VIII - Dead to the World
VIII – Dead to the world
Skadi
si era messa d’impegno e tanto aveva detto, tanto aveva fatto, da
riuscire a organizzare a suo rischio e pericolo un pranzo in famiglia
per la festività del Quattro Luglio. Aveva trovato aiuto nella
madre, decisa a dare una parvenza di normalità alla situazione,
e uno ancora più grande e solido in Kyle e Arshan, altrettanto
risoluti a far funzionare le cose.
I
meticolosi preparativi gastronomici avevano occupato per intero i tre
giorni precedenti la celebrazione, riempiendo le cucine di profumi
invitanti e gli stomaci di brontolii ansiosi. Così, quando si
ritrovarono tutti a tavola insieme, ogni possibile dubbio sulla
resistenza dei fratelli Anderson alla reciproca presenza era stato
dimenticato da tutti. Eccetto che da una persona.
«Perché vuoi strapparmi le pinne?» chiese la sirena con beata innocenza.
Timmi e Kyle si voltarono contemporaneamente, esclamando chi in tono esasperato, chi furibondo:
«Insomma, Ariel!»
I
fratelli si squadrarono con identica perplessità. Qualunque cosa
avessero meditato, e per quanto i risultati dei loro pensieri avessero
potuto risultare simili, lei si era rivolta a uno solo di loro.
Bisognava capire a chi.
«Vedi
di farti i fatti tuoi, Kyle» sibilò Timmi, minacciandolo
con una coscia di tacchino prima che azzardasse una qualsiasi domanda.
«Smettila
di agitarla a quel modo, non sei un ragazzino» lo riprese
tranquillo, continuando nell’elegante movimento di coltello e
forchetta attorno alla propria porzione di carne.
«Perché?
Ti da fastidio? Ti faccio aria?» lo stuzzicò, allungandosi
ancor di più sul tavolo fino mettergliela praticamente sotto al
naso.
«È sempre così?» domandò Arshan sottovoce alla padrona di casa.
«No.
È solo così» puntualizzò seccata.
«Dovrai farci l’abitudine, temo. E oggi hanno resistito
più del solito. Penso che stiano cercando di recuperare i
dispetti che non hanno potuto farsi da bambini».
«A
volte è pure peggio. Papà sa che zio non può
competere con lui e se ne approfitta» aggiunse Skadi.
«Anche
mio fratello Fajdal lo faceva con me. Sempre pronto a vessarmi. Quando
però gli ho quasi staccato un orecchio, ha cambiato
registro» raccontò divertita lei, emettendo un breve
uggiolio di soddisfazione.
«Se
ricordo bene, tra i licantropi le donne sono più forti degli
uomini» osservò la ragazza con vivo interesse.
Arshan
cercò di trattenersi dal ridere, quando la vide dare alla
propria acconciatura smeraldina la forma di due orecchie da lupo.
«Lo
siamo a livello gerarchico, ma sul piano fisico non è una
costante. Ho battuto Fajdal perché sono stata più furba:
ho imparato ad applicare prima di lui le tecniche di caccia. La pura
forza serve a ben poco se non si è in grado di gestirla con
l’intelligenza» disse, tamburellando con l’indice
sulla fronte.
«Impara,
Skadi. Vale anche per noi» suggerì Nadine, che aveva
smesso di tener d’occhio i contendenti per disperazione.
«E che cazzo!» urlò lo Sceriffo, coprendo un commento risentito di Kyle.
La mano del capo della polizia era tristemente vuota e la carne imbrattava i pantaloni dell’altro.
«Timmi!»
«Papà!»
«Yu-huuu!» contraltò Ariel giuliva, salutando con la mano.
Il
licantropo trattenne il respiro per un attimo, mascherando dietro
un’espressione comprensiva la punta di dissenso per il gesto.
Aveva l’impressione di avere di fronte due marmocchi pestiferi.
Probabilmente sua cognata aveva ragione: stavano recuperando
l’infanzia che gli era stata negata.
«Buona velocità, ma devi lavorare sulla precisione» lo prese in giro, posando il boccone sul piatto.
«E sull’autocontrollo» sospirò abbattuto Kyle, scrollando le spalle mentre si ripuliva.
«Buona
fortuna, allora» intervenne Nadine. «Sono anni che tento
con tuo fratello senza ottenere risultati apprezzabili. Forse tu sei
più portato, di solito sei meno incline dare di matto».
