Slice of life, ovvero scenetta inutile, ma oggi è il
compleanno di Bill quindi è scritta con tanto amore!
(Perché di solito no? XD)
E' il 2008, William Shatner ha subito un intervento all'anca, i medici
hanno poi dichiarato che è stato in pericolo di vita a causa
di un'aritmia ma Bill ha sempre smentito. L'unica cosa che conta
è che stia bene <3
Fingers
Embrace
La prima cosa che videro gli occhi assonati di
Bill, quando l’uomo aprì appena le stanche
palpebre, fu una lieve luce
rossastra alla sua sinistra, proveniente dalla grande finestra della
sua stanza
privata.
Doveva essere il tramonto, aveva quindi dormito
diverse ore, ma a più riprese, non riusciva a riposare
perfettamente in quel
letto, il materasso era troppo duro, l’ambiente troppo
asettico, il vociare
proveniente dai corridoi bianchi quasi continuo, tutto lo disturbava.
Forse era semplicemente il fatto di trovarsi in un
maledetto ospedale a disturbarlo.
A nessuno piacciono gli ospedali, a nessuno piace
essere ricoverato, ma William Shatner ne era oltremodo insofferente e
non
vedeva l’ora di tornarsene a casa.
La bocca era leggermente secca, e un lieve mal di
testa non rinunciava, da giorni, a perseguitarlo, che fossero ancora
gli
strascichi dell’anestesia o semplice somatizzazione non
sapeva dirlo,
probabilmente entrambe le cose.
Più gli occhi si aprivano, più i contorni della
stanza apparivano meno sfocati, da prima gli parve solo
un’ombra, poi la figura
si materializzò pian piano, rivelando un noto profilo
impegnato a scrutare
fuori dalla finestra, con le lunghe braccia dietro la schiena.
“Che cosa banale”
Mormorò Bill con le labbra ancora un po’ impastate
dal sonno ma sorridenti, mentre i suoi occhi si posavano sul viso
dell’amico,
apparendo finalmente sereni, dopo giorni.
Len prima sorrise, poi si voltò verso di lui,
anche lui appariva spossato, o almeno più del solito, i
capelli erano più corti
di quando l’aveva visto l’ultima volta e
c’era una leggerissima barba incolta
sul suo viso.
“Cosa?”
Mormorò a sua volta Leonard Nimoy, avvicinandosi al
letto
“Il protagonista che si sveglia in un letto
d’ospedale e si ritrova accanto l’amore di una vita
che ha attraversato mezzo
paese solo per lui”
Bofonchiò Bill alzando le spalle, con leggerezza,
cercando di tirare su la schiena per mettersi seduto, strappando una
risatina
all’altro
“Ero di passaggio in realtà, e perché
dovresti
essere tu il protagonista?”
Rispose Len, ironico, allungando le braccia verso
di lui, per aiutarlo a raggiungere la postura desiderata
“Sono più bello, più bravo e
più giovane”
Leonard alzò le sopracciglia
“Veramente sei più vecchio”
“Ma dimostro dieci anni meno di te”
Nimoy sorrise e annuì, sollevò i cuscini del
letto
e aiutò Bill ad adagiare la schiena su di essi
“Sono autosufficiente Len, mi fai sentire anziano!”
Sbuffò il canadese, allontanandogli la mano
“Sei anziano,
e non autosufficiente al momento”
Replicò Len con noncuranza, sentendo perfettamente
lo sguardo storto che Bill gli aveva lanciato al suono di quelle parole.
“Allora passami un bicchiere d’acqua”
Bill indicò la bottiglia e il bicchiere accanto al
letto, se proprio voleva servirlo, perché non approfittarne,
Len obbedì,
divertito da quel tono capriccioso.
“Ho detto a Liz di andare a risposare, era molto
stanca”
Mormorò sedendosi poi sul materasso, di fronte
all’amico.
“Lo so, hai fatto bene”
Elizabeth era rimasta al suo capezzale per giorni,
da quando si era svegliato dall’operazione, neanche stesse
per morire, ed era
indubbio che gli avesse fatto piacere in realtà, nonostante
le continue
lamentale, ma era più che felice che Len le avesse dato il
cambio.
Non sapeva da chi avesse saputo la notizia, forse
proprio da sua moglie, improbabile che Leonard avesse acceso la
televisione o
letto un giornale di gossip, o tanto meno aperto internet, o comunque
Bill sperò
che i giornalisti non avessero ancora ricamato su quanto accaduto. In
ogni
caso, la morale della favola era che Leonard si era precipitato a Los
Angeles,
con tutta la preoccupazione e l’agitazione che ancora si
vedevano sul suo
anziano viso, ed era bello che Len fosse lì.
