Ancora persi nello
spazio
A quanto pareva sull’SG-1 gravava una maledizione.
Possibile che capitassero sempre tutte a noi? Insomma, capirei piccoli
incidenti tipo si bruciasse il pranzo o scivolasse un piatto e si rompesse. Ma
non venir sparati per lo spazio a bordo di un aliante della morte!
Quel verme di Apophis! No, forse verme non era
abbastanza…era come dire “quell’essere umano di Jack” o “quel Jaffa di Teal’c”.
Apophis era già un verme. Non potevo insultarlo chiamandolo così.
Bah, che importanza aveva in quel momento? Faceva freddo,
mancava l’ossigeno e anche la compagnia. Pensai che prima della fine avrei
potuto svegliare Teal’c per farci due chiacchiere…avremo potuto inviare un
messaggio d’addio ai ragazzi…tanto per salutarli.
Mi sarebbero mancati. Mi sarebbero mancati tutti.
Il generale Hammond con i suoi consigli, le sue
raccomandazioni, la preoccupazione che si leggeva nei suoi occhi quando
partivamo per qualche missione senza speranza (ma quale “qualche”, le nostre
erano tutte missioni senza speranza) ed il sollievo quando tornavamo.
Daniel con cui litigavo praticamente sempre. Possibile che
dovessero metterlo proprio a me in squadra?! Ma senza di lui, come avrei fatto?
Era dalla prima missione SG che lo conoscevo…e si era dimostrato sempre un buon
amico.
E Carter…già, Carter. L’unica donna dell’SG-1. In un certo modo, mi ero
sempre sentito in dovere di proteggerla. Anche se era un militare come me.
Anche se mi aveva dimostrato più di una volta che se la sapeva cavare. Quando
mi dissero che era una scienziata dentro di me pensai “Oh mio Dio, non un’altra
volta!”. Avevo avuto brutte esperienze con Daniel in passato. Ma lei era
diversa. Completamente diversa. Anche quando si metteva a parlare con tutti
quei termini scientifici le bastava guardarmi per capire che non sapevo di cosa
stesse parlando e mi traduceva all’istante ciò che aveva appena detto (anche se
tutti sapevano della mia poca familiarità con la scienza, tendevano a
dimenticarla). Quanto mi sarebbe mancata! Avrei dovuto baciarla più di una volta
quando io e Teal’c eravamo rimasti bloccati, costretti a rivivere sempre la
stessa giornata. Lei non lo sapeva. Ma io sì e questo mi bastava.
Faceva freddo. E non riuscivo a tenere aperti gli occhi.
Sentii qualcosa urtarci. Poi una voce familiare. Terribilmente
familiare. Forse stavo sognando…Aprii gli occhi.
« Carter? »
« Sì, signore! »
Mi voltai verso destra e vidi un…qualcosa. Una nave,
forse? Cercai di mettere a fuoco. Sì, era una nave. E a bordo…Carter? Sì, era
proprio lei! Sembrava sollevata…
Cominciarono a parlarmi ma non riuscivo a registrare ciò
che dicevano.
« Carter, sei tu? » mi sentii dire.
“Certo, idiota, non vedi che è lei?!” pensai. “Non puoi
confonderla con nessun’altra! Lei è così…così…”
Non trovavo parole per descriverla. Lei era “così”.
Mi chiesero di Teal’c. Quando riuscii a capire ciò che mi
dicevano presi a chiamarlo e per svegliarlo gli tirai addosso la prima cosa che
mi venne in mano. E, incredibilmente (beh, lui è incredibile. Incredibile è il
suo secondo nome), si svegliò. Provai un po’ d’invidia per la sua lucidità.
Cominciarono a spiegarci cosa avremo dovuto fare. Qualcosa
tipo impostare l’ossigeno al 100%, respirare a fondo, slacciare le cinture e
sollevare la calotta dell’aliante. Un gioco da ragazzi, insomma. Solo che nello
spazio saremo morti! Va bene rincitrullito dalla mancanza di ossigeno, ma non
ero stupido!
Ma Carter mi aveva detto di fidarmi di lei. E non vedevo
come non avrei potuto.
Al suo segnale io e Teal’c eseguimmo tutte le istruzioni
che ci avevano dato.
Sentii un tonfo e udii la voce di…Daniel? gridare: « Ce
l’hanno fatta! ».
Poi qualcuno mi tolse la maschera d’ossigeno e vidi che
oltre a Daniel e Carter c’era qualcun altro. Jacob!
« Grazie per essere passato » farfugliai.