«Kyle
è una persona riflessiva. È solo un po’ teso»
osservò Arshan, sperando che chi di dovere afferrasse
l’invito a darsi una regolata.
«Infatti
ha riflettuto una vita prima di portarti qui!» le rammentò
Skadi. «Sempre meglio di qualcuno che per sedici anni non ha
voluto dirmi chi era davvero... e cos’ero io».
«O che ha taciuto per mesi sul dove fosse “accidentalmente” finito il suo anello di matrimonio…»
«Nella pancia di una leucrotta1…»
suggerì la figlia, indicandosi lo stomaco con la forchetta.
«Settimane intere per riaverlo senza ammazzare la poverina, che
è specie protetta, anche se chi aveva perso l’anello era
di un altro parere» sottolineò, mostrando sulla propria
porzione di tacchino cosa sarebbe dovuto accadere.
«Ehi! Io sono ancora qui, ve lo siete scordati?» protestò il colpevole, indignato.
Il fratello rise, servendosi un po’ d’insalata.
«Bisogna
rendergli atto che almeno è un tipo costante. Persino nostra
madre impazziva per tenerlo buono: era la miniatura dell’Uragano
Katrina. Riusciva a scappare dal suo box anche senza ricorrere ai
poteri».
«Chiudi.
Il. Becco. O. Ti. Aspiro» scandì lentamente Timmi, il
palmo destro puntato verso di lui, il vortice di Risucchio che
minacciava di aprirsi da un momento all’altro.
Inaspettatamente,
dita forti e affusolate s’intrecciarono alle sue, graffiandole
con i gioielli che le rivestivano. Iridi grigie lampeggiarono sopra le
loro nocche, impassibili.
«Provaci adesso» lo incoraggiò Arshan.
Skadi
fissava al colmo dell’ammirazione la donna lupo: in pochi avevano
avuto il coraggio di sfidare apertamente suo padre conoscendone la
reale natura. Chi l’aveva fatto ci aveva rimesso la vita, ma
sapeva che non sarebbe accaduto nulla. Infatti, lo vide ritrarre
infastidito la mano.
«Heaven queen, carry me / Away from all pain / All the same take me away / We're dead to the world2» canticchiò la sirena, dondolandosi sulla sedia.
«Stiamo mangiando, maledizione! Non ti ci mettere con quei rutti che ascolta Skadi!» protestò Timmi.
«Papà!»
«Non venirmi a dire che quella è musica».
«È un brano dei Bloody Thirst, “Dead to the world”, ma non ci stavo nemmeno pensando!»
Da qualche tempo il nuovo gruppo stava andando sostituendo gli Slayers e gli Antrhax negli ascolti di Skadi.
Esibendo un enorme sorriso, Ariel additò con insistenza Kyle, che stava baciando la propria donna con palese trasporto.
«Tu ascolti quella roba?» chiese Timmi storcendo il naso incredulo.
«Ammetto
che qualche brano non mi dispiace. Rumorosi, ma scrivono testi molto
azzeccati. E, visto che di sicuro non lo sai, Skadi, Nagret Channing e
Sidel Farm sono licantropi e… parenti» aggiunse.
Gli occhi della nipote si spalancarono per la sorpresa, brillando di luce propria.
«Cugini
di terzo grado» precisò Arshan, sfilando dalla borsa una
coppia di biglietti. «Ai quali farebbe molto piacere invitare una
delle più importanti fan al concerto d'inaugurazione del primo tour mondiale».
La ragazza scattò in piedi e corse ad abbracciarli entrambi.
«Non
ci credo! Sono per il concerto di Las Vegas! Oh, siete i miei zii
preferiti!» esultò tempestandoli di baci.
«Tu non vai da nessuna parte!» tuonò Timmi, facendo per afferrare i biglietti incriminati.
Un
getto di liquido cremisi si allungò dalla mano di Skadi,
avvolgendo il padre quasi per intero. Di lui si potevano intuire solo
alcuni movimenti, mentre gli occhi – l’unica parte rimasta
scoperta – mandavano inquietanti lampi arancioni.
«Fermami, se ci riesci» lo invitò ironica, sorda alle minacce che certamente stava ricevendo.
«Solo così?» domandò Arshan perplessa, guardando Nadine tornare dalla cucina con una teglia in mano.
Aveva l’espressione di chi avrebbe voluto non doversi arrendere di fronte all’ineluttabilità del fato.
«Solo così» confermò, porgendole le patate al forno.
