La giusta soluzione

Edmund Reid non indulgeva spesso nell'alcool, ma quella era stata una giornata difficile e lo scotch gli era sembrato così invitante quando si era ritrovato solo in quella casa, ancora una volta. Ora, guardando le ultime dita di liquore lasciare la bottiglia per trasferirsi nel bicchiere, le labbra anestetizzate già pronte ad accogliere il vetro freddo, si chiese per quale motivo non v'indulgesse più spesso. Gli piaceva quella sensazione di torpore che si diramava lungo gli arti, lasciandogli un lieve formicolio sulla punta delle dita.

Con un sorriso storto ingollò ciò che restava dello scotch e lanciò un'occhiata al cielo nero e plumbeo sopra i tetti di Whitechapel. Da quante ore Emily era uscita, non avrebbe saputo dirlo. Ricordava solo che quando se n'era andata – preferendo una volta di più qualcun'altro a lui – quella stanza era ancora illuminata dal sole.

Sbatté le palpebre cercando di mettere a fuoco ciò che si trovava oltre la bottiglia ormai vuota e si sporse in avanti cercando, con una mano ubriaca, i fiammiferi che – ne era certo – si trovavano sul tavolino. Quando li sentì cadere e sparpagliarsi tutt'intorno a lui abbandonò l'idea di accendere una candela per farsi un po' di luce. In fondo, cos'aveva bisogno di vedere? Non c'era nulla oltre al vuoto, in quella casa.

Rivide lo sguardo di sua moglie mentre se ne andava, e la rabbia tornò, fresca e potente come poche ore prima. Doveva uscire da lì, andare via.

Scortato da una buona dose di sensi di colpa, il pensiero di Ms. Goren strisciò nella sua mente annebbiata e, la voce della coscienza sopraffatta dall'alcool, quando bussò alla porta dell'orfanotrofio, a malapena conscio di come vi fosse arrivato, si era convinto che quella fosse la giusta soluzione al dolore e alla voragine che lo scotch aveva solo addormentato per poche ore.