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by _marty
01
- Un nuovo inizio
Kyoto
Erano
passati poco più di due anni da quella triste notte.
Dmìtrij lo aveva lasciato
al porto di Tokyo agonizzante e aveva saputo poco dopo che era morto.
L’assassina
si trovava in una delle zone più belle di Kyoto, sulle rive
dello stagno che
accoglie il Tempio del Padiglione d’Oro, con i suoi
meravigliosi giardini. Era
sempre rimasta incantata a guardare il tempio quando era piccola, ma
era sempre
stata più affascinata dalla sua sorella, il Tempio del
Padiglione d’Argento, la
quale non vedeva da quando era bambina. Quest’ultimo tempio,
si diceva,
conservava le vere reliquie del Buddha.
Reila
portava degli occhiali scuri che le coprivano metà del
volto. Sui capelli scuri
aveva dei petali di ciliegio. Era la stagione della fioritura e
stranamente non
sembrava darle fastidio, come al solito. Simboleggiavano
l’amore, una cosa che
a lei era stato da sempre negato.
Improvvisamente
lo aveva visto. Reila aveva portato lo sguardo verso l’altare
e verso un uomo,
circondato da altri uomini vestiti di nero. Una situazione alquanto
bizzarra
vedere uno come lui in un posto del genere, dopotutto lui non credeva
in nulla
che non fosse qualcosa di materiale.
Reila
storse la bocca e si avvicinò lentamente. Fece finta di
accostarsi all’altare,
rimanendo sempre attenta che non la guardasse in pieno volto. Avrebbe
potuto
riconoscerla.
Attese
che
l’uomo entrasse all’interno. Era da solo e non si
era minimamente accorto della
sua presenza. Lei non fece altro che seguirlo.
L’assassina
non poté far altro che sorridere e all’improvviso
sfiorargli la spalla, per poi
spingerlo verso uno degli angoli semibui del tempio.
-Chi
non
muore si rivede.
Lo
aveva
bloccato al muro, con il suo esile peso. Dopotutto lui non mostrava
alcuna
resistenza e sembrava anche piacergli. Reila non fece altro, nella
penombra, che
guardarlo in volto e di ritrovare gli stessi sentimenti che aveva
provato tempo
prima. Contrastanti come l’acqua e il fuoco.
-Non
sei
cambiata affatto.
Sul
volto
della donna comparve un leggero sorriso che le illuminò il
viso. Strinse le
labbra e chinò il volto verso il basso. Proprio in quel
momento, la mano
dell’uomo le sollevò il viso lentamente mentre le
sue labbra si schiudevano
appena.
Reila
di
scatto unì le sue labbra a quelle dell’uomo,
appropriandosi di quella bocca la
quale un tempo aveva odiato. Si staccò dall’uomo,
traendo un profondo respiro,
come se stesse prendendo aria dopo una lunga pausa in apnea.
La
donna
sorrise per qualche istante per poi rabbuiarsi all’improvviso.
-Cos’hai?
L’uomo
si
preoccupò per lei, sollevandole il volto con una mano e
costringendola a
guardarlo negli occhi. Reila scosse il capo, lasciando che un tiepido
sorriso
le illuminasse il volto.
-Niente,
è
solo che…
La
donna
lasciò la frase incompleta e l’uomo, che nel
frattempo l’aveva stretta a sé, le
carezzò il capo teneramente.
-Reila,
è
morto. Fattene una ragione.
-Non
è per
Dmìtrij. È per mio padre. Sai perché
sono tornata a Kyoto?
L’uomo
strinse le labbra e mosse il capo in segno di assenso. Come se qualcosa
l’avesse colpito; un pugno in pieno petto. Prese un profondo
respiro, lasciando
che il volto di Reila gli si avvicinasse fino a sfiorargli la guancia.
-Sei
sempre
nella mia lista, lo sai questo?
Le
labbra
si stirarono in un sorriso lascivo. Guardava l’uomo, quella
stessa persona che
lei aveva pensato per tutto quel tempo che le avesse rovinato la vita.
-Ho
lasciato da un po’ quella vita. Da quando sono tornata a
Tokyo per pareggiare i
conti.
Glielo
disse quasi per rassicurarlo. Al momento non doveva temere di trovarsi
una
canna di pistola troppo vicino alla faccia.
-Tuo
padre
non ha mai saputo della tua esistenza dopo l’incidente che ti
ha rovinato le
mani. Ma non sarebbe il caso di dirglielo? Soprattutto in questa
situazione.
Reila
scosse il capo in segno di diniego, forse troppo energicamente da far
intuire
una certa nota di nervosismo.
-No,
George. Non posso farlo. Se non risolvo la questione, lo metterei solo
in
pericolo. Nessuno deve saperlo.
George
prese alcuni attimi per riflettere. Stette zitto, lasciando solo che il
suono
dei loro respiri all’interno dello spazio vuoto, lo
riempisse. Non sapeva come
convincerla a dire a suo padre che lei fosse ancora viva, ma questa era
una
decisione della donna, purtroppo.