***
Due bottiglie trasparenti schizzarono fuori dalla finestra, a tale
velocità che Kyle ne afferrò una giusto un secondo prima
che lo colpisse in faccia.
«Grazie, ma la vodka liscia non fa per me. Preferisco il cognac» disse porgendogliela.
Timmi
gliela strappò letteralmente di mano, scrutando di sottecchi una
panciuta bottiglia di vetro scuro raggiungerli con un moto
decisamente più quieto.
«Chi
cazzo ha detto che era per te? E comunque, era voluto. Sei stato
fortunato» borbottò, franando sulla sua sedia sotto al
portico.
«Ah, le tue espressioni soavi…» sospirò, risistemando con un gesto nervoso gli occhiali.
«Parlo come cazzo mi piace, okay?»
«La
lingua è la tua» e per evitare ulteriori osservazioni
s’affrettò a riempire il proprio bicchiere.
Quietata la prima maretta con diverse sorsate, Timmi si decise a concedergli la parola.
«Allora? Che c’è di così importante da farti rischiare la pelle qui da solo con me?»
«Devo
parlarti di una cosa che riguarda me e Arshan. Una cosa da cui
dipenderà il nostro futuro come coppia e non solo. E ti
pregherei di ascoltarmi, prima di dare fondo a tutte le tue congetture,
qualunque siano».
Dopo aver sbuffato e mugugnato insulti incomprensibili, il minore degli Anderson assentì di malavoglia.
«Il
clan dei Digahali è molto antico e oggi conta più di
novanta elementi, forse cento, centodieci. Troppi per essere gestiti da
una sola testa. Così, tempo fa la matriarca ha concesso a chi ne
sentisse il desiderio di fondare nuovi rami» disse,
interrompendosi solo per un attimo e riprendendo prima che Timmi
potesse dar voce ai propri dubbi. «Arshan è tra questi. E
ha già parlato loro delle sue intenzioni e di chi ha scelto come
suo compagno».
Fino
a quel momento non aveva detto nulla di nuovo o, almeno, nulla che non
avesse intuito nell’arco degli ultimi mesi e soprattutto di
quelle ultime ore.
«Tu
godi a farti intortare, eh? Prima ti sei lasciato soggiogare da un
demone, poi da Ducan, ora da una donna lupo. Sei veramente un
idiota» grugnì Timmi con una smorfia di biasimo.
«Può
essere, ma non ti nascondo che la cosa mi piace. Essere il suo
compagno, intendo. E anche… parte di una famiglia» rise,
sperando afferrasse il sottinteso.
«Certo, come no. Ricordatelo quando si farà le unghie sulla tua schiena, usandoti come scendiletto».
«Timmi, per favore. Ne abbiamo già parlato: non voglio che parli di Arshan in questi termini».
«Per
favore a me? No, no. Per favore a te! Sai che significa far parte dei
loro clan? Sono tra gli esseri meno apprezzati dell’universo. La
maggior parte di quella gente è composta da criminali,
delinquenti a vario titolo e reietti. Unisci questo al fatto che tu sei
anche peggio di loro e vedi un po’ cosa ottieni!»
«Ti stai preoccupando per me?» ironizzò.
«Preoccuparmi
per te? Certo. Nel caso avanzassero inutili pezzi da conferire alle
discariche! Potresti scatenare un pericolo biologico. Non aspettarti
che venga a salvarti il culo quando ti staranno masticando,
perché potrei dargli una mano».
«Sai
che quella del morso è solo un’invenzione cinematografica.
La licantropia autentica non si basa su maledizioni che si trasmettono
come il raffreddore, bensì sull’accettazione integrale del
parallelismo uomo/animale e il dialogo tra questi due lati della natura
interiore con l’ausilio di un artefatto stregato».
«So benissimo come mutano! Ti ricordo che ne ho spellati parecchi».
Timmi
si stupì del lampo di collera che attraversò gli occhi di
Kyle. Altre volte gli aveva visto abbozzare reazioni alle sue
cattiverie, ma quello era diverso. Non era seguito alcun segno di
rassegnazione o compatimento, né di dispiacere. La rabbia non
accennava a sbollire e la novità lo mise in difficoltà.
«Okay, forse questo potevo evitarmelo» si scusò.
«Dovevi evitarlo» rimarcò Kyle incrociando le braccia.
Non
incuteva timore, chiedeva rispetto. Per qualche strano motivo, a Timmi
ricordò qualcuno. Una persona che non aveva un volto da
moltissimo tempo, ma le cui movenze erano rimaste impresse nella sua
memoria. A volte le scorgeva anche in quelle di Nadine, in una forma
blanda e imprecisa.
