigramente su una poltrona. Lo sguardo
che Serena rivolse al vecchio fu uno dei più increduli.
“Trasforma
la rana in principessa entro lo scadere della mezzanotte," disse il
vecchio indicando la giovane sulla poltrona " e conducila quindi al
grande ballo che si terrà dove lei ti indicherà.
Se avrai eseguito per bene il compito, il tuo desiderio sarà
esaurito. Ovviamente potrai partecipare anche tu al ballo”. E
per rassicurarla, le porse la borsa, intatta, con tutti gli zecchini
dentro.
Serena
non proferì parola. Quando la porta fu chiusa, la fanciulla
si girò ed esibì una riverenza alla ragazza
seduta alla poltrona. Questa rispose con un cenno del capo. Quando
Serena chiese al cospetto di chi aveva l’onore di trovarsi,
la ragazza fece una faccia confusa e non rispose, ed emise
qualche suono inarticolato.
La bionda
quindi con un sospiro le fece intendere a gesti di alzarsi. Era una
situazione assurda, ma l’unico modo per uscirne sembrava
assecondare quello che le veniva chiesto.
Serena
squadrò la ragazza con occhio critico: era abbastanza
bruttina, troppo magra, con gli spunzoni delle ossa che uscivano nei
luoghi più impensabili, i capelli erano di un biondo
talmente opaco da sembrare castano chiaro. Gli occhi cerulei e
inespressivi denotavano una totale morte dell’animo. Il
portamento era grazioso tanto quanto una marionetta abbandonata per
terra. Il vestito poi era rosa confetto pallido, che contribuiva ad
aumentare la tristezza della sua persona.Serena
sospirò e si diresse verso l’armadio: trasformarla
in una splendida ragazza sarebbe stato molto difficile.
Optò per un meraviglioso abito di velluto blu. Il blu
risaltava il colorito pallido della pelle della sconosciuta ed era
quindi perfetto. Inoltre le maniche arrivavano a tre quarti: in questo
modo coprivano i bracci e i gomiti, troppo esili e ossuti, e lasciavano
scoperti gli avambracci che, anche se fragili, conferivano
un’idea di eleganza e raffinatezza. Le spalle
dell’abito vennero imbottite, conferendo alla ragazza un
aspetto più deciso. L’abito era molto scollato, e
lasciava vedere una generosa porzione del collo e del petto, che
avevano nel loro splendido chiarore un che di affascinante. Il corpetto
fu stretto e un poco imbottito per far risaltare il seno, senza
risultare però volgare. Furono abbinati splendidi gioielli
d’argento, che risaltavano l’incarnato.
Le mani
le trattò a lungo con creme e olii profumati, fino a farle
diventare morbide e rosate. Ogni centimetro di pelle del corpo venne
passato con la cipria e il belletto. Le labbra vennero dipinte di un
colore naturale, dando l’impressione di essere naturalmente
belle. Gli occhi vennero truccati per essere più
espressivi, le ciglia allungate e il contorno ridisegnato.
Per i
capelli fu più difficile. Li pettinò a lungo e
applicò unguenti per farli brillare, infine ricorse a un
vecchio trucco da zingara. Riscaldò un pettine di metallo al
fuoco di una candela ed iniziò a modellare i capelli come
boccoli, per poi tirarli su in un’elaborata acconciatura.
Per
finire, le fece mettere alcune gocce di profumo.
Il
risultato era al di là di ogni aspettativa: se prima vi era
un’opaca ragazzina, adesso vi era un’esile e
misteriosa creatura fatata, che si rimirava allo specchio con occhi
splendenti di gioia. Mentre tutta la cerimonia si era svolta nel
più assoluto silenzio, la sconosciuta pervasa dalla
felicità iniziò ad emettere suoni in
continuazione, tentando di dirle qualcosa. Finalmente Serena
capì: la ragazza era straniera, e non era minorata, come
aveva creduto all’inizio.
