colui che ti si siede sul letto

di Anders
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Quando mia nonna era incinta raccontava che la notte a dormire nel letto erano in tre. E non si riferiva a mio zio o mio padre. Arrivava dalla sala della caldaia, raccontava. Lo sapeva perché la mattina diceva di vederne le impronte di fuliggine, ma le ha sempre pulite prima che qualcun altro potesse vederle. Poi attraversava la cucina, passando sotto la tavola, c'erano impronte anche li sotto. Saliva la scala per il soppalco e si avvicinava al letto. Esitava. Lo vedeva nel buio. No, non era vero. Era troppo buio per vederlo, ma sapeva che era li, anche se non faceva mai nessun rumore e mio nonno non si è mai accorto di nulla. Lei rimaneva immobile, senza respirare. E poi lui saliva sul letto, sentiva il materasso inclinarsi, mio nonno non si è mai svegliato, lei non l'ha mai svegliato. Rimaneva li. Acquattato ai sui piedi, senza toccarla. La mattina, prima della luce, si risvegliava. Indugiava un attimo per fissarla, lei sapeva che la stava fissando, e se ne tornava di sotto. “Io ho sempre dormito benissimo durante le tre gravidanze di vostra nonna” racconta ora il nonno. “Non ho mai capito le fantasie di vostra nonna, mai visto impronte o cose strane in questa casa. Se mi avesse ascoltato quella mattina non sarebbe caduta nelle braci, e sarebbe ancora qui con noi”.





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