Mamma? pensò, trincerandosi dietro la bottiglia.
La
cosa aveva senso: se a detta di Kyle lui ricordava in molti aspetti il
padre defunto, era logico supporre che il primogenito avesse ereditato
il carattere della madre.
«Stiamo
pensando se sia possibile farmi entrare ufficialmente nel clan, non
solo come compagno ma come membro effettivo. Secondo Arshan manifesto
buone doti da cacciatore e, come hai visto, stiamo lavorando per
scoprire se ho davvero le potenzialità per diventare un
licantropo sotto ogni aspetto».
«Comodo»
bofonchiò. «Bevo io e ti ubriachi tu. Stai sparando delle
cazzate memorabili. Sei sempre stato così stupido? No,
perché me ne sto accorgendo solo adesso. Sei uno spasso».
«Timmi,
parlo seriamente. Diventare un licantropo è un atto volontario
che va ponderato a fondo. Sto ancora cercando una mia dimensione e
credo possa essere questa. Voglio far parte di qualcosa che non si
riduca a “questo eri e questo resti”. Non sono più
quella persona, sono cambiato e anche se lo neghi, tu sai bene che ho
ragione, è la verità. Agli occhi del mondo sono
già morto e rinato una volta. Morire di nuovo per cancellare in
maniera definitiva il vecchio Kyle William Anderson e diventare un uomo
lupo non mi spaventa. Sarebbe solo un modo di trovare me stesso. Dopo
tutto, tu sei il riparatore, io il distruttore. Solo che stavolta
distruggerò volontariamente me stesso. Più o meno».
Volesse il cielo…, considerò Timmi, senza provare alcuna soddisfazione.
Buttò
giù un altro paio di sorsi, chiedendosi perché sputare
cattiverie su di lui stesse cominciando a lasciargli in bocca un sapore
talmente cattivo che neppure la vodka riusciva a togliere. Possibile
che avesse ragione Nadine, quando gli faceva notare che una guerra
combattuta da un solo esercito finiva irrimediabilmente con
l’esaurirsi da sé? Aveva prosciugato ogni goccia di
rancore per ciò che gli aveva fatto?
Gaeliath borbottò frasi sconnesse, agitandosi come un gatto pigro risvegliato a forza dal sonnellino.
«Ti leverai dai piedi una volta fatto?»
«No. Ormai questa città è anche casa nostra».
«Allora non m’interessa, non ci guadagno niente».
Rimasero
in silenzio per un po’, ciascuno intento a gustare il proprio
liquore. Ignoravano di cercare entrambi la stessa cosa nel graffio
dell’alcol in gola: le parole giuste da rivolgersi per non
ferirsi un’altra volta.
«Quando? Presto?» s’informò Timmi, dondolandosi sulle gambe della sedia.
Kyle scosse il capo, finendo il cognac.
«Non
saprei con esattezza. Potrebbe essere tra un mese, dieci anni o non
accadere mai. Dipende dal Concilio delle Anziane. Sua madre ha
assicurato che ci darà il suo sostegno, è la matriarca e
un membro molto rispettato della comunità mannara. E pare che io
le piaccia, nonostante l’abbia trattata bruscamente anni fa.
È una gran donna: se l’è legata al dito, ma
è disposta a passarci sopra per la felicità di sua
figlia».
«Matriarche,
Concilio delle Anziane, Sommo Concilio, Consiglio Cittadino, Consiglio
di Stato… che rottura di coglioni. Possibile che ci tocchi avere
sempre a che fare con un branco di rompiballe plurisecolari che ci
devono giudicare qualsiasi cosa facciamo?» sbadigliò il
mezzodemone, sistemandosi meglio sulla sedia.
Dietro le lenti, gli occhi di Kyle erano lo specchio dell’incredulità.
«Ci tocchi? Ci devono giudicare?» ripeté sorpreso.
«È quello che ho detto» replicò, tornando ad attaccarsi alla bottiglia.
«Timmi, hai parlato al plurale, te ne sei accorto?»
«Non vuol dire niente. Parlo in generale, chiaro?» ringhiò.
«Come
il sole. Anzi, come la luna» si corresse l’altro,
sfoggiando uno di quei sorrisi sinceri e pieni di gratitudine che
mandavano su tutte le furie il fratello minore.
