LA FRENESIA DEGLI DEI
Ares
e Athena
Era
ferma lì, bella.
Nessuna
leggenda rendeva giustizia a quella che era la dea della guerra. Fiera
in volto, negli occhi solo la morte e poi, per ultima, la vittoria.
Aveva avuto tante amanti, tanti desideri, sempre realizzati, ma lei...
mai.
«Athena...»
la sua voce la sorprese, mentre soffriva la perdita di importanti eroi,
mentre vedeva allontanarsi di un passo la grande vittoria che aveva
pregustato, visto, voluto.
«Ares,
pensavo fossi impegnato in qualche sterminio» rispose lei
alla voce carezzevole del dio della guerra, dentro agli occhi
nascondeva un sorriso a metà, ne era sicura. Athena non si
voltò, come Ares aveva immaginato. Era testarda lei,
autonoma, mai aveva accettato di sottostare a qualcuno, men che meno un
uomo.
«Ho
lasciato il piacere di distruggere a Ker, sembra stia facendo un ottimo
lavoro, non credi?»
A
quel punto la dea si girò, gli occhi chiari a fulminarlo e i
capelli al vento.
«Come
puoi? Stanno morendo degli innocenti, Ares. Tutto per colpa delle tue
stupide brame di conquista!», sputò arrabbiata nei
confronti di quello che sempre aveva avuto accanto durante le
battaglie. Ares, suo fratellastro, abile in battaglia, tremendamente
sanguinario, bramoso di sangue, ma non di potere.
Questa
era una delle cose che l'avevano da sempre affascinata e in parte
allontanata da quell’uomo tremendamente enigmatico, o forse
talmente semplice nei pensieri da far paura, ancora non lo aveva
compreso.
Lui
era avido di sangue e morte, di distruzione, di pianti e ferite, ma non
utilizzava questo per i suoi scopi volti alla conquista del potere,
altrimenti, pensava la dea, da tempo avrebbe potuto dichiarare guerra
al re dell'Olimpo, se solo il suo scopo fosse stato, appunto, il potere.
«Non
ho nessuna brama di conquista, carissima dea della sapienza, dovresti
immaginarlo, vista la tua furbizia e il tuo intuito. La guerra
è solo sfida, sangue, nulla di più per me che
spingo gli uomini a lottare»
Spesso
avevano fatto discorsi del genere, ma Ares aveva sempre lasciato senza
parole la dea che spiccava in furbizia. La sua sincerità, e
quella che forse poteva essere catalogata come crudeltà pura
e semplice, l'aveva sempre disarmata, come se di fronte avesse,
semplicemente, un bambino troppo sincero.
Quella
sua crudeltà, di fronte alle sue creature, la allibiva e la
sua incredibile sincerità la portavano vicino a lui,
più di quanto lei volesse, e adesso più di quanto
lei aveva creduto di potersi avvicinare.
«Non
li spingi a lottare, li spingi a morire», disse affranta e
sconsolata, fissandolo nei suoi occhi chiari e divertiti da quello che
per lei rappresentava una scempio. Stava uccidendo le creature che lei
aveva forgiato, che lei aveva amato.
«C’è
differenza?»
Un
lampo sfiorò i suoi occhi, era la sfida che da sempre
sostenevano, quante volte Ares aveva cercato di farle cambiare idea, di
farle guardare il mondo con i suoi occhi, ma mai era riuscito in una
simile impresa.
«Certo
che c’è, stupido di un dio!»,
sbottò furiosa, facendo ondeggiare i riccioli biondi.
«Che
differenza ci sarebbe?», domandò allargando le
braccia e alzando il tono della voce, «Perché i
tuoi combattenti sarebbero diversi dai miei, per quale ragione, dea
della sapienza, i tuoi conflitti sarebbero migliori dei miei. Il sangue
viene versato allo stesso modo, gli innocenti muoiono, è il
prezzo di una guerra! »
Ogni
volta finiva in quel modo tra le due divinità, Ares cercava
di avvicinarsi a lei perché irrimediabilmente attratto, ma
finivano sempre per discutere sulla ragionevolezza dei propri poteri,
sulla giustizia delle loro azioni. Athena utilizzava quella parola per
rigirare da sempre i propri discorsi.
«Perché
i miei uomini combattono per degli ideali...» disse sgranando
gli occhi, possibile che non capisse una differenza tanto
fondamentale?