Serena
sorrise incoraggiante e poi indicò un vestito rosso e poi se
stessa, chiedendo il permesso di indossarlo. L’altra
annuì vigorosamente, sempre sorridendo. Quindi anche Serena
si fece bella per la misteriosa festa. L’altra la condusse
quindi fuori, e scortate da un paggio, salirono su una gondola.
Arrivarono
in un palazzo illuminato a festa. Entrò per prima la ragazza
in abito blu, e poi Serena, superba nel suo magnifico vestito rosso.
Serena attirò molti sguardi e molte attenzioni, ma molti ne
ricevette anche la ragazza ignota, che si era allontanata per salutare
una folla di conoscenti, che le rivolgevano i più sinceri
complimenti.
Serena
quindi si mise in disparte, guardandosi intorno per cercare faccie
conosciute. Sfortunatamente, una delle prime che vide fu quella della
sua acerrima nemica dagli occhi di zaffiro e i capelli
d’ebano. Gertrude Cavalieri. Questa la raggiunse con un
sorriso perfido.
“Mi
stupisco che anche una come te sia stata invitata a questo ballo, e mi
stupisco ancor di più che tu sia riuscita a racimolare i
soldi per quello splendido vestito, non avrai mica rubato anche questo,
eh?” La frecciatina riguardo l’incidente di quella
mattina la fece montare di rabbia:
“
E che ci fa una borghesuccia di bassa estrazione sociale come te in una
festa altolocata come questa, eh?” Ribattè, pur
non avendo la minima idea di chi fosse l’ospite.
L’altra
era schiumante di rabbia, per l’affronto alle sue origini, ma
rispose comunque:
“Pensi
forse di poter conquistare il bel conte Olandese eh? Beh mia cara, mi
dispiace deluderti, ma l’invito l’ha consegnato
prima a me, e ti posso assicurare che abbiamo una meravigliosa intesa,
oh si! Oltre che ricco e bello, ha i modi decisamente affascinanti ed
è un galantuomo. Che peccato che tu non abbia ormai
più nessuna speranza!” e si allontanò,
dirigendosi verso un giovane bello come il sole.
Inaspettatamente,
questi si girò verso di lei e le rivolse un irresistibile
sorriso, quindi le si accostò.
“Devo
annunciarti che hai passato la Prova, ora non resta che esaudire il tuo
Desiderio”
“Prova?
Quale prova?”
“Quella
di rendere mia sorella una creatura affascinante e ammaliante. Sono
consapevole che non sia una gran bellezza, e necessitavo urgentemente
qualcuno che la aiutasse a trasformarsi in un cigno, ormai è
in età di matrimonio, e spero vivamente di poter concludere
per lei uno dei matrimoni più brillanti.”
“Oh,
beh, non c’è di che. Insomma, con qualche trucco
qua e là è stato troppo difficile.”
“Allora,
vuoi esaudire il Desiderio?”
“Desiderio,
e di cosa si tratta?”
Lui la
guardò intensamente:
“Vorresti
sposarmi?” era serio.
“Cosa?”
“Vorresti
sposarmi?”
“Come?
Perché, perché questa richiesta?”
“Non
vuoi sposarmi?”
“No!
No! Affatto! E’ solo che… vedete è
così inaspettata, nemmeno vi conosco.”
“Nemmeno
io, ma vi ho amata dal primo momento che vi ho scorto.”
“Perché?”
chiese lei con un sussurro.
“Perché
bellissima, e non siete solo meravigliosa, ma sapete rendere gradevole
anche ciò che non lo è. Come mia sorella.
Perché la bellezza, si sa, è la più
grande delle qualità. Sarete una perfetta moglie, degna di
stare al mio fianco.” E le sorrise.
“Dunque,
qual è la vostra risposta?”
“Si,
oh si!” rispose gioiosamente Serena. E il cuore le
scoppiò di gioia all’idea della rabbia e
dell’invidia che Gertrude avrebbe covato nei suoi confronti.
Aveva vinto.
Angolo Autrice:
Storia vecchia, ovviamente è un po' provocatoria,
perchè nelle fiabe sono sempre le protagoniste buone e belle
ad avere tutto. Mai che ci sia una protagonista bruttina.
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