«Azzardati
a riempirmi il salotto di pulci e l’Inferno ti sembrerà
un’anonima località di villeggiatura. Promesso»
minacciò, facendo danzare una fiammella arancione attorno alla
mano sinistra.
Kyle
non rispose, levando lo sguardo al cielo. Era meglio non insistere e
dargli il tempo d’assimilare la notizia, o avrebbe cominciato ad
alzare di nuovo la voce. Preferiva evitarlo. Avevano tutti un immenso
bisogno di quiete per cominciare a far funzionare i rapporti familiari.
«Quindi, dovrò insegnarti “biscottino”?» sogghignò dopo un po’ lo Sceriffo.
«Ho
detto che potrei diventare un licantropo, Timmi; non è nemmeno
sicuro. E comunque, non sarò il tuo nuovo cane da guardia»
puntualizzò, trattenendosi dal ridere.
Dopo tutto, riusciva a trovare un vago accenno di umorismo nel suo continuo malignare e lo riteneva un buon segno.
«Meglio, perché detesto i bastardi randagi. Con rispetto parlando, Dran, s’intende».
Il cane sbadigliò rumorosamente, scuotendo il testone ispido.
«Ci sarebbe ancora una cosa».
«Che
altro vuoi? Guarda che non metterò una buona parola per te da
Kolchinsky per farti avere le bistecche a prezzo stracciato. Non lo fa
nemmeno a me, alla faccia del rispetto per il distintivo»
sbottò spazientito, lasciando penzolare le braccia ai lati della
sedia.
Prima
che potesse parlare, un turbine scarlatto travolse Kyle, che si
ritrovò racchiuso in un bozzolo contro uno dei pilastri della
veranda. Il guscio lo stringeva con una forza abnorme ed era dotato di
un paio di mani che gli scompigliavano affettuosamente i capelli.
«Grande
zio, sei fantastico!» esultò Skadi, riprendendo il suo
solito aspetto. «Avrò dei cuginetti!»
«Degli Anderson-Anderson!» trillò Ariel, emergendo dal liquido con le gambe intatte ma coperte di squame.
Un fragoroso tonfo li fece voltare tutti e tre.
«Ehm… papà? Stai bene?»
Timmi
era caduto schiena a terra, rovesciandosi addosso gran parte della
vodka. Tossiva sputando liquore e aveva la faccia completamente
stravolta. Lo shock aveva persino gli fatto tornare neri i capelli.
«Stavo giusto per dirglielo. Mi avete anticipato di un secondo» bisbigliò Kyle, pronto alla scenata.
«Tu!
Tu… figlio di… stramaledetto avanzo di… tu!»
urlò additandolo, strabuzzando gli occhi mentre lo fissava da
sotto in su, incapace di trovare una definizione.
«La
proverbiale fertilità dei lupi mannari» specificò
con tranquillità, portandosi strategicamente alle spalle della
nipote. «Altro punto a mio favore per l’ingresso nel clan.
Raramente esseri umani e licantropi procreano in così breve
tempo».
«E vantati anche!» berciò lo Sceriffo picchiando i pugni sul pavimento, scheggiando un paio di assi.
«Ma senti da che pulpito! Non è che tu ci abbia messo meno…» ribatté, punto sul vivo.
Un
boomerang nero e vischioso schizzò via lungo il prato, andando
ad abbattere un albero in lontananza prima di tornare a fondersi con la
mano di Timmi. Aveva mirato di proposito altrove, imbestialito dal
sentirsi rinfacciare una verità che conosceva fin troppo bene: a
lui e Nadine era bastata la prima volta insieme per mettere in cantiere
Skadi.
«Noi ci prenotiamo come baby-sitter!» pigolarono Skadi e Ariel festanti, tornando di corsa in soggiorno.
***
«Tesoro, potresti prendere gli scatoloni che abbiamo messo in
soffitta con le cose di quando Skadi era piccola?» chiese
candidamente Nadine.
La
domanda arrivò come una coltellata a tradimento, data
nell’attimo esatto in cui Kyle e la sua donna finalmente
sparivano dietro la curva camminando abbracciati. Essere sopravvissuto
a quella celebrazione in famiglia era stata più dura che avere a
che fare con l’Anticristo. Almeno quello poteva essere ucciso.
«So che me ne pentirò ma… perché?»
«Zia
Ariel dice che uno dei gemelli è femmina, forse c’è
qualcosa che potrebbe andarle bene. E poi ci sono altre cose che
possono servire: copertine e lenzuolini, bavaglie, scarpine, qualche
giocattolo…» elencò Skadi, che già si stava
immedesimando nel prossimo ruolo di baby-sitter.