«I
miei uomini combattono perché la lotta è insita
nella loro natura, Athena, i miei uomini combattono perché
gli uomini combattono da sempre, sono nati per farlo, è il
loro istinto, la loro natura. Sono macchine da guerra assetate di
sangue, sono stati creati da te, la dea della guerra, come poteva
essere altrimenti!», le rispose con un ghigno, scorgendo
negli occhi chiari di lei la paura, il timore che le parole del dio che
aveva di fronte fossero vere.
«No!»,
esclamò perentoria, abbassando lo sguardo, «Io non
ho creato delle macchine da guerra, non ho creato degli
assassini». L’incertezza nella voce, per quanto si
sforzasse di renderla dura e forte, era palese. Questo
rincuorò Ares, che fosse finalmente riuscita a fare breccia
nella sua dura corazza?
«Athena...»
sussurrò andandole incontro e sfiorandole con una mano la
guancia sinistra, «non li hai creati malvagi, lo sono
diventati per il nostro divertimento, per lo più, lo sono
diventati e non è colpa tua»
La
dea scacciò la mano di Ares in malo modo, la frustrazione
per la consapevolezza delle sue parole la mandò in
escandescenze. Avevano davvero plagiato le sue creature per il loro
triste divertimento? Li avevano davvero rovinati così tanto?
«Non
c’è nulla di male a goderne, Athena, non se dentro
di noi scorre sangue divino, non se si è i signori della
guerra», cercava di convincerla Ares.
Loro
dominavano le guerre e qualsiasi fosse stata la ragione di un
conflitto, in concreto, le conseguenze sarebbero sempre state le
stesse, la morte, le lacrime, il sangue.
«Tu
godi della loro morte», rispose Athena disgustata da quel suo
pensiero.
«Sì, sorella,»,
disse calcando su quella parola che dimostrava il loro insulso, quanto
poco considerato, legame di parentela, «ne godo,
perché sono il signore della guerra, perché
laggiù,» continuò indicando la
battaglia che infuriava nelle terre sotto di loro, «i miei e
i tuoi uomini ci invocano per uccidere altri uomini e il sangue
è il miglior piacere che una guerra possa darmi e che,
volente o nolente, fa impazzire anche te. Non nasconderlo»
«Non
è vero, menti!», rispose lei sibilando il suo
disprezzo.
Ares
la prese per le spalle, voltandola in malo modo e stringendo la presa
sulle sue esili braccia, mai avrebbe immaginato che la dea della guerra
fosse tanto minuta. Fece in modo che il suo sguardo si posasse sui
combattenti infuriati: «Guardali, Athena, i loro sguardi, i
loro occhi iniettati di sangue, le loro grida e le loro ferite... dimmi
che tutto questo non ti eccita, dimmi che questo non ti provoca una
dolorosa, quanto attesa, fitta di piacere»
Per
quanto questo la disgustasse, non riusciva a dar torto ad Ares, non
riusciva a far placare quel suo istinto battagliero.
«Non
riesci a rispondermi, non puoi negare...», ghignò
senza perfidia Ares, era riuscito a fare breccia, finalmente. La sua
dea stava, dopo millenni, cedendo.
Il
dio fece scivolare una mano lungo il fianco della dea, accarezzando
quel corpo minuto e, adesso che poteva saggiarne superficialmente la
consistenza, morbido. La sua mano andò a posarsi sul ventre
attirandola contro di sé, facendola appoggiare al suo petto
e in quel momento, per un attimo, i suoi sensi si destabilizzarono.
Poteva un dio rimanere impietrito? Be’, ad Ares era appena
successo.
«Ares...»,
mormorò la dea, socchiudendo appena gli occhi.
«Shh»,
la zittì Ares: «goditi lo spettacolo, goditi
l’inferno...», le mormorò
all’orecchio, sfiorandole il lobo con le labbra.
“Goditi me” avrebbe
voluto dirle.
Athena
poggiò la testa sulla spalla del dio, beandosi di quelle
carezze che da sempre aveva rifiutato... lei era sempre stata sola,
attratta da quello che ad altri era precluso: la sapienza. Non aveva
mai pensato che un giorno qualcosa del genere potesse avvenire.