“Sono contento che tu sia qui”
E glielo disse, con un dolce sorriso sul volto
pieno, allungando un braccio verso di lui e uno verso il comodino per
posare il
bicchiere vuoto. Nimoy sorrise
“Potevo non venire?”
Domandò ironicamente, avvicinandosi
“Assolutamente no, sei anche in ritardo!”
Rispose ancora ironico Bill, stringendosi nel suo
abbraccio affettuoso.
Le mani di Len si stringevano forte al camice
azzurro e sentiva il suo respiro accelerato sul collo e il cuore che
batteva
forte. Forse era davvero visibile o più probabilmente era
solo l’assoluta
conoscenza che avevano l’uno dell’altro, fin nei
più reconditi particolari, ma
Bill sapeva perfettamente ciò che Leonard stava pensando,
ciò che stava
provando. Lo sentiva nelle sue dita, lo sentiva nel suo respiro, lo
sentiva
nella sua mente.
“Sto bene”
Mormorò allora, allontanandosi appena, per poterlo
guardare negli occhi. Occhi scuri e preoccupati, occhi rasserenati che
non
potevano nascondergli quella paura che ancora era lì,
palpabile.
“C’è stata una
complicazione…”
Bofonchiò Len, quasi gli costasse fatica, con le
mani che non allentavano minimamente la loro presa sulle spalle
dell’amico
“…hanno detto che sei quasi
mort…”
“Sciocchezze”
Lo interruppe Bill, immediatamente.
A quanto sembrava, nonostante l’intervento fosse
di routine e fosse riuscito perfettamente, aveva avuto complicazioni al
cuore e
aveva rischiato di passare da un tavolo operatorio a un tavolo di
autopsia, o
almeno questo gli avevano detto.
Ma Bill non gli dava molto peso, stava benissimo,
non avrebbe accettato di passare il resto della sua vita come un malato
da
tenere d’occhio, non avrebbe accettato di essere considerato
così dai medici,
da Elizabeth, tanto meno da Leonard.
“Sto bene”
Ripeté, seriamente, continuando a guardarlo negli
occhi
“Non avevo alcuna intenzione di andarmene, Len”
Ed era la verità.
Leonard annuì, avvicinò il volto al suo ma Bill
scosse la testa
“Dovrei lavarmi i denti…”
Mormorò sorridendo, probabilmente Len nemmeno lo
sentì, o comunque non gli importò affatto, gli
portò una mano al viso e lo alzò
verso di sé, gli carezzò le labbra e poi le
catturò con le proprie.
E se non dispiaceva a lui, tanto meno dispiaceva a
Bill.
Il canadese lo tirò a sé per la maglia scura e lo
baciò con forza, assaporandogli le labbra sottili,
rispondendo alla sua
passione, quella passione che da più di
quarant’anni sempre accedevano l’uno
nell’altro e che non era mai venuta meno.
Poi rallentarono, lambendosi appena,
accarezzandosi lievemente, muovendosi all’unisono,
anticipando ognuno i
movimenti dell’altro, conoscendosi alla perfezione, in ogni
dettaglio.
“Dovrai fare la fisioterapia?”
Domandò Len, togliendosi gli occhiali appannati
“Sì, devo anche re-imparare a salire e scendere le
scale, a salire su un’auto…”
Sbuffò Bill cercando di mettersi nuovamente
sdraiato, c’erano molti movimenti che ora doveva imparare a
fare in modo
diverso, il tutto acuiva la sua insofferenza per l’intera
situazione.
Leonard lo aiutò con i cuscini
“Dovrei usare anche un bastone!”
“Il bastone può essere affascinante”
“No, è solo da vecchio…”
Mugugnò Bill sdraiandosi vicino al bordo del
materasso, facendo posto all’amico. Leonard gli si
poggiò accanto, tenendo le
gambe fuori dal letto.
“E’ anche giusto presumo… diventare
vecchio…”
Sospirò Bill adagiando la testa sulla sua spalla
“E’ giusto essere diventati vecchi
insieme”
Rispose prontamente Len, prendendogli una mano. Le
loro dita si intrecciarono come sempre e, come sempre, era bello
osservarle.