Lui scoccò un’occhiata di sufficienza a entrambe le sue donne.
«Pensate davvero che quei due non abbiano abbastanza soldi, magia o agganci per…»
«Pensa
ai nostri nipoti» fu la replica perentoria di Nadine. «Puoi
detestare tuo fratello e non trovare particolarmente simpatica la sua
compagna, ma i bambini non hanno colpe. Mostrargli il nostro affetto
sin da ora è il minimo che possiamo fare. E poi, abbiamo la
certezza che adoreranno quel brontolone indemoniato del loro
zione».
«“Abbiamo”
chi?» domandò sospettoso rivolgendosi a Skadi, la cui
espressione di finta innocenza era un proclama a chiare lettere.
«In
definitiva, tutti. Anderson e congiunti, da zio Xander a Raven e Flynn.
Che hanno fatto tanti auguri ai quasi-genitori. Ovviamente non
c’era bisogno di avvisare il Sommo Concilio, erano già al
corrente. Sono tutti felicissimi della notizia e Liz ha promesso darmi
qualche dritta di puericultura. Anche se ha detto che avendo a che fare
con te da sempre, dovrei essere più che preparata. Arrendetevi:
tu e l’Iroso siete circondati. Parola mia e di Shamjazya» rispose sorniona la ragazza, tirandogli uno dei cuscini del divano.
Timmi
l'afferrò al volo e con tanta forza da far esplodere
l’imbottitura. Piume bianche si sparsero a pioggia sul pavimento.
«Se
pensate di convincermi…» attaccò, arretrando di un
passo quando le vide avvicinarsi pronte ad abbracciarlo. «No!
Indietro! Non vi azzardate nemmeno a pensarlo! No!»
Gaeliath
ruggì allarmato nella sua testa: quella tattica lo metteva in
ceppi ogni volta, era impossibile sfuggire a quegli attacchi, non
c’era magia abbastanza potente da annullarli. Persino un demone
come lui era impotente di fronte agli assalti della sua progenie.
«Ricordati
com’era tenere Skadi in braccio. Quanto ti piaceva. Con loro
avrai solo la parte migliore del compito: il divertimento. Regole e
morali sono appannaggio di Kyle e Arshan. A noi spettano i vizi. E
moltiplicati per due. Potrai portare i bambini nella foresta senza
timore di mostrargli la magia; prenderai qualche forma strana per farli
giocare qui sul divano; li porterai sulla macchina d’ordinanza
per fargli usare la sirena e la radio; li porterai al fast food a
rimpinzarsi di patatine fritte, gelati e schifezze; gli racconterai le
tue grandi imprese per il Sommo Concilio – evitando magari di
dire che una volta hai ammazzato il loro papà - e a sedici anni
potrai dargli il tormento quando li incrocerai per strada con i loro
amici» suggerì la moglie, passandogli le braccia attorno
ai fianchi.
«Questo mi potrebbe piacere» rispose, aggrottando la fronte pensieroso.
La prospettiva sembrava meno cupa vista sotto quella luce.
«Allora,
papà? Sei pronto ad aggiungere il titolo di zio alla
collezione?» chiese Skadi, abbracciandolo dall’altro lato.
Prima
che potessero cominciare a riempirlo di baci e coccole non richieste,
Timmi si liberò dalla stretta, girò sui tacchi grugnendo
e scoperchiò la botola del soggiorno.
«Vodka.
Ho bisogno di vodka. Tanta vodka. Un mare di vodka» si
lagnò, ma mentre parlava, ingobbito sulla nicchia, un sorriso
gli curvò le labbra.
1. leucrotta: animale
mitologico proveniente dall'India con quarti posteriori di cervo;
collo, coda e petto di leone; testa di tasso con bocca che si apre fino
alle orecchie. si dice sia velocissima e in grado di imitare la voce
umana.
2. estratto da "Dead to the World" dei Nightwish.
Con questo capitolo si chiude la mia storia. La mia, ma non la saga di Sangue di Demone perché già so che Shade Owl ha infinite gocce d'inchiostro nella sua penna!
Quindi, un enorme ringraziamento va a lui, che è l'autore
titolare di quasi tutti i personaggi che avete incontrato (eccetto
Arshan e qualche nome sparso qui e là, che sono opera mia). Un
altro grazie va a chi ha letto, conoscendo o meno la serie principale,
anche se non ha recensito.
Alla prossima!
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