Nonostante in molti avessero provato a rientrare nelle sue grazie,
nonostante lo stesso Ares, più volte, avesse cercato di
ammaliarla e sedurla, lei aveva sempre rifiutato, ma in quel momento,
con la battaglia di fronte agli occhi, le grida, le urla, qualcosa si
era acceso.
«Io
sono vergine», disse in un sussurro, cercando di ricordare
cosa per tutti quegli anni l’avesse spinta alla solitudine.
«Tu
non sei la dea vergine, Artemide possiede quel ruolo, tu puoi lasciarti
andare...» senza concludere la frase le fece voltare il viso
così da poterle sfiorare le labbra.
Fu
solo un lieve tocco, che la fece rabbrividire. Poteva davvero? Per anni
era stata lontana da tutto ciò, avrebbe davvero potuto
comportarsi come tutte le altre divinità?
Ares,
staccandosi di mala voglia da quel personale paradiso, la fece
indietreggiare, fino ad appoggiarsi alla parete bianca dietro di loro,
facendo voltare nuovamente Athena, in modo da ritrovarsela di
fronte.
I
suoi occhi chiari sembravano aver preso un colorito più
intenso, quasi blu, mentre le labbra leggermente socchiuse la rendevano
estremamente invitante.
Abbassò
il volto sul suo collo, fino a sfiorare con il naso quella sua pelle
morbida e profumata, profumava di vittoria e sangue e questo la
rendeva, ai suoi occhi, qualcosa di estremamente eccitante.
La
voleva. Da sempre.
L’aveva
sempre desiderata, bella forte e battagliera.
Cominciò
a lasciare piccoli e lievi baci sulla pelle liscia del collo, segnando
una scia che dal lobo dell’orecchio andava al collo e poi
proseguiva sul mento, fino a sfiorare nuovamente le labbra.
Dio,
per quanto tempo aveva sognato quel momento...
Athena
avvicinò il volto a quello del dio facendo incontrare piano
le labbra, era il primo vero bacio, era la prima vera emozione.
Quel
gesto lasciò per un attimo basito Ares, Athena aveva davvero
ceduto a lui. Preso dalla frenesia di averla, finalmente,
ribaltò le loro posizione, schiacciando la dea al muro e
gettandosi a capofitto sulle sua labbra. Era come se volesse mangiarla,
come se avesse aspettato troppo e adesso non riuscisse a fermarsi, non
poteva frenare la voglia che aveva di lei, ancor di più se
quell’ardore era ricambiato, lei aveva stretto le sue piccole
braccia attorno al suo collo, socchiudendo le labbra per lasciargli
libero accesso.
Che
andassero al diavolo la sapienza e la saggezza, non aveva mai provato
quelle sensazioni e adesso le voleva, più che mai. Le
piaceva essere vezzeggiata, come Ares stava facendo.
Si
alzò sulla punta dei piedi per raggiungere meglio le labbra
di Ares, suscitando un leggero sorriso sul volto del dio.
Ares
le afferrò i fianchi, sollevandola dolcemente, fino a non
farle toccare quasi più terra.
«
Andiamo...», le sussurrò poi sulle labbra e Athena
vide nei suoi occhi un lampo di malizia. La dea si strinse ancora
più a lui, cercando l’incavo del collo per
lasciare una serie di baci umidi che lasciarono il dio di stucco,
eccitato e confuso, mentre ricercava tra i corridoi
dell’Olimpo le sue stanze.
La
piccola dea che teneva tra le braccia lo stava facendo sciogliere,
nonostante si vociferasse, e lui ne era certo, fosse inesperta.
La
adagiò sul letto, appena giunse nelle sue stanze. Si
fermò un attimo a guardarla e, in quell’esatto
momento, pensò che nessuna, neanche Afrodite, riusciva a
raggiungere la sua bellezza.
Athena
lo attirò verso di sé, lasciando vagare le mani
sul suo torace, sulla schiena; era come se avesse fretta di scoprire,
voleva Ares e lo voleva subito, con tutto quello che ne comportava.
Non
seppe più frenarsi Ares, andò ad alzarle la veste
bianca che le copriva le gambe sottili e le cosce bianche, cercando di
spostarle le spalline per poterle assaggiare anche il petto.
