L’INTREPIDO CACCIATORE
CAPITOLO 1
Gratta, scappa, il Randagio è già qui!
C’era una volta un
piccolo, intrepido cacciatore…
Buio e freddo. La ragazza sfortunata non sentiva altro. Del
suo passato ricordava solo un grande, grandissimo peso sul cuore, ma quando si
sforzava, nel suo limbo freddo e buio, di concentrarsi, non le veniva alla
mente nient’altro.
Poi la sua vista si schiarì e capì di trovarsi in una
stanza, ma non aveva idea di come ci fosse arrivata.
Era una stanza grigia e fredda, con le pareti di metallo
imbullonate tra di loro. Nell’aria c’erano uno strano
odore ed uno strano rumore. Impaurita, Jennifer si
rannicchiò nell’angolo in cui si trovava, cercando dentro di sé il coraggio di
fare qualche passo. Sul pavimento di legno giacevano dei sacchi vuoti ed alcuni
strumenti sconosciuti. A pochi passi da lei c’era una strana, lunga cassa,
aperta, che puzzava di terriccio.
La ragazza sfortunata tremava di paura, ma non c’era nessuno
che potesse aiutarla: era sola, così come nei suoi vaghi, nebbiosi ricordi. Tranne forse per…
Ma per quanto si sforzasse, non
riusciva a ricordare. Facendosi forza e vedendo che attorno a sé non c’era
nulla di pauroso, si alzò e si avvicinò alla cassa.
Dentro c’era un’altra sacca, ma questa non era vuota: sembrava
contenere qualcosa di rannicchiato, come un animale spaurito. Jennifer sentì un groppo in gola e una sensazione
familiare, come se sapesse cosa ci fosse dentro quella sacca e dovesse tirarlo
fuori subito. Senza esitare, la ragazza sfortunata
afferrò la sacca e ne allargò l’imboccatura, in modo da poterne estrarre il
contenuto.
Il suo grido di orrore risuonò tra
le pareti metalliche della stanza, sovrastando il cupo brontolio che sembrava
salire dal pavimento, ma lei non lo sentì, tanto le sue orecchie erano
assordate dal ronzio del proprio cuore che batteva forte. Si lasciò cadere sul
pavimento e si portò le mani alla bocca, temendo di essere in procinto di
vomitare. Solo dopo qualche secondo si rese conto che le sue mani erano
imbrattate di sangue, e le scostò con un urlo; ma questa volta non riuscì a
trattenersi.
Con gli occhi ancora offuscati dalle lacrime e la gola in
fiamme per il vomito, Jennifer tornò carponi verso la
sacca, chiedendosi se per caso non si fosse trattato solo di un orribile
incubo.
Ma il cuore sanguinante e ancora
caldo era ancora nella sacca dove l’aveva trovato, emanando un odore terribile
di carne cruda.
“C’è qualcuno?” gridò la sfortunata ragazza, in preda ai
singhiozzi, ma non ottenne risposta.
“Vi prego, aiutatemi!” chiamò di nuovo, ma ancora una volta
nessuno rispose.
“Dove sono… dove sono…” si lamentò
infine, rannicchiata nell’angolo in cui si era svegliata, ormai senza
preoccuparsi di insozzare di sangue il proprio vestito.
Il piccolo cacciatore
trascorreva la maggior parte delle sue giornate a liberare dai topi e dai ratti
il seminterrato e la soffitta della reggia delle Principesse…
All’improvviso un rumore sovrastò il borbottio costante e il
pianto di Jennifer, tanto che la ragazza, allarmata,
sollevò lo sguardo.
“Scava, gratta, presto, presto!”
Trattenendo il fiato, la ragazza sfortunata si guardò
attorno, cercando l’origine di quelle parole, sussurrate con un soffio di
fiato, ma era ancora sola nella stanza, mentre il ticchettio che aveva
cominciato a sentire continuava.
“Fuggi, prima che sia troppo tardi!”
Era solo la sua impressione, o fra le ombre negli angoli
della stanza c’era qualcosa che si muoveva?
“Gratta, scappa, presto! Prima che arrivi il Randagio!”
La sfortunata ragazza si sentì tirare una manica e non
riuscì nemmeno a gridare quando vide quegli occhietti neri che la fissavano, il
muso fremente e la piccola, orrida mano bianca che le stringeva l’abito.
“Ti prego,” disse la creatura, “non
lasciare che mi porti via…”
Jennifer balzò in piedi, gridando,
mentre tutto attorno a lei, dall’ombra, uscivano decine di piccole creature
dalla pelle bianca come il gesso e la testa di topo. Le loro piccole unghie
ticchettavano sul metallo delle pareti e sul legno del pavimento, mentre
squittivano eccitati.
“Gratta, scappa, il Randagio è già qui!”
Il grido di panico della ragazza sovrastò l’orribile
cacofonia di squittii e acuti strilli, mentre lei cercava di staccare dal
proprio braccio quell’essere.
I topi la stavano circondando, squittendo, rosicchiando e grattando, e lei sapeva
che non sarebbe riuscita a sopravvivere a lungo se non fosse riuscita a
scappare.
All’improvviso il trepestio si fermò ed anche Jennifer trattenne il respiro dalla sorpresa. In
lontananza, come se si trovasse all’altro capo del mondo, risuonò l’abbaiare di
un cane.
Subito i mostri esplosero in una teoria di
alti gridi, squittii e orridi cachinni mentre
correvano in ogni direzione. La povera Jennifer venne colpita ripetutamente, sballottata da una parte
all’altra della stanza a causa del fuggi fuggi dei suoi
aguzzini, e poco ci mancò che svenisse davvero. Ma quando infine cadde al suolo in lacrime ed il silenzio tornò a regnare
sovrano, i topi mostruosi erano scomparsi, nascosti in qualche misteriosa
intercapedine, lontani dalla vista. Anche il cane
lontano si era zittito, e tutto ciò che la sfortunata ragazza riusciva a
sentire era il borbottio costante che veniva dal pavimento ed il proprio
pianto. Tuttavia c’era qualcosa, in quel momento, che la
rincuorava, che la faceva sentire più sicura, sebbene non fosse in grado di
definirlo meglio. Sapeva solo che nel suo cuore era rinata la speranza,
dopo tanto tempo…
Quando ebbe ripreso fiato e si fu
asciugata le lacrime, la sfortunata ragazza si tirò in piedi. Dopo un ultimo sguardo all’orrendo contenuto della sacca nella
cassa e un brivido, Jennifer si sentì pronta ad
uscire da quella strana stanza, attraverso la piccola porta che solo ora era
riuscita a notare. L’unica cosa che in quel momento le importava era
andarsene da quel posto orribile, anche se la speranza nel suo cuore continuava
a suggerirle che ci fosse qualcos’altro…