-Ma
potrebbe anche essere il momento in cui lui sappia qualcosa. Potrebbe
aiutarti.
-No.
Reila
scosse il capo di scatto, alzando leggermente la voce a quella risposta.
-Non
voglio
tornare da lui in questo modo. Non provarci, George.
La
voce
calò poi all’improvviso in un bisbiglio.
L’uomo alzò le mani in segno di resa,
accettando la sua volontà. Non aveva intenzione di
contraddirla adesso.
Il
tempio
cominciava a popolarsi e loro stavano acquattati in quella penombra che
al
momento li teneva nascosti, ma purtroppo non sarebbe durato ancora a
lungo. In
quel luogo va osservato il silenzio e i loro bisbigli, presto,
sarebbero stati
uditi da troppe persone. Un qualcosa che non potevano permettersi.
-Devo
andare adesso.
Reila
si
stacco da George, l’unico uomo che al momento conosceva e di
cui si doveva
fidare. Quella situazione, per un certo verso, non piaceva neanche a
lei. Era
come se fosse regredita e avesse cancellato tutto ciò che
era stata costretta a
fare, inseguendo quel sogno vanaglorioso. Si era convinta che George
l’avesse voluta
solo spaventare ai tempi di Peter e dopotutto erano quasi simili quando
si
trattava di ingannare qualcuno. A lei serviva qualcuno a cui potersi
appoggiare
nei momenti bui. A lui serviva qualcuna per poter scaldare il suo letto
che non
fosse la moglie.
Le
mani di
Reila continuavano a rimanere coperte. Quelle cicatrici aveva pensato
di
rimuoverle con un intervento di chirurgia estetica, ma aveva preferito
aspettare a tempi migliori. Quando tutto sarebbe finito.
George
l’afferrò per un braccio per impedirle di
scappare, come aveva fatto negli
ultimi due anni.
La
donna
non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia in quel momento e si era
voltata. Tanti
erano i sentimenti che la devastavano in quegli ultimi tempi.
-Devi
ritornare, Reila.
-Per
te
George? A cosa ti servo?
George
scosse il capo, tirandola verso di sé e sfiorandole la
schiena con la propria
camicia, abbracciandola delicatamente da dietro. Le si
avvicinò all’orecchio,
chinandosi, vista la differenza di altezza.
-No.
Fallo
per te e tuo padre. Devi cominciare ad abbandonare i tuoi fantasmi del
passato.
Reila
non
rispose. Se ne stette zitta per alcuni istanti che sembrarono ore.
Oramai i turisti
avevano quasi invaso quella parte del tempio e presto li avrebbero
visti.
-Non
è così
semplice come credi.
-Comprendi
anche la mia situazione. Non posso aiutarti in questo modo.
Reila
trasse un profondo respiro, sollevando appena il capo e volgendolo in
modo che
potesse vedere le labbra di George.
-So
in che
guaio ti sei messo. Finché lei sarà con te,
George, ti sarà molto difficile
muoverti liberamente come prima.
George
fece
un cenno di assenso, senza parlare. Sapeva qual’era la sua
situazione e sapeva
che Reila aveva maledettamente ragione. Ma sentire il suo profumo
poggiando il
volto sui suoi capelli, lo inebriava ad ogni incontro clandestino. Non
riusciva
a farne a meno.
Le
labbra
di George nuovamente si portarono verso quelle di Reila, tenendo il
volto di
lei con una mano e socchiudendo gli occhi.
Quel
contatto serviva ad entrambi, a sentirsi vivi e distanti da quelle vite
che non
avevano portato nulla a tutti e due. Solo odio e rancore.
Premette
di
più sulle labbra di lei, come a volerle stampare sulle sue e
non abbandonarle
mai, per avere sempre il suo sapore sulla bocca. Reila si
scostò, non senza un
po’ di riluttanza verso quel contatto che non aveva
più, e poi si separò da
lui, lasciando il suo calore.
-Te
l’ho
detto, George. Fino a quando lei sarà con te, noi non
potremo vederci più.
La
donna
mosse qualche passo verso l’uscita, lasciando George nella
penombra e con l’eco
delle sue ultime parole.
Per
George
era facile abbandonare i suoi fantasmi. Lui era più freddo e
calcolatore,
proprio come Dmìtrij, ma in fondo amava Reila e non aveva
paura di mettere in
gioco i suoi sentimenti. Così come non aveva fatto
Dmìtrij.
Reila
si
portò verso uno dei ciliegi e sollevo il capo, rimettendo
gli occhiali da sole
che le coprivano il viso. Un sorriso sornione comparve sulle sue
labbra, che
aveva colorato di rosso. Aveva sicuramente lasciato la traccia sul
colletto di
George, che lui avrebbe cercato di fare andare via. Succedeva sempre
così.