Era
voglia e lussuria la loro, mischiata a qualcosa che in quel momento
nemmeno loro erano riusciti a comprendere. Non era solo puro istinto
sessuale, in quelle iridi chiare, Ares, riusciva a scorgere qualcosa
che nelle altre mai aveva visto, un'attrazione che solo lei riusciva a
suscitargli, qualcosa che solo lei aveva smosso, fin dagli albori dei
tempi.
Athena
seguì i suoi movimenti, permettendogli di toglierle quella
veste bianca che mostrava al mondo il suo essere una dea, una volta
tolto quell'indumento candido il fiato si bloccò nella gola.
Come
aveva fatto a resisterle per tutto quel tempo.
Piccola,
minuta e candida. Quanto dolce poteva essere la sua pelle?
«Spogliati...»,
sussurrò Athena, guardando negli occhi del dio, abbassando
poi lo sguardo a
causa
di quel pudore che l''imbarazzo le provocava.
Bella.
Era la sola cosa che riusciva a pensare Ares in quel momento.
Bella
e mia.
Si
spogliò delle vesti da dio il più in fretta
possibile, come aveva detto la dea e si posizionò su di lei,
guardandola negli occhi. Scese a baciarle il collo e i seni, mentre le
sue mani cercavano di vezzeggiarla e renderla il più
rilassata possibile.
Era
una dea forte, ma era anche una donna, alla quale doveva riservare
tutte le attenzione che un uomo poteva darle. Quando sentì
la presa della dea stringersi attorno a lui, dopo averlo tratto di
nuovo a sé, capì che non avrebbe più
dovuto aspettare e entrò in lei, dimenticando tutto e tutti,
non esistevano più in quel momento guerre o tradizioni, non
ricordava più nemmeno di essere un dio.
Era
un uomo in quel momento, un uomo con al fianco una donna bellissima che
stava saggiando per la prima volta il piacere, quello assoluto. Quel
pensiero lo sconvolse, sarebbe stato il primo, sarebbe stato perfetto,
pensò, sublime.
Subito
dopo quei pensieri aumentò il ritmo, sforzandosi di guardare
negli occhi quella creatura che sotto di lui lo stava facendo
contorcere a causa di un groviglio di emozioni.
La
guardò per tutto il tempo, voleva imprimersi nella mente
l'immagine di lei al culmine del piacere... e avvenne, raggiunsero il
limite insieme per poi accasciarsi stanchi e sudati.
Ares
si appoggiò al suo petto, cosciente di non poter fare
più a meno di quella dea che lo aveva irretito, fin
dall'alba dei tempi.
«Grazie...»,
mormorò Atena posando un leggero bacio sulla fronte di Ares.
Non
sapeva esattamente cosa dire in quel momento, non aveva la minima idea
e Ares comprese le difficoltà di quella dea che sempre
l'aveva affascinato.
In
quel “grazie” erano riassunti una miriade di
concetti, che non sarebbero riusciti a spiegare.
Ares
non rispose, la guardò soltanto, sorridendole, prima di
lasciare su quelle labbra rosse un bacio che per entrambi
risultò essere estremamente dolce.
Avrebbero
avuto tempo per trovare le parole con cui spiegare quel giorno, in quel
momento un bacio bastava.
FINE
Buongiorno,
popolo di EFP. Questa è una piccola follia che mi
è venuta in mente durante il delirio pre-esame.
Dunque,
partiamo da alcune precisazione che mi sento in dovere di fare.
I
protagonisti, come avete letto, sono Ares ( dio della guerra) e Athena
( dea della guerra, intesta come guerra giusta, e della sapienza).
Questa
one shot è ambientata durante un non ben specificato
conflitto e le due divinità si trovano a far combattere i
propri uomini.
Ares
cita Ker, divinità minore della morte in battaglia, qui la
frase del dio, il quale afferma che la dea si sta divertendo a
sterminare.
Athena
afferma che gli uomini sono sue creature, questo perché
secondo una leggenda greca sulla creazione fu proprio Athena a creare
gli uomini e a dare loro l’alito di vita.
Beh,
terminate le precisazioni, o almeno quelle che ricordo, mi scuso per la
one shot abbastanza orrida, è frutto di un momento di
ispirazione malsana tra un articolo del codice civile e un altro e tra
l’altro io non sono neanche brava a descrivere determinate
scene, quindi spero che non sia venuta troppo orrida. Se
così fosse, scusate!
Se
volete potete trovarmi qui:
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