Era sempre curioso osservare quante cose
trasmettesse quel semplice gesto, quelle dita strette le une alle
altre, quei
pollici che si muovevano appena, in modo casuale, era strano sentire
così
chiaramente il messaggio che comunicavano, più di mille
altri gesti o parole.
Quella serenità, quel calore,
quell’amore…
quell’incredibile pace che li scaldava in quel momento, solo
per mezzo di quel
semplice contatto… non era qualcosa di spiegabile, nemmeno a
se stessi.
Si incantava spesso a guardare quell’intreccio,
quasi un simbolo che esplicava quella specie di inestricabile trama che
si era
tessuta tra le loro due esistenze, avvolgendole, indissolubilmente.
Ed erano invecchiate, erano mani di due uomini
sulla soglia degli ottant’anni, con le loro vene e legature,
con la pelle
sottile e i dorsi macchiati. Bastava poco per vederle ancora giovani e
forti,
morbide e rosee, nella stessa identica posizione, poteva tracciarne la
storia,
la loro storia…
Era bello osservarle, due mani che erano
invecchiate insieme, strette l’una all’altra.
“Non parlare al passato, non siamo ancora
arrivati!”
Borbottò Bill, Len alzò le sopracciglia
“Beh, abbiamo molta più strada alle spalle che
innanzi…”
Sentì Bill sbuffare sonoramente e sorrise
“E’ la vita, Billy, anche se fa paura”
William alzò il viso, sorrise
“Non fa paura, fa rabbia, fa incazzare da morire!”
Portò la mano destra sulle loro
“Ma non ho paura…”
Mormorò, dolcemente.
La vecchiaia, la fine, il tramonto,
a volte faceva rabbia, c’erano ancora così tante
cose da
fare, così tante cose che avrebbe voluto vedere, tante cose
di cui avrebbe
voluto osservare l’evoluzione, tante persone con cui
rimanere…
C’erano i ricordi, le vecchie fotografie e le
vecchie pellicole, e c’era lo specchio, c’era la
propria immagine di sé e la
realtà, c’era il tempo che continuava
inesorabilmente a scorrere in avanti,
senza fermarsi o rallentare nemmeno un istante…
Una cosa che tutte le persone prima o poi
accettano… tutte le persone tranne lui probabilmente. Ma
c’era anche Len, c’era
soprattutto Len, sempre, per tutto il tramonto
e anche dopo, per tutta la notte.
E non c’era nessuna paura.
Len lo baciò ancora e lo circondò con un braccio
“Rimettiti in fretta”
Si raccomandò, sorridendo, continuando a
carezzargli le labbra
“Il piano è quello”
Nimoy annuì
“Voglio starmene due giorni interi a letto a fare
sesso”
Disse, senza alcuna inflessione, come stesse
comunicando un qualsiasi fatto e Bill trattenne a stento una risata
“Interessante, posso venire anch’io?”
Chiese con un tono altrettanto neutro
“Comunque indosso un camice al momento…”
Mormorò, con noncuranza, accarezzandogli il
braccio che lo cingeva
“…l’accesso è libero, a
titolo informativo…”
Len ridacchiò divertito
“Non ho alcuna intenzione di saltare addosso a un
uomo convalescente in un letto d’ospedale!”
Disse, all’espressione contrariata di Bill rise
ancora di più
“Prendilo come un incentivo per una pronta
guarigione”
Consigliò, Shatner alzò le sopracciglia
“Mh, motiva in effetti…”
“Bene…”
Len soffocò uno sbadiglio sulla spalla del
compagno e socchiuse gli occhi stanchi. Bill sorrise dolcemente, non
era il
solo a non aver dormito bene negli ultimi giorni… Lo strinse
a sé e inspirò
profondamente, godendo quella serenità che solo la vicinanza
di Leonard sapeva
portargli.
“Nemmeno i preliminari?”
Domandò dopo qualche minuto di assoluto silenzio,
Len sospirò
“Vedremo…”
E non era difficile riuscire a vederne il sorriso,
anche solo attraverso la sua voce.
Da fuori non proveniva alcun rumore, non c’era più
nulla che lo disturbasse in quel momento, non c’era
più nulla.
Si ritrovò a pensare persino che i letti
d’ospedale non fossero poi così scomodi in
realtà, con Len lì, tra le sue
braccia, col suo respiro pesante sincronizzato al proprio, avrebbe
trovato
comodo anche uno scoglio appuntito probabilmente.
“Grazie…”
Sussurrò appena, chiudendo gli occhi, e dopo
giorni finalmente riuscirono, entrambi, a riposare serenamente.
|