Com’erano
cambiate le cose dopo aver saputo della morte di Dmìtrij.
Era stata anche al
funerale. Nascosta dietro una marea di persone vestite di nero che
facevano
finta di piangere. Non come lei. Il suo cuore piangeva per la morte di
quell’uomo che l’aveva fatta sentire se stessa. Non
sapeva neanche a chi fosse
andata l’azienda che l’uomo aveva tanto bramato.
Si
ritrovò
a pensare a quelle cose. L’aveva tradita e umiliata, come
persona e soprattutto
come donna. Aveva distrutto tutte le sue aspettative. Diventava triste
e
intrattabile quando pensava a quelle cose e l’aver
abbandonato la sua vita
passata, le faceva passare più tempo a pensarci.
George
la
vide, affacciandosi, dall’entrata del tempio. La
seguì per alcuni istanti prima
di allontanarsi dal luogo. Le guardie del corpo, alle quali aveva
chiesto di
non entrare nel tempio, lo seguirono verso l’auto.
George
entrò, guardando verso gli alberi di ciliegio, dove sapeva
che Reila se ne
stava seduta. Poi sfiorò l’anulare sinistro,
ricordandogli ciò che era stato
costretto a fare.
Quella
donna era pericolosa e Reila sicuramente non voleva metterlo
ulteriormente nei
guai. Era riuscito a partire per il Giappone, con la scusa di una
riunione di
una delle sue aziende. Strinse le mani mentre l’auto
scomparve dietro l’angolo.
Reila
sapeva di George e sapeva che era sposato da poco e sapeva anche il
perché. Le
stava chiedendo aiuto. Lo aveva letto in quegli occhi nocciola. Aveva
letto
l’appello disperato di un uomo che era innamorato di lei.
Forse l’unico che
l’avesse mai amata.
Si
scostò
dal tronco e incominciò a camminare verso il laghetto di
carpe. Per i
giapponesi sono pesci sacri e incarnano la continuità della
vita e gli incessanti
cambiamenti. Lei di cambiamenti ne aveva fatti tanti.
Aveva
quegli occhi di ghiaccio sempre puntati addosso. Come un monito. Come
una
colpa.
Sapeva
che
George doveva sposarsi, ma era rimasta nell’ombra facendogli
credere di essere
morta e poi un giorno era tornata, ma troppo tardi.
Almeno
per
lui. E lei aveva bisogno di George.
Conosceva
la donna che si era unita all’uomo e sapeva anche che
sicuramente lo aveva
costretto, dietro qualche falso accordo.
Dovevano
incontrarsi di nascosto e ciò rendeva le cose più
difficili da risolvere.
Doveva muoversi in fretta e lei aveva già perso troppo tempo.
Prima
di
fare qualche passo falso, doveva assolutamente contattare qualcuno di
fidato lì
in Giappone e Jin sembrava la persona più adatta. Era lui
che le riforniva le
armi ogni volta che ne aveva bisogno ed era lui che, dopotutto quello
che era
successo, si era preso cura di lei. Era come un padre per Reila ed era
stato
proprio lui a conservare la sua pistola, fino a quando le sarebbe
servita
nuovamente.
L’assassina
aveva cercato di abbandonare la sua vita, ma nuovamente le si era
buttata
addosso la situazione nella quale non avrebbe potuto fare a meno della
sua
fedele compagna.
Reila
sapeva che le sarebbe servita, ma non adesso. Jin era l’unico
del quale al momento
si fidava. Teneva con lei il segreto della sua vita e avrebbe preferito
farsi
uccidere che rivelare dove Reila si trovasse.
La
donna
prese il viale verso l’uscita. Si voltò nuovamente
verso il Tempio, inchinandosi
per saluto. Aveva bisogno di pregare, ma non l’aveva fatto.
Se ci fosse stato
un dio che l’avesse protetta, lei non se lo sarebbe meritato.
Aveva
preso
talmente tante vite per quell’inutile odio che
l’aveva divorata, che ormai non riusciva
più a capire se si sarebbe salvata nell’altro
mondo.
Poi
una
mano andò verso la ferita della spalla. Ricordava ancora
come Natasha e i suoi
uomini erano riusciti a ferirla e la cicatrice non era completamente
sparita.
Un altro monito a ricordarle chi era e cos’era.
L’unica
persona che poteva salvare suo padre. L’unica persona che era
stata per tutto
quel tempo.
Un’assassina.
Angolo
dell'autrice
Ed
eccomi con la revisione di questi pochi capitoli di questa storia, che
pian
piano riprenderà forma e che non lascerò a
maturare qui ma andrà avanti perchè
qualche capitolo è già pronto. Cos'è
che vorreste sapere di più sui personaggi?
Chiedete e vi sarà dato, oppure datemi una vostra vista su
questi personaggi
che si stagliano in questo panorama un po' spy-sytory. Fatemi sapere
cosa ne
pensate.
Ringrazio
come sempre _marty per il banner favoloso.
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